
Telegiornaliste 
anno II N. 44 (76) del 4 dicembre 2006
 
 
Bruno Longhi, il veterano di Mediaset 
                    di Giuseppe Bosso 
                    
                    Questa settimana abbiamo incontrato 
Bruno Longhi, telecronista sportivo di Mediaset. Nato nel 1947, è 
giornalista professionista dal 1981. 
                    
                    Bruno, che differenza c'è tra commentare una partita di 
coppa e una di campionato? 
                    «Beh, sicuramente il contesto è diverso. Nella partita di 
coppa finisci inevitabilmente per sentirti vicino alla squadra italiana, pur 
mantenendo, ovviamente, la massima obiettività. Nella partita di campionato devi 
stare molto attento a non alterare la suscettibilità del tifoso che potrebbe 
risentirsi da qualche giudizio sulla sua squadra».
                    
                    
                    Quali cambiamenti riscontri nella tua professione 
rispetto a qualche anno fa? 
                    «Sicuramente oggi è più facile, sotto un certo punto di 
vista, essere telecronisti, grazie ad Internet e alle tecnologie che permettono 
di documentarci ampiamente, anche se per contro, ciò aumenta la concorrenza, 
soprattutto da parte dei colleghi più giovani e aggiornati». 
                    
                    Inevitabile una domanda sulla clamorosa uscita di Blatter 
in Australia: secondo te è una mossa politica tesa ad acquisire voti, oppure 
realmente il numero uno del calcio mondiale non ha digerito la nostra vittoria 
ai Mondiali? 
                    
                    «Credo sia l’una e l’altra cosa; la sua mancata presenza 
alla premiazione è stata, per così dire, giustificata con il fatto che essendo 
europee le due finaliste, avesse voluto delegare al presidente Uefa Johansson il 
compito di premiare i vincitori. Ma credo che il nocciolo della faccenda sia un 
altro, e cioè che a non andargli giù non è stata tanto la nostra vittoria, 
quanto la sconfitta della Francia, che è il suo principale sostenitore. Basti 
pensare soltanto ai preparativi che aveva fatto per Zidane, che doveva essere 
consacrato miglior giocatore del Mondiale e che invece ha fatto saltare tutto 
per la famosa testata a Materazzi. Fondamentalmente, comunque, dobbiamo prendere 
le sue parole come quelle di un politico a caccia di voti: dovunque vada cerca 
consensi, lo ha fatto nei Paesi africani, portando campi sintetici, e lo ha 
fatto con queste frasi in Australia». 
                    
                    All'indomani di "calciopoli" cosa trovi di diverso nel 
nostro campionato, sia in campo che fuori? 
                    «E’ cambiato tanto, sicuramente, ma non certo sdoganato 
dagli errori degli arbitri, che del resto hanno commesso sbagli anche in 
passato. È difficile sia per l’arbitro che per l’assistente; inoltre, inutile 
negarlo, sono cambiati certi sistemi e certi meccanismi: la Juve in B ha di 
fatto determinato un calo di interesse per la serie A, e una maggiore attenzione 
al campionato cadetto, che oltre ai bianconeri può vantare anche la presenza di 
squadre blasonate come Napoli, Genoa e Bologna. Il calo degli spettatori della 
serie A, secondo me, non è certo casuale».
                    
                    
                    Sei direttore didattico di Formass, il primo e 
principale master di giornalismo televisivo: cosa possono dare ai giovani che 
aspirano alla professione queste esperienze, di certo innovative rispetto ai 
tempi in cui tu hai iniziato? 
                    «È un’esperienza diversa in tutto e per tutto dai soliti 
master, improntati tutti sulla teoria e poco sulla pratica.
                    Formass dà all’aspirante giornalista la possibilità 
di imparare sul campo, per quindici giorni, in una vera emittente televisiva e 
in una vera redazione. Gli allievi hanno la possibilità di vivere momento per 
momento la realizzazione di un servizio, dalla fase del montaggio a quella della 
messa in onda, e questo può anche essere utile nella peggiore delle ipotesi, in 
cui cioè, magari, potresti scoprire di non essere tagliato per il giornalismo, 
ma più portato per il montaggio».