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Intervista a Rula Jebreal tutte le interviste
Rula Jebreal intervistata da Silvia GrassettiTelegiornaliste anno III N. 13 (91) del 2 aprile 2007

Rula: torno presto in tv di Silvia Grassetti

«Sto trattando per tornare presto in tv». Esordisce così Rula Jebreal, giornalista palestinese la cui ultima apparizione in video risale a una tristemente nota puntata di Anno Zero in cui fu offesa pesantemente. «Non ho mai riso sulla battuta della “gnocca senza testa”, perché era fatta apposta per intimidire».

Rula è molto determinata: «Vorrei creare un programma mio sulla politica estera. Un programma che racconti cosa sta succedendo fuori dalle porte dell’Italia, anche nei Paesi vicini: le nuove frontiere dell’Europa, l’Afghanistan, l’Iraq».
Chi inviteresti come opinionisti? «Le persone più adatte per ogni puntata si stabiliscono non preventivamente. Bisogna invitare ogni specialista nel suo campo. Non ho pregiudizi, io: sono totalmente liberale anche in questo. Per esempio, se Bruno Vespa ha quattro serate a settimana, vuol dire che è uno specialista - anche se il suo peso va diminuito».
Rula Jebreal
Ma le riflessioni della Jebreal non si limitano al tipo di giornalismo che vorrebbe realizzare: vanno piuttosto alle dinamiche del mondo dell’informazione di oggi: «Il processo di minare alla base la credibilità dei giornalisti è cominciato tanti anni fa», continua Rula. «L’informazione andava controllata, soprattutto quando la gente ha cominciato a chiedersi cosa stava succedendo davvero».
Secondo la Jebreal «occultare la notizia è diventata la normalità. Nei casi più gravi, la discussione che non si è riusciti ad evitare avviene in modo ideologico».

Rula JebrealRula non ha paura di dire le cose come stanno. E’ preoccupata dallo «share pazzesco che stanno avendo i Matrix e i Porta a Porta, show di veline e galline», ma ancora più preoccupante è la riflessione sulla recente trasformazione che ha investito i mass media, e soprattutto la tv: «L’informazione – avverte Rula – è diventata una cosa che deve essere venduta, come al supermercato, non per informare, ma per intrattenere».

«I politici e i potenti della terra adesso comprano un prodotto: la notizia». Ma, prosegue Rula, «il politico ha una funzione per la quale dovrebbe rispondere all’opinione pubblica» attraverso la funzione importantissima del giornalista, che fa domande scomode e pretende risposte, «non per me ma per i miei figli».
Lo scenario dipinto dalla Jebreal è tanto serio quanto realistico, perché la conseguenza della manipolazione dell’informazione è che la gente dubita «di tutto il sistema. Ma il sistema è fatto anche da persone che hanno rischiato la vita per portarci le notizie».

Allora i giornalisti, secondo Rula, devono tornare al loro serissimo ruolo sociale, «seguire la notizia ed essere fedeli a quella, verificando mille volte».
Perché c’è un aspetto che il vero giornalista non mette mai in secondo piano: «la credibilità sua e del suo lavoro».

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