Telegiornaliste anno II N. 41 (73) del 13 novembre 2006
Nuria Guardia Pulido, la classe a
servizio della squadra
di Mario Basile
Continua il nostro viaggio nel mondo del calcio femminile.
Questa settimana abbiamo incontrato Nuria Guardia Pulido,
centrocampista offensivo del
Torino Calcio Femminile.
Spagnola, ventidue anni, Nuria è una delle protagoniste del
buonissimo avvio di stagione della sua squadra.
Nuria,
come hai deciso di fare la calciatrice?
«Avevo undici anni, ero lì in Spagna coi miei genitori e
avevo deciso che volevo provare a far parte di una squadra.
Prima di allora non avevo ancora giocato in nessuna squadra,
ma sempre per strada, coi miei amici. Poi all’età di undici
anni ho detto ai miei genitori di questo mio desiderio e
così ho iniziato».
E la tua prima squadra è stata il San Gabriél…
«Giusto, il San Gabriél. Una squadra di Barcellona che faceva
la Serie A2. Ho giocato lì fino ai diciotto anni quando poi
sono venuta in Italia».
Quale differenza hai trovato tra il calcio femminile
spagnolo e quello italiano?
«Quello spagnolo è un calcio molto più tecnico, a differenza
di quello italiano che si basa più sull’aspetto fisico e
tattico. Io, personalmente, preferisco quello spagnolo per
le mie caratteristiche. Però devo dire che mi piace tanto
anche quello italiano anche se è un po’ più aggressivo e di
conseguenza più tattico».
Quindi non hai trovato particolari difficoltà ad
ambientarti…
«No, anzi, proprio per questo ho trovato molta difficoltà. Le
mie caratteristiche sono altre: privilegio la tecnica al
gioco fisico, anche perché sono piccola fisicamente. Per cui
l’inizio non è stato facile».
In Spagna hai giocato da trequartista e, a volte, anche da
seconda punta. Qui, invece, ti hanno spostato sull’estrema
sinistra. Quale tra questi ruoli preferisci?
«Trequartista, senza dubbio (ride, ndr)!».
Hai un sogno da realizzare, calcisticamente parlando?
«In questo momento vorrei vincere il campionato e la Coppa
Italia col Torino. Quando giocavo nel mio paese il mio sogno
era la promozione col San Gabriél».
C’è un ricordo della tua carriera a cui sei
particolarmente legata?
«Ce ne sono tanti. Una cosa che, però, non dimenticherò mai è
quando noi del Torino l’anno scorso abbiamo perso la
semifinale di Coppa Italia contro il Bardolino per 3 a 2.
Meritavamo di vincere, avevamo dato tutto, le avevamo messe
in difficoltà, ma è andata male. Però la coppa la vinciamo
sicuramente quest’anno (ride, ndr)».
Come vedi il mondo del calcio femminile?
«Credo che la cosa più importante sia che le istituzioni e le
organizzazioni credano in questo mondo. Nei paesi del Nord
Europa avviene: lì le istituzioni e le organizzazioni
finanziano il calcio femminile. Questo è un primo passo. Poi
si potrebbe fare come in Spagna, dove le squadre maschili
aiutano quelle femminili che così ne guadagnano anche a
livello di visibilità».