Telegiornaliste
anno II N. 25 (57) del 26 giugno 2006
Giordano: «Il mio tg è giovane e moderno» di
Mario Basile
«La dote che deve assolutamente avere un direttore è la
disponibilità a sobbarcarsi un sacco di rogne di cui non avrebbe nessuna voglia
di occuparsi». Parola di Mario Giordano,
quarant’anni, da sei direttore di
Studio Aperto: il notiziario di
Italia 1.
A chi gli domanda come abbia fatto ad arrivare così
presto a quest’incarico risponde: «Bisognerebbe chiederlo a chi mi ha
chiamato. Ero inviato al Giornale, ma lavoravo già in tv - avevo fatto
Pinocchio con Gad Lerner ed ero stato al Tg1 - un pomeriggio mi è
arrivata a sorpresa una telefonata. In poche ore la mia vita è cambiata».
Direttore a trentaquattro anni, non male per uno che
ha ancora nitido il ricordo degli inizi. «Questa professione ce l’avevo
in testa fin da bambino – prosegue Giordano – ho cominciato collaborando con
quotidiani locali, piccoli pezzi di sport o sui problemi degli agricoltori. Poi
come tutti, una collaborazione dopo l'altra, anni di abusivato, i primi
contratti, eccetera…».
Anche se gli ascolti premiano il suo telegiornale, i
critici
non mancano. Questi ultimi puntano il dito sulla troppa
attenzione ai reality, al gossip e alle notizie di meteo. I
più cattivi dicono addirittura che Studio Aperto, in fondo, non è nemmeno
un tg. La replica del direttore è secca: «I dati di ascolto confermano che sono
molte di più le persone che apprezzano Studio Aperto. Tutte le critiche
sono le benvenute, ma noi abbiamo inventato una formula nuova che piace e che
avvicina al mondo dell'informazione chi altrimenti ne starebbe del tutto
lontano».
Mario Giordano non va per il sottile neanche quando spiega
il motivo per cui è costretto ad occuparsi della televisione
che non gli piace. «Perché se uno fa il direttore di tg e
non ama il calcio, che fa? Non si occupa delle partite della Nazionale? E allo
stesso modo - continua - se uno fa il direttore di un tg e non ama il Grande
Fratello, che fa? Non si occupa di un fenomeno sociale, di un evento che
viene guardato da milioni di telespettatori? E perché? Per snobismo?».
Il direttore cita la Nazionale di calcio. Logico
chiedergli un commento sullo scandalo che ha colpito il mondo del pallone
in Italia. «Una banalità: penso che chi ha sbagliato debba pagare. Anche se, per
caso, dovessimo vincere i mondiali. Quali provvedimenti deve prendere l’Ordine
dei Giornalisti per i colleghi coinvolti? Non ho molta fiducia in questi
provvedimenti - spiega - anzi, io sarei per l'abolizione di tutti gli Ordini».
E se forse il nostro calcio ha qualcosa da invidiare a
quello estero, secondo Giordano non si può dire altrettanto dell’informazione.
«Non vivo nel mito del giornalismo estero che spesso è molto peggio del nostro.
Troppa faziosità nel giornalismo italiano? Più che altro ci sono troppe persone
più vicine ai palazzi che al pubblico».
Faziosi o no, molti giornalisti italiani si stanno aprendo
alla nuova frontiera dell’informazione: il web. Mario Giordano è
uno di questi. Sono numerosi gli utenti che frequentano il suo blog. «Credo che
siamo alla vigilia di una rivoluzione dell'informazione. E bisogna essere pronti
a cogliere tutti i fermenti di novità. Alla base della rivoluzione ci sarà
l'interattività».
Eppure per molti il giornalismo è ancora una
professione poco innovativa, non aperta ai giovani e che necessita di maggiore
flessibilità. «Per quanto ci riguarda siamo aperti, flessibili, giovani e
moderni. Basta fare un salto nella nostra redazione per accorgersene».