Telegiornaliste
anno III N. 17 (95) del 30 aprile 2007
Umberto Gambino:
Tg2, che passione
di Nicola Pistoia
Umberto Gambino,
nato a Messina il 23 ottobre 1958, ha alcuni interessi che approfondisce con
impegno: giornalista professionista dal 1987, è laureando in chirurgia,
sommelier, appassionato delle nuove tecnologie.
Tra tutte queste passioni, come hai scelto quella per il
giornalismo?
«Fin da bambino mi piaceva da matti scrivere, ed ero
affascinato dal mondo della tv e dell'informazione. Già alle elementari provavo
a disegnare "menabò" per ipotetici giornalini scolastici, oltre ai giornalini a
fumetti andavo a caccia di notizie nei quotidiani e nel tg, tutto ciò che era
notizia mi interessava. Nel 1976, al quinto anno di liceo, ci fu la riforma dei
telegiornali Rai e nacque il
Tg2. Potrà sembrare strano ma è la pura verità: mi sono
innamorato subito di quel telegiornale così diverso e originale rispetto
all'ufficialità del Tg1. Il mio sogno nel cassetto era, fin da allora,
diventare un giornalista del Tg2. A distanza di vent'anni ci sono
riuscito».
Sembri proprio innamorato...
«Come non amare questa professione? Dove lo trovi un altro
lavoro ogni giorno sempre nuovo, con spunti interessanti? Come fare a meno di
andare a caccia di notizie sempre diverse? Come non appassionarsi a fatti e
storie che si evolvono ora per ora o addirittura minuto per minuto? Tante volte
sono stato inviato per avvenimenti di portata nazionale e mi rendo di quanto sia
importante e determinante, per le sorti stesse delle singole persone, quello che
noi scriviamo sui giornali o raccontiamo in televisione. Probabilmente è questo
enorme potere che ci deve far riflettere sempre e tanto prima di metterci a
scrivere qualsiasi cosa».
Mi correggo: innamorato del giornalismo televisivo...
«I media mi piacciono tutti, ciascuno ha la propria
funzione, purché le notizie date siano vere e verificate. Amo in particolare il
giornalismo televisivo perché lavorare con le immagini richiede grande
flessibilità e capacità di sintesi e chiarezza che gli altri media non hanno.
Poi, l'impatto emotivo della televisione è superiore a qualsiasi altro mezzo
d'informazione. Basti pensare alle dirette dei grandi avvenimenti mentre si
svolgono. Anche se oggi Internet sta seriamente minacciando il potere della tv.
Io stesso, per il mio lavoro televisivo, mi documento continuamente sul web. Per
gli approfondimenti mi rivolgo invece alla carta stampata e per tenermi
informato quando viaggio c'è la nostra cara amica radio».
Mi correggo di nuovo: innamorato del Tg2. Perché?
«Credo sia differente da tutti gli altri tg per la grande
capacità di sperimentazione di nuovi linguaggi televisivi che riesce a portare
avanti. E' stato così da sempre, fin da quando è nato. E poi le nostre tante
rubriche: un fiore all'occhiello!»
Un servizio, un personaggio o un'intervista rimasti
impressi nella memoria?
«Gigliola Guerinoni, la "mantide della Valbormida",
condannata per aver ucciso il suo ultimo amante. Seguii suoi processi e le sue
vicende fino all'ultimo. E riuscii a fare uno scoop, quando, già condannata in
primo grado, la intervistai per primo mentre era agli arresti domiciliari.
Al Tg2 ricordo, nel luglio 2005, il viaggio a Sharm
El Sheikh, dopo gli attentati in cui furono coinvolti anche turisti italiani.
Feci il viaggio in Egitto, con il C130 dell'aeronautica militare, e poi tornai
con i nostri connazionali feriti. Tutto in una notte, senza dormire. Ovviamente,
in esclusiva: le mie interviste ai sopravissuti e le loro immagini furono
riprese da tutti gli altri tg della Rai».
Cosa pensi dei colleghi che dal giornalismo sono passati
allo spettacolo?
«Onestamente, non ne ho un buon concetto: credo che abbiano
sfruttato questa bella professione per finire "fuori strada". Forse, all'inizio
della loro carriera, non avevano le idee ben chiare su cosa è e cosa deve essere
la "missione" del giornalismo. Io li considero ex giornalisti a tutti gli
effetti. E, credetemi, quando li vedo in tv, magari in un reality, a ballare o a
fare i buffoni a pagamento, beh... Provo pena per loro».