Telegiornaliste
anno IV N. 6 (131) del 18 febbraio 2008
Fumettiste: quando le matite e le chine si tingono di rosa
di Sara Di Carlo
Un universo quasi nascosto, quello dei fumettisti. Eppure il disegno è la
prima forma di comunicazione che apprendiamo sin da piccoli, assieme all'uso
della parola.
Un mondo dove spesso le donne sono rappresentate come ingenue vittime del
cattivo di turno o come pin-up, simbolo dei desideri più arditi degli uomini.
Pian piano, la situazione si è evoluta ed è emerso un underground di giovani
artiste con la matita in mano. Non hanno paura di impugnarla, pungendo così
tanto con le loro mine da far impallidire qualsiasi collega uomo. Complice anche
il web, l'arte e la creatività, le fumettiste si fanno notare per
l'originalità del tratto, per i colori vivaci e per il senso dell'umorismo.
Così la donna diviene eroina e non più vittima, come nella serie Julia:
criminologa, dalle sembianze di una sbarazzina Audrey Hepburn.
Le prime fumettare? Il duo Angela e Luciana Giussani che, nel
1962, crearono Diabolik, il ladro gentiluomo dagli occhi di ghiaccio. E
poi le straordinarie chine di Vanna Vinci che conquistarono addirittura il
Giappone - patria dei fumetti - con il primo lavoro Casa a Venezia. E
ancora, Silvia Ziche. Il suo è un universo femminile maturo, alle prese con le
relazioni sentimentali e uomini incomprensibili.
La passione e l'orgoglio di essere fumettiste è anche nelle emergenti, come
Patty Comix, Fiona, Isabella Ferrante e Sherri Page nelle rispettive città
di Cuneo, Roma e Londra.
«La passione per il fumetto è nata - racconta
Patty - da
piccolissima: mi veniva naturale, accanto al classico disegno da bambini,
scrivere una parola o un qualcosa che lo accompagnasse. Mi divertivo alle
elementari a riempire quaderni di storielle di bambini con la testa a forma di
fiore».
Anche
Fiona, da piccola, ha passato gran parte del suo tempo a creare. «Disegnare
tira fuori la mia personalità».
«Non sono proprio una fumettista - dichiara
Sherri Page - ma
leggere fumetti ha contribuito a costituire la base di quel che è oggi la mia
arte: l'illustrazione legata alla pittura. Ricordo ancora il primo fumetto letto
nella mia stanza: Archie».
«Il fumetto è diventata la mia vita - prosegue
Isabella
- forse perché ho sempre guardato tanti cartoni animati ed ogni volta provavo a
ridisegnarli. Il fumetto è la forma che più si avvicina al modo in cui sento di
comunicare con gli altri. I miei personaggi interagiscono tra loro raccontando
quel che io vivo, quello che vivono le persone che mi sono accanto. Nei miei
fumetti, tutto è autobiografico. Ma non solo: racconto la realtà che mi
circonda, così come i miei occhi la vedono».
Sul
perché le donne siano così poche, Isabella ha una sua teoria: «Il mondo è
maschilista e nel fumetto si sente maggiormente questa chiusura nei nostri
confronti. Se c'è un personaggio maschile di punta in ogni casa editrice, lo
disegnano solo uomini. Credo che le donne non abbiano abbastanza tenacia da
poter provare finché non si riesce nell'intento di pubblicare i propri disegni.
Sono molte quelle che diventano coloriste ed inchiostratici e si accontantano,
mentre io disegno e scrivo le mie storie».
Sherry ci offre uno spaccato della realtà londinese: «Le donne che vogliono
creare fumetti sono poche perché pensano che siano solo mondi fantasiosi
popolati da supereroi che non rispecchiano la realtà del loro essere donna. E'
anche vero che il lettore, a volte, preferisce un fumetto disegnato da un uomo,
anziché da una donna. Bisogna quindi lavorare duramente».
E le donne, secondo Patty? «Si nascondono un po’. E' una professione difficile
da portare avanti, anche per i guadagni poco costanti. Abbiamo bisogno di
stabilità per poter costruire un futuro e una famiglia. Per questo, spesso
optiamo per lavori affini al mondo del disegno come la grafica, l'illustrazione
per editoria. Gli uomini tendono a costituire circoli chiusi: molte donne si
inseriscono in questi studi come subordinate o ne aprono uno loro stesse per non
dover rendere conto a nessuno».
Di tutt'altra opinione è la giovanissima Fiona. «Non penso che sia un mondo
prettamente maschile, tante sono le donne che fanno fumetti ad alti livelli, ma
spesso la nostra società ci porta a pensare che una donna non possa vivere
disegnando fumetti. E' solo un luogo comune».
Per Isabella, comunque «il futuro del fumetto è roseo ed esisterà sempre finché
ci saranno persone che si lasceranno rapire da questo linguaggio. Occorre che
gli editori investano nelle idee, nei fumettisti che hanno qualcosa da
raccontare. Ancor di più, occorrono lettori che abbiano ancora la capacità di
sognare. E' difficile tarpare le ali ai fumetti che, in fondo, sono nuvole
parlanti che possono volare lontano».
Magari con una nuvoletta rosa. Sicuramente sarà sempre più donna.