Telegiornaliste anno V N. 7 (178) del 23
febbraio 2009
Antonella Fracchiolla,
l'importanza di lavorare sul senso civico
di Giuseppe Bosso
È
con grande piacere che questa settimana
incontriamo
Antonella Fracchiolla, conduttrice del
Tgr della Campania e della rubrica
Neapolis in onda su RaiTre. Nata a Bari,
è entrata in Rai nel 1992 superando il concorso
per praticanti.
Cosa hanno comportato, come carico di lavoro
per la sua redazione, le recenti vicende
giudiziarie che hanno coinvolto Napoli?
«Non penso più di quello che abbiamo normalmente.
Napoli è una piazza continuamente in
fibrillazione e il nostro lavoro si adegua a
questi ritmi. Del resto, abbiamo vissuto un anno
caratterizzato dalla continua emergenza rifiuti,
e siamo più che abituati a dover fronteggiare
notizie dell’ultim’ora. Non è raro che una volta
impostato la scaletta del tg, alle 13 giungano
notizie di blitz o arresti, per cui quello che
avevamo preconfezionato viene inevitabilmente a
essere stravolto».
Quale può essere, secondo lei, la strada da
seguire perché la città conosca finalmente una
svolta in positivo, non solo dal punto di vista
istituzionale?
«Lavorare sul senso civico. Purtroppo è un
concetto che a Napoli non è molto presente, non
si sente tanto l’idea dell’interesse della
collettività, e lo avverto a cominciare dai
comportamenti spiccioli delle persone, e di
riflesso anche da quello degli esponenti delle
istituzioni. A tal riguardo, devo dire che
quando sento il sindaco Iervolino tendere a
sminuire i problemi dichiarando che la
maggioranza della popolazione è sana e solo una
piccola minoranza delinque o è privo di senso
civico, penso proprio che la realtà sia un po’
diversa. Insomma, bisogna prendere atto che c’è
una fetta di popolazione deviante o a rischio».
L’informazione può fungere da collante tra
politica e cittadino?
«Sì, è fondamentale il nostro ruolo e dobbiamo
cercare ogni giorno di ricordarci quali sono i
valori della nostra professione, informare le
persone e cercare di ridurre le distanze con i
palazzi del potere. Capisco che la Rai talvolta
si presti facilmente a critiche per il fatto di
non essere sempre equidistante, ma a parte
questo credo che ci siano anche tanti validi
professionisti che svolgono il loro mestiere con
coerenza e serietà. E’ quello che cerco di fare
anch’io giorno per giorno».
Come nasce la rubrica Neapolis?
«Nasce da un’idea del caporedattore Silvio Luise
che, dopo aver curato Tg1 Napoli e Tg2 Napoli
tra il 1992 e il 1998, aveva avvertito la
mancanza di uno spazio che utilizzasse un
linguaggio tecnologico. Oltre che da noi
interni, la redazione è formata anche da persone
assunte con contratto a tempo determinato.
Inizialmente mi sono alternata con Antonello
Perillo alla conduzione, poi sono arrivate anche
Cecilia
Donadio,
Maria Laura Massa e Annalisa Angelone».
Si sente più inviata o anchorwoman?
«Mi sento a mio agio in entrambi gli ambiti. Per
strada, certo, sono a stretto contatto con la
gente e con la realtà, mentre nello studio trovo
il piacere di stare, sia pure idealmente, a
contatto con lo spettatore che mi guarda,
cercando di far passare un messaggio di
equilibrio e cordialità».
Cosa significa per lei lavorare al Tgr?
«La consapevolezza di non annoiarmi mai. E’ un
lavoro al tempo stesso stressante e stimolante
per il territorio che ci circonda; stimolante
soprattutto per le grandi possibilità che ti
offre una realtà come quella napoletana. Sono
arrivata a Napoli quando ho vinto il concorso e
ho deciso di non andarmene malgrado fossi
consapevole delle tante difficoltà».
Cosa ha trovato di diverso tra Napoli e Bari,
la sua città?
«Dal punto di vista della vivibilità Napoli è
alquanto a rischio, Bari non altrettanto. Anche
il carattere delle persone è diverso, e mentre
il barese è molto attaccato al lavoro ma al
tempo stesso chiuso e meno cordiale, il
napoletano è sempre molto vivace».
C’è una notizia che vorrebbe dare in futuro?
«Mi piacerebbe poter dire che ci sono molte
possibilità occupazionali, problema fondamentale
della città. E dopo l’anno che abbiamo vissuto
per l’emergenza rifiuti, vorrei poter dire che
la Campania è riuscita a raggiungere i livelli
delle regioni del nord - come la Lombardia - per
la raccolta differenziata».
Il bello e il brutto del giornalismo?
«Onestamente vedo solo cose positive, se non che
talvolta il lavoro è molto pesante e non hai
molto tempo libero».
Conciliare lavoro e vita privata si può?
«Non avendo figli non saprei rispondere. Ad ogni
modo credo che per una donna ogni mestiere
comporti difficoltà per far andare d’accordo la
sfera affettiva con quella professionale, ma non
impossibilità».
Che effetto le fa essere una delle
telegiornaliste più seguite, non solo nel nostro
sito?
«Essere apprezzati fa sempre piacere. Come
dicevo, la mia speranza è entrare nelle case
delle persone con garbo e spero sia questa
l’idea che ha di me chi mi segue. Cerco
soprattutto di usare due doti che forse si sono
alquanto perse, e cioè la discrezione e la
misura».
Ha un sogno nel cassetto?
«Vivo troppo alla giornata per rispondere a
questa domanda. Penso più al presente che al
domani».
Come si descriverebbe come donna e come
giornalista?
«Preferisco siano gli altri a descrivermi. Posso
dire che mi sento portata soprattutto ad
osservare e ascoltare gli altri».
Con i suoi colleghi avverte più rivalità o
complicità?
«Penso di avere un buon rapporto con la maggior
parte di loro, sia con uomini che con donne.
Credo sia un luogo comune dire che le donne
siano continuamente in competizione, perché
anche gli uomini hanno questa tendenza».
Ha mai avvertito condizionamenti o pressioni
nel suo lavoro?
«Posso dire, per mia fortuna, di non essermi mai
trovata in queste condizioni, anche perché non
ho modo di occuparmi di politica che è il
settore che più si presta al condizionamento. E'
un ambito che preferisco seguire più da
cittadina che da giornalista, e non posso fare a
meno di notare come alcune persone dei piani
alti sappiano a chi rivolgersi quando vogliono
un certo tipo di informazione».