Telegiornaliste
anno II N. 1 (33) del 9 gennaio 2006
Manuela Donghi, la trottolina dei media di
Tiziano Gualtieri
Definire Manuela Donghi non
è semplice. Ragazza poliedrica, seppur giovane, ha fatto
esperienze un po' in tutti i campi, prima di trovare, forse, la sua
quadratura del cerchio. Trottolina dei media, ha provato
tutti i diversi modi di fare comunicazione: spettacolo,
radio, televisione,
carta stampata. E nel suo palmares non manca neppure un'esperienza
musicale. Tra breve sarà anche giornalista a tutti gli effetti.
Manuela, ti ho definita "trottolina dei media": spero non ti dispiaccia, ma è
davvero difficile inquadrarti e darti una collocazione precisa. Tu
cosa ti senti: showgirl, voce radiofonica, giornalista o viso
televisivo?
«Certo che non mi dispiace! Anzi, con "trottolina dei media" penso
tu abbia inquadrato un po' la mia figura dai tempi in cui ho
iniziato a lavorare fino a qualche mese fa... oggi posso finalmente
dire che, ebbene sì, mi sento una giornalista!»
Partiamo dall'inizio. 1996, una giovanissima Manuela arriva alle finali di
Miss Italia. Cosa ti è rimasto di quell'esperienza? È davvero
così straordinaria?
«Su Miss Italia si potrebbe aprire un enorme capitolo, che
peraltro corrisponde con il primo capitolo della mia storia
lavorativa, anche se ai tempi ancora non lo sapevo! Decisi di
partecipare alle selezioni del concorso per caso, con una mia amica
del liceo, e per caso sono arrivata alla sospirata finale di
Salsomaggiore. Avevo 18 anni e ho vissuto l'esperienza forse con
l'ingenuità e le paure di un'adolescente che per la prima volta in
assoluto rimaneva lontana da casa per diversi giorni (3 settimane!),
in mezzo a persone sconosciute. Miss Italia è un'avventura
pazzesca, snervante, stancante; i ritmi sono iper-frenetici; non ti
permettono di avere contatti con persone esterne, si è impegnate a
volte fino a notte fonda, con la pausa pranzo e cena di mezz'ora...
Molte volte penso che, a tornare indietro, avrei aspettato ancora un
paio d'anni prima di partecipare, avrei avuto forse una
consapevolezza diversa... pensa che la sera della finalissima,
subito dopo l'elezione di Danny Mendez, sono scappata via... non ne
potevo più! È comunque un'esperienza che consiglio alle ragazze. Se
vissuta come un gioco come ho fatto io, però».
L'edizione del 1996 è ricordata per una cosa in particolare. Per la prima
volta vince appunto una ragazza di colore, Danny Mendez, e le
polemiche divampano. Come è stata vissuta dall'interno questa
"novità"?
«Bella domanda. Se vivi da diretta interessata il concorso di Miss
Italia, capisci che nulla è già stabilito a priori come dicono; non
penso ci siano raccomandazioni o cose del genere. Semplicemente dopo
un po' di giorni si cominciano ad intravedere le possibili finaliste
e di conseguenza la probabile nuova Miss Italia. La vittoria di
Danny Mendez era abbastanza scontata, anche se per la verità io non
mi aspettavo vincesse realmente. La polemica maggiore derivata dalla
sua vittoria è stata più che altro quella per cui Danny non aveva
nulla a che vedere con l'Italia: era solo una cittadina "acquisita"
perché la mamma si era risposata con un italiano».
L'allora presidente del Consiglio, Romano Prodi, commentò: «È l'Italia che
cambia». Il Belpaese è davvero cambiato dopo quell'elezione che ha
diviso critici, filosofi e semplici cittadini?
«Non so. È difficile rispondere e capire se in effetti l'Italia
cambiò a partire da quel momento. Io non penso».
Nella tua carriera hai fatto anche la modella...
«Appunto... vedo che siete molto attenti e scrupolosi. Sì, le prime
esperienze nella moda le ho fatte poco prima di andare a Miss
Italia e ho proseguito poi a lavorare, mentre studiavo
all'università. Non ho mai pensato di continuare a fare la modella
per molto tempo, anche se ho avuto moltissime soddisfazioni,
lavorando per stilisti come Gianfranco Ferrè o marchi come "La
Perla". Però che fatica, sempre a dieta...
E poi ero un po' bassina (175 centimetri ndr)».
Poi, ti sei "innamorata" della tv. Meglio di qua o di là dalla "barricata"?
«Incontro fatale, quello con la televisione. Mi ricordo come se
fosse ieri. Avevo 20 anni, stavo partecipando come figurante
speciale al programma A tutta festa (1998) condotto da
Lorella Cuccarini e Marco Columbro, e non ti so dire cosa mi sia
successo: le telecamere, le luci, i microfoni...
Insomma, lì ho capito veramente cosa avrei voluto fare nella mia
vita... o perlomeno ai tempi era un sogno!»
Prima alcune apparizioni in Rai e Mediaset (La sai l'ultima, giusto
per ricordarne una), poi presentatrice, infine autrice. Voglia di
fare esperienza, oppure tentativo di fare una vera e propria
ricerca?
«Hai centrato il discorso! La mia è sempre stata una sorta di
ricerca. Fin da piccola ho sempre desiderato fare la giornalista tv:
guardavo i telegiornali e, con i libri di cucina di mia mamma,
imitavo i conduttori che leggevano. Mi sono iscritta a lettere
moderne con l'intenzione di fare giornalismo. Poi però il destino ha
voluto che io facessi mille altre esperienze, ed è stato un bene,
perché ho cominciato così ad ambientarmi nel settore. Ho imparato
prima a sorridere davanti alla telecamera, poi a muovermi e infine a
parlare, senza rischiare di "bruciarmi". Anche perché una
giornalista troppo giovane non è tanto credibile».
Nel 2002 l'incontro con l'unico media che manca alla "collezione": la radio.
Sbarchi su Radio Italia Network. Prima come voce ufficiale di
Ritratto d'autore nel programma condotto da Marco Biondi, poi
come conduttrice di un programma di informazione cinematografica,
Sedici Noni, insieme ad Andrea Gelli. Cosa ti ha spinto ad
accettare questo nuovo confronto?
«Sempre la solita voglia di ricerca. Ho accettato per iniziare forse
una sfida e devo dire la verità: ho scoperto un nuovo mondo!
L'approccio con la radio per me è stato complicato, all'inizio ci
mettevo due ore a registrare mezz'ora di programma; pensavo "Oddio,
forse non è il mio lavoro", ma poi ce l'ho fatta... e sono riuscita
ad andare in onda per tre ore di fila in diretta!»
La leggenda narra che tu girassi per i corridoi di Rin cantando...
«Mi piace far scappare la gente (ride ndr)».
E tra il 2003 e il 2004 nasce il "Trio Maluma": Marco Biondi, Dj Speciale e
Tony H si riuniscono sotto la voce di una certa Manuela; nasce
Again.
«Ecco, a proposito di far scappare la gente: ebbene sì, ho anche
cantato! Il disco in realtà è molto simpatico (non sono decisamente
una cantante) ed è nato per caso durante un trasloco. Cantiamo io,
Dj Speciale e Marco Biondi: da qui TRIO MA (Manuela), LU (il nome di
Dj Speciale è Luigi) e MA (Marco), e non puoi immaginare quanto ci
siamo divertiti quella sera! Da un gioco è nato poi il seguito di
Again: I like to party».
Ti manca Rin?
«Tasto dolente. Non l'ho mai detto a nessuno. Sì, mi manca
moltissimo».
Dopo la riorganizzazione di Rin, sei comunque rimasta nel giro e ora
graviti attorno a PlayRadio, emittente nuova che sta cercando di
imporsi nell'etere italiano. Una nuova sfida anche per te.
«Infatti. PlayRadio è la nuova radio del gruppo RCS, una nuova
realtà che sono sicura farà grandi cose. Io mi occupo della
redazione e della stesura dei testi per il programma di Natasha
Stefanenko (Play Style in onda la mattina tra le 9.00 e le
10.00). Diciamo che è sempre fondamentale l'esperienza anche dietro
le quinte».
Nella tua già lunga carriera, hai affrontato anche il mondo dei motori.
Quanto è difficile, per una donna, inserirsi in un mondo considerato
ancora ad appannaggio solo degli uomini?
«Non eccessivamente. Forse lo scoglio maggiore è rappresentato dai
capelli biondi, dagli occhi azzurri, dalla taglia 42, etc etc: se
sei una bella ragazza, allora passi subito per quella che deve per
forza mettersi la minigonna e che deve ammiccare in modo malizioso.
Il problema maggiore è riuscire a farsi prendere sul serio. E ti
dirò: ancora oggi ho delle difficoltà in questo senso».
Cinema, motori, musica. Ma scrivi anche di arte. Sei un'appassionata?
«Di arte ho scritto quando lavoravo a Telecity per Starmarket.
Conducevo una rubrica giornalistica con contenuti di arte. Non
ritengo di essere necessariamente una appassionata; diciamo che sono
convinta che una brava giornalista deve essere in grado di scrivere
un pò su tutto, "specializzandosi" poi in un campo ben definito, se
vuole fare il grande salto».
Tante esperienze, ma un filo sottile comune che le unisce: il cinema. È
questo il tuo vero amore?
«No. Non è il mio vero amore. È uno degli amori della mia vita».
Ora è possibile seguire le tue gesta sull'emittente televisiva regionale "Più
Blu Lombardia" dove, in pratica, racconti gli eventi lombardi con
particolare attenzione agli aspetti culturali. C'è ancora spazio per
la cultura nella televisione del 2005?
«Spazio per la cultura in televisione ce n'è sempre stato. Solo che,
in base ai dati Auditel, i programmi più impegnati vengono spostati
in fasce orarie minori. Però io penso una cosa: esiste il
videoregistratore; se alla sera non c'è nulla di interessante si può
sempre vedere qualcos'altro, magari registrato nel pomeriggio. E poi
oggi esiste Sky: quanti canali tematici ci sono!
E non sottovalutiamo le realtà regionali e locali. Molte volte, con
pochi mezzi a disposizione, si possono fare delle grandi cose;
questo perché una tv più piccola può sperimentare mille idee senza
il terrore dei dati d'ascolto del giorno dopo. A Più Blu Lombardia
c'è il clima ottimale per crescere e migliorare, proprio quello che
voglio!»
Sei laureanda alla Statale di Milano in Lettere Moderne con preparazione di
tesi sul linguaggio televisivo. Possiamo dire che sei un'esperta, se
non altro per la grande preparazione sul campo. Radio, musica,
televisione, riviste. Cosa vuoi fare da grande?
«Grazie per avermi dato dell'esperta. Non vorrei con questo titolo
insultare chi lo è veramente. In ogni caso posso risponderti che da
grande sarò una giornalista televisiva. Ne sono sicura».