Telegiornaliste
anno IV N. 36 (161) del 13 ottobre 2008
Alessandra De Sortis, la
genuinità di
Giuseppe Bosso
Nata a Gallarate,
Alessandra
Antonia De Sortis è giornalista pubblicista
dall’ottobre del 2007. Laureanda in Lettere
Moderne, muove i primi passi nel giornalismo
presso il settimanale Tutto è di Torre
Del Greco, città dove attualmente vive.
Lavora al tg dell’emittente televisiva
Teletorre, dove è inviata e conduttrice.
Sul mensile nazionale Europanews Magazine
ha curato la rubrica “Itinerari d’Europa” in cui
presentava ogni mese una capitale europea. Di
recente ha collaborato con Telecapri nelle vesti
di inviata esterna. Per il sito Vesuvioweb
scrive articoli di cultura.
Dulcis in fundo, ha ottenuto un buon successo
come scrittrice pubblicando il romanzo Erwitt
- Cronache dal castello di un eroe, edito da
Boopen, casa editrice online. E proprio in
questi giorni è uscito il suo secondo romanzo,
un thriller intitolato Melissa gioca
Come nasce il tuo romanzo
Erwitt?
«Da sempre mi affascina il Medioevo: mi ha sempre
colpito pensare che le lotte di dominio di
quell’epoca siano così attuali.
Il protagonista è tutto fuorché il tipico eroe
cavalleresco. Ma una persona con paure ed
insicurezze, sensibile e amorevole ma incapace
di esprimere sentimenti. I personaggi, man mano
che scrivevo il romanzo, si muovevano per conto
loro, ciascuno aveva la sua storia e il suo
carattere, e io potevo solo tirarlo fuori».
Tra i tgisti e le tgiste italiane, chi
potrebbero essere idealmente Erwitt ed Ester, i
protagonisti del tuo romanzo?
(Ride, ndr) «Bella domanda. Beh, dovendo
scegliere, ti dico che
Francesco
Giorgino potrebbe rispecchiarsi in Erwitt
proprio perché in fondo anche lui è un antieroe,
ha fatto la sua bella gavetta, come ricordava
Striscia la notizia quando proponeva i
filmati dei suoi esordi. Ester, invece, la
paragono a Francesca Senette: le vedo entrambe
dolcissime, di viso e di carattere».
Gli italiani non sono grandi lettori… Credi ci
sia posto qui per gli scrittori?
«Il problema è che oggi "tirano" soprattutto i
libri commerciali, per lo più diretti ad un
pubblico adolescenziale, che non hanno nulla a
che vedere con il mondo degli scrittori nel vero
senso della parola. Spesso, poi, un autore
divenuto famoso per un solo titolo, ha le
vendite assicurate per tutti i libri che scrive
in seguito, perché il lettore tende a comprare
il “nome” e non il prodotto. Mi piacerebbe
proprio che si superassero certi pregiudizi nei
confronti degli scrittori emergenti».
Il mondo degli scrittori come ha accolto
un’esordiente in crescita come te? Hai avvertito
diffidenze?
«No, però ho sentito di donne che sono state
costrette ad utilizzare uno pseudonimo nel
timore che il pubblico diffidasse di loro. Credo
invece che ogni scrittrice debba utilizzare il
proprio nome con l’orgoglio e la gioia di
vederlo in copertina».
Cosa cerchi dal mondo del giornalismo?
«Comunicare in maniera neutrale e approfondita le
cose. I giornalisti sono gli occhi e le orecchie
di chi in quel momento non è presente, per cui
rivestono un ruolo essenziale».
Quali sono le difficoltà maggiori nell’operare
in una zona a rischio come Torre Del Greco?
«Sono tante, ma credo che il vero rischio sia
quello di far carriera solo scegliendo di
occuparsi di cronaca nera, che qui non manca. A
voler valorizzare le cose positive che ci sono,
come eventi culturali e manifestazioni sociali,
ti ritrovi a essere un giornalista di nicchia».
L’intervista che ricordi con più piacere?
«Quando scrivevo per Tutto è, intervistai
Mino Reitano che era venuto a fare un concerto a
S. Vito, frazione di Ercolano. Dopo mi fermai
per il concerto e lui, con mia totale sorpresa,
mi invitò a salire sul palco e disse al
microfono
Vi presento questa ragazza che mi ha appena
intervistato. Facciamole un grosso in bocca al
lupo per la sua carriera!
Scattò un grosso applauso e io sentii il cuore
andarmi al vento! E’ sicuramente una delle
interviste che ricordo con più piacere,
soprattutto per la gentilezza e la dolcezza di
Mino».
Nell’ambito della tua carriera giornalistica,
hai mai ricevuto condizionamenti?
«Una volta scrissi un pezzo molto duro su un
comico che si esibiva tra una sfilata e l’altra
durante un concorso di bellezza. Obiettivamente,
non aveva fatto ridere nessuno, il pubblico
l’aveva fischiato. Ma il direttore mi fece
tagliare la parte dell’articolo che lo
stroncava, dicendomi che era un giovane agli
esordi e non era giusto “maltrattarlo”. Capii
allora che nel nostro lavoro ci sono delle
regole non scritte, che si imparano sul campo.
E’ giusto che sia così, basta che non vadano a
discapito della sincerità che il lettore
merita».
Parliamo del tuo nuovo romanzo, Melissa
gioca.
«È un thriller noir dal significato profondo.
Melissa è una donna del profondo Sud che
sequestra Annetta, la nuova fidanzata del suo
ex. Vuole umiliarla, farle chiedere scusa di
averle rubato l’uomo. Ha la mentalità di molte
donne del Sud, ancora legate all’idea della
vendetta d’amore, alla dipendenza dal marito. E’
una storia cruda, un inferno di violenza e
umiliazioni, ma Annetta contrappone a ciò che è
costretta a subire il pensiero del suo grande
amore che la sta cercando disperatamente. E
capirà che l’amore è più forte di tutto».