Telegiornaliste anno IV N. 29 (154) del 28 luglio
2008
Luigi Datome: «Coni e Fip vengano incontro ai talenti
italiani»
di Pierpaolo Di Paolo
Luigi Datome, nazionale e grande promessa del
nostro basket, ci racconta se stesso e il difficile momento dei giocatori
italiani nei club.
Così come nel calcio, fino a poco fa,
anche nel basket i club puntano quasi solo su stranieri affermati, dando poco
spazio ai vivai. Da giovane promessa cosa ne pensi?
«Nel
calcio il problema si sente meno perché con le rose ampie gli italiani hanno più
possibilità di diventare qualcuno. Facendo ciò anche nel basket si distruggono
le speranze dei talenti italiani. Forse puoi diventare un giocatore di B1 o B2,
ma in A1 è difficile avere l'occasione giusta. Se non spicchi subito su tutti, è
probabile che tu non abbia mai l'opportunità di crescere e di diventare un
campione».
E allora cosa pensi si possa fare?
«Erano state concordate delle regole che
venivano incontro alle nostre esigenze. Dovevano entrare in vigore l'anno
prossimo, poi le hanno posticipate di tre anni. Non ce l’aspettavamo e non siamo
contenti. Abbiamo minacciato uno sciopero, ma speriamo che tutto si componga per
il meglio senza scontri inutili. (Abbiamo incontrato Luigi prima dello sciopero
effettivamente messo in atto dalla Nazionale di Basket. I giocatori hanno poi
deciso di sospendere la protesta dopo qualche giorno, ndr)».
Tornando a te, sogni ancora l'Nba?
«All'Nba oramai non penso più se non come a
una cosa molto lontana. Voglio solo diventare un giocatore forte qui e un punto
di riferimento per la Nazionale, anche perché mi ritengo un giocatore da serie A
italiana».
Però nel 2004 sei stato inserito al 6°
posto dagli scouts americani come migliori promesse classe '87...
«A 16 anni ero uno dei più promettenti al
mondo, ma avevo bisogno di fare esperienze e crescere a livello di gioco e di
tecnica. Adesso sarei dovuto essere già in Nba, si vede che non mi sono evoluto
quanto ci si aspettava».
Forse ti hanno danneggiato le dinamiche
italiane. Se la Montepaschi ti avesse dato fiducia subito invece di mandarti a
Scafati, avresti avuto delle prospettive diverse?
«Siena non è la piazza ideale per emergere e
crescere, perché è la squadra più forte d'Italia quindi la priorità è vincere e
non lanciare i giovani. Perciò sono andato a Scafati. Di certo, in tutto questo,
un ruolo lo ha avuto il sistema di regole italiane che non aiuta i vivai e i
giocatori italiani, ma solo i club. Forse Siena è arrivata troppo presto, ma ho
20 anni e non sono assolutamente abbattuto».
A Siena hai sofferto il dopo-Recalcati?
«Sì, quando Recalcati se n'è andato sono
finito ai margini della squadra. Era un gruppo fortissimo e vincente, quindi era
difficile trovare spazio. Invece con Recalcati, a 18 anni, giocavo quasi 20
minuti di media. È stato l'anno della mia prima esplosione. Nessuno si aspettava
niente da me tranne il mister che, stupendo tutti, mi ha dato spazio».
In nazionale hai raccolto forse le tue
soddisfazioni migliori. Oramai in Italia è più facile affermarsi a livello di
nazionale che di grandi club?
«Direi di sì. Se sei fortunato e non c'è
grande concorrenza nel tuo ruolo, trovi maggiori soddisfazioni in nazionale
piuttosto che nel tuo club. In campionato, anche se sei un nazionale, ti ritrovi
sempre l'americano davanti che ti toglie spazio e visibilità. Detto questo, la
Nazionale resta difficile da conquistare perché il livello è molto alto».
L'anno prossimo in quale squadra ti
vedremo? E' possibile un tuo arrivo a Napoli?
«Con Napoli non ci sono stati mai contatti,
ma anche con altre squadre non c'è ancora nulla. Sono ancora di proprietà della
Montepaschi e, se non mi dice prima cosa intende fare, non posso decidere».
Ma tu dove vorresti giocare?
«Il mio sogno sarebbe trovare una squadra
importante in Italia, perché sento di esser sufficientemente maturo da poter
giocare in una piazza forte dove guadagnarmi i miei spazi. Soprattutto spero in
una società seria e un ambiente sereno dove possa crescere un anno tranquillo,
senza troppi cambiamenti come son capitati l'anno scorso a Scafati. Dovunque
sia, l'importante è trovare una situazione che possa darmi serenità e
permettermi di giocare e crescere con continuità».