Telegiornaliste
anno III N. 32 (110) del 10 settembre 2007
Claudio Cugusi, voce ai precari
di Giuseppe Bosso
Claudio Cugusi,
abilitato all'esercizio della professione di avvocato e consigliere comunale a
Cagliari, dove è nato, ha iniziato la carriera giornalistica alla redazione
dell’Unione sarda nel 1986.
Nel 2004 ha fondato il Giornale di Sardegna, e dal
2000 è addetto stampa del Consiglio regionale.
Ha collaborato con Mixer, Avvenimenti e Radio
Sintony.
Ha pubblicato alcuni libri – inchiesta, tra cui Ring,
sulla prostituzione minorile omosessuale ai parcheggi della Fiera di Cagliari e
Call center, gli schiavi elettronici della new economy.
Da potenziale penalista a paladino dei giornalisti
precari. Cosa ha portato a questa svolta nella tua vita?
«Mettiamola così: mi occupo anche di giornalisti precari ma
soprattutto di precariato. Che è incertezza di vita più che precarietà del
lavoro.
Tutto è cominciato due anni fa, quando un call center
cagliaritano, che pure aveva ricevuto otto milioni di euro di denaro pubblico,
ha smesso di pagare gli stipendi ai dipendenti. Mesi e mesi così, fino a quando
con i lavoratori abbiamo deciso di occupare l'azienda. Per due mesi siamo stati
insieme in quegli uffici. Ed è così che ho capito, decisamente da vicino, la
terribile condizione dei trentenni di oggi. La nascita del mio sito, per
sensibilizzare l'attenzione della gente sul problema, è stata un fatto
conseguente e naturale. E così il mio libro è stato un fatto obbligato: per un
giornalista raccontare è la cosa più facile».
Chi sono i precari del nostro mestiere e cosa chiedono? E
cosa fanno le istituzioni?
«Non per andare controcorrente, ma dico subito che non
concordo con quanti considerano "precari" tutti i collaboratori di una testata.
Siamo onesti: è precario chi si propone a un giornale, propone dei pezzi e ogni
tanto qualcuno glieli pubblica?
Oppure: può essere considerato precario un giornalista
professionista che lavora con contratti a termine negli uffici stampa della
pubblica amministrazione?
Nel primo caso parliamo di aspiranti collaboratori; nel
secondo di liberi professionisti sul mercato del lavoro. E se sono precari
quelli, allora lo è anche l'avvocato o il commercialista.
I precari del giornalismo sono altri, e dunque meno di quanto
sembri: ad esempio, sono precari i giornalisti che entrano a far parte
dell'organizzazione quotidiana delle testate, cioè del lavoro giornalistico,
senza godere delle stesse garanzie di chi ne fa parte stabilmente.
Il problema inizia ad avere maggiore attenzione, ma da un
lato occorre un grande lavoro del sindacato per ottenere certe garanzie,
dall'altro maggiore solidarietà tra colleghi, per esempio incentivando la
nascita di cooperative giornalistiche. E portando gli editori a
contrattualizzare i precari delle redazioni».
Anche grandi firme del giornalismo italiano hanno alle
spalle la gavetta. Eppure paiono dimenticarsene una volta affermati.
«Perdere la memoria di quello che si è stati non fa mai bene.
Ed è un vizietto antico, questo. Ma oltre che ai colleghi più anziani e
navigati, è soprattutto agli editori che deve stare maggiormente a cuore il
problema».
Internet è la nuova frontiera dei media e
dell'informazione, eppure il progresso tecnologico non pare accompagnarsi a
quello di mentalità, che vuole i giovani spesso penalizzati nel confronto con i
colleghi più anziani. Ma la rete può rappresentare davvero uno sbocco per il
futuro?
«Il filosofo Mc Luhan dice che i mezzi di comunicazione non
si sostituiscono gli uni agli altri, ma si aggiungono cronologicamente. Credo
che la rete oggi rappresenti l'evoluzione, il futuro della grande comunicazione.
Un'aggiunta utile. Prendi il mio blog: se guardi il numero degli iscritti è
diventato il quarto tra quelli di informazione politica. Dunque, c'è spazio per
le nuove forme di comunicazione e dentro quello spazio c'è già giornalismo. Il
problema principale è sempre quello delle fonti di finanziamento che possono
derivare o dalla pubblicità o dagli abbonamenti; a parte questo, però, la
politica dovrebbe cercare maggiormente di incentivare le nuove tecnologie che
possono soddisfare maggiormente la grande fame di informazione che c'è nella
gente».
In conclusione, un messaggio per i redattori e i lettori
di Telegiornaliste.
«Se ad agosto avevate ancora voglia di lavorare, questo
mestiere strano vi ha catturati. Beh, sappiate che avete contratto una
bellissima malattia sociale. Perché questo, in tutte le sue forme, è il
giornalismo. In bocca al lupo da uno che non ha ancora perso la curiosità di
raccontare la vita degli altri».