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Intervista a Lella Confalonieri tutte le interviste
Lella ConfalonieriTelegiornaliste anno IV N. 18 (143) del 12 maggio 2008

Lella Confalonieri, il lato rosa del Tg5 di Giuseppe Bosso

Giornalista professionista dal 1992, oggi Lella Confalonieri è responsabile della redazione milanese del Tg5.

Come è cambiato il Tg5 con l’avvento di Mimun alla direzione?
«Il Tg5 ha sempre seguito una certa linea fin dalla direzione di Enrico Mentana. Certo, con la gestione di Carlo Rossella c’è stato un momento in cui abbiamo magari dato un po’ più di risalto al glamour e al costume così come adesso, con il nuovo direttore, siamo tornati ad occuparci prevalentemente di cronaca e di politica, ma la nostra identità è sempre stata quella che il pubblico ha seguito nel corso degli anni».

E' infastidita nel vedere il suo nome nella famigerata lista "figli e parenti" tra tanti suoi colleghi?
«Meno di zero. Le mie cose e il mio lavoro me le sono costruite da sola e non certo per il cognome che porto. Riguardo quella lista, trovo alquanto contorto il mescolare la Rai, che è il servizio pubblico, con Mediaset che è un’azienda privata. Non voglio dire che si debbano fare favoritismi nell’una o nell’altra, ma che sono due ambiti completamente diversi. In ogni caso, penso che il lavoro e l’impegno alla fine paghino, anche se magari qualcuno può pensar male per questioni di cognome».

Si dice che suo zio abbia "bacchettato" la redazione del Tg5 per il troppo spazio lasciato alla cronaca nera. Cosa ne pensa?
«Più che altro avrà assunto un punto di vista di spettatore non contento di vedere continuamente servizi sui delitti di sangue che, negli ultimi anni, hanno caratterizzato non poco le vicende del nostro Paese. C'è stato un periodo in cui abbiamo dato particolare risalto a queste vicende, e dobbiamo forse fare un po’ di autocritica per il modo con cui li abbiamo esposti. La cronaca è il sale dell’informazione: anche i delitti più efferati fanno parte del contesto in cui operiamo e che il telespettatore-utente esige di sapere. La cosa importante, da un punto di vista etico, è evitare di soffermarci sui particolari più macabri che esulano dal dovere-diritto di cronaca».

Da milanese, cosa ne pensa dell’assegnazione di Expo 2015?
«E' un traguardo importante non solo per Milano, ma per tutto il nostro Paese. Un evento di questa portata non può dare altro che vigore ed entusiasmo: il giorno dopo l’assegnazione ho notato già un particolare fermento in città. Credo che rappresenti una grande spinta per tutti e un'occasione per mostrare al mondo cosa può portare all’Italia una rassegna del genere».

C’è un servizio o un’intervista a cui è particolarmente legata o che vorrebbe fare?
«Ritengo che ogni intervista, ogni servizio siano importanti: è quello che cerco di trasmettere sempre anche ai colleghi della redazione di Milano. Per quanto mi riguarda, ricordo con piacere un’intervista che feci all’avvocato Agnelli in strada: una sua risposta sul Governatore della Banca d'Italia, il giorno dopo, era nei titoli di tutti i quotidiani. E questa è stata una bella soddisfazione. Quella che vorrei fare? Tutti i giornalisti sicuramente aspirano a intervistare grandi personalità come il Papa o il presidente degli Stati Uniti. Io, però, vorrei cercare di aiutare le tante donne che soffrono in tutto il mondo, come la bambina dello Yemen che era stata data in sposa dal padre a un uomo che l’ha maltrattata e che alla fine ha chiesto il divorzio. Una storia che mi ha molto toccata».

Finora l’abbiamo vista come inviata principalmente. Quando passerà alla conduzione?
«Ritengo che i colleghi che già ricoprono questo ruolo siano in gamba. Comunque la conduzione da studio non è una cosa che sento mia. Mi sta benissimo quello che faccio ora».

Dopo i politici, Beppe Grillo ha puntato il dito contro i giornalisti, al punto da chiedere la soppressione dell’Ordine. Lei cosa ne pensa?
«E' una battaglia che già Pannella, in passato, aveva portato avanti. Condivido comunque le ragioni di questa protesta: qualche volta mi chiedo cosa ci stia a fare l'Ordine...».

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