Telegiornaliste
anno IV N. 31 (156) dell'8 settembre 2008
Giuseppe Ciulla, il pubblico è la nostra fonte
di Giuseppe Bosso
Giuseppe Ciulla è giornalista
professionista dal 2001. Coordinatore responsabile del Tg di Telelombardia,
conduce le trasmissioni Orario continuato e Prima Serata.
Vincitore nel 2006 del Premio Vergani come cronista dell'anno per un'inchiesta
sulle donne islamiche, l'anno seguente ha ricevuto anche il Premio Lingotto
d'oro Sesto San Giovanni.
Siciliano trapiantato a Milano: quali difficoltà hai incontrato?
«Nessuna in particolare, se non quelle di chiunque scelga di vivere a Milano:
caro-affitti, caos, smog, un'umanità piegata alle esigenze del lavoro. Milano è
una città difficile per tutti, non solo per i siciliani "trapiantati". Col
tempo, però, ho imparato ad amarla per le opportunità che può darti».
Sei il coordinatore responsabile del Tg di
Telelombardia. Cosa
comporta questo ruolo?
«La responsabilità di un telegiornale che ha l'ambizione di parlare alla regione
più popolosa del Paese nella quale sono nati fenomeni come la Lega o il
berlusconismo, dove convivono forti conflitti sociali, soprattutto nelle aree
più urbanizzate. La Lombardia si dice sia la locomotiva d'Italia, e noi dobbiamo
spiegarne le ragioni, raccontarne le trasformazioni, ma anche le storie semplici
di un territorio molto vario».
A Qs hai avuto modo di intervistare i personaggi della politica sulle
loro passioni sportive. Chi ti ha colpito maggiormente?
«Far conoscere i politici sotto il profilo sportivo è stato molto divertente.
Ricordo che Borghezio mi raccontò delle lunghe nuotate che ama fare in estate, e
che se gli fosse capitato di imbattersi nella barca di D'Alema, gliela avrebbe
affondata. Mastella (calcio), simpatico; la Melandri (sci), molto disponibile;
il comunista Rizzo (boxe), il più vanitoso».
Due anni fa hai vinto il Premio Vergani come cronista dell'anno per
un'inchiesta sulle donne islamiche. L'integrazione degli extracomunitari nella
nostra società è un tema sempre al centro dell'attenzione dei media. Come può un
giornalista contribuire a favorire lo sviluppo di una vera Italia multietnica?
«Non credo che il nostro compito sia quello di favorire o di sfavorire un'Italia
multietnica. Quella, semmai, può essere una conseguenza. Ciò che possiamo fare
rispetto al fenomeno dell'immigrazione è raccontarlo bene, senza lasciarci
trascinare o condizionare dall'opinione comune, non perdere la voglia di
scandagliarlo in ogni suo aspetto, non fermarci in superficie. L'inchiesta ha
fatto parlare le donne islamiche del loro rapporto con il velo, delle ragioni di
quella che per loro è una scelta e non una maschilistica imposizione da parte
del marito. Io credo che non per tutte sia così, che ci siano molte donne di
fede islamica alle quali il velo viene imposto, che sognano un'emancipazione
che, anche qui in Italia, ancora non c'è. E' comunque importante non assecondare
i luoghi comuni».
A Orario continuato si assiste al confronto tra il mondo politico e il
giudizio del cittadino, da tempo alle prese con rincari e emergenza sicurezza.
In questi casi, il conduttore deve comportarsi come mediatore o cercare di
sostenere le giuste rimostranze della gente?
«Il contatto con la gente è uno dei punti di forza di Telelombardia. Le
telefonate sono spesso vere e proprie fonti, forniscono notizie dal territorio e
ci permettono di avvertire il comune sentire della gente. Penso sia giusto
intervenire a sostegno di ciò che le persone dicono, quando riteniamo giuste le
loro rivendicazioni. Ma allo stesso tempo occorre evitare che in televisione
passino informazioni sbagliate o considerazioni offensive nei confronti degli
ospiti o di determinate categorie. Se ad esempio un telespettatore mi dice - ed
è successo - che gli stranieri che arrivano con i gommoni dovrebbero essere
ributtati in mare, "taglio" la telefonata e non ho nessun problema a replicare
che ha detto una stupidaggine. Insomma, distinguiamo una trasmissione di
approfondimento giornalistico dalle fesserie da bar».
E' corretto affermare che un tg come quello di Telelombardia può dare spazio
anche alle provincie trascurate dai tg nazionali?
«Le province spesso sono la vera anima di questo Paese. Noi cerchiamo di
seguirle il meglio possibile. Credo che ancora ci sia tanta strada da fare per
far capire agli editori di livello nazionale quanto sia importante
l'informazione locale».
Qual è la notizia che un giorno vorresti dare al tg?
«Tutte le notizie hanno pari dignità, ma se mi chiedi di sognare, direi:
"Catturato oggi l'ultimo mafioso in circolazione in Sicilia..."».
Un tuo commento sull'incredibile vicenda dei diritti televisivi sul
campionato che ha rischiato di negare ai tifosi i gol della prima giornata?
«Mi sembra che i club di serie A, ancora una volta, abbiano dimostrato di
sentirsi parte di un mondo che vive al di là del reale, al di fuori delle regole
(ricordate il decreto spalma-debiti?) e del comune sentire della società, una
sorta di enclave dove le norme possono essere stiracchiate perché tanto "noi
siamo il calcio", e dove le persone che seguono le proprie passioni sportive
sono più clienti che tifosi. Insomma, che conti più il portafoglio che il cuore
per le società calcistiche, si sapeva. Il pallone è però per gli italiani una
sorta di religione laica, è quasi parte del ménage di famiglia, e per fortuna
alla fine tutto si è risolto per il meglio. Ma in ogni caso occorrerebbe anche
una seria riflessione sulla classe dirigente che ha guidato i club in questi
anni, senza dimenticare le responsabilità della politica».