Telegiornaliste anno II N. 1 (33)
del 9 gennaio 2006
Paolo Chiariello, giornalista “all news”
di Filippo Bisleri
La sua massima è: «Molti di noi fanno un mestiere bellissimo, e
siamo pure pagati per farlo». Parliamo di
Paolo Chiariello, giornalista di Sky Tg24 che abbiamo incontrato
all’indomani dell’infuocato scontro di Coppa Italia Napoli-Roma.
«Io e il mio cameraman eravamo gli unici operatori del mondo
dell’informazione presenti – ci racconta Paolo – e tutte le tv,
anche Rai e Mediaset, ci hanno comprato le immagini e mi hanno
chiesto i racconti, anche perché diversi colleghi non hanno voluto
essere presenti, prevedendo il clima infuocato. Ai colleghi ho
raccontato quello che ho visto, ma le emozioni, che ho messo nel mio
servizio, non erano trasmissibili».
Pare di capire che tu fai il mestiere che sognavi di fare da ragazzo.
«Lo sognavo da sempre e, ripeto, sono anche fortunato a farlo e ad
essere pagato per farlo. Pensa che mio padre mi diceva che volevo
fare il giornalista perché non sapevo fare altro. Ma ora è felice
della mia carriera».
Hai una persona da indicare come tuo maestro di giornalismo?
«Sicuramente Francesco Landolfo, che è stato vicedirettore a Roma
e che è stato il primo a leggere un mio pezzo, facendomelo rifare
tre volte. All’apparenza un personaggio un pò burbero, ma un uomo
che mi ha aiutato a crescere molto a livello professionale. Poi non
posso dimenticare che la stessa città di Napoli è maestra di
giornalismo ogni giorno».
Servizi più belli o ricordi migliori della carriera?
«Certamente la partecipazione ad un blitz dei carabinieri con
diversi arresti, e uno speciale sul Tribunale di Torre Annunziata,
dove ho potuto evidenziare, presente in studio il ministro
Guardasigilli Roberto Castelli, che lì le norme di legge non
venivano rispettate. Ne seguì un’ispezione ministeriale, ma le cose,
oggi, sono come io le avevo denunciate».
Che tipo di redazione è Sky?
«Una realtà meno burocratica con contatti più agevoli tra i
corrispondenti e il forte nucleo di redattori centrali. Gli
strumenti che ci sono messi a disposizione per lavorare, poi,
valorizzano le nostre professionalità. Ad esempio, grazie alla
tecnologia satellitare noi siamo in grado, in pochi secondi, di
seguire gli eventi su tutto il territorio nazionale (ma anche la
vicenda tsunami dimostra come Sky abbia grandi capacità a livello
internazionale) anticipando sempre i colleghi di Mediaset e Rai».
E vincoli sulle cose da dire ne avete?
«No, il fatto di non avere padrini politici consente a Sky e ai suoi
giornalisti di essere liberi da lacci e lacciuoli vari. Sky Tg24 è
una redazione molto giovane che ha assunto oltre cento giornalisti,
senza puntare sui grossi nomi, ma badando a far crescere le nuove
generazioni dell’informazione. Mi ritengo fortunato a far parte di
questa squadra di bravi giornaliste e giornalisti».
Consiglieresti ai giovani di intraprendere la carriera giornalistica?
«Lo consiglio nella misura in cui, dopo l’università, hanno la
possibilità di fare giornalismo in strada, tra la gente. Se possono
far parlare la gente, sentire le loro storie ed emozioni, allora
credo che i ragazzi debbano fare questo mestiere. Dove mi trovo ora,
a Sky Tg24, posso raccontare i fatti con pacatezza e commento
appropriato come avvenuto l’8 dicembre 2005 per Napoli-Roma di Coppa
Italia».
Vedi dei rischi nella professione giornalistica?
«Vedo il rischio “veline”, ma non quelle di Striscia la notizia.
Mi riferisco alla comunicazione ufficiale che non è più solo quella
di ministeri, regioni, province e comuni, ma anche di carabinieri e
altre realtà. Ti faccio un esempio: giorni fa, in Campania, è stato
trovato il corpo evirato e bruciato di un uomo. Essendo sul posto e
parlando con gli inquirenti ho potuto appurare che si trattava di un
omicidio. I colleghi, invece, hanno dato conto, seguendo la “velina”
dei carabinieri, di un suicidio. Ebbene, mentre i giornali parlavano
di suicidio con poche righe in cronaca, a Sky Tg24 avevamo già detto
che era un omicidio e dato, praticamente in presa diretta, l’arresto
del fratello dell’ucciso che aveva compiuto il reato, per una
vicenda di donne, aiutato da un secondo uomo».
Sei il marito di Anna Maria
Chiariello, una giornalista famosa e brava. È difficile essere
una coppia di giornalisti?
«Non è complicato come si potrebbe pensare. È vero che Anna Maria è
più famosa di me e spesso mi prendono per il fratello invece che per
il marito, ma questo non importa, ormai ci sorrido. Tra me e Anna
Maria c’è una sana competizione che aiuta entrambi a lavorare
meglio, anche perché il tg “generalista” in cui lavora mia moglie è
diverso da quello “all news” in cui sono immerso io. Comunque non
litighiamo certo per il giornalismo, e nemmeno per altro, perché
siamo una coppia affiatata. La sfida è professionale ma estremamente
corretta, come è giusto che sia tra veri professionisti
dell’informazione che devono avere a cuore la verità e il
telespettatore - o lettore che sia».
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