Telegiornaliste
anno II N. 22 (54) del 5 giugno 2006
Paolo Cecinelli, lo sportivo
giornalista di Nicola Pistoia
Paolo Cecinelli ha iniziato la
professione di giornalista nel 1983 come commentatore di
rugby a Il Giornale di Indro Montanelli. Ha
collaborato con diverse testate tra cui Il Corriere dello
Sport e Tuttosport. Attualmente è caporedattore
centrale di La7 Sport.
Paolo, come hai iniziato ad appassionarti a questa
professione?
«Ho smesso di giocare a rugby a livello agonistico per un
incidente di gioco, e scrivere di sport è stata la maniera
per rimanere vicino al rugby».
Quali sono, secondo te, gli aspetti più gratificanti del
fare giornalismo?
«Il fatto di poter raccontare delle storie, belle o brutte,
e di rapportarsi con la gente».
È vero quello che si dice dei giornalisti sportivi, cioè
che siano meno preparati degli altri?
«Credevo il contrario! A parte gli scherzi, non mi piacciono
i luoghi comuni. Penso che dipenda molto dalle singole
persone, da come sono fatte, dalla loro professionalità.
Quanto ci si prepara per fare un'intervista o per fare una
telecronaca».
Cosa pensi dei colleghi sportivi degli altri tg? E in
particolar modo chi aprezzi maggiormente?
«Mi piace lo stile asciutto. In video credo che ognuno
esprima la propria personalità, ma non bisogna mai
esagerare. Mi piacciono molto Maurizio Martinelli del Tg2
e Ilaria Capitani
del Tg3».
Preferisci la carta stampata, la radio o la Tv?
«E' come chiedere se ti piacciono le brune, le bionde o le
rosse. Giornali, radio e tv? Tutto è giornalismo,
l'importante è che sia di qualità. Sento molto la radio e
credo ci siano dei bellissimi programmi giornalistici di
approfondimento, con i giornali convivo tutto il giorno, li
leggo la mattina, poi li tengo sulla scrivania e li riprendo
anche in maniera schizofrenica. Il fascino della tv sono le
immagini e la diretta. Due elementi che la rendono molto
efficace ma anche molto breve».
Secondo te, l'attuazione del digitale terrestre ha
cambiato il modo di fare informazione, nella fattispecie
quella sportiva?
«Non ancora. Per il momento è cambiata solo la tecnologia».
Chi sono stati i tuoi maestri, i tuoi modelli?
«Indro Montanelli, fu lui che mi coinvolse. Ero un
collaboratore saltuario de Il Giornale ed incontrai
il grande Indro a Milano in redazione. Due pacche sulla mia
spalla e restai "fulminato". In seguito ho avuto la fortuna
di crescere vicino a Paolo Rosi ed Alberto Marchesi».
Il tuo sogno nel cassetto?
«Dare più spazio agli sport vari, recuperare in tv
l'atletica leggera, la regina di tutti gli sport».
Un consiglio a chi volesse intraprendere come te la
carriera giornalistica?
«Avere molta determinazione e pazienza».