Telegiornaliste
anno II N. 31 (63) del 4 settembre 2006
Emilio Carelli di Giuseppe
Bosso
E’ con vero piacere che riprendiamo la pubblicazione di
Telegiornaliste
dopo le vacanze estive, incontrando il direttore di Sky Tg
24 Emilio Carelli.
Emilio Carelli, nato nel 1952, dopo aver conseguito la
laurea in Lettere Moderne con specializzazione in Comunicazioni di Massa, nel
1975, all'Università Cattolica di Milano, diventa giornalista professionista.
Approda in Mediaset (allora Fininvest) nel 1980, come redattore e inviato.
In Fininvest collabora come redattore e inviato dei diversi
programmi giornalistici di Canale5, Rete4 e Italia1. Nel 1991 diventa
vicedirettore di
Studio Aperto, e l’anno dopo partecipa alla fondazione del
Tg5
come vicedirettore e conduttore dell'edizione delle 13.00;
rimane lì per nove anni, per poi diventare direttore responsabile di
TgCom, la testata del gruppo Mediaset che si occupa dei new media, in
particolare di Internet (Mediasetonline) e Teletext (Mediavideo).
Dal 16 giugno del 2003 è direttore responsabile di
Sky Tg24.
Da tre anni lei è direttore di Sky Tg24: soddisfatto di
questa esperienza?
«Molto. Ritengo che abbiamo ottenuto risultati importanti,
realizzando dal nulla un news attivo 24 ore su 24 che ha saputo conquistarsi la
credibilità degli spettatori e degli addetti ai lavori».
Quali differenze ha riscontrato tra la tv generalista,
come Canale5 dove ha lavorato per anni, e quella satellitare? Cosa ha cercato di
portare a Sky della sua esperienza passata?
«Ho cercato di portare a Sky la professionalità acquisita
sulla scrivania del Tg5 in nove anni. Sulla qualità il discorso cambia,
in quanto i ritmi sono più serrati proprio per il fatto che dobbiamo essere
attivi tutto il giorno, cercando di informare i nostri spettatori puntualmente e
in tempo reale. Le notizie dell’ultim’ora sono in flusso continuo, da dare anche
in diretta; ritengo sia questa la principale differenza tra la tv generalista e
quella satellitare».
Viviamo un periodo di grandi cambiamenti nel mondo
dell'informazione, legati soprattutto agli ultimi ritrovati della tecnologia.
Cosa vede per il futuro?
«Credo che il modo di fare informazione con questi strumenti
sia profondamente cambiato, appunto per la possibilità che offrono allo
spettatore di essere informato quasi sul momento, non appena succede qualcosa di
rilevante, mentre fino a poco tempo fa tutto o quasi era vincolato ai canoni
degli orari di messa in onda dei telegiornali».
Rispetto ai suoi esordi come è cambiato il mondo del
giornalismo?
«Ho iniziato, tanti anni fa, battendo le agenzie sulla
telescrivente. L’arrivo delle nuove tecnologie ha inciso anche sul modo di
lavorare; io, ad esempio, mi occupo anche del montaggio dei servizi, una cosa
impensabile fino a pochi anni fa. Ma a parte questo, direi che nulla è cambiato,
il mestiere è sempre lo stesso».
Cosa consiglierebbe a chi volesse diventare giornalista?
«Io ritengo che per fare questo mestiere siano determinanti
tre fattori: anzitutto, la vocazione, sentire di voler fare questo mestiere;
poi, tanta passione, unita ad una grande curiosità e a un grande spirito di
sacrificio; e, ultima non meno importante, una grande preparazione culturale.
Chi riesce a combinare questi tre fattori, secondo me, può fare molto bene
questo bellissimo lavoro».
In una tv satellitare è più facile arginare le pressioni
della politica?
«Le pressioni sono uguali ovunque, nel mondo
dell’informazione, ma è importante sapervi resistere; per quanto mi riguarda,
una delle prerogative di Sky Tg24 è da sempre l’assoluta indipendenza,
dichiarata fin dalla nascita, e penso che a distanza di tre anni siamo riusciti
a mantenerci su questa linea, che continueremo a seguire».