
Telegiornaliste 
									anno IV N. 41 (166) del 17 novembre 2008
                               Alfonso Buono, lo speaker 
								argentino di 
								Giuseppe Bosso 
                               
                               Nato a Buenos Aires,
                               Alfonso Buono 
                               attualmente vive in provincia di Salerno. Dopo 
								aver conseguito la laurea, nel 1993, come 
								speaker radiotelevisivo presso l'I.S.E.R. di 
								Buenos Aires, ha lavorato presso varie emittenti 
								radiofoniche e televisive del suo Paese. 
								Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della 
								Campania dal 1998, ha esperienza come speaker di 
								diversi spot pubblicitari, dossier, doppiaggi e 
								presentazioni per l'America Latina e la Spagna. 
                               
                               Dall'Argentina all'Italia: quali differenze 
								hai riscontrato nel modo di fare informazione?
                               
                               «Sostanzialmente non ci sono grosse diversità. 
								Una differenza è forse il mezzo dove viene 
								diffusa in modo quasi prepotente la notizia. Mi 
								riferisco alla tv, è lei la grande protagonista. 
								Poi vedo, in molti casi, la notevole esposizione 
								di alcuni giornalisti che rubano quasi 
								visibilità alla notizia stessa. Un aspetto 
								negativo è che c’è poco ricambio generazionale 
								nei palinsesti. Una nota positiva invece, a 
								differenza dell’Argentina, è il gran numero di 
								corrispondenti dei grandi network italiani che 
								eleva il livello di fare informazione. A Buenos 
								Aires questo non è più possibile per i famosi 
								guai finanziari che il Paese attraversa da 
								alcuni anni. E poi in Argentina la tv si è 
								involgarita in modo esponenziale e in ogni 
								programma la parolaccia la fa da padrona. Non 
								capisco però perché, qui in Italia, la radio sia 
								considerata quasi una Cenerentola oppure un 
								mezzo per trasmettere solo musica e poca 
								informazione». 
                               
                               Hai fatto tante esperienze nella tua vita, 
								dallo speaker al perito industriale. Per essere 
								un buon giornalista, è utile avere avuto anche 
								altre esperienze professionali? 
                               «Ci tengo a dire che sono prima uno speaker e poi 
								un giornalista. Come speaker ho preso la laurea 
								in materia visto che, in Argentina, occorre 
								frequentare l’università per speaker che ogni 
								anno, su 2500 iscritti, può prenderne solo 60. 
								Gli esami d’ingresso sono molto difficili e 
								impegnativi. Una volta laureato, ho cominciato a 
								lavorare e non ho mai smesso: radio, tv, 
								doppiatore, conduttore, corrispondente, voce per 
								spot pubblicitari, documentari. Nel mio caso, il 
								fatto di essere diplomato come perito 
								industriale non ha influito, anzi, non ho mai 
								fatto il perito. Ma sono convinto che in questa 
								professione bisogna informarsi il più possibile 
								per ingrandire il proprio bagaglio culturale, 
								saper rispondere quando è necessario o esporre 
								un pensiero su qualche determinato punto». 
                               
                               Quali sono state le difficoltà che hai 
								avvertito quando sei arrivato nel nostro Paese?
                               
                               «Penso ci sia grande disparità di opportunità tra 
								le donne che vengono dall’estero - a volte senza 
								nemmeno conoscere la lingua italiana - e gli 
								uomini nelle stesse condizioni. Io, ad esempio, 
								nonostante la mia caparbietà, la mia 
								determinazione, la mia esperienza e l’invio di 
								centinaia di curriculum, ho trovato un muro di 
								gomma. E la mia lontananza geografica dai punti 
								nevralgici dell’Italia, come Milano e Roma, non 
								mi consente di fare altri corsi o di poter 
								recarmi di persona ai grandi network. Ma nel mio 
								piccolo, continuo a studiare e ad allenarmi, a 
								provare e a sperare». 
                               
                               In quali settori dell’informazione pensi di 
								esserti espresso al meglio? 
                               «Come già detto, sono uno speaker e ho avuto la 
								possibilità di lavorare conducendo e redigendo i 
								notiziari sia in tv che in radio. Ho anche fatto 
								una piccola esperienza in regia. Invece sulla 
								carta stampata ho poca dimestichezza. Anche 
								quando ho fatto il corrispondente lavoravo per 
								mezzi elettronici. Preferisco comunque le 
								notizie sportive e l'attualità». 
                               
                               Che idea hai dei giornalisti italiani? 
                               
                               «Ne ho conosciuto pochi di persona. Alcuni mi 
								scrivono tramite
                               
                               MySpace. Ma la cosa che più mi affascina, 
								salvo alcune eccezioni, è la notevole capacità 
								di dizione, la professionalità e la tranquillità 
								con cui realizzano il loro lavoro». 
                               
                               Un tuo sogno nel cassetto? 
                               «Nonostante i miei 41 anni, ho gli stessi stimoli 
								di sempre. Da piccolo mio nonno mi portava a 
								fare il pisolino dopo pranzo con la radiolina 
								accesa. Oggi faccio ancora lo stesso. In ogni 
								angolo della mia casa e della mia vita c’è una 
								radio. Sogno di rivedere davanti a me un 
								microfono e una luce rossa che si accende con la 
								scritta “on air”». 
                               
                               Inevitabile una domanda calcistica: cosa pensi 
								potrà dare alla Selección un ct come Diego 
								Armando Maradona? 
                               «Se parlo col cuore, posso dire che darà molto. 
								Se invece uso la ragione, ho la sensazione che 
								non offrirà molto alla nazionale albiceleste 
								viste le esperienze vissute in alcune panchine: 
								quasi nessun risultato positivo e avventure 
								finite molto presto. Mi auguro che Maradona 
								possa far esprimere tutto il valore alle grandi 
								stelle che ha la nazionale argentina».