Telegiornaliste
anno V N. 5 (176) del 9 febbraio 2009
Tinto Brass, il cinema visto
dal didietro di
Valeria Scotti
Dici eros, dici
Brass. Tinto, maestro dell’erotismo,
amante instancabile delle donne e del suo
lavoro. Lo abbiamo intervistato.
Ziva è la sua prossima creatura.
«Ziva, l’isola che non c’è è la storia di
una guardiana di un faro su un isolotto al largo
delle costa Dalmate, dove attende da due anni il
ritorno del marito dalla guerra. Sola e provata
da un sentimento di grande rabbia nei confronti
di questo massacro, raccoglie tre naufraghi, un
marinaio veneziano, un paracadutista inglese e
un graduato nazista. Sarà suo interesse amarli e
curarli con sensualità, a patto che smettano di
fare la guerra. Il tutto accompagnato dalle
parole e dalle note della canzone Le
Déserteur
di Boris Vian. In questo caso è l’erotismo che
vince sull’eroismo maschile, quello brutale e
guerriero. Ed è un lavoro sull’intelligenza e la
vitalità delle donne. La mia convinzione è che
il mondo o lo prendono in mano loro, o andiamo a
puttane».
Protagonista e sua nuova musa è Caterina
Varzi.
«Sì, lei è un avvocato psicoanalista. E’ nata una
reciproca seduzione durante un incontro di
lavoro. Da psicoanalista junghiana, Caterina
cercava quella mia anima che non so se ho mai
avuto o se l’ho venduta tanto tempo fa. Io, da
erotomane incallito, cercavo invece l’eros che
traspariva dal suo sguardo, dal suo
comportamento, e che ho paragonato ai riflessi
cangianti e mobili della gibigiana,
quell’effetto di luce che si ha a Venezia quando
il sole rimbalza sull’acqua dei canali. In
attesa del film, ora in preparazione, con
Caterina ho girato un corto, Hotel Courbet,
un omaggio al pittore Gustav Courbet, autore
dell’Origine del mondo. In fondo Picasso
diceva che l'arte non è mai casta e quando è
casta vuol dire che non è arte».
Ma il linguaggio dell’erotismo è davvero per
tutti?
«Sono
convinto che i miei film siano per tutti.
Recentemente ho espresso un desiderio, invitare
il ministro Gelmini a rendere obbligatoria la
proiezione dei miei film nelle scuole. Ho una
concezione molto giocosa e gioiosa della
sensualità e dell’erotismo, non è un qualcosa di
lugubre, cupo, punitivo, colpevolizzante. Forse,
se più giovani vedessero i miei film, non
nascerebbero fenomeni di brutalità e violenza a
cui siamo purtroppo abituati».
C’è un campo in cui si trasgredisce di più?
«Oggi c’è bisogno di essere liberi da
condizionamenti vari. La vera volgarità sta
nell’ipocrisia che è in tutti i campi, da quello
culturale a quello politico, così come in quello
religioso e finanziario. La trasgressione,
secondo me, significa non accettare queste forme
di ipocrisia. Io ho cominciato facendo dei film
politici, impegnati, col miraggio di cambiare la
società e il mondo. Poi mi sono accorto che
tutto ciò non portava a nulla, al massimo si
sostituiva un potere con un altro. Allora ho
rinnegato la fase rivoluzionaria salvando solo
quella sessuale, e da lì mi sono impegnato ad
analizzare e studiare l’erotismo».
A tal punto da diventare cultore di una parte
del corpo femminile a cui ha dedicato anche un
libro, L’elogio del culo, Tullio Pironti
editore. Da cosa nasce questa coerenza nel corso
degli anni?
«Nasce dagli stimoli che mi dà e dalla sua
valenza metafisica: il culo non è come la
faccia, una maschera ipocrita che sa fingere e
mentire. E il mio libro esordisce proprio con
una tesi, “Il culo è lo specchio dell’anima”,
un’antitesi, “Ognuno è il culo che ha”, e la
sintesi, “Mostrami il culo e ti dirò chi sei”».
Si è spesso sentito incompreso, un personaggio
scomodo?
«In Italia abbiamo il Vaticano e tanti ostacoli
che impediscono una fruizione serena della
sessualità. All’estero ricevo senz’altro una
maggiore considerazione tra omaggi, serate. E i
negozi, nel settore del cinema italiano,
espongono quasi solo i miei film. Lì si dà più
importanza all’aspetto artistico e
cinematografico. A Parigi, per esempio, la
Cinémathèque Française, una specie di Louvre del
cinema, mi ha dedicato un omaggio, Elogio
della carne, proiettando 15 miei film».
Qual è dunque la situazione attuale
dell’erotismo in Italia?
«Non è facile, sono rimaste ormai solo due grandi
fonti di produzione, la Rai e la Mediaset. Una
volta c’erano un’infinità di produttori, si
riuscivano a fare anche 450 film all’anno».
Eppure continuiamo a vivere in un’epoca in cui
tutti spiano tutti…
«Spiare è certamente una delle componenti della
sessualità e dell’erotismo. Anche l’amore è un
sentimento che si esprime con il linguaggio dei
sensi, e tra i sensi c’è appunto la vista».
E il potere di Internet?
«Non credo abbia a che fare molto con l’erotismo,
semmai con la ricerca di sessualità in immagini
o nelle chat. E io non navigo in rete: ho
bisogno di rapporti che non siano virtuali».