Telegiornaliste
anno II N. 23 (55) del 12 giugno 2006
Blini, dai giornali scolastici a Mediaset di
Filippo Bisleri
Lucia Blini è il volto della redazione
di
Controcampo, il programma sportivo della domenica sera condotto da
Sandro Piccinini. Ma Lucia è anche una bravissima professionista,
capace di realizzare servizi di grande valore e intensità oltre a curare,
con arguzia e senza mai cadere di tono, qualche pagina più di "colore"
per il settimanale cartaceo Controcampo. E non dimentichiamo i
servizi e le conduzioni per StudioSport.
Lucia, come hai scelto di fare la giornalista?
«Ho sempre sognato di fare la giornalista e di occuparmi di sport.
Negli anni delle scuole medie tenevo un diario e annotavo tutte le mie
riflessioni e i miei commenti in merito agli avvenimenti sportivi che
seguivo, quasi sempre alla tv. Sono sempre stata una grande appassionata. Ho
ancora vecchi quadernetti
con risultati, articoletti corredati da foto ritagliate dai giornali sui
tornei di tennis di Wimbledon e Flushing Meadows, anni 1982-83
e seguenti. I grandi eventi, in modo particolare, mi esaltavano. Così ho
chili di appunti e impressioni sui Giochi Olimpici di Los Angeles
1984, sui Mondiali di calcio e altri ancora.
Al liceo, poi, ho cominciato a mettere in pratica la mia passione, scrivendo
sul giornale della scuola. Ovviamente nelle pagine sportive. Mi occupavo di
intervistare i giocatori dell'Atalanta, quelli più a portata di mano. Mi
sono poi laureata in Giurisprudenza e quindi ho frequentato l'Ifg,
la scuola di giornalismo dell'0rdine lombardo».
Cosa ti piace di più della professione giornalistica?
«Sono molto curiosa, il che non sempre è un pregio. Comunque questo
lavoro mi permette di soddisfare la mia curiosità: sono sempre informata su
tutto quello che succede in giro per il mondo. Naturalmente non tutto mi
interessa in eguale misura, ma riesco sempre a tenere viva la mia voglia di
sapere e di conoscere».
Cosa significa essere una telegiornalista sportiva di valore nazionale?
«Significa avere il privilegio di poter seguire eventi di portata
mondiale, di poter incontrare campioni di valore assoluto,
provare emozioni forti. Per chi ama lo sport è un grosso dono».
Hai una preferenza per il giornalismo televisivo o ti piacciono anche altri
media come la carta stampata o le radio?
«Ho grande interesse per tutto ciò che è comunicazione. Un forte amore
per la tv, che ha il pregio di unire l'immagine alla parola. Un buon
testo vestito di ottime immagini, magari con una base musicale, può
diventare un gioiello
che entra nelle case di chi guarda e ascolta e può andare dritto al cuore».
Nella tua esperienza professionale hai un servizio, un personaggio o
un'intervista che più ricordi?
«L'Olimpiade è l'evento che più ti lascia il segno. Un'esperienza
unica che non può essere paragonata a nessun altro avvenimento sportivo. Per
tre settimane vivi su un altro pianeta, immerso in mille gare da seguire,
mille personaggi da conoscere, mille gesti da ammirare. Come singolo evento
mi piace ricordare un match di pugilato di
Mike Tyson a Memphis. Un clima pazzesco, molto americano, così diverso
dal nostro».
Puoi raccontarci un episodio curioso della tua vita professionale?
«Ricordo un'intervista a
John McEnroe. L'attesa è durata sei ore, durante le quali avevo
ben studiato il discorsetto: Vabbè che sei McEnroe, che sei stato uno dei
più grandi di sempre, però tutte queste ore di attesa per avere dieci minuti
di intervista! Ebbene, quando poi si è palesato non sono riuscita a far
altro che dirgli: Grazie! I contenuti dell'intervista, la sua verve,
la sua unicità hanno fatto dimenticare in un attimo quelle lunghissime sei
ore in sala d'attesa».
Chi sono stati i tuoi maestri di giornalismo?
«Quando ero alla scuola di giornalismo il mio primo maestro è stato
Angelo Rovelli, un grandissimo cronista della
Gazzetta dello Sport. È mancato pochi anni fa, però ricordo in modo
nitido il suo modo d'insegnare, di trasmetterti i segreti del mestiere. Con
grandissimo stile. Dai capi avuti in questi anni ho cercato di studiare e
copiare il meglio di ciascuno. È grazie a loro che ho trovato una mia
dimensione».
Tra colleghi e colleghe chi apprezzi di più?
«I colleghi che apprezzo di più scrivono per la carta stampata: Emanuela
Audisio di
Repubblica
e Roberta Perrone del
Corriere della Sera. Per entrambi la qualifica di "giornalista"
è riduttiva. Sono scrittori di grande sensibilità».
Tu sei madre. È difficile conciliare il ruolo di mamma con quello di
giornalista?
«Sono fortunata. Emma, cinque anni, è una bimba brava e con una grande
capacità di adattamento. Riesce, nonostante sia così piccola, ad adeguarsi
agli orari e allo stravagante stile di vita che abbiamo. Non mi posso
proprio lamentare. Svolgo la professione che amo e, quando stacco,
riesco ad essere una mamma soddisfatta e realizzata. Unica richiesta
di Emma: spegni il telefono! E ha ragione».
Molti sono i giovani che vorrebbero fare i giornalisti. Quali consigli
daresti loro?
«Consiglio semplicemente di crederci. Io sono arrivata a Mediaset,
allora Fininvest, come stagista della scuola di giornalismo. Avevo scritto
per qualche giornalino locale e non avevo mai visto una sala di montaggio.
Eppure con tanto entusiasmo, una dose massiccia di buona volontà
e grande umiltà sono riuscita ad imparare e a capire, in fretta, che
quello era il lavoro che desideravo fare, che quello era il sogno di
una ragazzina che si stava realizzando».