Telegiornaliste
anno II N. 28 (60) del 17 luglio 2006
Intervista a Roberto Bernabai di
Giuseppe Bosso
Questa settimana Telegiornaliste ha incontrato
Roberto Bernabai, giornalista de
La7
e uno dei volti del programma
Il gol sopra Berlino.
Dopo la grande bufera di "calciopoli", i mondiali hanno
riavvicinato l'opinione pubblica al calcio?
«Non c'è dubbio, soprattutto vedendo l'entusiasmo che hanno
suscitato le partite degli azzurri; la rassegna tedesca ha
sicuramente ridato credibilità al mondo del calcio che,
comunque, richiede come completamento un intervento della
giustizia; certe responsabilità dovranno essere perseguite.
Al di là di tutto, comunque, la nostra nazionale è stata
straordinaria in un momento così delicato».
Come si presenta il calcio nell' "anno zero", dopo il
necessario intervento della giustizia sportiva?
«Credo che non si debba parlare tanto di "anno zero",
proprio perché la passione popolare per il calcio è stata
sicuramente mortificata da tale situazione, ma non
cancellata, nemmeno davanti alle peggiori nefandezze.
L'intervento della giustizia permetterà sicuramente di
ripartire da un substrato che è rappresentato, appunto,
dall'entusiasmo e dalla crescente passione che il Mondiale
ha risvegliato per questo bellissimo sport».
Cosa ha significato, per la sua emittente, l'acquisto dei
diritti sul calcio con il digitale terrestre?
«Sicuramente è stato un fatto positivo che, pur comportando
un grosso sforzo per la nostra redazione sportiva, ha
comunque permesso a me e ai miei colleghi di tornare a
quelle che erano state le nostre origini e cioè a fare i
telecronisti».
Sono molte le donne della redazione sportiva di
La7
che, negli anni, hanno saputo farsi apprezzare dal pubblico,
non solo da un punto di vista puramente estetico; c'è più
preparazione?
«Per limitarmi ad un nome,
Cristina Fantoni, straordinaria nell'articolarsi tra
vari sport, dal calcio allo sci, affrontando temi sportivi a
360 gradi, senza alcuna difficoltà. Sicuramente sono ancora
molte le "bellone" di contorno nelle trasmissioni, ma non
vanno certo confuse con le colleghe».
Quali le gioie e i dolori del giornalismo?
«Gli aspetti positivi sono tanti; è un mestiere che fai con
passione, a maggior ragione in ambito sportivo, dove magari
non sei riuscito ad emergere a livello agonistico e hai
voluto intraprendere una strada che ti permettesse di
rimanere comunque nell'ambiente. I contro, certo, ci sono:
orari continui, sacrifici legati agli affetti e alle tue
passioni, ma comunque ritengo che prevalgano gli aspetti
positivi».
Cosa consiglierebbe a chi volesse intraprendere la sua
strada?
«Di crederci sempre, anche davanti alle difficoltà che il
mestiere ti pone. Imparare a migliorarsi, accettando anche,
agli inizi, piccole collaborazioni; certo le scuole che sono
nate negli anni possono contribuire a migliorare la
preparazione, ma niente è più formativo dell'esperienza sul
campo. Credo che non si possa fare bene questo mestiere se
non si è portato almeno una volta nella vita il cavalletto
della telecamera, perché occorre adattarsi a tutto».