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Intervista a Paolo Bargiggia tutte le interviste
Telegiornaliste anno II N. 30 (62) del 31 luglio 2006

Intervista a Paolo Bargiggia di Mario Basile

«La passione per il giornalismo mi venne in modo del tutto casuale scrivendo come semplice tifoso una lettera ad un settimanale locale di Pavia, dove abito ancora oggi, per criticare le scelte dell'allora allenatore di basket dell'Annabella Pavia, Marco Calamai».

E' iniziata così, per caso, la carriera di Paolo Bargiggia: conosciuto giornalista sportivo di Mediaset. Al grande pubblico è noto come grande esperto di calciomercato.
Una passione che ha radici lontane. «Ho cominciato ad occuparmi di calciomercato per caso al Corriere dello Sport nell'estate del 1989: ero un collaboratore, seguivo il mercato della serie C e della B».

«Una palestra eccezionale – racconta Paolo - , dei colleghi meravigliosi come Enzo Palladini, Javier Jacobelli e Roberto Omini che mi hanno spiegato i segreti del mestiere, presentandomi anche le fonti migliori su piazza, preziose ancora adesso a distanza di anni».

Anni in cui ha raggiunto grandi soddisfazioni: «Fra i momenti più alti della mia carriera metterei sicuramente alcune esclusive di calciomercato messe a segno sia al Corriere dello Sport (il ritorno di Gullit al Milan dalla Sampdoria, scoperto a febbraio, quindi molti mesi prima) che a Mediaset, come Ronaldo all'Inter, i viaggi "segreti" sempre dei nerazzurri in Spagna per studiare i metodi di lavoro del tecnico del Valencia Cuper, poi ingaggiato; il trasferimento di Vieri dall'Inter al Milan. E poi, le quattro finali di Champions League delle ultime sei stagioni. In futuro il mio progetto è quello di continuare a godere della fiducia del mio direttore Ettore Rognoni e del gruppo di lavoro che ci guida».

Oggi però le cose sono molto cambiate rispetto agli inizi: il numero di giornalisti che si occupano di mercato è cresciuto tantissimo. «Con il proliferare di tv locali e siti internet, negli ultimi dieci anni il calciomercato si è molto inflazionato. Siccome è provato che fa vendere di più il mercato che il campionato di calcio, tutti ci si sono buttati dentro. Consideriamo anche che con un mercato quasi sempre aperto com'è ormai da anni e con i trasferimenti all'estero anche per i nostri giocatori, è molto facile inflazionare la materia e sparare notizie a caso, tanto, al cospetto di un tempo così dilatato, non è semplice ricordarsi di cosa hai detto. Ma alla lunga credo che la gente riesca a capire chi si occupa della materia in modo serio, competente e con le fonti giuste. E in Italia, chi lo fa a questi livelli, oggi si può contare sulle dita di una mano».

E naturalmente Paolo appartiene a questi ultimi. Ne approfittiamo per farci segnalare qualche calciatore semisconosciuto messosi in luce agli ultimi mondiali e che farebbe comodo alle nostre squadre. «Io consiglierei Didier Zokora, centrocampista classe 1980 della Costa d'Avorio, che gioca nel St. Etienne; poi Anatoli Timoschuk, centrocampista centrale dell'Ucraina, classe 1979, gioca nello Shaktar Donetsk; Landon Donovan, americano del 1982, esterno offensivo, in forza a Los Angeles».

Staremo a vedere se magari almeno uno di essi sbarcherà nel nostro campionato.
Per ora, grazie a Calciopoli, grandi campioni hanno lasciato l’Italia: Cannavaro, Emerson, Zambrotta e Thuram sono già volati in Spagna.

Uno scandalo, quello del calcio italiano, che ha anche visto coinvolti alcuni giornalisti. «Non mi scandalizzerei tanto per il coinvolgimento di taluni colleghi negli scandali – dice Bargiggia - perché so in che mondo viviamo e quanto cialtroni e opportunisti siamo noi italiani. Se può esistere amicizia tra un cronista e un addetto ai lavori? Se è finalizzata al reperimento di notizie utili per informare e fare al meglio il proprio lavoro, ben venga. Ma più che amicizia, che mi sembra troppo, parlerei di un buon rapporto confidenziale. Ogni giornalista che si rispetti dovrebbe avere delle fonti sempre a disposizione. Se invece il rapporto eccessivamente confidenziale con un addetto ai lavori ti porta ad occultare delle notizie, allora vuol dire che non sei un buon cronista».

Si prospetta quindi un anno difficile per il calcio italiano. Così come lo è stato per la redazione sportiva di Mediaset dopo il flop di Bonolis con Serie A e la lenta risalita con la nuova conduzione targata Mentana. Un insuccesso che però non offusca gli ottimi risultati conseguiti con le altre trasmissioni sportive.

«Per lavorare e crescere professionalmente la redazione sportiva di Mediaset - prosegue Paolo - rappresenta un approdo ideale perché non ci sono preclusioni per nessuno e anche ai giovani vengono date grandi opportunità. Non ci sono gerarchie preconcette e invasioni di campo come in altre televisioni. Cosa si può migliorare? Dovrebbe crescere sempre di più la vocazione e l'attitudine ad essere cronisti fino in fondo, con un'agenda ben fornita di numeri di telefono e di informatori, senza farsi impigrire dal mezzo televisivo, che grazie alle immagini e ad un minimo di testo, a volte ti fa sentire appagato troppo in fretta, rendendoti superficiale e banale».

La prossima stagione sarà la prima senza Sandro Piccinini alla guida di Controcampo. I telespettatori si chiedono quale sarà il futuro del fortunato talk show. «Grazie al suo enorme successo, credo che Controcampo continuerà, per crescere ancora di più con un collega della redazione sportiva che raccoglierà l'eredità di Sandro Piccinini e che potrà avvalersi di un gruppo di lavoro collaudato e affiatato».

Chiusura dedicata al giudizio sulle colleghe donne. Tempo fa, in un’intervista, Paolo dichiarò di non trovare particolarmente brillanti le giornaliste sportive. Una sensazione che non è cambiata a distanza di qualche anno: «Confermo che dal punto di vista strettamente cronistico, nel giornalismo sportivo non trovo colleghe donne particolarmente brillanti; sono più brave nella conduzione che nell'investigazione e nelle interviste».

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