Telegiornaliste
anno III N. 40 (118) del 5 novembre 2007
Luisa Barbieri, l'informazione vicina alle persone
di Giuseppe Bosso
Giornalista professionista dal 2004, Luisa Barbieri è laureata in Filosofia all'Univerità Statale.
Durante gli studi arrivano le prime collaborazioni, poi la prima esperienza a
Telelombardia, nel 1998. Un anno dopo passa a Telecity dove si occupa di sport
e, solo a distanza di qualche mese, comincia a lavorare nella redazione news.
L'esperienza cresce e da allora si occupa preferibilmente di cronaca nera e
giudiziaria, ma anche di politica, istituzioni e spettacolo. Conduce, a
rotazione con altri colleghi, l'edizione delle 19.00 del tg.
Ogni giorno per lei è una sfida nuova: vissuta con la stessa passione di sempre.
Luisa, come si è avvicinata al giornalismo?
«Nel ventaglio delle ipotesi prese in considerazione da sempre c'era anche il
giornalismo. Non avevo le idee chiare riguardo a cosa avrei fatto davvero nella
vita. Ho iniziato a misurarmi con questa professione grazie a piccole
collaborazioni durante gli anni universitari; poi, otto anni fa, la prima
esperienza importante, a Telelombardia, e in seguito a 7 gold. Lavorando sul
campo, come si dice, ho capito che era questa la mia strada».
Quali sono i colleghi e le colleghe a cui si è ispirata?
«Riguardo alla conduzione del tg, il mio modello è
Maria Luisa Busi, collega che ammiro molto per la classe e la
professionalità».
7 gold è una realtà in costante crescita; è in emittenti emergenti come
questa che c'è il futuro dell'informazione?
«Certamente il fatto di essere più vicini alla realtà del territorio è un
vantaggio. E offre forse al pubblico la possibilità di conoscere meglio i
connotati di ciò che gli è più vicino. Il giallo di Garlasco è un esempio: noi
siamo fonte di costanti aggiornamenti».
E a proposito della vicenda citata, che ha allargato la lista nera delle
tragedie della provincia italiana degli ultimi anni, da Novi ligure a Erba: come
mai, secondo lei, c'è tanto interesse per queste
vicende?
«Credo che l'attenzione sia maggiore per i drammi familiari proprio perché sono
storie che raccontano cosa c'è a volte fra le mura domestiche. Si tratta di una
tendenza ormai radicata nella nostra società, che suscita anche pietà e
comprensione per le vittime».
Il successo di Beppe Grillo e della sua informazione "sommersa" costituisce
un sintomo della crisi di quella istituzionale?
«Sì, per alcuni aspetti. Grillo si è fatto portavoce di un malessere e un
malcontento per il quale le istituzioni non riescono a dare risposte concrete.
Bisognerà semmai vedere, qualora dovesse realmente scendere in campo, se saprà
tenere fede alle sue idee e alle aspettative che la gente ha riposto in lui».
Ha mai subito condizionamenti nel suo lavoro?
«Fortunatamente no, ho avuto la fortuna di poter essere libera quasi sempre nel
mio lavoro. Qualche volta, forse, è capitato, ma penso che la cosa più
importante nel nostro mestiere sia non perdere mai quell'obiettività e
quell'imparzialità che richiede l'essere giornalisti al servizio
dell'informazione».