Telegiornaliste anno IV N. 16 (141) del 28
aprile 2008
Vincenzo Balzano: «Il giornalismo sportivo? Ucciso dal
gossip» di Pierpaolo Di Paolo
Giornalista
pubblicista dal 2006, Vincenzo Balzano
ha portato la sua grande passione per il calcio nella professione giornalistica.
Dal 2007 collabora per il sito Tuttonapoli.net. Partecipa, inoltre, a varie
trasmissioni radiotelevisive tra cui Sotto Rete, in onda su Radio Stereo
5, e Sotto Rete Live Show in onda sulla web Tv TuttonapoliTv.
E' vero che il calcio è stato il principale motivo che ti ha portato sulla
strada del giornalismo?
«Fondamentalmente è vero. La scelta di fare il giornalista dipende soprattutto
dal mio amore per lo sport. Io voglio fare il giornalista sportivo e null'altro.
Secondo me lo sport è la cosa più bella da raccontare e ho sempre avuto questo
pallino, fin da quando al liceo raccontavo le partite di Francia 98 per il
giornalino scolastico».
Trovi che il giornalismo riesca a tirar fuori anche nel calcio il suo aspetto
più nobile e professionale?
«Oggigiorno il calcio rimane ancora un veicolo assoluto di fama e notorietà, ma
è anche vero che negli ultimi anni c'è stato un decadimento dei valori del
giornalismo sportivo. Stiamo parlando dello sport più seguito, ed
inevitabilmente più chiacchierato, e tutti i gossip che ruotano attorno a questo
mondo hanno oramai occupato un posto di rilievo nel "giornalismo" di settore,
facendolo scadere molto. Il lunedì il Corriere dello Sport dedica una
pagina intera a tutto ciò che accade in tv, dai baci delle vallette agli inciuci
su Ilaria D'Amico e Elisabetta Canalis, e questo non è calcio. Il calcio, e lo
sport in generale, è raccontare un evento, e un giornalista deve fare questo. Il
resto va bene per i giornaletti scandalistici».
Al di là di questa considerazione, non trovi che le interviste ai calciatori
siano spesso banali e scontate, basate sempre sulle stesse risposte, sulle
stesse frasi fatte che si ripetono continuamente?
«E' vero. Purtroppo questo è un cliché ed è impossibile negarlo. Però se si ha
la volontà e la capacità di fare qualcosa di diverso, è possibile. C'è una
trasmissione su Sky Sport, Player List, in cui un deejay intervista i
giocatori chiedendo loro le dieci canzoni preferite. Così, partendo dalla
musica, si parla di calcio in modo originale e interessante».
A cosa attribuisci questa difficoltà? E' colpa della semplicità culturale
delle star di questo mondo o c'è una responsabilità giornalistica alla base?
«Sicuramente non bisogna mai dimenticare che a rilasciare le interviste son
persone che in tanti casi hanno la terza media, se non addirittura la quinta
elementare. E' chiaro che questo crea una evidente difficoltà, ma proprio per
questo il giornalista deve essere bravo a non fare domande cui il giocatore
possa rispondere: "Sì, abbiamo fatto bene ma dobbiamo provare a fare di più".
Quindi se le interviste sono quasi sempre banali è da attribuire
all'impreparazione dei giornalisti. E' vero che col giocatore non si può parlare
di filosofia, né certamente la gente vuol sentire discorsi culturalmente più
elevati, l'ambito è limitato e il rischio di banalità è incombente, ma proprio
qui entra in gioco la cultura sportiva e l'intelligenza del giornalista che deve
impostare l'intervista in modo da far ragionare il giocatore su questioni di
tattica, su situazioni di gioco. E' evidente che non tutti ne sono capaci e i
risultati sono visibili».
A proposito di cosa vuole la gente, siamo l'unica nazione al mondo ad avere
ben due quotidiani che tralasciano completamente cronaca, politica e altri
argomenti per dedicare anche trenta pagine esclusivamente allo sport. Trovi che
l'argomento sportivo richieda davvero un'attenzione totale, o ciò non è
piuttosto indice di una scarsa propensione degli italiani verso letture più
impegnate?
«Dirò di più: La Gazzetta dello Sport è il primo quotidiano per vendite
in Italia. Sinceramente non saprei come leggere questo dato. Preferisco pensare
che in Italia l'amore per il calcio sia tale da giustificare questo enorme
successo. Tra l'altro, ultimamente, questo quotidiano ha dedicato alcune pagine
alla cronaca. E' anche probabile che, data la pochezza della politica e lo
squallore della cronaca, la gente si rifugi nel calcio perché è l'unico ambito
che ci fa sentire ancora un po' nobili, ancora tutti eroi. Certo, il ridurre
tutto a questo ci dà l'idea di quanto lo scenario italiano e occidentale sia
divenuto decadente».
E' passato un anno dallo scandalo Calciopoli. Oggi l'avvento di un nuovo
Moggi è impossibile, o dopo lo scossone il sistema tenderà sempre per sua natura
a riassestarsi sulla stessa falsariga?
«Per certi versi, la seconda che hai detto. E' vero che è difficile che ci sia
un nuovo personaggio così potente da poter organizzare tutto a tavolino come
faceva Moggi. Ma è anche vero che col nuovo governo, verrà quasi sicuramente
cambiata la legge sui diritti televisivi della Melandri, e andremo sempre più
verso un campionato con tre o quattro potenti che si contenderanno scudetto e
soldi, e le altre a giocarsi i posti successivi. Milan, Inter e Juventus si
organizzeranno tutto da sole, e non c'è neppure alcuna necessità che lo facciano
in maniera illegale. Diventeranno sempre di più padroni del calcio e si tornerà
alla sudditanza psicologica degli arbitri verso le potenti, ma senza arrivare
agli eccessi di partite stabilite a tavolino e arbitri chiusi negli spogliatoi.
Non ci sarà un nuovo Moggi perché non è necessario delinquere per impossessarsi
del mondo del pallone. Basterà farsi le leggi giuste e saranno i padroni senza
rubare».
Il Napoli ha perso a Catania giocando una delle partite più brutte della
stagione. Alcuni commentatori sportivi hanno sostenuto che dietro tutto vi
sarebbe l'affare Vargas. Sono dunque già iniziati i biscotti di fine anno?
«Non scherziamo, questa cosa è fuori da ogni realtà. Ammesso che Marino si sia
accordato con Lo Monaco, con quale faccia poi si recava da Reja e dai giocatori
per chieder loro di perdere la partita? E poi, per quanto la sconfitta sia stata
netta, io ho visto un Napoli giocare e costruire diverse palle gol. Il gossip è
nato per le dichiarazioni di Lo Monaco che ha confermato le chance del Napoli di
arrivare ad acquistare Vargas, ma quello che si è poi costruito è pura utopia».
Eppure i finali di campionato italiani son contraddistinti sempre da
risultati scontati. Persino la Snai a fine anno spesso si rifiuta di quotare
quelli più sicuri, che poi puntualmente si verificano. Per citare qualche
esempio, la Reggina che vince a Milano, o il Verona a Parma, o il Napoli a
Firenze. Non sono biscotti?
«Negli ultimi anni ben due volte il Milan ha giocato con la Reggina nel finale
di stagione, perdendo sempre e salvandola da retrocessione certa, ma oltre il
dato di fatto non penso ci sia dell'altro, né in questo né negli altri casi».
C'è qualche giornalista che rappresenta per te un modello cui ispirarti, o
qualcuno che rappresenta l'esempio che assolutamente non va imitato?
«Un giornalista cui mi ispiro è Ciccio Marolda, redattore de Il Mattino.
Mi trovo molto nel suo stile e spesso, quando scrivo un pezzo, mi accorgo di
imitarlo. Esempi da non imitare sono sicuramente i giornalisti alla Maurizio
Mosca. Questo perché il giornalista deve avere sempre molto tatto, non deve mai
eccedere nel dare le notizie rischiando magari di dire solo stupidaggini, e
anche nel proporre un'ipotesi, bomba o non bomba, occorre sempre preoccuparsi
che ci sia quantomeno un fondo di verità».