Telegiornaliste
anno III N. 8 (86) del 26 febbraio 2007
Badaloni, direttore international
di Nicola Pistoia
Corrispondente da Bruxelles per la Rai,
Piero (Pietro) Badaloni inizia la sua carriera
giornalistica nel 1971 proprio nella tv di Stato.
Realizza e conduce programmi cult come Droga che fare,
Italia Sera, Unomattina, tutti premiati dalla
critica.
Eletto presidente della Regione Lazio nel 1995, dal 2006 è
il nuovo direttore di
Rai International.
Come e quando è nata questa passione per il giornalismo?
«La passione per il giornalismo è nata sui banchi di scuola,
al liceo, quando ci si comincia a chiarire le idee sul
proprio futuro... La prima "testata" con la quale ho
collaborato era il giornalino del mitico liceo ginnasio
romano "Virgilio": si chiamava La graticola.
Il primo momento della verità invece, per verificare se era
effettivamente quella la strada della mia vita, una volta
laureato, è stato il vecchio glorioso Diario Vitt:
sono stato incaricato dalla casa editrice di scrivere 225
"pensierini", uno per ogni giorno di scuola, su un tema,
l'educazione ambientale. Jacovitti ha disegnato le vignette
di commento. L'esame è stato superato brillantemente, e così
è partita la mia carriera di giornalista - scrittore».
Riscontra delle differenze tra l'attuale giornalismo e
quello di vent'anni fa?
«E’ cambiato il linguaggio rispetto a prima: più asciutto,
più semplice, più figurato. La presenza ingombrante della
televisione spinge chi scrive sulla carta stampata a farlo
in modo diverso, per differenziarsi, nei contenuti e nelle
parole. Altrimenti rischia di non avere più lettori.
Chi opera nella radio e nella tv, a sua volta, avendo una
responsabilità maggiore per il numero di utenti che
raggiunge con il suo messaggio, deve imparare a farlo
innanzitutto in maniera che tutti capiscano, senza
sostituire le opinioni personali ai fatti, come purtroppo
ancora spesso succede».
Ricorda un servizio o un evento particolare che ha
caratterizzato i primi anni della sua carriera?
«L'attentato al Papa e la tragedia di Vermicino sono
indubbiamente i due eventi che ancora oggi, a tanti anni di
distanza, ricordo come i momenti più difficili e impegnativi
per la delicatezza e l'enorme impatto emotivo che ebbero
sull'opinione pubblica. Lo sforzo per mantenere lucidità e
autocontrollo fu grandissimo, così come lo stress. Ma fu
anche l'occasione per una forte crescita professionale».
Lei è stato anche presidente della Regione Lazio: ci
spiega come mai ha deciso di compiere questo passo e
mettersi, quindi, a servizio della politica?
«Forse chi ha la memoria corta lo ha dimenticato. Ma agli
inizi degli anni '90 ci fu una forte crisi di fiducia della
gente verso i partiti, dopo Tangentopoli. Chi si fece carico
di ripartire, sgombrato il campo dagli inquinamenti, chiese
aiuto alla cosiddetta società civile, per recuperare la
credibilità perduta. Fu in questo clima che il centrodestra
si rivolse a Michelini e il centrosinistra chiese a me di
candidarmi. Due giornalisti, due persone di cultura
cattolica, due "laici" che intendevano la politica come
servizio innanzitutto ai cittadini, più che degli interessi
di parte. Vinsi io, ma se il risultato fosse stato diverso,
lo spirito sarebbe stato lo stesso. Ora quella parentesi è
chiusa da sei anni e sono felice di essere tornato a fare il
mio vero mestiere».
Da poco è stato nominato direttore di Rai International:
quali sono le sue idee per valorizzare il canale?
«Voglio trasformare Rai International da Cenerentola a punta
di diamante della Rai. Queste sono le sfide che mi
appassionano, e le premesse per riuscirci ci sono: è scaduta
la vecchia convenzione con Palazzo Chigi, vecchia di 34
anni, che regolava la missione del canale. La linea
editoriale: portare l'Italia, con tutte le sue eccellenze,
nel mondo, promuoverne l'immagine e valorizzare il lavoro
che gli italiani fanno nel mondo in tutti i campi, dalla
scienza alla moda, dai missionari ai cooperanti sparsi nel
terzo mondo.
Alzeremo il livello qualitativo delle produzioni interne e
dei programmi selezionati dalle altre reti Rai per inserirli
in un palinsesto che sarà differenziato per ognuna delle
aree di ricezione, sulla base dei fusi orari e delle
caratteristiche locali del pubblico. Daremo particolare
attenzione all'attività parlamentare dei deputati eletti
nelle circoscrizioni estere per farla conoscere a chi ha
dato loro fiducia. Insomma le novità, come vede, saranno
tante e spero gradite».
Nella sua carriera ha ricoperto diversi incarichi, prima
come conduttore televisivo e come corrispondente. Non le
piacerebbe ritornare a condurre un programma?
«Io guardo sempre in avanti, mai indietro. Ciò che ho
lasciato alle spalle appartiene al passato. Avrò tempo per i
rimpianti quando andrò in pensione».
Come vede il suo futuro?
«Se non mi lasceranno da solo in questa impresa titanica, il
futuro sarà radioso, non tanto per me ma per i milioni di
italiani all'estero che si aspettano una Rai International
al passo con i tempi. Loro sono molto più avanti
dell'offerta che finora hanno ricevuto. Ma devo dire che
tutte le trecento persone che collaborano con me in questa
sfida sono entusiaste del progetto e pronte a rimboccarsi le
maniche».