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Intervista ad Andrea Atzori (1) tutte le interviste
Andrea AtzoriTelegiornaliste anno III N. 18 (96) del 7 maggio 2007

Andrea Atzori, giornalista per l'ambiente di Giuseppe Bosso

Andrea Atzori, 37 anni, è giornalista pubblicista dal 1989. Laureato in scienze politiche all'università di Cagliari, dal 2006 è corrispondente dalla Sardegna per il tg di Canale Italia. Ha alle spalle una lunga gavetta e numerose collaborazioni con emittenti televisive, quotidiani e periodici. Andrea, come molti altri colleghi, ha anche il suo blog.

La rete è uno spazio ancora "neutro" per una informazione libera, slegata da condizionamenti di natura politica?
«Le potenzialità di Internet sono enormi. In particolare i blog rappresentano effettivamente uno spazio libero. Credo di neutro non ci possa mai essere nulla, quando si parla di informazione. Anzi lo schierarsi è anche auspicabile. Esprimere la propria opinione per un giornalista, se fatto in maniera trasparente e disinteressata, è un servizio utile per i fruitori dell’informazione. Il web offre la possibilità di uno scambio diretto d’informazioni che nessun altro mezzo offre».

Si può dire, secondo te, che esiste una forte censura nel mondo dell'informazione italiano?
«Il controllo degli editori sui mezzi d’informazione è enorme. Economia e politica costituiscono purtroppo un intreccio inestricabile. Più che censura, ciò che avviene sono omissioni e influenze. Nella tv, dalla Rai a Mediaset fino alla più piccola tv privata, così come nei quotidiani, purtroppo questi condizionamenti ci sono. Ma la cosa più triste è quando vengono nascosti o comunque taciuti. Esempio, quando un imprenditore immobiliare che possiede una tv impone al suo tg la realizzazione di un servizio per propagandare un suo progetto: è oggettivamente squallido.
Quello che fa ribrezzo inoltre è la pubblicità mascherata sotto forma di informazione. I giornalisti degni di questo nome, e il direttore responsabile in primo luogo, dovrebbero avere il coraggio di difendere i telespettatori e i lettori dalle prese in giro e dall’uso privatistico del mezzo. Occorre una difesa puntale del ruolo degli operatori dell’informazione dall’invasione degli interessi degli editori. Il nostro compito è anche quello di tutelare chi ci guarda dalla falsa e deformata informazione».

Cambiamo argomento: quali sono i commenti che più ti piace leggere sul suo blog?
«Mi piace leggere quelli che riescono a sorprendermi e dare nuove informazioni. Dialogo continuo, interattivo: questa è la caratteristica per definizione dei blog. Questo è infatti il senso anche del mio, che è dedicato all’informazione, alla televisione e alla politica».

Consiglieresti a chi aspira ad una carriera giornalistica di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie?
«Sì, ma ad una condizione. Le nuove tecnologie non debbono costituire una sorta di alibi per portare avanti un giornalismo in pantofole o da ufficio. Internet va benissimo, ma non deve mai essere una scusa, una scorciatoia per evitare l’uso dei piedi. La verifica delle fonti deve essere sempre diretta e continua. Computer, web e telefono non devono sostituire la suola delle scarpe e l’uso del microfono».

Spesso dai spazio anche alle vicende di colleghi, come è capitato per il brutto episodio capitato alla giornalista di Videolina, Ambra Pintore a inizio anno; come mai?
«Molto spesso il grande pubblico non conosce cosa c’è dietro un servizio tg, un telegiornale o un collegamento in diretta come nel caso di Ambra.
Il mostrare cosa c’è dietro le quinte, o evidenziare anche le cose che altrimenti passerebbero inosservate, penso possa essere utile e in alcuni casi necessario.
Anche i giornalisti pur essendo personaggi pubblici sono prima di tutto persone con pregi, difetti e passioni. Ricordarli a tutti, un po’ come egregiamente da tempo fate voi, penso possa contribuire alla conoscenza e anche alla umanizzazione di quelle che erroneamente potrebbero sembrare persone lontane dalla realtà».

Qual è l'informazione da fare per un giornalista che lavora stabilmente in una terra affascinante e da scoprire come la Sardegna?
«Non ho dubbi: pur occupandomi ogni giorno di tutto, dalla politica allo sport, la mia specializzazione, sia per lo studio all’università, che per una specifica preparazione acquisita sul campo e anche attraverso corsi, è quella dell’informazione nel settore ambientale ed ecologico. Penso che la Sardegna in questo senso sia una sorta di miniera per il giornalismo. Sia dal punto di vista della conoscenza del nostro territorio, dunque in positivo, ma anche in negativo».

Quindi il giornalista ha un compito in più...
«Il compito del giornalista è anche quello di denunciare senza paura tutto ciò che può recare danno, e mi riferisco ai danni ambientali alla nostra terra, soprattutto prima che vengano effettuati.
Senza timore di pestare i piedi a potentati economici e politici. Speculazione immobiliare e interessi economici molto spesso cercano di devastare il nostro patrimonio naturale, solo per il tornaconto monetario di poche persone. Il giornalismo deve essere inteso come denuncia, controinformazione e anche investigazione. Non bisogna avere paura di tornare a fare le inchieste. O il giornalismo è questo o non ha più senso fare questo mestiere».

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