Telegiornaliste
anno III N. 38 (116) del 22 ottobre 2007
Le Cirque du Soleil parla italiano di
Valeria Scotti
Meno di un mese all'arrivo in Italia del nuovo spettacolo firmato
Cirque Du Soleil. Delirium debutterà a Pesaro il 10
novembre. Poi sarà la volta di Milano e Torino.
Balli acrobatici, movimenti aerei, suoni tribali e una forte connotazione
multimediale per questo evento – il primo del Cirque du Soleil – destinato ad
arene e palasport. Niente tendone quindi per i 36 artisti in scena.
Tra questi, il percussionista quarantanovenne Raffaele Artiglieri. Unica
presenza italiana sul palco – Napoli la sua città d’origine - è il creatore ed
esecutore del numero Africa/Bour Mowote.
Abbiamo incontrato Raffaele telefonicamente durante la tappa inglese, a
Manchester, di Delirium.
Qual è stato il suo percorso artistico?
«Dopo aver studiato musica a Napoli sono partito per l’Africa. Grazie al
Ballet National du Senegal ho cominciato ad avvicinarmi al ballo e alla
musica africana. Poi mi sono trasferito in Canada dove ho partecipato, in un
piccolo paese al Nord del Quebec, alla prima festa dal Cirque du Soleil prima
che diventasse tale. Dieci anni fa, il primo grande lavoro: Dralion, la
produzione con la maggior parte di artisti cinesi. E due anni e mezzo fa, è
iniziata l’avventura di Delirium».
Come si lavora con tante persone di nazionalità diverse?
«La produzione di Delirium accoglie 17 Paesi stranieri. E’ necessario
quindi conoscere l’inglese, la lingua ufficiale del Cirque. L’ambiente è
bellissimo perché gli artisti sono fatti tutti della stessa pasta. I ballerini e
gli acrobati sono tutti giovani e per questo un po’ più liberi rispetto a noi
dell’orchestra che siamo padri di famiglia».
Quella
del circo è una vita nomade. E gli affetti?
«Oltre a una figlia di 25 anni, ho una bimba di quattro mesi e mezzo ed è nata
mentre ero in tournée con Delirium. Dopo venti anni insieme alla mia
compagna, il destino ha voluto che avessimo questa bambina ora. E’ stato
difficile per me lavorare lontano mentre era incinta. Fortunatamente lei e la
bimba ora possono contare sull’aiuto della mia famiglia a Napoli, ma presto
seguiranno con me il resto della tournée. Nei miei incubi temo sempre che mia
figlia inizi a parlare o a camminare senza che io possa essere partecipe».
Ci racconta il lavoro preparatorio per Delirium?
«Di solito le prove di uno spettacolo del Cirque du Soleil durano dai sei mesi a
un anno. Delirium è una delle produzioni che ha richiesto meno lavoro,
solo tre mesi di prove a Montreal. Ma queste sono continuate anche dopo la prima
data. Fino a oggi abbiamo contato quasi quattrocento spettacoli e cento città
tra Stati Uniti, Canada, Messico. Insieme ai due milioni di persone che ci hanno
applaudito».
Secondo lei, l’Italia come accoglierà questo nuovo capitolo del Cirque du
Soleil?
«In Europa si è molto abituati al teatro e il pubblico è più colto, al contrario
dello spettatore americano che si impressiona subito. Per questo motivo,
temevamo la risposta durante le nostre prime tappe europee. Per fortuna lo
spettacolo ha riscosso molto successo, ad esempio in Germania.
Mi aspetto la stessa reazione in Italia, anzi migliore. Il trattamento poetico
delle musiche, poi, è stato realizzato proprio da un italiano, Franco Dragone.
L’Italia, si sa, ama la musica. Spero che allo stesso modo amerà Delirium
e la ripresa dei brani più famosi dei nostri venti anni di circo».