Telegiornaliste
anno III N. 33 (111) del 17 settembre 2007
Alda Angrisani: non amo stare davanti alla telecamera
di Erica Savazzi
«Non amo stare davanti alla telecamera e credo si percepisca, poi ognuno lo
esprime con i propri mezzi, e le opinioni vanno rispettate. Gli insulti, invece,
spesso sono frutto della non conoscenza dei fatti, ma a questo si potrebbe porre
rimedio solo informandosi prima di sputare sentenze».
Alda Angrisani - giornalista di
Raisport - risponde così a chi, su alcuni forum, critica il suo operato.
«Comunque sia, con l’esperienza del tuo sito, mi insegni che i contenuti (non
quelli del reggiseno) a volte non sono al primo posto. Scherzi a parte, non si
può piacere a tutti: io sono certa di fare il mio lavoro onestamente e le
critiche fanno parte del gioco, quindi vanno accettate e servono anche per
migliorarsi».
Impegnatissima tra programmi del week end (La domenica sportiva,
Sabato Sprint), pagine sportive dei telegiornali e servizi dagli stadi, Alda
trova comunque il tempo di rispondere alle domande di Telegiornaliste.
Con simpatia e professionalità.
E’ cominciato il campionato di calcio: mi fai un pronostico sulla stagione e
sul vincitore?
«Comincio subito dicendoti che la mia dote principale non è la diplomazia, ma
sto cercando di migliorare, spero di non fare troppi danni.
Veniamo al campionato. Ogni anno si ripropone il toto-vincitore: non ci ho mai
azzeccato! Però questo è un campionato speciale per me perché il Napoli è
tornato in serie A e ovviamente spero non faccia soffrire i tifosi fino
all’ultima giornata. Per lo scudetto, come al solito, se la giocano Milan, Roma,
Inter e forse Lazio e Fiorentina».
Per il tuo lavoro hai incontrato molti sportivi: quali sono quelli che ti
hanno colpito di più? Sei anche amica di Ronaldo...
«Parlo prevalentemente di calcio perché sarebbe davvero troppo lungo raccontare
tutto. E faccio una piccola premessa: adoro i brasiliani e il loro modo di
vivere il calcio. Le esperienze in ritiro con la nazionale mi hanno regalato
momenti esilaranti: anche coloro che sembrano inavvicinabili in realtà sono
ragazzi normali e pieni di vita. Si divertono, ti coinvolgono. Cafù è una
forza.
Mi chiedevi di Ronaldo: sono stata fortunata perché fino a qualche anno fa era
ancora possibile instaurare un dialogo con i protagonisti del pallone. Nutro per
Ronaldo un affetto sincero, perché sa essere leale e riconoscente, anche nel
tempo. Un amico prezioso è Clarence Seedorf: è una persona serena, positiva, ha
cervello e lo usa.
La
chiave, comunque, è ascoltare senza parlare troppo.
Poi ci sono anche giocatori con i quali si fanno commenti via sms, si scherza
anche con alcuni allenatori e dirigenti ma è sempre più raro avere contatti
umani.
Ci vorrebbe un capitolo a parte per Giacinto Facchetti: quando sono arrivata a
Milano, un po’ "sfigata", è stato uno dei pochissimi a non discriminarmi, mi ha
voluto bene e la stima e l’affetto sono cresciuti negli anni. Poi ho conosciuto
la sua famiglia e ho capito che sono tutti speciali. Ci sono anche persone che
mi colpiscono ogni giorno per "pochezza" umana ma non meritano citazioni».
Il campionato è iniziato con una partita (Genoa-Milan) vietata ai tifosi
milanisti per paura di disordini. Secondo te queste misure sono efficaci o sono
una rinuncia della “legge” a imporsi su chi non rispetta le regole?
«Sport e violenza sono agli antipodi, in teoria. Ogni tanto facciamo finta di
indignarci e, se ci scappa il morto, fermiamo i giochi per poi riprendere in
fretta e furia altrimenti si perdono soldi. E’ un meccanismo malato al quale,
temo, si rischi l’assuefazione, a meno che non si voglia davvero
eliminare il problema a monte. Ma tutti dovrebbero fare troppi passi indietro e
nessuno è disposto. La legge esiste, peccato che non la si faccia rispettare: è
ridicolo voler importare i modelli stranieri se prima non siamo educati e
pronti».
Come funziona il lavoro in una redazione grande come quella di Raisport?
«Si può chiedere la domanda di riserva? Ok, giro la ruota e compro una vocale.
Come dici tu stessa, è una redazione grande e romanocentrica: a Milano, siamo in
pochi, si lavora tanto, con fatica, con passione, con qualche vaffa... Ma alla
fine facciamo il mestiere che ci piace e che abbiamo scelto e questa è già una
gran fortuna».
Oltre a lavorare alla Domenica sportiva ora ti occupi anche del
coordinamento giornalistico di Sabato Sprint.
«Essendo in pochi, facciamo un pò di tutto: una settimana al mese ruotiamo sulla
conduzione della pagina sportiva del Tg3, edizione nazionale delle 12.00;
quotidianamente seguo l’attualità per i nostri notiziari, cerco di mantenere i
contatti con i protagonisti delle varie società, e la novità è che da questo
campionato mi hanno arruolata per la realizzazione di Sabato Sprint: in
settimana, con il collega Enrico Testa, cerchiamo di tramutare le idee in fatti
e poi, durante la trasmissione, sono in regia collegata con il conduttore,
Enrico Variale (detta così sembriamo un po’ Ambra e Boncompagni ma non è così,
lo giuro!). Infine, la domenica mi inviano sui campi per il servizio della
Domenica Sportiva».
Un
sondaggio Demos per Repubblica mostra come i tifosi di calcio siano
la metà della popolazione italiana e che, nonostante l’88% degli intervistati
pensi che il calcio sia poco credibile, è in aumento il tifo contro alcune
squadre, in particolare contro l’Inter. Dopo Calciopoli secondo te c’è davvero
stata una polarizzazione delle passioni dei tifosi?
«Credo che Calciopoli abbia avuto il merito di togliere il coperchio al
pentolone ma non di averlo svuotato da tutto il marcio che c’era (almeno, non
ancora). I tifosi sono umorali, sono tifosi, appunto, e si lasciano condizionare
dai risultati della loro squadra. L’Inter era simpatica perché aveva un
presidente che spendeva tanti soldi, non vinceva mai e tutti potevano sparargli
contro: ora ha vinto, non si può sfottere, e non piace più.
E’ come a scuola: il compagno grassoccio e brufoloso un giorno cresce, diventa
alto e magro, piace alle ragazze. Così se prima era l’amico di tutti perché su
di lui si potevano scaricare sfottò e frustrazioni, d’improvviso diventa
antipatico. E’ la natura umana, credo».
Qual è il tuo sport preferito? Sei una sportiva?
«Sono stata una sportiva praticante fino a 18 anni ma dopo, tra lavoro e studio,
basta. Ho ceduto alla pigrizia, ahimè, e si vede! Comunque, sono sempre andata
allo stadio, sin da bambina, e direi che il calcio è la costante della mia vita.
Però amo la danza: ho studiato sette anni danza classica, ma ho anche gareggiato
nella ginnastica ritmica a squadre e ho giocato a pallavolo per cinque anni...
Da "adulta" riesco a mala pena a coltivare una piccola passione...».