Telegiornaliste
anno III N. 3 (81) del 22 gennaio 2007
Michele Aglio, viva l'autoironia!
di Giuseppe Bosso
Nato a Cremona nel 1975, Michele Aglio,
giornalista professionista dal 2006, collabora con l'emittente lombardo -
emiliana Telecolor Primarete Lombardia come giornalista, speaker e presentatore.
E' progettista web, addetto alle comunicazioni di alcune aziende di servizi e
scrittore. Ha pubblicato, nel 2002, il romanzo noir Lo scoppio (online
dal settembre 2006); l'antologia di racconti noir Fratelli (2003) e il
trittico Tre (settembre 2005).
Cosa ti ha spinto a diventare giornalista e quali sono le tue aspettative?
«Mi è sempre piaciuto. Già a 18 anni, a scuola, "fondai" un giornalino che si
chiamava Il Foglio, ben prima che Giuliano Ferrara fondasse l'omonimo
quotidiano. Amo questo mestiere perché mi piace vivere l'attualità con una
giusta dose di protagonismo ed esibizionismo, in senso sano».
Nel tuo sito hai dedicato uno spazio alle tue "papere": credi che
l'autoironia paghi, a conti fatti?
«Certamente. È facile subire la cattiveria della gente, per questo credo che sia
importante sbollire e metabolizzare i propri errori. Le "papere" le facciamo
tutti, dai novellini ai giornalisti più esperti, per cui è meglio reagire con il
sorriso. Naturalmente purché gli errori non diventino un'abitudine!».
Un'emittente come Telecolor costituisce un buon trampolino di lancio per un
aspirante cronista dei giorni prossimi al passaggio al digitale terrestre?
«Telecolor ha fatto molti sforzi per passare al digitale terrestre e siamo già
visibili da anni sul satellitare. Venendo alla tua domanda, sì, è una buona
palestra. Ma io credo che un buon giornalista televisivo debba anzitutto fare
una buona formazione sulla carta stampata, imparare a scrivere e ad essere
sintetico. Poi, le piccole emittenti ti formano bene, ti occupi di tanti
argomenti, dalla cronaca nera a quella bianca, dallo sport agli spettacoli».
E a proposito di Internet, credi che il futuro del giornalismo sia
soprattutto nella tecnologia?
«Certo, in rete c'è più immediatezza e più libertà di espressione. Ma questo non
potrà mai sostituire il contatto diretto con il pubblico e con lo spettatore».