Telegiornaliste
anno IV N. 31 (156) dell'8 settembre 2008
Paola Abrate, professionalità e personalità
di Giuseppe Bosso
Paola Abrate è giornalista
professionista dal 2002. Muove i primi passi nell’emittente Studio 1 Treviglio
per poi passare a Bergamo Tv.
Gioie e dolori della tua esperienza da giornalista?
«Le gioie sono tante, a cominciare dal poter operare in una piccola realtà a
stretto contatto con tutto quello che ti circonda, spaziando su ogni tipo di
argomento. Una tv provinciale presenta il vantaggio di poter creare un grande
feeling con i colleghi con cui dividi queste quattro mura. Alla lunga, però,
questo ha anche i suoi contro: finisci per sentirti stretto in questo ambito e
hai voglia di cambiare aria. Non ho fatto il grande salto di qualità forse per
timidezza, ma alla fine ho preferito rimanere a casa mia e non me ne sono
pentita».
Hai qualche modello professionale a cui ti ispiri?
«Credo che ogni giornalista abbia la propria personalità e le proprie
caratteristiche. E' sbagliato cercare di imitare gli altri. In ogni caso ammiro
molto una professionista come Annalisa
Spiezie».
Ultimamente i tg sembrano soffermarsi soprattutto sulle notizie di cronaca
nera e, in particolar modo, riguardo le violenze alle donne. Cosa ne pensi?
«Provo un forte disagio come donna ad assistere a questa escalation di violenza.
Come giornalista cerco sempre di calarmi nel mio ruolo con professionalità, ma
una volta tolta questa veste rimane forte la sensazione spiacevole».
Le storie e i temi che più ti piace affrontare?
«Temi sociali, quelli di cui mi occupo principalmente. Non è facile citare una
sola storia di quelle che ho seguito, ma ricordo una signora anziana che aveva
telefonato a Bergamo Tv per chiedere aiuto essendo a rischio sfratto. Mi colpì
vedere come vivesse in una casa malandata che affacciava sulla ferrovia, con una
copia dei Promessi Sposi in mano… Una vicenda molto toccante, per la
quale ho ottenuto anche un riconoscimento. Cerco sempre di seguire le storie con
molta passione e impegno. Ricordo ancora un reportage che realizzai in occasione
del terremoto di Nocera Umbra, al seguito degli alpini di Bergamo che erano
andati lì a prestare assistenza alle popolazioni colpite, e ultimamente alcune
inchieste sul mondo giovanile, soprattutto a seguito del caso di Kristel
Marcarini».
Bergamo fa parte della "provincia dimenticata" di cui i media tendono a
disinteressarsi?
«Non mancano le "cattedrali nel deserto", ma non condivido questo pensiero. Per
la nostra storia e per la nostra tradizione, abbiamo dato e stiamo ancora dando
molto all’Italia, in tutti i campi. Abbiamo avuto un papa come
Giovanni XXIII, una
grande imprenditorialità, tante personalità di livello, e adesso anche il Ct
della Nazionale (ndr: al momento dell'intervista il ct era Donadoni)!
Insomma, non si può dire che siamo passati inosservati».
Cosa rappresenta e cosa può rappresentare il successo elettorale della Lega?
«A favorire il successo della Lega sono state molte idee, come il federalismo
fiscale che condivido. Ma non credo che il risultato di queste elezioni sia
stato, come in passato, un voto di protesta. In ogni caso credo sia da valutare
cosa può dare l’alleanza Berlusconi-Bossi, e non solo al Nord ovviamente».
Che effetto ti fa
vederti su Telegiornaliste?
«Mi fa sorridere. È comunque una cosa bella vedere come ci sia gente che si
interessi al nostro lavoro e agli aspetti buoni della nostra professione.
Soprattutto mi ha dato una certa emozione vedere il mio nome accanto a quelli
importanti delle telegiornaliste nazionali».
La notizia che vorresti dare?
«Semmai ce n’è una che non vorrei dare: non c’è più libertà di esprimere il
proprio pensiero».