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Telegiornaliste anno VIII N. 38 (340) del 19 novembre 2012
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TGISTE Francesca
Cheyenne: voce molto protagonista di
Giuseppe Bosso
Veronese, pubblicista dal 2007, Francesca Cheyenne - all'anagrafe Roveda - è una
delle speaker di Rtl 102.5, dove
attualmente conduce, con Roberto Uggeri, il programma Protagonisti, on
air dalle 19 alle 21.
Dopo 7 anni che bilancio trai della tua esperienza a Rtl?
«Estremamente positiva e costruttiva. Ho imparato cose nuove e ho coltivato il
mio sogno di vivere di musica».
Il compagno o la compagna con cui ti sei trovata meglio?
«Ho un buon carattere! Vado d'accordo con tutti... un pensiero particolare per
Grant Benson, il primo con cui ho trasmesso».
La tv è un capitolo del passato o conti di tornarci?
«La tv è un elettrodomestico che utilizzo per la visione di film, di qualche
serie che di tanto in tanto mi appassiona e per X Factor. Non credo che
nella tv di oggi, lottizzata e schiava delle multinazionali come tutto il nostro
sistema economico, contino più le idee e la creatività. Sinceramente inoltre mi
sembra di aver già dato tutto quello che avevo da dare in tempi non sospetti...
comunque, mai dire mai».
Anni fa tentasti l'esperimento di My compilation su Raidue cercando di
conciliare politica e musica: sarebbe ripetibile oggi?
«Vedi sopra».
Oltre che di musica, di cosa ti occupi?
«Di contribuire a diffondere la filosofia della decrescita, in cui credo molto,
di una vita maggiormente a contatto con la natura e di un consumo consapevole;
vedi il mio
sito».
Cosa farai da grande?
«Da vecchia vorresti dire? Spero di potermi ritirare in campagna e di poter
vivere finalmente a contatto con la natura».
Nel tuo curriculum anche il teatro con
Massimo Fini, nello
spettacolo Cyrano, se vi pare, molto bistrattato dalla Rai: che ricordi
hai di quella parentesi?
«Non si è trattato solo di un'esperienza, perché il rapporto con Massimo Fini,
professionale ed umano, è proseguito negli anni: è uno degli amici migliori che
ho».
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NONSOLOMODA L'ultima
moda è made in Africa
di Sara Giuliani
Quando si parla dell'Africa solitamente si
trattano argomenti quali le guerre interne ai
territori, i problemi della popolazione, la
fauna e la flora caratteristici; ma
difficilmente ci si riferisce alla moda.
Eppure, mentre questo continente cerca di
risollevarsi e di migliorare la propria
economia, molti settori vengono toccati dai
cambiamenti, incluse le passerelle. Osservando
le collezioni che sfilano, ecco un'altra
sorpresa: gli abiti non sono camicioni colorati
o copricapi a turbante, né vestiti tipici delle
tribù, ma vere e proprie creazioni d'alta
moda.
Purtroppo è ancora difficile trovare manodopera
veramente qualificata, perciò a ben vedere può
capitare di notare alcune imprecisioni nella
confezione degli abiti, ma il prezzo competitivo
e la voglia di riscatto degli stilisti africani
mettono in ombra i piccoli difetti. Così si
rimane affascinati osservando questa realtà che
sembra essere così insolita per il continente
africano.
Questo territorio sta cercando così fortemente
di valorizzare la sua moda, che in Nigeria, uno
dei Paesi più poveri al mondo, nel 2011
l'ex-avvocato ed ex stylist Omoyemi Akerele ha
dato il via ad un evento annuale sulla scia di
Parigi e Milano, la Lagos Fashion & Design
Week, che mira a far relazionare la moda
locale con diverse realtà internazionali. Oltre
a eventi chic è possibile ammirare anche le
creazioni di alcuni artisti emergenti, come per
esempio, per rimanere in territorio nigeriano,
quelle delle designer Lisa Folawiyo e
Bridget Awosika.
La moda africana però non è solo sfilate, è
anche solidarietà: tanti sono i progetti
volti ad utilizzare la creazione come metodo per
risanare o quanto meno arginare alcuni problemi
sociali. E' con questo scopo che è nato Soko
Kenya, per offrire a ragazze e ragazzi
kenioti un'alternativa alla povertà, grazie
all'apprendimento delle pratiche necessarie per
confezionare abiti e gioielli rispettando
l'ambiente e mantenendo le ispirazioni etniche
tipiche del territorio.
La nascita nel 2009 di questo laboratorio è
stata possibile grazie all'impegno di Joanna
Maiden, ormai più keniota che inglese, e
all'appoggio delle sudafricane ideatrici del
marchio Lalesso (prodotto da Soko) Alice
Heusser e Olivia Kennaway.
Anche dall'estero si è voluto contribuire a
questa moda con risvolti sociali, come hanno
fatto Bono Vox e sua moglie Ali Hewson creando
il marchio Edun, che si pone l'obiettivo di
rendere interamente made in Africa, tra Kenya,
Uganda e Madagascar, una larga percentuale della
sua produzione. E' anche il caso del marchio
NearFar creato da Stephanie Hogg, che ha scelto
la Sierra Leone come luogo di lavoro, mentre
Sika ha scelto il Ghana e Peaches Geldof,
figlia del noto Bob, per il suo Made ha
preferito il Kenya. Il marchio Kinabuti
creato dalle italiane Caterina Bortolussi
e Francesca Rosset si occupa di creare
moda fornendo anche un sostegno alle donne dei
ghetti e proprio in Italia la Coop si è resa
distributore di una linea di t-shirt ideate da
giovani stilisti interamente realizzate in
Africa, all'interno del progetto Fashion
Freedom.
Non moda come consumismo, ma moda come
sviluppo, moda come riduzione della
povertà, moda come alternativa di vita per
quelle persone troppo spesso associate ad eventi
e situazioni negative, che ora vogliono
dimostrare di avere anch'essi le capacità per
entrare nella realtà internazionale in maniera
competitiva. |
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TUTTO TV Telegiubando:
la tv secondo Giubo.
Terra ribelle 2: non buona come la prima, ma... di
Giuseppe Bosso
La prima serie, diretta da Cinzia Th Torrini,
era stata probabilmente il successo dell'autunno
2010; il secondo capitolo, passato dalle
mani della regista dell'altro successone in
costume, Elisa di Rivombrosa, a quelle di
Ambrogio Lo Giudice, non è riuscita del tutto a
calcare le orme del primo, in termini di ascolti
- anche per il fatto di trovarsi a confronto, il
lunedì sera, con la Squadra Antimafia di
Canale 5 - e di critica; la definizione
camomilla, coniata da Aldo Grasso sul punto
è molto eloquente.
Eppure Terra ribelle 2 - il nuovo mondo,
ha fatto centro: la travagliata storia dei
principi Marsili, Andrea ed Elena - alias
Rodriguo Guirao Diaz e Anna Favella, poco più
che sconosciuti prima di due anni fa - alla
ricerca della piccola Giulia, rapita dalla
perfida Luisa - Sabrina Garciarena, ormai star
affermata non solo nella sua Argentina - e
portata nel selvaggio Sudamerica di fine '800,
non è solo feutillion; è anche storia,
storia di un mondo troppo spesso ignorato: gli
indios confinati e braccati nel deserto dagli
Europei, sedicenti liberatori, in realtà
invasori, dei quali degno esponente è il
magistrale Lando Buzzanca nel ruolo dell'ambiguo
generale Malagridas; non manca anche la
massoneria, celata dietro gli intrighi e le
manovre del potere di allora come oggi; il
crudele sfruttamento dei bambini, strappati alle
loro famiglie per la ricerca dell'argento nelle
miniere.
Non mancano, ovviamente, anche passione,
tradimenti, storie difficili di famiglie che si
ritrovano e si lasciano, e di amori che nascono
e finiscono.
Insomma, camomilla o non camomilla, questa
serie è tutt'altro che noiosa e banale, per
questi importanti riferimenti
storico-politici di un'epoca che, anche dopo
le celebrazioni dei 150 anni della nostra unità
nazionale, andrebbe rianalizzata e rivalutata
con piena coscienza critica.
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HOT GIRLS Laura
Torrisi: una donna (e mamma) bellissima
di Fausto Piu
Mora, sguardo ammaliante e
misure da capogiro, 88-62-88. La classica
ragazza mediterranea da mozzare il fiato che
ogni uomo sogna d’incontrare e sposare.
Nata a Catania nel 1979, ma pratese d’adozione,
Laura Torrisi è un’affermata attrice
nonostante da piccola avesse ben altri
obiettivi: «Da piccola volevo farmi suora,
c'è stato un momento nella mia vita, a 13 anni,
in cui mi sono chiesta se non fosse la strada da
seguire».
Dopo aver partecipato, nel lontano 1998, a
Miss Italia, giungendo tra le finaliste,
Laura comincia la carriera
cinematografica recitando prima ne Il signor
Quindicipalle, diretto da Francesco Nuti, e
poi in Lucignolo, con la regia di Massimo
Ceccherini.
È nel 2006 che raggiunge la popolarità,
grazie alla partecipazione alla sesta edizione
del Grande Fratello, dove viene eliminata
in semifinale. Dopo il reality la carriera di
Laura, ragazza dalle origini umili e
amante dello shopping, è tutta in discesa.
Ottiene il suo primo ruolo da protagonista
in Una moglie bellissima, film di
Leonardo Pieraccioni, con il quale comincia
una storia d’amore. E poi recita in due
importanti serie televisive: L’onore e il
rispetto e Il peccato e la vergogna.
Sicuramente invidiata da molte donne italiane
per essere stata accanto a uno degli uomini più
belli d'Italia, Laura ha dichiarato di essere
stata in imbarazzo per alcune scene
bollenti girate con Gabriel Garko: «Ho sperato
che le scene di sesso con Gabriel
finissero presto».
Amante dello sport, Laura, ex arbitro di
calcio, ama sciare, andare sullo snowboard e
cavalcare. Attenzione anche a non farla
arrabbiare: è cintura marrone di karate.
Mamma della piccola Martina, avuta dal
compagno Leonardo Pieraccioni, Laura ha
recentemente confidato di essere affetta da
celiachia, disturbo che a soli nove mesi
l’ha portata in coma: «Secondo il pediatra si
trattava di allergia al latte, mi hanno
raccontato i miei genitori, e me la sono vista
brutta: sono finita in coma. Secondo i
medici si trattava di una semplice intolleranza
generica, che si sarebbe risolta con la
crescita. Ho continuato a mangiare di tutto,
senza precauzioni: divoravo il cibo come un
camionista, ma assimilavo pochissimo ed ero
continuamente afflitta da problemi di
digestione e da attacchi di diarrea. Nel
2008 i dolori sono diventati insopportabili e la
gastroscopia con prelievo dei villi intestinali
ha confermato il sospetto di celiachia».
Oggi Laura ha cambiato radicalmente la sua
dieta, coinvolgendo anche il compagno Leonardo:
«Per non cucinare due volte (una con glutine e
una senza), io e Leonardo abbiamo trovato un
accordo: utilizziamo sempre la pasta senza
glutine».
Lontana questa disavventura, questa bella
ragazza mediterranea, più in forma che mai e
sempre bellissima, ama la natura e
coltivare un piccolo pezzo di terra perché, come
ha confidato, «coltivare il proprio orto è
coltivare la propria anima».
Una donna comune, Laura, legatissima alla
sua bambina e al suo compagno, che si
commuove quando vede la foto della sua gatta
che le abbraccia il pancione, perché «abbiamo
condiviso la gravidanza». Bellissima e una di
noi, cosa non da poco. |
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DONNE Cervelli
rosa in... casa
di Michela Tortolano
Il fenomeno dell’abbandono del Paese non è
nuovo, ma in tempi di crisi la perdita dei
“cervelli in fuga” pesa ancor di più. Quello
che rende l’evento un deficit è il fatto che
tali risorse non soggiornino fuori solo per
il tempo utile al completamento della
propria formazione, ma che vi restino per
non tornare.
Se si pensa ai danni in termini di euro per
brevetti registrati da nostri
sapienti connazionali il risultato fa
gelare.
Non te ne accorgi ma da qui se ne vanno
tutti sono le parole cantate
dall’artista pugliese Caparezza, il quale
denuncia proprio questa realtà. Ma ce ne
accorgiamo se si leggono i numeri: in circa
dieci anni le figure professionali
fuggite sono almeno 10.000, tra cui medici,
avvocati, insegnanti ed architetti.
Gli spostamenti non avvengono solo
dall’Italia verso Paesi europei o verso
l’estero. Il fenomeno è presente anche in
altri Stati e l’Italia stessa rappresenta
una meta di interesse per diversi cervelli
motivati alla crescita ed alla
specializzazione.
Certamente la parte femminile della
migrazione porta il suo contributo e proprio
negli ultimi tempi il raggiungimento di
buoni risultati è da attribuirsi ai cervelli
rosa.
È infatti raddoppiata nell’ultimo anno la
presenza delle donne nella lista dei 50
migliori ricercatori italiani al mondo.
La ricercatrice Carolina Adamo ha
lavorato per migliorare la memory disk e a
lei va il merito di una scoperta che
velocizzerà i pc del futuro. Anche della
giovane oncologa Gaia Schiavon si
parla per il suo contributo all’inglese
Royal Marsden Hospital. È della ventitreenne
livornese Caterina Falleni
l’invenzione del frigorifero che funziona
senza corrente, grazie alla quale ha vinto
una borsa di studio presso il centro di
ricerca NASA.
E la partecipazione oltralpe femminile è
in aumento rispetto agli anni passati.
La possibilità di fare carriera, gli
investimenti per la ricerca, le
disponibilità economiche che mettono a
disposizione altri Paesi ed il sistema
meritocratico fanno la scelta.
Ma anche il circuito organizzativo che ruota
intorno a questi fattori rende più
appetibile una carriera estera per le donne,
poiché è più facile conciliare
l’eventuale vita familiare con il percorso
professionale.
Questo brain drain sviluppa, però, anche
delle risposte diverse e controcorrente.
Quest’anno è nato a Milano lo sportello
unico Welcome Talent! che promuove il
ritorno dei talenti italiani e mette a
disposizione fondi destinati a valorizzare
le idee migliori. Anche il movimento Io
voglio restare, che in poche settimane
ha raccolto più di mille adesioni tra
dottorandi e ricercatori, studenti
universitari, giornalisti e praticanti
avvocati, mira a non portare fuori dal
Belpaese aspirazioni e competenze.
Molte ricercatrici già partite, però,
aspirano al ritorno e confessano di “buttare
un occhio” costantemente alle opportunità in
Patria. A tutti i nostri talenti piacerebbe
poter dire presto bentornate e
bentornati a casa. |
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