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Archivio Telegiornaliste anno VIII N. 3 (305) del 23 gennaio 2012
 
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TGISTE Monica D'Ambrosio, a Roma per crescere con Napoli nel cuore di Giuseppe Bosso

Direttore del tg di Teleclubitalia, cronista di nera e giudiziaria a Il Mattino, incontriamo Monica D'Ambrosio che sta per lasciare la natia Campania per una nuova esperienza a Roma.

Via da Napoli per scelta o necessità?
«Un po' tutte e due le cose. Da tempo meditavo di compiere questo passo, e ho capito che ormai la mia carriera qui è giunta all'apice. In più anche la mia situazione personale ha fatto sì che decidessi di andare a Roma, dove avrò la possibilità di migliorare».

Ma non temi di restare confinata in una realtà dove potresti essere una delle tante?
«Eccome se ci ho pensato, il rischio c'è. Ma come si dice, chi non risica non rosica».

A Teleclubitalia non solo giornalista, ma anche responsabile di montaggio e ripresa. Possiamo dire che hai avuto modo di frequentare una palestra completa?
«Certo. Il mio editore, un caro amico, mi ha fatto capire che ormai il mercato del lavoro esige un giornalista completo, che sappia anche curare l'immagine in abbinamento alla notizia da raccontare. Sono fiera di quello che ho imparato».

Da cronista di nera, non pensi si dia troppo spazio ai delitti?
«Purtroppo sì, e lo dico pur essendo io stessa un'addetta al settore, da sempre appassionata del tema. La gente si appassiona inevitabilmente, ma sono gli operatori che hanno voluto incentrare la loro attenzione in questo settore per distogliere l'attenzione dalle reali problematiche del nostro Paese...».

L'esperienza più gratificante?
«Il ringraziamento della gente che con il nostro intervento e la nostra denuncia ha visto l'amministrazione interessarsi a servizi che non funzionavano».

Avverti voglia di cambiamento nei giovani italiani?
«No, piuttosto avverto apatia e rassegnazione. Purtroppo non abbiamo la stessa spinta propulsiva dei movimenti di indignados che sono nati nel resto d'Europa e soprattutto in Medio Oriente; loro sono stati capaci di ribellarsi, di chiedere a gran voce un futuro migliore».

Se dovessi scrivere un libro su di te come lo intitoleresti?
«Credo che piuttosto racconterei la mia vita con una raccolta di biografie delle persone che ho incrociato».
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CRONACA IN ROSA Come vivere all'estero ed essere felici: cervelli in fuga di Erica Savazzi

Scienziati che a causa dei risicati fondi per la ricerca lasciano l'Italia per trasferirsi in università americane, inglesi, francesi, insomma ovunque pur di poter portare avanti i propri progetti. E poi ingegneri, architetti, scienziati politici, medici e sociologi che migrano in cerca di prospettive. Sono proprio loro, i cervelli in fuga.

Ovviamente trasferirsi all'estero e iniziare una vita ex-novo è più facile per i giovani. E anche l'inizio è quasi sempre lo stesso: un Erasmus in una università straniera o uno stage con o senza borsa di studio. È innegabile che le esperienze internazionali e il sapere parlare una o più lingue straniere a un buon livello aiutano a trovare lavoro, soprattutto se all'estero ci si vuole restare.

Bisogna partire preparati: autonomi nella lingua, capaci di adattarsi, disposti a faticare. È quasi impossibile che coloro che partono “vado due o tre settimana a Londra, così imparo l'inglese e trovo lavoro”. Mi spiace, non funziona proprio così: imparate decentemente l'inglese e poi cercate lavoro. È anche una questione di aspettative: se siete professori universitari ovviamente aspirerete a un posto di pari livello. Se però avete scarsa esperienza lavorativa allora fatevene una ragione: partirete dal basso. Però con la prospettiva di migliorare, cosa tutt'altro che impossibile.

All'inizio infatti, anche se lo stipendio non è dei migliori, è la prospettiva che conta: imparare e al momento giusto cercare di meglio. Un mercato del lavoro più dinamico di quello italiano aiuta. Non che all'estero sia tutto rose e fiori: l'austerity colpisce ovunque. Resta il fatto che la disoccupazione giovanile italiana è la più alta in Europa, soprattutto per gli under 24.

(2-continua)
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FORMAT Petra Loreggian: leggerezza e sperimentazione di Giuseppe Bosso

Incontriamo Petra Loreggian, conduttrice su La3 tv di Senza fili, contenitore dedicato al web, e di Sky, oltre che del programma radiofonico Astrologica, su Radio2.

Come nasce Senza fili?
«Inizialmente come co-conduzione mattutina mia e di Gianpaolo Gambi. Poi abbiamo deciso di alternarci, il programma è diviso in due fasce al pomeriggio: lui si occupa di temi leggeri come lo sport, mentre io anche di argomenti più impegnativi come la cronaca e l'attualità. Cerchiamo di sfruttare al meglio le potenzialità della rete, con un tocco di musica, con una playlist di cinque canzoni scelte insindacabilmente dalla sottoscritta».

In passato hai condotto su Italia1 un programma, Rapido!, realizzato su un treno, e un altro su un camper, Express. Ora sei a un canale sperimentale come La3 tv. Pensi ci sia spazio per le novità?
«Lo spero, Sky offre tantissime possibilità, e se non sperimentano questi canali che ancora non sono schiavi di logiche di audience e ascolti... Ma anche la tv generalista,con i suoi mezzi, non farebbe male a dare spazio alla sperimentazione».

Su Radio2 parli di astrologia: per passione o per caso?
«Assolutamente per caso, non ne sapevo niente: nella trasmissione io, digiuna di astrologia, affianco un vero esperto, Marco Pesatori. Ma è chiariamo: non ci occupiamo dell'astrologia degli oroscopi: combiniamo astrologia e logica, parliamo del lato scientifico».

Hai vissuto a Bali per anni: cosa ti ha dato questa esperienza?
«La spinta a tornare in Italia (ride, ndr)! Ho deciso di tornare in Italia per seguire mio marito nel suo percorso musicale. Ci torno quando posso, e l'energia che mi ha dato mi aiuta a sopportare il caos milanese».

L'esperienza più curiosa che hai vissuto?
«Le interviste ai cantanti ai tempi del Festivalbar. I Red Hot Chili Peppers, che temevo mi avrebbero fatta ubriacare e invece si sono rivelati persone normalissime, oltre che grandi artisti. Sting, davanti al quale mi sono molto emozionata, ma ho conservato il ricordo di una foto con la polaroid in cui è venuta tagliata la mia faccia. Britney Spears agli inizi di carriera, con una guardia del corpo gigantesca che non aveva capito fossi un'intervistatrice. Tommy Lee, l'ex marito di Pamela Anderson, da poco uscito di prigione, per il quale dovetti cambiare la maglietta con scritto Very Important Criminal... per ovvie ragioni. Anche a La3 ho vissuto esperienze simpatiche, le potete vedere su YouTube, come una non esattamente riuscita lezione di lap dance...».

Sei spesso ospite di Barbara D'Urso: la sua è una tv in fase calante?
«No, lei è una vera macchina da guerra, una delle poche professioniste che ci sono. Io non vado da lei come opinionista, nel senso di persona che interviene senza avere la minima cognizione di quel che dice. Sono contenta di parlare di argomenti leggeri come i reality o il gossip; le mie opinioni su temi più impegnativi è bene tenermele per me».

Cosa c'è nel tuo domani?
«Mio figlio assolutamente. Poi, continuando il lavoro in tv e in radio, appena ne avrò la possibilità, vorrei dedicarmi alla scrittura. Mi piacerebbe scrivere un libro sugli anni 80».

Ti hanno mai messo il bavaglio?
«Per parlare o per mangiare?».
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HOT GIRLS Sex Week, l'educazione sessuale si fa all'Università di Valeria Scotti

Fate un salto all’Università di Yale. Dal 4 al 14 febbraio, giorno dedicato agli innamorati, andrà in scena la Sex Week, iniziativa nata ormai dieci anni fa che vede protagoniste le esperienze sessuali di centinaia di giovani.

Facciamo un po’ di ordine. Il programma dell’edizione del 2012 è ancora top secret, sia chiaro, ma sicuramente c’è da apprezzare anno dopo anno il significativo interesse per una struttura così prestigiosa nei confronti dei temi sessuali. Tra tutti i reading, le occasioni di incontro e le giornate di formazione dell’edizione ormai vicina, la Sex Week di Yale si occuperà di un aspetto importante: illustrare alle ragazze tutti i dettagli per riconoscere i pericoli di aggressione sessuale e le misure da prendere per richiedere aiuto e denunciare ogni tipo di abuso subito, da quello verbale a quello psicologico.

Grande spazio sarà inoltre dato anche a coloro che hanno dubbi da chiarire in materia di contraccezione, sesso orale, orgasmo femminile e maschile, masturbazione, igiene intima e così via.

Niente dubbi e niente tabù. Tutti gli studenti della facoltà potranno presentarsi agli incontri, parlare con i loro coetanei e instaurare un dialogo professionale e aperto con i numerosi esperti che offriranno il loro contributo. E allora che Sex Week sia.
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DONNE Fatalmente Lulu di Simona Di Martino

«È stata fatta questa creatura per provocar sventura. Per adescare, sedurre, avvelenare e assassinare», recitano i versi iniziali dell'opera incompiuta di Alban Berg, riferendosi alla crudele protagonista che al capolavoro musicale del 1935 presta il nome: Lulu.

L'eterna seduttrice senz'anima, la peccatrice che trascina nel suo vortice di lussuria gli uomini che osano avvicinarla, provocandone la rovina e la morte, diventa presto l'archetipo della donna cattiva del XX secolo, la femme fatale affamata di desiderio e sorda a ogni sentimento.

Paragonata ad una bestia, feroce come la tigre, ingorda come l'orso, curiosa come la scimmia, che «per pura noia si diletta con la propria nudità», Lulu incarna le caratteristiche di un modo di concepire la donna proprio dell'Europa '800 fin de siecle, quando dalle recenti ricerche psicanalitiche saltaron fuori concetti straordinariamente nuovi come la forza distruttrice dell'Eros e l'istinto primordiale. Concetti legati indissolubilmente alla natura femminile.

Ma è una figura, quella di Lulu, che affonda le radici in miti e personaggi ben più antichi: Eva, colei che fu per gli uomini portatrice di conoscenza ma anche l'iniziatrice al peccato; Pandora, prima donna secondo la mitologia greca, inviata da Zeus sulla Terra per adescare lo sciocco Epimeteo e sottrargli il vaso che conteneva tutti i mali del mondo.

Non a caso il mito di Pandora divenne una delle fonti principali a cui Berg attinse per disegnare i tratti della sua anti-eroina. Nel corso della vicenda rappresentata nel dramma, Lulu è la moglie infedele, la modella seducente, la ballerina applaudita, l'amante imprendibile, la prostituta senza redenzione. Dominatrice e vittima di un destino cieco che la vuole sottomessa per sempre ad un insolubile "seduci e uccidi".

Finché ad essere uccisa non sarà lei stessa per mano dell'assassino "super partes" Jack lo Squartatore, come se nella sola morte Lulu possa finalmente svincolarsi da quell'eros omicida che l'aveva condannata durante tutta la vita.

Lulu, da mero personaggio fittizio, esiste ancora oggi nel nostro immaginario culturale grazie all'attrice che ne incarnò le sembianze col suo inconfondibile caschetto nero e gli occhi ammalianti, Louise Brooks. Il film che nel 1929 ne sancì la gloria s'intitolava, guarda caso, Die Büchse der Pandora (Il vaso di Pandora).
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Telegiornaliste: settimanale di critica televisiva e informazione - registrazione Tribunale di Modena n. 1741 del 08/04/2005
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