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Telegiornaliste anno VIII N. 2 (304) del 16 gennaio 2012
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MONITOR Tgiste Style, lo stile in onda.
Stefania Cavallaro: la telegiornalista con la giacca
di Francesca Succi
Primo appuntamento dell'anno con Tgiste Style, e nell’occasione voglio subito
augurare a tutte le telegiornaliste e ai miei affezionati lettori un 2012 sereno
e produttivo!
La prescelta di questo numero è una telegiornalista che impazzisce quando
sente, o vede scritta, la parola outfit. E dopo aver visionato il
materiale in redazione, ho dedotto nell’immediato che siamo di fronte ad una
fashion addicted!
È un volto noto di Studio Aperto e probabilmente il più amato. Di chi sto
parlando? Della dolcissima Stefania
Cavallaro; per lineamenti, stile e modo di condurre.
Le premesse sono tutte ottime, e Stefania incarna lo style della
telegiornalista classica ma versatile. Ho notato che ama la giacca in
tutte le versioni proposte dalla moda: lunga, corta, elasticizzata, con chiusura
lampo… insomma per lei è la via d’uscita, anzi d'entrata, per la diretta.
Giacca che indossa, il più delle volte in maniera magistrale, con dei pantaloni
a sigaretta.
Altra dote di Stefania: utilizza gli accessori. E quelli giusti!
La maggior parte delle volte, scorre sul classico: girocollo di perle e perline
alle orecchie, ma sceglie anche anelli e bracciali importanti. Brava Stefania.
Gli accessori, se dosati in maniera ottimale, sanno cambiare e personalizzare un
look! Stefania lo sa.
E ora passiamo sul fatto compiuto. Questo è il set di foto che ho scelto per
farvi vedere quanto Stefania è brava in fatto di moda quando va in onda:
1. In questa foto la vediamo in una giacchina da brava ragazza con manica
a tre quarti, scollo tondo e chiusura zip. Sotto la giacca ha indossato, in via
del tutto azzeccata, un top bianco o panna; comunque giusto per spaccare la
tonalità scura della giacca. Accessori sempre bon ton: perle candide. E sulle
unghie (guardate attentamente), un rosso laccato. Brava!
2. Nella seconda versione, ci propone un look più sbarazzino ma sempre classico.
Abbiamo di fronte un abitino dalle linee anni ’60 fucsia. Noto che ha
scelto un paio di orecchini con pendenti, non “sporcando” l' autenticità
dell’abito con collane di vario tipo. Ha furbamente valorizzato le belle
gambe con un collant scuro. Meravigliosa.
3. Terza versione e anche qui c’è segno di approvazione. Tailleur molto
aderente in total black con note di sensualità. La scelta del total black
può rivelarsi sagace, ma rischiosa. È sagace perché il nero fa sembrare più
filiformi e accattivanti. Stefania non ha certo bisogno di questi accorgimenti,
ma è riuscita a contrastare il nero imperante con una scarpa con il tacco dal
colore stravagante. E allora anche qui la promuovo a pieni voti!
4. Quarta e ultima versione: la giacca con la cintura in vita. Ci
allontaniamo dal solito nero per stare su un color sabbia che la valorizza.
Questo tipo di giacca non è facile da indossare, soprattutto in onda e
seduta, ma lei l’ha fatto egregiamente. In contrasto ha indossato un top nero,
un paio di perline alle orecchie e un bracciale dai toni chiaro/scuro per
riprendere tutto l’outfit. Della serie: quando la semplicità premia.
E tu Stefania sei premiata!
Stefania non eccede mai e tutti gli abiti che veste, la fanno stare bene con la
propria pelle. Questo è l’importante!
Se proprio devo darle un consiglio, mi sposto sul modo di tenere i capelli. A
lei sta benissimo la riga in mezzo leggermente spostata e non quella da una
parte, per via della forma del viso.
Per il resto ha tutta la mia approvazione (e penso anche la vostra).
Voto complessivo: 7 e mezzo.
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CRONACA IN ROSA Come
vivere all'estero ed essere felici
di Erica Savazzi
Secondo il rapporto Italiani nel mondo nel 2011 erano
4.115.235 i cittadini italiani iscritti all'AIRE e quindi
ufficialmente riconosciuti come residenti all'estero.
Se però si considerano anche che coloro che, pur vivendo in
altri paesi, non si sono iscritti al registro del Ministero
dell'interno il numero aumenta, anche se una stima accurata
è impossibile
Come riportato da Business people “nel corso del
2010, ben 22mila e 982 under 40 hanno lasciato l'Italia per
altri Paesi europei e 2.536 giovani hanno scelto gli Stati
Uniti come luogo di residenza”.
Al momento non esistono studi ufficiali sulle motivazioni
che spingono tanti connazionali a lasciare la madre patria,
anche se ci sono stati alcuni tentativi di raccontare la
storia dei tanti expats lasciando a loro la
possibilità di raccontare, come fatto qualche mese fa da
Repubblica.it. Il risultato sono state più di 1000
pagine web di testimonianze. Ci sono poi i blog, fra tutti
Italians di Beppe Severgnini.
Non è difficile però immaginare le motivazioni di chi parte:
studio, lavoro, amore. Ovvero le grandi scelte della vita.
Scelte che portano lontano. Con una domanda che resta
come leitmotiv di sottofondo: “Potrò mai rientrare in
Italia?”
(1- continua) |
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FORMAT Benedetta
Parodi, i retroscena di una giornalista cuoca
di Fausto Piu
Benedetta Parodi è la
donna più amata dagli italiani. Con i suoi
piatti semplici e veloci è riuscita in effetti a
far cucinare anche i più imbranati. Ma in mezzo
a una pioggia di apprezzamenti, non mancano le
critiche al vetriolo. Il critico
televisivo Aldo Grasso ricorda così il
passato della Parodi: «Quando conduceva
Studio Aperto era un mezzo disastro, di lei
si ricordano solo le papere. (…) Non era proprio
adatta a fare la conduttrice del telegiornale».
E a Grasso qualche giorno dopo si è unito l’ex
direttore di Studio Aperto e creatore di
Cotto e Mangiato, Giorgio Mulè.
Dalla sua pagina Twitter ha infatti cinguettato:
«Grasso su Benedetta Parodi dice alcune verità
(parlo per scienza diretta), altre non può
saperle. Prima o poi le svelerò».
E noi le attendiamo. Ma c’è davvero un fondo di
verità in tutto questo? O è solamente invidia
dettata dal fatto che Lady Caressa è
riuscita in poco tempo a ottenere buoni
risultati sia in televisione col suo programma
I menù di Benedetta che in libreria con i
suoi libri?
A noi, comunque sia, la Parodi piace. Perché è
come nostra moglie, nostra madre o nostra
sorella. Ci piace quando racconta delle vacanze
appena fatte. Quando prepara una frittura di
pesce e dà consigli su come far mangiare le
verdure ai bambini. Ci piace quando invita in
cucina le sue amiche, la
sorella Cristina o quando prepara un piatto
con i nipoti. E ci piace anche quando le cadono
i biscotti appena sfornati o scambia il sale con
lo zucchero.
E chissà se il prossimo passo di Benedetta, dopo
la conduzione di un tg e di un programma
culinario, non sia quello di recitare in una
sitcom assieme a suo marito
Fabio Caressa. Che
dopo Casa Vianello sia la volta di
Casa Parodi? |
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HOT GIRLS Il
tradimento è maschio di
Valeria Scotti
Se un uomo non tradisce, qualcosa non va. Forse
sta solo stringendo i denti per accettare in
maniera passiva un modello sociale che nega con
ostinazione la sua vera natura. Ovvero quella di
traditore.
Questo, in poche parole, il concetto lanciato
dallo psicologo e sociologo americano Eric
Anderson. Professore all’Università di
Winchester, ha pubblicato di recente il libro
intitolato The Monogamy Gap: Men, Love,
and the Reality of Cheating. (Il Gap
della monogamia: Uomini, amore e la realtà
dell’imbrogliare).
Tutto è partito da una serie di interviste fatte
ad un campione di 120 maschi. Bene, il 78% degli
interrogati ha ammesso di aver tradito anche se,
ha fatto sapere Anderson, «affermavano di amare
e di voler rimanere con il proprio partner». Il
punto è questo: la monogamia è emotiva,
non “sessuale”, perché il corpo tende al sesso
con le altre persone in maniera somatica.
«Crescere una famiglia, la stabilità, è un
affare emotivo, non sessuale, e conta molto più
quell’elemento. Ma il nostro desiderio non
muore, cambia dal partner alle altre persone.
Quando il sesso muore, la relazione è appena
iniziata». Da secoli d’altronde, ricorda inoltre
il professore, le relazioni sessuali aperte
coesistono insieme alle relazioni fisse.
Morale della favola a sfondo horror: gli uomini
– porelli - cercano sesso ricreativo perché
tradire è un desiderio primordiale come quello
di mangiare o di bere. Ma in fondo, molto in
fondo, amano davvero la loro compagna.
Beh, son soddisfazioni… |
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DONNE Christa Wolf, quando le
parole superano il tempo
di Giulia Fiume
É un nome ormai diventato noto, un'icona
senza tempo, una sensibilità che non si
dimentica quella di Christa Wolf,
scrittrice tedesca spentasi lo scorso
primo dicembre.
Nata in Polonia nel 1929, fu testimone
oculare della dittatura hitleriana e degli
anni più bui del suo Paese. Divenne adulta
in una terra sconvolta dalle guerre e poi
divisa apparentemente per sempre. Conobbe
presto il dolore di un popolo non libero e
provò sulla sua pelle il disagio di vivere
in una società chiusa e dittatoriale.
Una volta laureatasi all'Università di Jena,
divenne critica letteraria presso la
rivista dell'Unione degli Scrittori della
DDR e, proprio in quel periodo, iniziò a
comprendere il potenziale della sua
scrittura in campo politico. Da quel momento
in poi le parole per la Wolf divennero
rifugio, sfogo. Sarebbero diventate voce
fuoricampo nel panorama della società
tedesca.
Con l'inizio della guerra fredda, Christa
pubblicò il suo primo romanzo: Il
cielo diviso. Si trattava di una
storia d'amore ostacolata dal conflitto del
suo tempo, il muro divideva i
sentimenti dei protagonisti così come il
cuore della scrittrice. Negli anni
successivi alla vincita del premio
letterario "Heinrich Mann", la Wolf continuò
a scrivere e pubblicare, mentre le
critiche aumentavano e i riflettori
sembravano essere tutti puntati su di lei.
Trama d’infanzia, Medea,
Che cosa resta e Cassandra sono
solo alcune delle storie alle quali
l'autrice tedesca ha dato vita.
Osservatrice attenta della sua realtà,
non nascose mai la sua vita e le sue scelte.
Quando venne scoperta la sua collaborazione
con la Stasi, polizia tedesca della
DDR, di rimando alle polemiche
pubblicò Congedo dai fantasmi, una
sorta di diario particolarmente emblematico.
Per anni il suo impegno nella scrittura è
stato un chiaro messaggio al suo
Paese, un inno alla libertà. Quella stessa
libertà che desiderava per il suo
popolo e per tutti gli uomini. «Il
passato non è morto; non è nemmeno
passato. Ce ne stacchiamo e agiamo come se
ci fosse estraneo». É con questo suo
pensiero che ci piace ricordarla, perché
anche oggi, a poco più di un mese dalla sua
morte, le sue parole sono più che mai
vive.
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