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Telegiornaliste anno VII N. 34 (294) del 24 ottobre 2011
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MONITOR Ketti
Porceddu: basta macabro in tv
di Giuseppe Bosso
Incontriamo questa settimana Ketti Porceddu
di 7Gold tv.
Ricordi il tuo esordio giornalistico?
«Ho iniziato nell’ormai preistorico 1980. Tramite mio padre riuscii ad entrare
in uno dei giornali locali della mia città. Era dicembre ed il mio primo
articolo fu un sondaggio tra la gente per sapere cosa avrebbe voluto trovare
sotto l’albero. Oggi l’argomento potrebbe sembrare banale, lo era anche allora
per la verità, ma alla fine riuscii a riportare solo le risposte di chi era
senza lavoro e senza nessuno con cui condividere il Natale. Ne uscì un resoconto
un po’ strappalacrime, ma in linea con l’atmosfera tipica del periodo. E così,
puntando sulla mia umanità, il direttore responsabile di quelle pagine, mi mise
immediatamente a fare la cronaca nera, lanciandomi tra l’altro a 20 anni nelle
case di chi aveva perso qualcuno, per recuperare le foto da pubblicare. In quel
periodo avrei voluto morire anch’io almeno un centinaio di volte!».
Pro e contro di essere giornalista nella provincia del Piemonte.
«Fare giornalismo in provincia vuol dire diventare un punto di riferimento. Ti
senti addosso la responsabilità di ciò che mandi in onda, di ciò che scrivi, di
ciò che pubblichi e non è sempre così semplice. La nostra è un’emittente
storica, la prima del Piemonte e la più seguita da molti anni. Tutti ti
conoscono e se sbagli, non è difficile risalire al mittente. Non penso ci siano
sostanziali differenze tra il giornalismo nazionale e provinciale. Il nostro è
un mestiere serio: attraverso la nostra penna possiamo rovinare per sempre una
persona».
Caporedattore a 7Gold:
punto di arrivo o di ripartenza?
«Non c’è mai un punto di arrivo nel lavoro. Ogni giorno riparto ed ogni giorno
cerco di crescere e di arricchirmi. Ora sono qua, domani…».
Leggo nella tua scheda che sei appassionata di antropologia criminale.
Inevitabile chiederti cosa pensi del dilagare di talk show e programmi dedicati
ai gravi casi di cronaca che hanno caratterizzato gli ultimi anni, compreso
quello della tua città di origine che presto vedrà la scarcerazione di Erika.
«Non sono d’accordo su questi talk show del macabro. Oggi all’orrore di certi
efferati fatti di sangue, si aggiunge l’amara consapevolezza che chi si è
macchiato di simili crimini, stringe una polizza milionaria tra le mani che
giornali e televisioni ingorde e assetate di continua esclusività possono
alimentare, scontrandosi con quella che dovrebbe essere la natura
dell’informazione e dell’educazione in generale. In questo modo i media
diventano il pericoloso tramite tra il bene e il male».
Ti senti realizzata?
«Sono partita dalla “strada”, quando il giornalismo era quasi esclusivamente
maschio. Mi sono fatta avanti con molto sacrificio, inghiottendo amari bocconi e
contando fino a un milione prima di parlare. Se penso a questo, posso dire di
sentirmi realizzata, ma sono abituata a guardare sempre avanti e a credere che
il meglio debba sempre ancora arrivare».
La notizia che vorresti dare un giorno.
«Ce ne sono tante ma ahimè, purtroppo al momento sono tutte chimere. Dalla pace
nel mondo, alla caduta di tutte le dittature, alla sconfitta della fame nei
Paesi poveri, alla cura del cancro».
Credi anche tu che l'Italia stia vivendo un periodo di grandi cambiamenti o è
solo apparenza?
«Stiamo vivendo un momento di grande crisi, la più profonda dagli ultimi 60
anni. Gli osservatori prevedono una nuova recessione nel 2012 e si teme che
l’Italia possa soffrire della sindrome giapponese. Dovremmo cambiare mentalità e
fare un passo indietro. Il mondo sta cambiando, non solo il nostro Paese. Ma
purtroppo nessuno, al momento, vuole rinunciare a nulla. Le nuove generazioni si
ritroveranno a vivere in un mondo nuovo. Noi, credo che purtroppo assisteremo
per anni al tentativo di una nuova rinascita».
C'è un collega con cui vorresti lavorare un giorno?
«Nessun nome in particolare, mi piacerebbe lavorare con persone capaci di
insegnare veramente qualcosa di importante e di formativo. E soprattutto mi
piacerebbe lavorare con qualcuno che sia allegro di animo. Non so perché, ma
tutti si prendono un po' troppo sul serio».
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CRONACA IN ROSA Un
gioco da ragazze
di Erica Savazzi
Se dico “tecnologia” a cosa pensate? Al vostro
i-Phone, a Internet, al tecnico che in ufficio vi sistema il
pc che fa i capricci, all'ingegnere che crea robot e auto
ipertecnologiche. E invece no. Perché la tecnologia - e
l'innovazione tecnologica – sono roba da donne.
Ce lo ricordano entrambe le sponde dell'Atlantico.
Pascale Avargues, responsabile dei servizi informatici
della città di Bordeaux (Francia) è stata premiata come
European CIO (Chief Information Officer) 2011 nella
sezione dedicata al servizio alla clientela. Elaborare e
attuare nuove strategie per migliorare i servizi al
cittadino tramite l'utilizzo delle nuove tecnologie è il suo
lavoro. Con il suo programma Bordeaux Digital City, vuole
rendere più facile la vita a imprese e cittadini, e
rendere la città competitiva e attraente per turisti e
imprenditori.
L'americana WITI, una associazione internazionale per le
donne nella tecnologia, nel 1996 ha invece creato una
speciale Hall of Fame per “riconoscere, onorare e
promuovere i migliori contributi delle donne alla comunità
scientifica e tecnologica che fa evolvere la nostra
società”. Cinque le selezionate del 2011, solo una europea:
Sophie V. Vandebroek, belga, un marito, sei figli, 12
brevetti e un lavoro come responsabile dei laboratori di
ricerca Xerox in Europa, Asia, Canada e Usa.
Meno conosciute, poco appariscenti, ma le signore tutte
tecnologia e innovazione esistono. E vale la pena conoscerle
di più. |
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FORMAT La
nostalgia di una Buona Domenica
di Fausto Piu
Se avete almeno vent’anni, non potete
dimenticare le domeniche pomeriggio trascorse a
guardare Buona Domenica,
trasmissione condotta da Maurizio Costanzo.
Buona Domenica finì nel 2006 quando, al
posto di Costanzo, subentrò Paola Perego. Un
vero flop tanto che la trasmissione chiuse
definitivamente il 18 maggio 2008. Il nuovo
contenitore domenicale della rete ammiraglia
Mediaset passò così a Barbara d’Urso prima e
Federica Panicucci poi.
Ma Domenica 5 non rispecchia la Buona
Domenica dei tempi che furono. Se la
domenica di Maurizio Costanzo, Claudio Lippi,
Paola Barale, Roberta Capua e Laura Freddi ci
intratteneva con balli, canti e giochi,
Federica Panicucci ci parla di reality show,
gossip e problemi familiari di questo o quel
personaggio del momento. Insomma, chiacchiere.
Ma a noi, stanchi da una settimana di lavoro,
interessa veramente sapere qual è l’ultimo
fidanzato della show girl di turno?
Ecco allora la nostalgia verso il varietà,
quel genere in cui si alternavano momenti seri a
momenti più spensierati, dove si potevano vedere
giochi, canzoni e siparietti (a questo
proposito, ricordate il "cangurotto" di Massimo
Lopez o le gag di Fiorello?); dove il
telespettatore si sentiva parte attiva del
programma. È utopia riproporre un contenitore
domenicale così?
Forse no, se gli autori si sforzassero per
riportare il settimo giorno della settimana a
quello che dovrebbe essere: intrattenimento e
relax.
Una domenica in cui ricaricarci e rilassarci,
pronti a iniziare una nuova settimana. Insomma,
una Buona Domenica. |
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HOT GIRLS Se
lo yoga fa godere
di Valeria Scotti
Orgasmo durante lo yoga. In una sola parola:
yogasm. Parola di una istruttrice di yoga
che ha raccontato l’esperienza provata durante
una sessione mentre era intenta a mantenere un
asana (posizione o postura), piegata in avanti.
Una sensazione piacevole e spaventosa al tempo
stesso per il timore di poter essere vista in
quel momento.
La testimonianza dell'istruttrice di New York
non è la sola visto che altri praticanti hanno
confessato con imbarazzo di aver raggiunto
l’orgasmo durante una sessione di yoga. Ed è per
questo che gli esperti hanno voluto indagare sul
fenomeno.
Un noto “guru” dello yoga, Marco Rojas, ha
dichiarato al The Daily Beast che non c’è niente
da stupirsi. «Quando lavoriamo con lo yoga, si
va dal superficiale al sottile. Andiamo verso
l'interno e in tal modo si sviluppa una sorta
di sesto senso, una maggiore consapevolezza
mentale e fisica. Ho scoperto che i miei
studenti hanno migliorato la loro capacità di
amare se stessi e, in definitiva, di darsi
piacere».
Anche il sessuologo Jeffre TallTrees non ha
dubbi: praticare yoga e raggiungere l’orgasmo è
un altro modo che la donna può sfruttare per
donarsi piacere. Ovviamente senza il bisogno
di maschietti in giro… |
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DONNE Addio
alla signora degli alberi
di Simona Di Martino
Cambiano i tempi. Tra crisi economiche,
nuove guerre, nuove povertà, emergenze
ambientali e catastrofi naturali, il nostro
XXI secolo pare essere una fucina di
contraddizioni. Nuovi eroi giungono a far
fronte a nuovi problemi. E se dovessimo
immaginare un'eroina dei giorni nostri,
una moderna paladina della giustizia, questa
sarebbe molto simile a Wangari Muta
Maathai.
Prima donna africana a ricevere il Premio
Nobel per la Pace, è scomparsa lo scorso
25 settembre 2011, a 71 anni. Modello di
lungimiranza, la sua grande intuizione è
stata pensare allo sviluppo ambientale come
principale strumento per creare
democrazia.
«La protezione dell'ecosistema deve essere
considerata un mezzo per garantire la
pace, in Paesi dove la scarsità delle
risorse genera inevitabilmente instabilità
politiche e sociali». Il suo pensiero è
diventato realtà nel 1977, con la fondazione
del Green Belt Movement, ONG votata
alla lotta contro il disboscamento a fini
speculativi. Due i suoi principali
obiettivi: salvaguardare la biodiversità
e creare posti di lavoro, con
un'attenzione tutta particolare per le
donne.
Dall'anno della sua nascita, infatti, il
movimento della Maathai ha permesso la
piantagione di oltre 40mila alberi e
l'impiego di oltre 30mila donne nelle
attività rurali, con ruoli di leadership.
Dal 1986 le iniziative del movimento si sono
allargate a Tanzania, Uganda, Malawi,
Lesotho, Etiopia e Zimbawe.
La "signora degli alberi", nata in Kenya, è
stata attivista e parlamentare. Laureata in
biologia all'Università di Pittsburgh, è
stata anche la prima donna centrafricana a
ricoprire una cattedra universitaria. Dal
1981 al 1987 è stata presidente del
Consiglio nazionale delle donne del Kenya.
«Pace, democrazia e ambiente
viaggiano tutti sullo stesso autobus», amava
dire. Ci auguriamo che il suo operato non
passi inosservato ma costituisca un sano
esempio di crescita e sviluppo. Ce n'è
bisogno, non soltanto in Africa. |
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