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Telegiornaliste anno VII N. 29 (289) del 19 settembre 2011
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MONITOR Vittoriana
Abate: "Non ho mai smesso di credere nel giornalismo"
di Giuseppe Bosso
Incontriamo Vittoriana Abate, inviata
di Porta a Porta.
Seconde te si parla troppo di sangue in Tv?
«Gli italiani hanno senza dubbio la passione per la cronaca nera. Lo dicono i
dati d’ascolto e l’alto gradimento delle trasmissioni televisive quando si parla
di delitti. È stato un anno controverso di casi complessi e dibattuti che hanno
fatto indiscutibilmente impennare l’Auditel e scatenato polemiche. Tre delitti
hanno monopolizzato l’attenzione dei media, Sarah Scazzi, Yara Gambirasio,
Melania Rea, senza dimenticare quelli che hanno segnato l’ informazione nell’
ultimo decennio dai delitti di Cogne, Novi Ligure, Garlasco, Erba, Perugia, il
piccolo Tommaso. Casi che ho seguito come inviata di Porta a porta e che
presentano le stesse caratteristiche, cioè rispondono perfettamente ai canoni di
un thriller. Delitti particolarmente efferati avvenuti nell’ambito domestico o
comunque all’ interno di contesti normali, in piccole città di provincia. Si
tratta spesso di giovani vittime, ragazze belle, di buona famiglia o soggetti
indifesi. Insomma questi casi possiedono tutti gli ingredienti funzionali alla
drammatizzazione e quindi appetibili per i media. Rispetto all’attrazione che la
cronaca nera esercita sul pubblico televisivo, un aspetto su cui ho avuto modo
di riflettere è la banalità del male, l’atrocità di un delitto spesso commesso
da persone apparentemente normali. Quello che poi suscita maggiore curiosità
nello spettatore è l’atteggiamento sempre più frequente dei protagonisti dei
casi di cronaca nera che non si sottraggono alle telecamere, anzi spesso hanno
bisogno di fingere, di recitare una parte proprio davanti ad un microfono, tanto
più se sono i presunti colpevoli».
Questo eccesso lo attribuisci più ai protagonisti dell’informazione o la
pubblico?
«Non credo si possa parlare di eccesso di cronaca nera nell’informazione, ma di
un’offerta che risponde ad una domanda. In Tv si parla molto di politica, di
sociale, di gossip, di cultura, di medicina e di cucina cosi l’offerta è
talmente ampia che non credo che lo spettatore televisivo sia “ costretto “ a
subire le trasmissioni di cronaca tanto discusse, quanto seguite».
Può aiutare gli inquirenti a far luce sul caso una maggiore attenzione dei
media?
«Non bisogna sicuramente sottovalutare gli aspetti positivi dell’attenzione
mediatica sui casi di nera. Quell’attenzione che molti critici amano definire
spettacolarizzazione del crimine può esercitare spesso una pressione tale da
portare le persone coinvolte ad uscire allo scoperto, o dei testimoni
interessanti a parlare, ma non credo sinceramente che gli inquirenti siano più
motivati dalla presenza del circo mediatico a fare luce sul caso. Quello che mi
interessa sottolineare è che nel giornalismo investigativo, che gioca un ruolo
indiscutibilmente importante, non bisogna mai dimenticare la vittima e i suoi
familiari, per tentare di fare una corretta informazione».
Quanto ti ha dato Vespa in termini di esperienza?
«Far parte da anni di una squadra capitanata da un grande professionista come
Bruno Vespa è senza dubbio un enorme privilegio , un esperienza unica, la
migliore scuola di giornalismo che si possa frequentare».
Cosa avresti fatto se non avessi la giornalista?
«Ho iniziato a 18 anni a Salerno nelle tv private. Ho fatto tanta gavetta,
sacrifici enormi e continuo a farli, ma non ho mai smesso neanche un attimo,
neanche nei momenti difficili che pure ci sono stati, di credere in questo
mestiere, consapevole del fatto che è esattamente quello che avrei voluto fare».
Dove ti vedremo prossimamente?
«Sempre su Raiuno, come inviata di Porta a Porta, in seconda serata dal
lunedì al giovedì e negli speciali in onda in prima serata. E nelle vesti di
opinionista nei programma della rete».
Ti hanno mai messo il bavaglio?
«La libertà di espressione è una condizione irrinunciabile per me. Non saprei
muovermi nei confini delimitati dalla censura. Ma sono fortunata. Faccio un
programma che richiede ogni genere di sacrificio, tranne la limitazione della
propria libertà di pensiero di espressione». |
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CRONACA IN ROSA Un
treno in rosa di Erica Savazzi
È arrivato un treno carico carico di... donne!
Anzi, due treni: uno in partenza dalla Sicilia, l'altro dal
Nord Italia, luogo di incontro previsto, la capitale, il 24
settembre. Perché è là che ragazze, signore, e anziane si
sono date appuntamento. Più precisamente davanti al
Parlamento, per circondarlo in un abbraccio caloroso ma
critico. Sì perché a queste signore, la politica italiana
non piace proprio.
«Vogliamo confrontarci e vogliamo essere nel contempo una
fucina di idee generatrici di cambiamento. Intendiamo
imprimere energia e pensiero a una politica sorda a ogni
innovazione ed essere portatrici di legalità, giustizia e
laicità», dichiara il rappresentante della Rete delle Donne
Siciliane per la Rivoluzione Gentile, il movimento che ha
organizzato l'iniziativa. «Le esperienze e le
competenze di cui disponiamo, insieme ai nostri specifici
talenti, costituiscono un patrimonio di cui la nostra
società non può più privarsi se si vogliono disegnare
provvedimenti di buon futuro attraverso adeguate politiche
economiche, monetarie e sociali».
Una richiesta di futuro, dunque, sostenuta da più di 80
gruppi e movimenti, associata a una ferma opposizione alla
proposta di modifica dell'articolo 1 della Costituzione, che
invece dovrebbe essere pienamente attuato, in modo da
assicurare una occupazione a tutti.
«Noi donne, oggi più che mai, avvertiamo l'obbligo di
accompagnare la società verso un futuro diverso.
Riteniamo, infatti, che la nostra presenza e la nostra
partecipazione attiva potranno restituire tutto quanto fino
a oggi è mancato alla cultura politica del Paese», si legge
nel Manifesto dell'associazione. Una richiesta di
partecipazione, di impegno e di considerazione. Perché tra
tagli, manovre e tasse non si trova il tempo di pensare alla
società che si vuole costruire, in cui le donne, anche solo
numericamente, occupano un posto fondamentale.
Tutte in treno, allora, e che il viaggio diventi la metafora
del viaggio del Paese verso il futuro. |
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FORMAT Pagellone
d'estate di Giuseppe
Bosso
Sole splendente su
Georgia Luzi. Migliorata rispetto allo
scorso anno, ha condotto bene Uno Mattina
Estate ed è stata confermata per la versione
invernale con uno spazio di un'ora.
Sereno sul cinema. Nella bella stagione,
con programmi e fiction ai box, riconquista alla
grande la prima serata su tutti i palinsesti.
Soleggiante su Piero Angela e
Superquark. Un must del piccolo schermo che
andrebbe davvero rivalorizzato, non solo in
estate.
Variabile su I liceali 3. Nuova
coppia di protagonisti (Poggio-Filangieri al
posto di Tirabassi-Pandolfi), nuovi giovanissimi
protagonisti, ma le vicende del Colonna
sono piaciute anche stavolta al pubblico di
Canale 5.
Poco nuvoloso su Numb3rs. Anche
quest'estate l'investigatore-matematico Charlie
Eppes (alias David Krumholtz) è stato molto
seguito su Rai 2.
Foschia su Giorgia Palmas. Non ce ne
voglia l'ex frizzante velina, vincitrice dell'Isola
dei famosi di quest'anno, ma di un programma
come Paperissima sprint onestamente si
potrebbe fare a meno anche in estate.
Nebbia su Parenthood. Malgrado un
cast di grido, tra cui la 'mamma per amica'
Lauren Graham, la serie ispirata al film di Ron
Howard non ha sfondato su Canale 5.
Pioggia su Tabloid. La bravura e
il fascino del trio
Monica Gasparini-Silvia
Carrera-Monica Coggi non è in discussione,
ma gossip e cronaca nera sono un coktail di cui
vorremmo davvero fare a meno, perlomeno nel
prime time.
Temporale su Tamarreide. Niente
contro la brava e bella Fiammetta Cicogna, ma
continuiamo a non comprendere il perché la tv
generalista continui a proporre trasmissioni
così trash.
Grandina sull'informazione che è
sembrata assente nei giorni caldi della manovra
e dei nuovi scandali di una casta ormai
distante dal Paese reale. Soprattutto
avremmo fatto volentieri a meno di tanto spazio
riservato alle vicende sentimentali di Federica
Pellegrini, che fortunatamente non ne ha
risentito in Cina regalandoci grandi
soddisfazioni ai mondiali di nuoto. Speriamo che
in futuro non perda la sua immagine di ragazza
acqua e sapone.
Burrasca sul calcio italiano. Lo
sciopero della prima giornata di campionato
è un vero schiaffo per chi vive i tempi
duri della crisi.
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HOT GIRLS Il
porno è poco di
Valeria Scotti
Spiacenti, il web non è quella giungla a luci
rosse che molti credono. Secondo Ogi Ogas,
autore di A Billion Wicked Thoughts, tra
il milione di siti Internet con più traffico in
assoluto solo il 4% mostrano contenuti di
natura pornografica. E le statistiche di
Ogas dicono che tra luglio del 2009 e giugno
2010 solo il 13% delle ricerche web riguardavano
contenuti erotici.
Ogas spiega che «esistono da tempo numerose
statistiche false e appartenenti al regno della
mitologia che hanno fatto il giro per anni e
anni, affermando che il 50% di Internet è porno,
poi che un terzo del web è composto da contenuti
erotici, nonostante tutto ciò sia ben lontano
dall’essere vero. Le compagnie che filtrano il
web cercano di diffondere dati competitivi sul
numero di siti porno che sono riusciti a
bloccare, ma si tratta senza dubbio di cifre
pompate per ottenere titoli sensazionalistici e
battere le altre società simili che hanno
filtrato “meno” siti per adulti. Prendiamo ad
esempio N2H2, la quale ha dichiarato che
esistono 260 milioni di siti porno».
Dalle bocche dei gruppi conservatori, intanto,
escono numeri esagerati. La causa sta anche nel
'fattore memoria': è facile ricordare il
momento in cui siamo capitati su un sito con
immagini osé regalandoci l'impressione - e poi
la certezza - che si tratti di qualcosa che
accade con una certa frequenza e facilità.
Ma una curiosità c’è. Vi siete mai chiesti quale
sia il sito porno più cliccato in rete?
LiveJasmin, servizio che offre la
possibilità di effettuare chiamate video a
sfondo erotico a pagamento. Fatene un buon uso. |
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DONNE Iran,
il cinema in prigione di
Simona Di Martino
In partenza dall'Iran, era attesa in
Germania per commentare la FIFA Women's
World Cup 2011, il 10 luglio. Impossibile
prendere quel volo, perché subito prima
Pegah Ahangarani era stata arrestata dai
servizi segreti iraniani e imprigionata nel
carcere Evin di Teheran, con citazione in
giudizio da parte del Ministero
dell'Informazione. L'accusa? Quella
ufficiale tarda ancora ad essere chiarita,
ma "intellettuale scomodo al regime"
pare essere l'espressione più condivisa e
azzeccata.
Ventisette anni, attrice, regista e
blogger, Pegah Ahangarani nei suoi film ha
spesso interpretato ruoli invisi alle
autorità iraniane. Il suo ultimo
documentario, Dehnamaki, narra le
vicende dell'attivista conservatore
siriano Masoud Dehnamaki. Partecipe
attivamente ai movimenti di opposizione
politica, era già finita dietro le sbarre
nel 2009, durante i moti di protesta in
seguito alla rielezione presidenziale di
Mahmoud Ahmadinejad.
L'Iran è una Repubblica islamica, che poco
ha di repubblica e molto di islamico.
Chi si oppone al regime, complice la
legge religiosa che tutto giustifica,
paga caro. La storia della Ahangarani è
purtroppo comune a quanti come lei operano
per cambiare le sorti di un Paese ancora
privo dei diritti fondamentali che
dovrebbero essere garantiti, soprattutto per
le donne.
Come lei, tante altre personalità del mondo
del cinema e della cultura iraniane hanno
conosciuto arresti, proibizioni e condanne.
Un nome su tutti: il regista Jafar Panahi,
condannato a sei anni di detenzione e al
divieto a produrre altri film per i prossimi
20 anni.
Un commento accorato viene da un nostro
connazionale che, come loro, ha legato le
sorti della sua vita al ruolo di
intellettuale, Roberto Saviano: «Il
cinema d’autore iraniano, presente per anni
in tutti i festival e sempre molto
apprezzato, rischia di scomparire».
Lo sdegno internazionale, la
pressione di associazioni umanitarie per il
diritto alla libertà d'espressione come
Article 19 e SIAE, più una cauzione
di 100 milioni di toman (circa 75mila
euro) han fatto in modo che la detenzione
della cineasta iraniana durasse solo 17
giorni. Dal 27 luglio è libera, ma in attesa
di giudizio. Staremo a vedere? |
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