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Telegiornaliste anno VII N. 24 (284) del 27 giugno 2011
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MONITOR Mariella
Anziano: con la gavetta si cresce di Giuseppe Bosso
Intervistiamo questa settimana Mariella
Anziano, giornalista di
Tgr Lazio.
Com'è la giornata tipo di una telegiornalista romana?
«La mia inizia particolarmente presto. In redazione alle 05.00 quando conduco
Buongiorno Regione. Alle 7.00 collegamento con Buongiorno Italia, il
programma nazionale della TGR su Rai3 e poi alle 7.30 l’informazione regionale.
Trenta minuti di notizie serrate e collegamenti sul territorio regionale. Alle 8
è finita ma si riparte quasi subito per la realizzazione della trasmissione del
giorno dopo. E magari la sera accade qualcosa di nuovo e butti tutto il lavoro
programmato. Normalmente riesco ad uscire da Saxa Rubra intorno alle 14, ma il
pomeriggio si lavora da casa. Anzi anche dal tapis roulant della palestra: un
cronista non smette mai di raccogliere notizie. Quando ero impegnata
maggiormente nelle due edizioni del Tgr (quello delle 14 e delle 19.30) la
giornata tipo era sicuramente più varia e movimentata: uscita dalla redazione
insieme alla troupe, subito sul posto per realizzare il servizio e poi di corsa,
spesso con la cassetta tra i denti, per montarlo e mandarlo in onda».
Il Tgr secondo te è più vicino al territorio rispetto alle emittenti locali?
«Assolutamente no. Per anni ho lavorato in alcune emittenti televisive campane
con mezzi sicuramente più limitati rispetto alla Rai. Il prodotto era ottimo
grazie alla abnegazione di cronisti, operatori e tecnici e l’attenzione per le
questioni locali è sempre stata alta. A Roma vivo da 7 anni e ho constatato che
le televisioni locali seguono da vicino istituzioni e questioni sociali con
estrema professionalità».
Qual è stata la vicenda che ti ha maggiormente coinvolto tra quelle che hai
trattato?
«Premetto che un buon cronista dovrebbe restare sempre equidistante dai fatti.
Il rischio è che tu proponga una visione offuscandone un’altra, a dispetto della
par condicio. Però talvolta è quasi impossibile non partecipare al dolore di una
madre che ha perso la figlia perché - per un banale litigio in metropolitana -
qualcuno le ha trafitto l’occhio con la punta di un ombrello. È il caso di una
ventenne romana uccisa così, senza un perché, da una ragazza straniera che si
prostituiva in strada. Impossibile restare impassibili. Ricordo che tutti i
giornalisti hanno martellato le edizioni dei Tg con servizi relativi al caso,
mandando in onda le immagini delle telecamere di sicurezza che ritraevano
l’aggressore finché non sono riusciti ad individuarla ed arrestarla. Ma ce ne
sono tanti altri».
Gavetta: parola che le nuove generazioni, non solo nel giornalismo, sembrano
aver dimenticato. Cosa è stata per te?
«Una palestra fondamentale. Se non ci fosse stata non avrei capito tante cose.
Anche le mortificazioni sono state costruttive. Mi spiace che tanti giovani
colleghi vogliano bruciare le tappe, pensando che questo mestiere si impari sui
libri e non sulla strada. Io ho iniziato in un’emittente privata di Salerno
occupandomi di giudiziaria. Dopo un anno conoscevo ogni mattonella del
tribunale, restavo lì ad attendere processi, facevo anticamera per ore sperando
di avere una notizia. Dalla tv sono passata anche alla carta stampata, ho
collaborato per alcuni anni con il quotidiano Il Mattino, redazione di
Salerno, dove mi sono sempre occupata di giudiziaria specializzandomi nei
processi di camorra. Ricordo l’ansia per avere preso un “buco” e la gioia di
avere una notizia in esclusiva. Insomma, credo che partire dal basso ti aiuti a
crescere professionalmente e può farti evitare stupidi errori. Pazienza e
costanza le ho imparate così. Ed anche a costruire la mia carriera a piccoli
passi. Passi che continuo a fare anche ora. In questo mestiere non si finisce
mai di imparare».
Come ti vedi tra 10 anni?
«Da salernitana sono un po’ scaramantica. Non mi dico mai voglio fare questo o
quell’altro. Le cose si realizzano secondo un “loro” progetto. Io lavoro come ho
sempre lavorato: in una emittente privata così come in Rai. Il mio impegno e,
soprattutto, il mio amore verso il mestiere che svolgo mi fanno essere sempre
positiva. E finora non sono mai stata delusa».
C'è una notizia che ti piacerebbe dare un giorno?
«Tante. Ma se ne devo dire una sola, allora la scoperta della cura per alcune
malattie dalle quali - oggi - non è possibile guarire». |
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CRONACA IN ROSA Siamo
tutte curvy di Erica
Savazzi
La notizia è che Vogue Italia ha dedicato alle donne
curvy una sezione del proprio sito internet, completa
di idee beauty, moda e accessori, cosa comprare e dove
comprare, curvy news e curvy blog. Finalmente. Un giornale
di moda, anzi, la rivista di moda per antonomasia, che si
occupa anche di chi ha qualche chilo in più.
Dove comprare. Inviate speciali girano i negozi di tutto il
mondo per acquistare abiti per curvy. Ovviamente
viene consigliato anche 10 Corso Como, nota boutique
milanese che appartiene a Carla Sozzani, sorella della
direttrice di Vogue, Franca Sozzani. Peccato che vengano
definite curvy inviate che secondo le lettrici non lo sono:
“Se curvy qua significa avere la 44 sinceramente non
oso immaginare come possiamo definire tutte le altre
taglie”, “Si è curvy quando la curva non è appena
accennata”, “In effetti una che porta gli short....la
mini....avrà anche le curve ma mi sembra una 44 al massimo”,
lamentano le lettrici.
Cosa indossare. Consigli di look da parte di modelle curvy.
Molte foto e un dubbio: le modelle ritratte sono curvy nel
senso che non sono tavole da surf, ovvero possiedono seno
e glutei. Ma non rappresentano di certo la donna della
strada cui viene la depressione ogni volta che deve comprare
un paio di jeans, tra gambe da accorciare e tessuti elastici
che esaltano qualsiasi accumulo adiposo.
E così nelle altre sezioni del sito, tra curvy vere e
curvy-non-taglia-38. Ancora una volta la taglia da
modella è considerata il metro di paragone, la pietra
miliare su cui misurare tutto il resto. Col risultato che
chi non è altissima e magrissima è una donna con le curve. A
quando un sito di moda tutto dedicato alle donne “normali”? |
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FORMAT Sveva
Sagramola: alla scoperta del mondo attraverso i
sentimenti
di Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di incontrare
Sveva Sagramola, dal
1998 al timone di Geo&Geo, con la quale
parliamo della sua nuova esperienza
professionale. Da qualche settimana conduce,
sempre su Rai 3, Sei miliardi di altri.
Come nasce questo programma e come mai è
intitolato così?
«Sei miliardi di altri nasce da un
progetto di Yan Arthus Bertrand, il regista
francese che per anni ha fotografato la terra
vista dal cielo. Un giorno decise di
intervistare gli abitanti e così è andato per il
mondo con le telecamere ed ha fatto più di 5
mila interviste a persone diversissime tra loro,
lontane culturalmente e geograficamente. A tutti
ha fatto le stesse domande sui grandi temi che
attraversano la vita di ciascuno di noi:
l'amore, la felicità, il senso della vita, la
paura, Dio. Raitre aveva alcuni episodi di
questo lavoro e noi ne abbiamo fatto un
programma di seconda serata in onda i giovedì
alle 23.30 circa».
Come ha scelto gli ospiti e cosa ha cercato
di trasmettere al pubblico?
«Ho cercato ospiti che avessero una storia da
raccontare e voglia di parlare senza maschere
perché la cosa più bella del materiale che
avevamo in mano era proprio l'autenticità che
comunicava: tanti volti diversi, senza trucco,
in primo piano davanti alle telecamere che
raccontavano senza filtri le proprie emozioni e
i propri pensieri. Per questo ho invitato
persone come Mario Calabresi per parlare della
trasmissione dei valori, Rosita Celentano
sull'amore, James Senese per la storia della sua
infanzia, Rosaria Capacchione sull'attaccamento
alla propria terra, e altri ospiti sempre
significativi per i temi delle sei puntate».
Questo programma segna per lei l'inizio di
una nuova fase professionale, dopo che da ormai
15 anni la sua immagine è legata a programmi
dedicati alla natura?
«No, questo programma è stato un nuovo modo di
viaggiare per il mondo attraverso i sentimenti
umani per raccontare come siamo e cercare quel
filo comune che ci lega tutti quanti nonostante
le differenze a volte complicate da gestire, ma
che costituiscono sicuramente anche la nostra
ricchezza e rendono la vita divertente e
movimentata. A settembre inizio per il 14 esimo
anno Geo&Geo, l'appuntamento quotidiano
del pomeriggio di Raitre con la natura e
l'ambiente, in cui racconto il mondo sotto altri
punti di vista».
Un anno fa è diventata mamma: come ha
cambiato la sua vita la nascita di Petra?
«L'ha cambiata in meglio, tutto ha acquisito un
significato nuovo per me e sono felice».
Avverte in questo momento storico la grande
aria di cambiamento che soffia nel nostro Paese?
«Sì e spero che ci sarà chi riuscirà a dare
l'espressione giusta per il nostro Paese».
Dopo tante novità, qual è il suo sogno nel
cassetto?
«Mi piacerebbe che Petra avesse un fratellino».
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HOT GIRLS Dal
tradimento virtuale a quello reale di
Valeria Scotti
Se a tradire è lei... spesso si parla di
sexting, flirt on line, Cosa significa? Beh,
dopo aver additato gli uomini per tanti anni
come traditori seriali, il giornale Sexuality &
Culture ha recentemente individuato nel gentile
sesso una componente 'viveur'. Il succo del
discorso: in molte cercano evasione
attraverso il web.
La ricerca, condotta dall’università del
Nebraska dai professori Diane Kholos Wysocki e
Cheryl Childers, ha esaminato il comportamento
delle donne dedicate al sexting. Nella loro
mente ci sarebbe la tentazione di tradire il
loro uomo e di iniziare una relazione
extraconiugale con la speranza, per la maggior
parte, di porre fine alla relazione reale
intrattenuta con l’attuale compagno. Chiamale
sceme.
E sono molte quelle che parteciperebbero a siti
internet creati appositamente per uomini e donne
sposati che vorrebbero mettere fine alla loro
attuale relazione aiutandosi con una serie di
rapporti virtuali. Un misto di conversazioni on
line ed sms a orari concordati. Così, tanto per
non sentirsi soli.
Sempre secondo la ricerca, le donne più portate
a tradire virtualmente il compagno sarebbero
le trentenni imbrigliate in lunghi
fidanzamenti e convivenze. Per le poche donne
sposate, lo scambio di messaggi e fotografie
erotiche inizierebbe un po’ per curiosità fino a
diventare sempre più importante. Di vitale
importanza.
Ma quali sono le cause principali del sexting e
della ricerca di un relazione parallela?
Chiedetevelo. In prima posizione, ci pare
chiaro, c'è l’insoddisfazione delle donne
e la mancanza di attenzioni – reale o appena
accennata – da parte dei loro compagni. Gira e
rigira, la colpa ai maschietti dobbiamo sempre
darla. Altrimenti non siamo contente.
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DONNE Elena
Bonner: una lotta senza fine di
Giulia Fiume
«Ho un’intera esistenza per conto mio»
dichiarava quando qualcuno soleva ricordarla
come la moglie dello scienziato e dissidente
russo Andrei Sacharov. Una
personalità forte la sua, un coraggio e un
impegno costanti.
Figlia di un membro del comitato comunista e
di una donna che pagherà il proprio impegno
con l'esilio, Elena Bonner è stata
un’infermiera volontaria e una pediatra
prima di conoscere quella che sarebbe stata
la sua vera strada. All’età di 47 anni sposa
Sacharov e sceglie di affiancarlo nella sua
lotta per i diritti civili. Dal 1972
la sua vita cambia radicalmente: Elena
diventa un’attivista, intenzionata a
battersi per i diritti umani.
La donna si ritrova presto a indossare le
vesti di rappresentante del marito, esiliato
nella città di Gorkij. Nel 1975 ritira in
suo nome, all’Accademia di Oslo, il
premio Nobel per la pace. Dirige il suo
movimento per anni, fino al 1984, quando
anche lei viene esiliata, subito dopo essere
stata processata per sovversione
antisovietica.
Uno scenario raccapricciante farà da sfondo
agli anni più importanti della sua vita.
L’Unione Sovietica, dopo il crollo del
comunismo, vede susseguirsi al potere
numerosi presidenti.
Tuttavia, da Elsin a Putin, nessuno riesce a
riportare la stabilità e la sicurezza nella
nazione. La democrazia che tanto
avevano inneggiato la Bonner e il marito
costituisce una prospettiva ancora lontana.
Anche dopo la morte del marito, l’impegno di
Elena non viene meno. Si batte per difendere
i suoi ideali e continua a scrivere come
prima, più di prima. Un coraggio, il
suo, che si rinnova ogni giorno, fino alla
fine.
A pochi giorni dalla sua morte, la sua lotta
non è ancora finita: è un’idea di libertà
che non può svanire. Un simbolo per il quale
dobbiamo ancora batterci. |
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