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Telegiornaliste anno VII N. 2 (262) del 17 gennaio 2011
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MONITOR Maria D'Elia: i media sono un valido aiuto per gli investigatori di
Giuseppe Bosso
Incontriamo
Maria D’Elia, inviata de La vita in diretta che
ha da poco pubblicato, con il settimanale Oggi, il libro inchiesta Il
delitto di Perugia - l'altra verità dedicato alla tragica vicenda
dell’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher.
Come mai ha scritto questo libro?
«Seguo la vicenda dell’omicidio di Meredith fin dall'inizio e ho potuto
constatare delle notevoli incongruenze, dei punti che non tornano e che hanno
portato alle condanne».
Quindi secondo lei la verità non è quella che è stata accertata nelle
sentenze che hanno condannato Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Guede?
«Non sono certo io che posso stabilirlo. Ma è ovvio che l’opinione pubblica, il
cittadino, hanno un potere-dovere insopprimibile: quello di controllare che la
magistratura esegua il suo delicatissimo compito con la massima attenzione, e se
qualcosa non funziona, è necessario segnalarlo».
Sta seguendo i casi di Avetrana e Brembate: non pensa ci sia troppo spazio
per la cronaca in tv?
«Io credo che il nostro lavoro sia stato di grande aiuto per gli investigatori,
invece. Sul caso di Brembate, per esempio, le interviste a Enrico Tironi hanno
consentito di battere la pista legata a questo ragazzo che probabilmente sarebbe
rimasto a lungo sconosciuta. Anche ad Avetrana direi che la grande attenzione
del nostro lavoro ha permesso che emergessero tante contraddizioni della
famiglia Misseri, quelle che a poco a poco stanno venendo a galla. Insomma, il
nostro ruolo è stato tutt’altro che d’intralcio».
Le vicende di Sarah e Yara non son un campanello d’allarme per un mondo
adolescenziale a rischio?
«Non direi. Quella dell’adolescenza è sempre un’età delicata e difficile.
Purtroppo che un ragazzo o una ragazza possa scappare di casa poteva accadere
tanto ieri come ai nostri giorni, ma ovviamente quando la vicenda assume questi
connotati tragici fa più notizia».
Gioie e dolori di una vita da inviata.
«Sono parole grosse. Piuttosto preferisco dire che è un lavoro faticoso, ma
stimolante e soddisfacente. E cerco sempre di affrontarlo con entusiasmo ed
impegno, anche se questo mi comporta sacrifici come il dovermi spostare da un
luogo all’altro senza preavviso, dovendo essere sempre a disposizione per
giungere sul posto. Ma ripeto, le soddisfazioni compensano tutto».
Aspira alla conduzione?
«Non mi precludo niente in principio, ma la mia filosofia è quella di essere
sempre contenta di quello che faccio e di cercare di migliorare ogni giorno di
più. Quel che verrà verrà».
Cosa farà da grande?
«La giornalista (scoppia a ridere, ndr). Scherzi a parte, è proprio
quello che volevo fare fin da ragazzina, e posso dire con orgoglio di essere
riuscita a realizzare i miei progetti. Occupandomi di cronaca, posso dire di non
aver mai dato a nessuno occasione per mettermi dei paletti, ma per il resto sono
sempre stata abbastanza autonoma nelle mie decisioni».
Come si descrive, come donna e come giornalista?
«Appassionata e impulsiva. Ma dovrebbe chiederlo a chi mi conosce più che alla
diretta interessata».
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CRONACA IN ROSA Calendar
girls di Anna Rossini
Per chi non avesse ancora provveduto a decorare la cucina o
l'ufficio con il calendario del nuovo anno, ecco qui
alcune proposte alternative alla solita ragazza in
déshabillé in voga nelle officine, ai paesaggi marittimi o
montani, e ai tristissimi calendari offerti da banche e
assicurazioni, solo giorni della settimana e una riga su cui
scrivere.
Se infatti Internet offre una bella panoramica dei dodici
mesi con dive, letterine, attori e modelle, c'è anche chi si
impegna un po' di più e fa del calendario uno strumento
benefico o un'occasione per ribadire che “oltre alle gambe
c'è di più”.
A portare il buon esempio è una agenzia comunitaria, l'Eige
(European institute for gender equality) che, nel calendario
Women Inspiring Europe, celebra donne di ogni età e
di diversa provenienza che hanno rotto gli stereotipi sul
mondo femminile o contribuito al benessere della società. Si
tratta di scienziate, filosofe, avvocati, sportive, primi
ministri ma anche di persone comuni – una maltese ammalata
di distrofia muscolare – che però fanno un'ottima pubblicità
al genere femminile e alle sue capacità.
Le fate sapienti celebra invece la cultura, e
soprattutto la scrittura al femminile. Ideato dall'Ali
(Associazione librai italiani), ogni mese propone foto di
scrittrici note e meno note accompagnate da un brano
tratto dalle loro opere. Un invito alla lettura e alla
celebrazione del genio artistico in rosa. Nel 2011 i mesi
sono rappresentati da donne di cultura del calibro di Rita
Levi Montalcini, Shirin Ebadi, Margaret Mazzantini, Silvia
Avallone e Michela Marzano.
Allontanandoci di qualche migliaio di chilometri, ecco che a
dire la loro sono le studentesse della facoltà di
giornalismo dell'università statale di Mosca. Ben vestite,
pettinate e truccate, hanno però la bocca sbarrata da
cerotti. No, non è la realizzazione del sogno di ogni uomo,
ma una protesta contro lo “zar” Putin. Bocche cucite,
ma domande ben stampate sulle pagine: “Chi ha
assassinato Anna Politkovskaja?” (Ekaterina Uljanova, 3°
anno).
Il nome è tutto un programma: Babes with Brains Charity
Calendar 2011. Donne di tutte le età scelte per
intelligenza e bellezza che hanno posato per una buona
causa: raccogliere fondi per combattere la violenza
domestica. Con foto sexy che non hanno nulla da
invidiare ai calendari vip. |
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FORMAT Giornalisti
sotto attacco di
Pierpaolo Di Paolo
Rischiare la vita per un libro.
È quanto accaduto a Nello Rega,
giornalista del Televideo Rai. Una realtà che
non riguarda quindi solo l'autore di Gomorra,
Roberto Saviano. Sempre più spesso uomini e
donne si vengono a trovare in grave pericolo per
aver raccontato la verità, espresso delle idee.
Anche solo aver avanzato delle proposte.
Politici (si pensi a
Gabrielle Giffords, deputata democratica Usa
pro aborto), intellettuali e, non ultimi,
giornalisti, sono vittime di minacce,
aggressioni o anche omicidi per il semplice
fatto di essersi esposti nel dire qualcosa di
scomodo.
È di pochi giorni fa, dunque, la notizia che
Nello Rega ha subito un attentato.
Mentre guidava sulla statale Basentana, a pochi
km da Potenza, è stato affiancato da un'auto
dalla quale sono partiti colpi d'arma da fuoco,
uno dei quali ha raggiunto l'auto guidata dal
giornalista.
Rega, autore nel 2009 di un libro sulla
difficile convivenza tra musulmani e
cristiani che lo ha catapultato al centro
delle attenzioni degli estremisti
islamici, era già stato minacciato diverse
volte, ma era ugualmente privo di scorta. «Chi
ha sottovalutato il pericolo che correvo, deve
ora farsi un esame di coscienza», ha lamentato
il reporter.
Immediata la solidarietà da parte tutto il mondo
del giornalismo, con numerosi appelli, diretti
al ministro Maroni, affinché provvedesse a
tutelare più efficacemente la sicurezza di Rega.
Lo stesso direttore generale della Rai, Masi, ha
affermato di seguire con attenzione la vicenda,
chiedendo di esser informato costantemente sugli
sviluppi.
E un primo risultato è stato immediatamente
ottenuto, dato che il Comitato per l'ordine e la
sicurezza pubblica, riunitosi a Potenza, ha
assegnato un'auto e un agente di scorta
armato al giornalista.
«Sono molto soddisfatto, questa è una decisione
che mi restituisce serenità», dichiara il
protagonista. Eppure l'interrogativo di fondo,
che questa come tante altre vicende pongono,
rimane intatto in tutta la sua drammaticità: si
può rischiare la vita per un libro?
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HOT GIRLS Niente
sesso, siamo donne di
Valeria Scotti
Il perno su cui ruota la nostra vita? Il cibo.
O meglio, il non cibo. La notizia provoca un po'
di tristezza, ma il sondaggio realizzato da
ShapeSmart non lascia spazio ad alcun dubbio:
sempre più donne pensano a quello e poco al
sesso. Maschietto caro, bye bye.
La divisione sanitaria di una delle principali
società britanniche di farmaceutica parla
chiaro: il pensiero del gentil sesso è sempre
lì, alla dieta. Un chiodo fisso.
Ci sono numeri e statistiche a confermarcelo.
Vediamo: il 25% delle donne pensa al cibo ogni
mezz'ora. Nello stesso intervallo di tempo, solo
il 10% di loro sposta la propria mente sul
sesso.
E sempre secondo i poco rassicuranti dati, il
60% delle donne non è felice di mangiare davanti
al proprio partner mentre il 50% preferisce
non spogliarsi davanti al compagno. Ancora,
il 13% delle donne sceglie pasti a basso
contenuto calorico, e guai a sgarrare.
Ebbene sì: gentili donzelle, stiamo messe
proprio male. |
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DONNE Un
fiocco di neve che non si scioglierà
di Chiara Casadei
«Piccolo fiocco di neve invisibile in pieno
solleone, che alla fine si batte, si batte
per vivere, malgrado gli anni di sofferenza
e grida al mondo intero che l’anoressia è
un inferno e che bisogna scamparla
finché si è ancora in tempo». Con queste
parole, la modella e attrice francese
Isabelle Caro (1982 – 2010) si
presentava nel blog che da anni teneva
aggiornato, parlando della sua vita e dando
testimonianza riguardo la sua malattia.
Per tanto tempo, infatti, l’anoressia
nervosa da cui era affetta l’aveva relegata
fisicamente e psicologicamente in un piccolo
angolo di mondo, ma nel 2007 la
campagna No Anorexia del
fotografo italiano Oliviero Toscani - che
pubblicizzava un marchio di abbigliamento -
aveva aperto una breccia nel muro di
Isabelle. Si è quindi mostrata al mondo in
tutta la debolezza della sua malattia,
realtà che le si leggeva a chiare lettere
negli occhi incavati, nei lineamenti puliti
ma scarni del viso, nel fisico che ha
toccato una soglia minima di 25 chili (per
un 1 metro e 65 di altezza). È presto
diventata un’icona della lotta
all’anoressia, un simbolo di coraggio
per chi come lei affrontava la stessa
situazione.
Nella sua autobiografia “La ragazza che
non voleva crescere”, la Caro racconta
della sua infanzia, di come il rapporto
stretto con la madre, affetta da una grave
depressione, l’avesse condotta alla
malattia. «Voleva che restassi per sempre la
sua bambina. Così, dal momento in cui è
cominciata la pubertà, ho odiato l’idea
che il mio corpo sarebbe cambiato. Ho
desiderato avere il corpo di una bambina per
far felice mia mamma […] Passava tutto il
suo tempo a misurarmi l’altezza e non mi
lasciava uscire perché aveva sentito che
l’aria fresca contribuiva a far crescere i
bambini, per questo motivo ero tenuta in
casa».
Quel piccolo fiocco di neve adorava vivere,
ripeteva «voglio guarire perché amo la
vita e la ricchezza dell’universo,
voglio mostrare ai giovani quanto è
pericolosa questa malattia», e per quanto
dolorosa e breve sia stata la sua esistenza
(è morta a 28 anni nel novembre scorso), non
ha mai smesso di urlarlo al mondo intero. E
la sua testimonianza, quella sì, resterà
sicuramente viva. |
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