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Telegiornaliste anno VI N. 33 (250) del 11 ottobre 2010
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MONITOR Roberta
Serdoz: da Minoli al Tg la mia crescita
di Giuseppe Bosso
Incontriamo questa settimana Roberta Serdoz, dal 1992 in Rai. Prima l'esperienza
nella redazione di Mixer, il programma ideato e condotto da Giovanni Minoli, poi
La vita in diretta con Michele Cucuzza. Dal debutto di Linea notte
del Tg3 nell'ottobre del 2008, conduce il notiziario e la rassegna stampa.
Giornalista da quasi vent’anni, due persone hanno segnato il tuo percorso:
Giovanni Minoli e Michele Cucuzza. Cosa hai imparato da loro?
«A Minoli devo tantissimo. Ripeto sempre ai miei colleghi del
Tg3 che la mia
fortuna è stata proprio quella di cominciare con lui, a Mixer, ai primi
degli anni ’90, quando non c’era ancora l’esigenza degli ascolti e 4 milioni e
mezzo di persone ci seguivano. Giovanni mi ha trasmesso grinta, determinazione,
la sensibilità di capire le persone che intervisti e soprattutto raccontare il
Paese attraverso le immagini, una cosa che da tempo non si fa più. Con Michele,
e i suoi due autori, Daniel Toaff e Walter Preci, ho invece appreso un’altra
strada, quella dell’immediatezza, della diretta. Arrivare sul posto mezz’ora
prima della trasmissione e scovare le storie in modo diverso da quello che avevo
fatto con Giovanni; la cosa mi è tornata utile passando al Tg e dovendo
giocoforza imparare a sintetizzare».
Da un anno hai come ‘direttora’ Bianca Berlinguer: è una strada che le testate dovrebbero seguire?
«Il Tg3 ha già dato un esempio di sdoganamento, in questi termini, con Daniela
Brancati e con Lucia Annunziata. Ma prima di tutto ci terrei a sottolineare che
non mi piace sentire, come si suol fare quando una donna arriva a coprire posti
di vertici, che ‘porta i pantaloni’. Detto questo, Bianca merita davvero di
essere dov’è: è determinata, preparata, cura ogni aspetto con scrupolo e
riguardo e ci tiene ad essere sempre presente in redazione, seguendo passo passo
come viene impostata ogni edizione. Ma soprattutto, è una professionista che non
si fa mettere i piedi in testa da nessuno e non accetta condizionamenti, una
dote non da poco».
Hai definitivamente accantonato il sogno di diventare giornalista
scientifica, come leggiamo nella tua scheda?
«Sì. Da ragazzina volevo diventare archeologa e per questo mi iscrissi a Scienze
naturali; avvicinandomi al giornalismo ho capito che per seguire questo campo ci
vuole una grandissima preparazione che devi necessariamente iniziare a formare
in età giovanissima. Purtroppo ancora adesso vedo che non si riesce a parlare di
aspetti come la genetica e lo studio delle cellule staminali in maniera
esauriente ed approfondita. Insomma, non mi sono pentita di aver abbandonato
questi propositi, e potessi tornare indietro farei altrettanto. Non penso
proprio di poter competere con i colleghi che invece, sul campo, hanno saputo
veramente affermarsi».
Quali sono secondo te i mali del giornalismo di oggi?
«Fondamentalmente due: anzitutto, e l’ho riscontrato lavorando con Alan Friedman
a Sky Tg24,
in Italia non possediamo quella cultura americana per la quale una notizia va
data solo quando ne hai avuto conferma e riscontro sul posto o da fonti
autorevoli. Ci limitiamo spesso, troppo spesso, a cercare conferme negli archivi
Ansa, senza preoccuparci di andare sul campo. E poi, diciamocelo, ci sono troppi
colleghi asserviti che non riescono ad esprimersi in maniera autonoma e
svincolata come dovremmo fare».
Cosa pensi di Telegiornaliste?
«È un sito molto simpatico e divertente. Ci ‘massacrate’ anche con immagini
buffe (ride, ndr) però ci fate veramente una buona pubblicità e va
davvero apprezzato il lavoro e la dedizione di chi, con pazienza, ci segue passo
dopo passo. Posso dire una cattiveria? Forse non siete molto amati per quello
che ho potuto vedere, ci sono anche colleghi e colleghe che preferiscono
sottrarsi a un confronto con voi. Essendo tutti sulla stessa barca sarebbe
meglio, invece, accettare anche il vostro seguito».
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CRONACA IN ROSA Dalla
realtà alla tv di Anna Rossini
La mattanza delle donne è un dramma agghiacciante e
spaventoso, eppur ciclico ed ineluttabile. Sempre nuovo,
eppure sempre mostruosamente uguale a se stesso. Cambiano i
protagonisti, cambiano i dettagli, ma il sangue ed il dolore
tornano puntuali nella loro solita orribile e sporca
sequenza.
Sarah Scazzi, l'ultima vittima. Uccisa dallo zio,
sepolta in una cisterna in campagna, forse anche abusata.
Questo il risultato delle indagini delle forze dell'ordine
che, dal momento della scomparsa, in agosto, hanno cercato
la ragazza indagando soprattutto nell'ambiente familiare. Un
giallo che ha risvegliato il pubblico italiano, creando un
dramma collettivo, come succede quando un fatto è
particolarmente difficile da accettare. In questo caso la
protagonista era una ragazza, quindicenne e molto carina.
Chi avrebbe potuto dichiararsi indifferente alla vicenda?
Per non parlare poi delle reazioni successive alla chiusura
della vicenda, di cui Facebook offre un ottimo campionario:
chi ripropone la pena di morte, chi auspica che il colpevole
si suicidi, chi si fa venire dubbi etici e dichiara che
forse, in certi casi, i diritti umani si possono mettere da
parte. La buona notizia è che gli italiani mostrano
sensibilità e partecipazione per le disgrazie altrui,
la brutta è che questa sensibilità viene tirata fuori in
caso di veri e propri drammi, quando succede l'irreparabile
e l'umanamente insopportabile.
Alla fine, però, chi è rimasto davvero sorpreso dell'esito
della vicenda? Senza essere dei grandi criminologi, era
abbastanza intuitivo arrivare alla conclusione che la
ragazza non sarebbe stata ritrovata, per lo meno non in
vita. Così come era facile capire che il responsabile era
qualcuno vicino alla vittima. Come sostengono da anni gli
studi sulla violenza sulle donne. Non si può quindi dire che
il tutto si sia risolto in una sorpresa: quello che è
emerso, invece, sono i peggiori fantasmi di una società,
come già nel caso irrisolto di Garlasco oppure in quello di
Erika e Omar. Non a caso i protagonisti sono tutti giovani,
fatto che la biologia umana – proteggere ed educare i
giovani perché sono il futuro della specie – rende ancora
più spiacevole.
Infine, la polemica, che in una buona storia non deve mai
mancare. Questa volta è toccato per caso a
Federica Sciarelli, che,
ospitando la madre di Sarah a Chi l'ha visto?, si è
trovata a doverle dare la notizia dell'arresto e della
confessione dello zio. Ottenendo una share storico e
conseguente discussione sui limiti della tv e sulla
necessità di rispettare l'intimità delle persone.
Personalmente ritengo che la giornalista, data la
situazione, abbia agito con tatto e correttezza. Ma come
sempre, tante teste, tante opinioni. |
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FORMAT Il
Gran Galà dei Doppiatori di
Pierpaolo Di Paolo
Non sono spesso al centro dell'attenzione,
eppure sono personaggi fondamentali senza i
quali il cinema mondiale perderebbe moltissimo
del suo fascino. Con le loro voci comunicano
grinta, dolore, esaltazione, gioia: tutte le
sensazioni e le emozioni che la scena richiede.
Stiamo parlando, ovviamente, dei doppiatori.
Alcuni posseggono delle voci dal timbro
affascinante e inimitabile, di cui ci siamo
fatalmente innamorati. Quelle voci eterne,
uniche, che si accompagnano ad un attore famoso
e diventano, per il pubblico, la sua voce.
Al
Romics di Roma, il 2 ottobre 2010,
assistiamo al Gran Gala del Doppiaggio,
che ha visto i presentatori Perla Liberatori,
Stefano Brusa, Mirko Fabbreschi premiare i
migliori doppiatori italiani.
A Vittoria Febbi e Sergio Graziani
è andato il premio alla carriera. Tra gli
applausi del pubblico son stati mostrati
spezzoni di alcuni film che li han visti
protagonisti. Misery non deve morire,
Donne sull'orlo di una crisi di nervi e
Casa Keaton, per lei; Vita da strega,
M*A*S*H e Lawrence d'Arabia per
lui.
Il premio Ferruccio Amendola è stato
vinto da Claudia Catani, doppiatrice, tra gli
altri, di Charlize Theron nell'Avvocato del
diavolo e di Angelina Jolie in Changeling.
«Io sono cresciuta con Ferruccio», ci dice
Claudia. «Era un uomo molto silenzioso, un gran
professionista. Nella professione ci ha
insegnato soprattutto l'autorevolezza».
La voce femminile dell'anno, per la
giuria, è Anna Cesareni. La scelta del pubblico
è caduta invece sulla peperina Claudia Razzi,
che ringrazia forse con un pizzico d'ironia il
pubblico per essersi ricordato di lei. La platea
applaude.
La voce maschile dell'anno, per la
giuria, è quella di Renato Mori, voce di Morgan
Freeman. «Morgan è un attore bravo», dice Mori.
«Più sono bravi, più è facile doppiarli». «Anche
tu sei bravo», gli risponde Perla Liberatori.
«Io sono straordinario», chiosa sornione lui,
strappando un grande applauso. «Questo si che è
un applauso vero», sottolinea Perla,
probabilmente per concludere con una sorridente
stoccatina l'impercettibile polemica a distanza
con Claudia Razzi. Voce maschile dell'anno, per
il pubblico, è Fabio Boccanera, voce di
Johnny Depp.«Il miglior Johnny Depp è Jack
Sparrow», spiega Fabio. «È il più impegnativo
perché c'è sempre il rischio di uscire dalle
righe e fare la macchietta».
Il miglior doppiaggio di un film è, per
la giuria, di Shutter Island; per il
pubblico, di Sherlock Holmes. Miglior
doppiaggio di un telefilm è, per la giuria e
per il pubblico, di The Mentalist.
Miglior doppiaggio di un film d'animazione
è, per la giuria, di Planet51; per il
pubblico, Toy Story. Il miglior
doppiaggio di una serie animata è, solo per
il pubblico, di Geronimo Stilton.
Miglior voce maschile di un cartone animato
è stato votato Oreste Baldini dalla giuria, e
Paolo De Sanctis dal pubblico. Miglior voce
femminile di un cartone animato è Maria
Letizia Scifoni per la giuria, Ilaria Stagni per
il pubblico.
Sketch divertenti, trailers, personaggi famosi e
tanta allegria, dunque, per la celebrazione dei
doppiatori. Perché, per usare le parole dei
presentatori, un grande attore, senza un
grande doppiatore, non è niente. |
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HOT GIRLS Cam
girls: la scoperta dell'Eden? di
Pierpaolo Di Paolo
Tornando a casa,
denuncia in tasca, mi aspetterei di sentirmi
finalmente vittorioso, soddisfatto. Invece non
sono per nulla pago. Quanto so, per davvero,
sulle cam girls? Era proprio tutto qui quel che
c'era da scoprire? Uno squallido giro di truffe
e basta? Per capirlo, torno a setacciare il web.
Stavolta tenendomi ben lontano dalle chat.
È così che scopro gli official-site delle
cam girls.
I siti presentano ciascuno un ampio catalogo
di modelle. Ognuna ha il suo spazio con
tanto di foto, recensioni, video di
presentazione, contatti msn e skype. Non passa
inosservata l'avvertenza che campeggia in molte
pagine: aggiungete voi la cam girl su msn e
skype! Una cam girl seria non vi aggiungerà mai.
Diffidate da chi vi aggiunge e controllate
sempre bene gli indirizzi. Una virgola, un
trattino, un punto di differenza, può nascondere
impostori che si spacciano per la nostra
modella!
Siamo finalmente giunti in un ambiente del tutto
affidabile? Abbiamo raggiunto il nostro
traguardo?
È presto per dirlo, ed invero i riscontri
iniziali non sono del tutto confortanti.
Non occorre esplorare troppo per imbattersi
nelle prime lamentele. Il problema più frequente
sembra essere quello della scarsa
attendibilità delle foto. Il cliente vede le
immagini di Veneri dalle forme più avvenenti e
paga aspettandosi di star acquistando quel
"prodotto". Quando vede la donna e scopre che è
ben diversa, non sprizza gioia per l'affare
fatto e per il trattamento subito. Alcune cam
girls, pur di lavorare, "rubano" le foto alle
colleghe più procaci, spacciandole per proprie.
Altre, più semplicemente, si limitano a
ritoccarle con Photoshop o a metterne non
esattamente di recenti. Il risultato è che a
fronte di aspettative smisurate, l'esito non può
che essere un'enorme delusione. Ed i soldi han
già preso il volo...
E le cam girls? Nemmeno loro sembrano
passarsela tutte divinamente. Hanno a che fare
con chi capita, clienti spesso maleducati o che
cercano di imbrogliarle per non pagare. I siti
per cui lavorano non sempre sono seri, e alcune
lamentano di esser state licenziate
all'improvviso senza esser pagate.
Tra le tante, raccolgo lo sfogo di Eva:
«Siamo sfruttate, trattate come carne da
macello. Il sito per cui lavoravo ha messo un
mio video, che avevo reso disponibile solo per
vendita privata, nella home page. In questo modo
son stata sbattuta completamente nuda in
prima pagina, senza che nessuno mi abbia
chiesto l'autorizzazione. Ho protestato ma sono
strafottenti ed arroganti, hanno regolamenti a
loro uso e consumo e della nostra
professionalità non hanno alcun rispetto. Si
sentono in diritto di fare quello che vogliono
di noi».
Bisogna dunque arrendersi? La verità è che, gira
e rigira, è soltanto un ambiente corrotto senza
alcun'altra regola che non sia la legge del più
furbo? Non sento ancora di volermi demoralizzare
o cedere a pur comprensibili generalizzazioni o
pregiudizi. So che ci dev'essere anche un'altra
realtà. Un altro lato della medaglia. Se
c'è un ambiente che, al di là di qualunque
moralismo, si è dato delle regole e le rispetta,
mantenendo una sua coerenza di fondo, io lo devo
scoprire e raccontare. Quanto poi fare la cam
girl sia un lavoro rispettabile o meno, è un
giudizio che non mi tocca minimamente e che
lascio volentieri ai lettori. Il mio obiettivo è
trovare cam girls "oneste", se esistono.
E tanto mi impegnai, che infin le trovai...
(continua) |
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DONNE Le
niqabitch: tacchi, short... e velo!
di Simona Di Martino
Un video che ha già fatto il giro del mondo
le riprende mentre passeggiano per le strade
di Parigi indossando il niqab (tipo
di velo islamico) abbinato a succinti
short e tacchi altissimi. Loro sono le
niqabitch, due ragazze di circa
vent’anni che dal 19 settembre stanno
incuriosendo il web.
La trovata delle niqabitch nasce in seguito
alla recente emanazione della legge
francese sul velo islamico, avvenuta lo
scorso 14 settembre. Una provocazione
piccante, voluta non tanto per «attaccare
gli integralisti islamici, ma piuttosto
interpellare i politici che hanno votato
questa legge, che riteniamo
anticostituzionale». Ma di politici
neanche l’ombra. La sfilata delle niqabitch
ha piuttosto divertito i passanti che non
rifiutano di farsi fotografare con loro.
«Abbiamo veramente bisogno di una “legge
speciale burqa” per ricordarci che è vietato
obbligare un individuo a fare
qualcosa contro la sua volontà?», dicono le
ragazze in niqab e short.
La legge in questione prevede il divieto
di indossare burqa e niqab nei luoghi
pubblici, comprese le scuole; pena la
sanzione di 150 euro per le donne, fino a
30.000 euro e un anno di carcere per gli
uomini che le costringono a portare il velo.
L’articolo II-70 della Costituzione
europea recita che ogni persona ha
diritto alla "libertà di manifestare
la propria religione o la propria
convinzione individualmente o
collettivamente, in pubblico o in privato".
Tenendo alta la bandiera della liberté,
invece, il presidente Sarkozy dichiara che
il velo islamico risulta incompatibile coi
valori su cui si fonda la Repubblica. E
allora chi ha ragione? |
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