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Archivio Telegiornaliste anno VI N. 28 (245) del 6 settembre 2010
 
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MONITOR Margherita Rosciano: Buongiorno Regione! di Giuseppe Bosso

Nata a Napoli, Margherita Rosciano lavora al Tgr Campania. Una lunga esperienza a Canale 21, poi a Milano. Tornata nella sua città, è approdata in Rai.

Come sei arrivata al Tgr?
«Ho molti colleghi che avevo conosciuto frequentando il master dell'Università Suor Orsola Benincasa e che lavorano qui. Il direttore mi ha apprezzato subito, e ho colto al volo l'occasione».

Gioie e dolori di una tgista partenopea?
«Cerco sempre di guardare soprattutto alle cose positive, e ce ne sono tante in questa città che ti offre davvero tanti spunti su cui poter lavorare, dalla cronaca - purtroppo anche nera - agli eventi. Certo, non mancano i contro come gli orari difficili, ma credo che se hai determinazione, se ami questo lavoro, e io lo amo tantissimo, gavetta e sacrifici alla fine pagano. Ho una figlia piccola e non è facile destreggiarsi tra casa e redazione, ma anche questo fa parte del lavoro».

Sei uno dei volti di punta di Buongiorno Regione, la striscia quotidiana del tgr. Come vivi questa esperienza?
«È bello riscontrare l'affetto e il seguito delle persone che mi fermano per strada. Ho potuto constatarlo con grande gioia e soddisfazione».

L'esperienza che più ti ha colpito?
«Potrei citare il recente caso del bambino rapito e subito ritrovato a Nocera».

Mai ricevuto proposte indecenti?
«Raramente. Dipende da come ci si pone nei confronti del prossimo, e io da questo punto di vista ho sempre messo i puntini sulle 'i' fin dal principio con tutti, uomini e donne. Certo, essere carini e mostrarsi disponibili può aprirti tante porte, non solo sul lavoro. Ma se vuoi aprirle solo con queste doti e poi non riesci ad andare avanti?».

Avverti maschilismo tra i colleghi?
«Sì, purtroppo è una componente che avverto. Quando ero a Milano, devo dire, non tanto».

Quale volto di Napoli cerchi di raccontare?
«È casa mia. Sono stata benissimo a Milano, ma quando arrivi a una certa età ti trovi necessariamente a dover compiere delle scelte. Io ho deciso di tornare e ho ritrovato l'affetto e la stima di colleghi e amici che non mi avevano dimenticata. Per il resto credo che sia importante raccontare le cose in modo critico e obiettivo, senza amplificare gli aspetti negativi ma nemmeno celando le cose positive che abbiamo».

Il tuo domani è a Napoli o fuori?
«Sono contentissima di stare a casa mia, arrivare in Rai è stato un sogno che si è realizzato. È la strada che ho voluto percorrere e non sono pentita delle scelte che ho fatto».

Il digitale terrestre ha cambiato qualcosa per il tuo lavoro?
«Direi proprio di sì: ci sono più contenuti, più canali, più spazi per l'approfondimento. Un'opportunità colta positivamente in Rai».

Quanto conta per te l'immagine?
«Innegabilmente è il primo biglietto da visita con lo spettatore per chi lavora in tv. È anche un nostro dovere avere rispetto per il nostro aspetto e per una certa pulizia nel come ci presentiamo. Ovviamente ciò non deve andare a discapito della professionalità e della competenza».

La notizia che vorresti dare un giorno?
«Beh, a Napoli direi che c'è solo l'imbarazzo della scelta, dalla soluzione dell'emergenza rifiuti alla lotta alla disoccupazione e alla criminalità. Spero comunque di poter riportare cose positive, sempre con la massima criticità e obbiettività».

Come ti descrivi?
«Tenace, solare, molto legata all'amicizia e agli affetti. L'amicizia soprattutto, per me è un valore fondamentale, in particolare tra donne, anche se mi rendo conto che tra rivalità e competizione non è facile sviluppare rapporti duraturi. In questi tempi in cui si parla di legge bavaglio, ci tengo a dirlo, non è proprio facile zittirmi! Scherzi a parte, direi che è una vicenda piuttosto spinosa, ma è soprattutto una questione psicologica in cui si pongono molti colleghi che scendono a compromessi pur di non raccontare certe notizie scomode... ma non è il mio caso!».
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CRONACA IN ROSA Immagini di rientro al femminile di Erica Savazzi

Rientriamo dalla pausa estiva - magari passata senza tv né giornali - e ci troviamo davanti due belle immagini di fine estate: le foto di Sakineh e delle 500 hostess convocate e pagate (poco) per far da platea al leader libico Gheddafi. Ora, appassionati di enigmistica, giochiamo a trovare somiglianze e differenze.

Differenze, facile. Sakineh, donna che rischia la lapidazione, è stata frustata e con la violenza le è stata estorta una confessione di complicità in omicidio. La società civile internazionale si è mobilitate per lei.

Le hostess romane: pagate per vestirsi con tacchi e gonna e fingere di ascoltare la "lezione" di un dittatore che viene in Italia a fare spettacolo per raccogliere soldi con la promessa di fermare l'immigrazione clandestina, senza però specificare che fine fanno i fermati. Ovviamente le hostess non rischiano la vita, né l'arresto, né la violenza fisica. Rischiano però curiosità altrui, vergogna e prime pagine dei giornali.

Uguaglianze. Sono donne sfruttate. La prima in quanto donna e quindi oggetto senza diritti, le seconde in quanto donne carine e bisognose di uno straccio di lavoro. Forse le seconde potevano scegliere di rifiutare l'offerta di lavoro, mentre Sakineh non ha alcuna possibilità di far sentire la sua voce.

Uguale, invece, la "stima" verso l'universo femminile che notoriamente contraddistingue il regime iraniano, il leader libico, e anche i rappresentanti istituzionali italiani, che approvano e tacciono.

Due belle immagini per ritornare con gioia alla vita quotidiana. A voi scegliere quella che preferite.
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FORMAT Addio Mino di Pierpaolo Di Paolo

Qualcuno magari, alle prese col caldo e l'organizzazione delle vacanze, non l'avrà saputo. Il 16 luglio 2010, nel pieno di questa torrida estate, è venuto a mancare Mino Damato. Giornalista e conduttore, la sua vita è stata caratterizzata da un intenso impegno politico e sociale, in particolare in favore dei bambini malati di AIDS.

Damato inizia la carriera giornalistica in Rai nel 1968. Da inviato di guerra, testimonia gli orrori delle battaglie degli ultimi cinquant'anni: dal Vietnam alla Cambogia, fino all'Afghanistan.

Professionista valido, non è immune al fascino della televisione. Il suo spessore morale lo traghetta dai drammatici scenari di guerra a un deciso impegno in favore dei più deboli, senza però impedirgli tappe intermedie più leggere. Uomo dalle mille sfaccettature, è stato capace di alternare sempre con sano equilibrio momenti di grande intensità con attività più spensierate.

È stato abile conduttore di numerosi programmi televisivi, da Racconta la tua Storia a Italia sera, fino allo scanzonato e ironico salotto di Domenica In dei tempi dell'esilarante trio Lopez, Marchesini, Solenghi. Riesce a dare un taglio giornalistico a molti dei suoi programmi, non disdegnando però ironia e divertimento. In questo non è stato mai capito appieno, e come ogni comportamento non scontato e conformista, si è attirato sovente critiche e/o ironie. Resta celebre la sua camminata in diretta sui carboni ardenti, che ha ispirato le parodie prima di Ezio Greggio - che creò il personaggio Mino D'Amianto - e poi di Beppe Grillo, che in diretta compì la camminata su una pizza bollente.

Negli anni 90 Mino abbandona la televisione e inizia una sua personale battaglia sociale. Nel 1995 costituisce la Fondazione Bambini in Emergenza, per aiutare i bimbi malati di AIDS. Adotta Andreia, bambina rumena affetta dal terribile morbo dell'HIV. La piccola Andreia morirà nel 1996. Dopo aver costituito la fondazione anche in Romania, ne diventa presidente e direttore operativo. Negli stessi anni tenta una poco fortunata carriera politica, segnata da mancate elezioni e rotture con diversi partiti.
Ammalato da tempo, muore nell'ospedale San Bortolo di Vicenza dov'era ricoverato. Aveva 72 anni.

Significative e tristi le parole con cui lo ricorda la famiglia: «Mino era un uomo che guardava in alto cercando la sua luna senza fare come quelli che si fissano il dito. Ha vissuto da esploratore e pioniere mediatico, scientifico e anche politico e si è esposto al giudizio e alle critiche, spesso ingiuste, che vengono indirizzate solo a chi non vive di conformismo e banalità. Ha sempre indicato una strada davanti a sé. Non tutti hanno avuto il coraggio di seguirla. La sua solitudine è stata un segno distintivo di questi tempi aridi».
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HOT GIRLS Vedova del sesso di Valeria Scotti

Donne, non sposatevi. Niente abito bianco, principe azzurro inginocchiato, anello sbrilluccicante, cocchio e cavalli bianchi. Non fatelo.
I tempi attuali stupiscono. E se una volta ci raccontavano come il matrimonio si trasformasse ben presto nella tomba dell’amore, adesso siamo a uno step successivo. Il matrimonio sempre tomba è, ma del sesso. Il requiem dunque è servito.

Non c’è Viagra o filo di perizoma che tenga. Il sondaggio condotto nel Regno Unito parla chiaramente: sesso prima del matrimonio in media quattro volte a settimana; sesso dopo il sì, un giorno su sette. Se, e sottolineo se alla Mina, lui non si addormenta, i bambini non gridano, le partire sono posticipate.

Se, se, se. Insomma, se non mi sposo è perché mi voglio bene, e ne voglio anche alla mia parte più intima. Tenendo conto di quel 59% che ha confessato un altro piccolissimo particolare: il matrimonio fa calare terribilmente l’eccitazione, aumentando così la noia e la ripetitività. Il marito, in certi casi, diventa un amico. Solo un amico.

Poi ci sono quelli che credono di agire nel massimo della furbizia e confessano di aver trovato la soluzione: relazione extraconiugale. Allora sì che il sesso con l’amante diventa strabiliante, paradisiaco, da togliere il fiato.

Non date però la colpa ai fedifraghi. Semmai prendetevela con la società attuale, tuona il sondaggio, insieme allo stress e compagnia cantante. Noi ci facciamo prendere dalle corse, dallo stress e alla sera il letto è unicamente luogo di riposo, una barella ristoratrice nella corsia della nostra camera da letto.

Donne, ancora una volta: non sposatevi. E se proprio non potete farne a meno, ricordate di festeggiare la proposta d’amore attesa da una vita con una lunga notte di sesso.
Un addio straziante, a caratteri cubitali tra i titoli di coda della prestazione, vi sarà concesso.
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DONNE L’umana editoria di donna Elvira di Simona Di Martino

Signora del libro. Signora dell’editoria. Signora della cultura siciliana. La zarina di Palermo. Più semplicemente, donna Elvira. È scomparsa il 3 agosto 2010, Elvira Sellerio, editrice che ha sancito il successo internazionale dei romanzi di Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino, nonché degli ormai celeberrimi gialli di Andrea Camilleri.

Una vita dedicata ai libri, e attraverso i libri, alle persone. “Tanti libri, tante vite” amava dire. Ne è testimonianza la linea editoriale, poco interessata alla riuscita aziendale e alle vendite. “Pubblica i libri che presteresti agli amici”, le consigliava Sciascia. Ciò che veramente contava era il rapporto intimo e confidenziale coi lettori. “Siamo fuori dalle mode culturali, dalle pretese tendenze di mercato. Abbiamo invece fiducia nell’intelligenza del lettore”.

Una vita fatta di scelte coraggiose. Coraggio di rinunciare all’impiego di funzionario alla Regione, per scommettere una liquidazione di ben sei milioni di lire su una casa editrice che ambiva al nazionale in una città come Palermo, tutt’altro che centrale nel panorama editoriale italiano. Coraggio di pubblicare libri che non parlassero di politica, in un periodo, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, in cui tutto era politica, anche l’arte e la letteratura, con l’aggravante di operare in un settore ancora segnato dal protagonismo maschile. Coraggio di stare dalla parte della piccola editoria, a fronte della diffusa tendenza degli anni ’90 ad agglomerarsi in grosse multinazionali del libro.

“A che serve fabbricare best seller se non a concedersi questi lussi?” affermava con una punta di malizia tutta femminile. Un’audacia che col tempo ha dato i suoi buoni frutti. Da quel 1978, anno della pubblicazione de L’affaire Moro di Sciascia, al 1981, anno in cui Elvira scopre in uno schivo e nascosto professore di Comiso, il geniale Bufalino romanziere, di cui pubblica Diceria dell’untore. Il libro vince il premio Campiello nello stesso anno.

Elvira Sellerio viene nominata Cavaliere del lavoro nel 1989. Essere donna, essere siciliana: questa la motivazione che le assicurò il premio Marisa Bellisario nel 1991. Per ultimo, Giorgio Napolitano la nomina membro del cda Rai nel 1993. Anche lì, la “signora” (così la chiamavano in Rai) non perde occasione per farsi portavoce del Sud, e rilanciare il centro di produzione Rai di Napoli, sommerso dai debiti. Assieme a Giovanni Minoli, propone le fortunate fiction Un posto al sole e Agrodolce.

Sua la scelta di destinare, nel 2001, oltre 63 mila libri alle carceri italiane, perché, diceva: “Il libro è simbolo di libertà”.
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