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Telegiornaliste anno V N. 34 (205) del 28 settembre 2009
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MONITOR Carla
Guarnieri: Metropolis, l'oasi felice
di Giuseppe Bosso
Nata a Castellammare, Carla
Guarnieri dal 2006 lavora per Metropolis tv dove conduce il telegiornale.
Come sei arrivata a
Metropolis tg?
«Per caso, mentre frequentavo la facoltà di Scienze della Comunicazione di
Salerno. Nel dicembre 2005 l’emittente selezionava giovani giornalisti per il
neonato telegiornale. Mi sono presentata, ho fatto vari provini alla presenza di
giornalisti professionisti e affermati operatori di ripresa. A dicembre di
quell'anno mi laureai e a gennaio ero in redazione».
Inevitabile parlare della tragedia che ha colpito Castellammare, l’omicidio
Tommasino: che ricordo hai di lui?
«Prima ancora che entrasse in politica, lo conoscevo molto bene in quanto amico
di vecchia data di un mio zio. Lo ricordo come una persona gentile, seria,
disponibile, sempre pronta al confronto e al dialogo. Si è sempre messo in
discussione e ha sempre lottato per una politica pulita, come dimostrò quando
chiamò Striscia la notizia per segnalare irregolarità nelle elezioni del
direttivo cittadino dell'allora Margherita».
È una mazzata da cui la città può riprendersi?
«Negli ultimi mesi Castellammare ha vissuto una fase grigia, dopo che per lungo
tempo avevamo assistito ad una significativa ripresa con la realizzazione di
grandi opere, tanti investimenti e la promozione di eventi che hanno permesso
alla città di fare dei passi in avanti. Poi la brusca sterzata, con cinque
omicidi a distanza ravvicinata l’uno dall’altro, che hanno in gran parte
vanificato il lavoro che si era fatto. Ma sono convinta che abbiamo la forza di
rialzarci, come abbiamo dimostrato anche con la grande partecipazione alla
marcia anticamorra all’indomani dell’omicidio di Gino».
Ha suscitato polemiche l’annullamento della prevista visita di Magdi Allam,
che qualcuno maliziosamente ha voluto collegare proprio al clima seguente alla
morte di Tommasino: è un cattivo segno?
«Bisognerebbe chiedere a lui se la decisione di annullare la visita era
collegata all’omicidio. Ma non credo che in vita sua non gli sia capitato di
partecipare ad eventi organizzati in città dove erano avvenuti delitti, anche
efferati».
La cittadella della comunicazione, sede del network Metropolis, può definirsi
come un’oasi felice per giovani giornalisti?
«Certo, è una consolidata realtà in cui il lavoro dei giovani è ben coniugato
con quello degli esperti professionisti che hanno voluto credere in questa sfida
e che costituiscono un valore aggiunto per noi. Ma voglio sottolineare come il
ruolo delle forze giovani in questa redazione è tutt’altro che marginale. Siamo
cresciuti man mano proprio grazie a chi ha creduto in noi e non ci ha relegati
in un angolino».
Fare informazione in un territorio come quello della provincia campana impone
necessariamente contatti con autorità e istituzioni. Quali sono le migliori
regole per impostare queste relazioni?
«Ci siamo sempre presentati con professionalità, dimostrando a chi interloquisce
con noi che può fidarsi, e abbiamo creato dei rapporti basati sulla serietà e
sulla correttezza. Certo, si può incappare in qualche passo falso e ricucire i
rapporti spesso non è semplice. Oltre a questo, ovviamente, è importante che i
contatti siano frequenti e continui nel corso del tempo. La fiducia si
costruisce giorno dopo giorno, articolo dopo articolo».
Pro e contro di far parte di una redazione quasi interamente femminile?
«Prima che uomini e donne, siamo soprattutto giornalisti, ognuno col suo
carattere. Tra donne magari è più facile sviluppare una certa complicità, capire
se una collega sia più portata rispetto ad un’altra per un certo tipo di notizia
e così ci capita di decidere tra noi quali eventi seguire. Basta uno sguardo».
Di cosa non vorresti più dover parlare?
«D’impatto sceglierei gli incidenti stradali, specialmente quelli con giovani
vittime; è importante raccomandare sempre massima cautela nella circolazione
stradale e l’uso di quelle precauzioni come l’uso del casco e il rispetto dei
limiti della velocità. Troppi giovani perdono la vita sull'asfalto. Una strage
che va fermata».
Dove vuoi arrivare?
«La mia ambizione non è tanto un particolare network o canale, quanto la
crescita professionale che mi permetta anche di decodificare le notizie nella
maniera più giusta. Credo nel ruolo che riveste il giornalista nella società, e
sono contenta di poter crescere in questa realtà di Metropolis tv che spero
possa darmi le basi e gli strumenti per poter affrontare, un domani, magari una
realtà più complessa».
Quanto ha cambiato Facebook la tua vita?
«Sicuramente è uno strumento innovativo. Si è rapidamente imposto e, per chi fa
il nostro mestiere, ci permette di reperire notizie e contattare persone.
Facebook facilita il contatto con chi vogliamo intervistare e, del resto, le
stesse istituzioni si sono subito accorte delle enormi potenzialità di questo
strumento. Certo, non mancano le perplessità e le polemiche per una certa
invasività, che però può essere scardinata con le corrette opzioni d’uso». |
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CRONACA IN ROSA Semi-vivere
o semi-crepare di Federica
Santoro
La scorsa è stata la settimana delle prime case
consegnate ai terremotati abruzzesi. Un villaggio di una
quarantina di casette di legno, realizzate dalla
Provincia autonoma di Trento, grazie a 5 milioni
di euro di donazioni dei cittadini italiani raccolti dalla
Croce rossa, per gli sfollati di Onna. Una
soluzione transitoria che ha interessato solamente uno dei
tanti piccoli paesi rasi al suolo dal sisma, ma che alle
cronache è riuscito come la grande opera di un Governo che
ha mantenuto le promesse di ricostruzione entro i tempi.
Peccato che quel 6 aprile a crollare non furono solo le case
di Onna o dell’Aquila. Anche Castelnuovo, un borgo
medioevale, è stato totalmente distrutto, ma lì ancora non
ci si è degnati di togliere neppure le macerie. E a Tempera,
altro paesello, la maggior parte degli abitanti sta ancora
nelle tendopoli e sarà trasferita per l’inverno in alberghi
lontani anche ottanta chilometri.
Ovviamente qualcosa non torna, e mentre il Premier
distribuisce a destra e a manca abbracci, sorrisi e pacche
sulle spalle, il destino di migliaia di persone dipende
dalla classificazione di una casa: famiglie che dovranno
quasi sicuramente tornare a vivere nelle loro case, fino ad
una settimana fa classificate B e C, cioè lesionate dalle
scosse ed inagibili e che, dopo un’ordinanza, sono diventate
per magia semi-agibili.
La verità è che la vita va avanti per tutti, anche per chi
non ha più un soldo in tasca come molti sfollati. A L’Aquila
tante attività economiche hanno chiuso perciò per molti
manca il lavoro; c’è gente con il mutuo ancora da pagare
a cui toccherà farsi carico di tutto l’arretrato e degli
interessi, una volta scongelato il provvedimento di
sospensione.
Perciò caro Berlusconi, questo che ci stai propinando è un
altro dei tuoi castelli di sabbia, l’ennesimo specchio per
le allodole a cui l’opinione pubblica abboccherà per
mettersi a riparo la coscienza, senza accorgersi che il
prezzo da pagare per quest’illusione è come sempre molto
alto, questa volta troppo: sono vite umane. |
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FORMAT Il
pagellone di settembre di
Giuseppe Bosso
Sole splendente su Milly Carlucci. Non
sarà stata esaltante nemmeno questa edizione di
Miss Italia, ma la sua arrabbiatura nella
prima delle tre serate merita un applauso, così
come San Siro, negli anni 50, applaudì Liedholm
al suo primo passaggio sbagliato dopo tanti
anni. Cara Milly, non è certo un dramma:
scoprire che anche tu puoi incappare in qualche
gaffe ti rende ancora più simpatica e amata.
Sereno su Romanzo Criminale. Dalla
libreria al grande schermo e dal grande al
piccolo schermo, le vicende della banda della
Magliana, pur tanto vituperate da Alemanno mesi
fa, ottengono grande successo. Ma perché Italia
1 non la destina alla prima serata?
Soleggiante su Infostrada. Per una volta
è un piacere lodare una campagna pubblicitaria,
per il simpatico e doveroso omaggio reso a
Mike Bongiorno, con la complicità di
Fiorello e del figlio Leonardo.
Variabile su La valigia dei sogni.
Simone Annichiarico, figlio dell’indimenticato
Walter Chiari, ogni settimana ci porta alla
scoperta dei retroscena e delle curiosità legate
alle più belle pellicole del nostro cinema, nei
luoghi dove sono state girate scene che sono
pietre miliari della settima arte.
Poco nuvoloso su Simona Ventura e Stefano
Bettarini. È presto per dire se la nuova
edizione di Quelli che il calcio e...
sarà un successo, ma non possiamo non
apprezzare, per ora, l’esempio che l’ex coppia
ci ha dato dimostrando che, dopo il veleno
post-rottura, si può anche avere un rapporto di
stima e di collaborazione.
Foschia su Doc West. Non porta
molto bene a Terence Hill la "riscoperta" delle
origini, pur attorniato da un cast di tutto
rispetto (Ornella Muti, Paul Sorvino). Meglio
percorrere in bicicletta le strade di Gubbio con
la tonaca di Don Matteo piuttosto che
attraversare a cavallo il west con la pistola
nel cinturino.
Nebbia sulla miniserie Negli occhi
dell’assassino. Di Antonella Troise abbiamo
sentito parlare allo scoppio del caso Saccà.
Eravamo curiosi di vedere come se la cavava
nella recitazione, ma il risultato ha
rispecchiato le aspettative...
Pioggia su Alessia Marcuzzi e
Debora Villa, relegate in seconda serata da
Italia 1. Ma la nostra bocciatura va tanto al
prodotto quanto ai soliti "bacchettoni" che
meglio avrebbero fatto a concentrare le loro
attenzioni non solo sulla sitcom Così fan
tutte.
Temporale su Controcampo. Due sole
puntate sono state più che sufficienti a capire
che Maria Josè Lopez, ex (o no?) signora
Jimenez, non avrebbe conquistato le simpatie
degli spettatori dello storico programma
sportivo targato Mediaset. Meglio sorvolare
sulla stucchevole questione relativa al dubbio
se sia stata Italia 1 a darle il benservito o
lei a voler fuggire verso altri lidi. I fasti di
Elisabetta Canalis sono ben lontani, in bocca al
lupo a Melissa Satta.
Grandina su chi, nei giorni di lutto per
le ennesime vittime della follia talebana in
Afghanistan, non ha avuto riguardo per il
dolore dei familiari cadendo in inutili
polemiche.
Burrasca sui veri "farabutti" che
da fine agosto a questa parte stanno
ulteriormente rovinando il mondo
dell’informazione, dal caso Boffo-Feltri
alla questione del contratto di
Marco
Travaglio. |
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HOT GIRLS Professione:
pornostar antropologa di
Valeria Scotti
Studia che così ti fai una posizione. Lo sa bene
Aj Bailey, bionda, laureata in
antropologia e il sogno di un master al St
Andrews, istituto scozzese tra i più quotati
ove i membri della famiglia reale sono di casa.
Un’opportunità che costava troppo per lei, umile
centralinista dallo stipendio minimo. E neanche
la congiuntura economica l’ha aiutata. «Avevo
degli assegni, ma quando il cambio è diventato
sfavorevole al dollaro, non sapevo dove prendere
i restanti soldi, una cifra sulle ottomila
sterline».
A tutto c’è rimedio, ed ecco la soluzione più
rapida e indolore: trovare una seconda
professione. Niente baby sitter o colf. Gira che
ti rigira, l'occhio cade su un annuncio in cui
si ricercano modelle. E dopo un primo
trasferimento in Scozia, si apre per Aj un nuovo
mondo fatto di servizi fotografici. Subito le
copertine della rivista hard Hustler. Poi, la
consacrazione grazie a un contratto con la casa
di produzione porno Vivid Entertainment.
Specialità: pornolesbo.
Oggi Aj Bailey può dirsi realizzata: è un
curatore museale – attività che in realtà
non esercita perché «ora che lavoro con gli
uomini sembra essere un problema» – e prosegue
la sua scalata verso il successo come attrice a
luci rosse. Tanta fatica per nulla.
Fuori dal set, a farle compagnia, i libri di
Tolstoy e Oscar Wilde, in attesa che arrivi un
vero uomo a sconvolgerle la vita. Perché anche
la pornostar più acculturata al mondo, in fondo,
può soffrire di solitudine. |
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DONNE L'Iperborea
di Emilia Lodigiani
di Chiara Casadei
Facciamo un salto in Svezia, ma senza il
freddo pungente e l’aria gelida. Il nostro
viaggio è un percorso fra i libri di questa
terra nordica, del modo in cui sono arrivati
nelle nostre mani, ma soprattutto della
persona che ha reso possibile la loro
diffusione in Italia. Parliamo di Emilia
Lodigiani,, fondatrice di una piccola
casa editrice nata proprio con lo scopo di
diffondere la cultura svedese, e nordica più
in generale, nel nostro Paese.
Iperborea è la casa editrice da lei
fondata. Come è nato questo progetto e
perché si è scelto come focus la letteratura
del Nord-Europa?
«Innanzitutto l’intero progetto è partito
dal mio soggiorno in Francia, durato dieci
anni, durante il quale sono venuta a
contatto con un alto numero di libri nordici
attraverso una biblioteca davvero fornita.
Il primo step è stato uno studio su Tolkien
che mi ha avvicinata alla mitologia nordica,
poi un libro su Karen Blixen che avevo
progettato ma non preparato. Una volta
tornata in Italia, ho potuto constatare
l’assenza di letteratura nordica, e proprio
per questo ho creato Iperborea».
Il nome stesso di questo progetto è un
termine particolare, che ha un vago richiamo
mistico. Da cosa deriva questa scelta?
«Niente di mistico! Attenzione. Piuttosto di
mitico, profondamente radicato nei miti
greci; si parla infatti di 1000 anni fa.
Letteralmente è una terra leggendaria,
patria degli Iperborei, un popolo che viveva
in un luogo lontanissimo, situato da molti
nel nord-est europeo, avvolti da un alone di
mistero. Da un lato, quindi, si riferisce
alle stirpi dell’estremo nord, dall’altro a
una civiltà artica, coperta da un’aura
mitica e profondamente legata agli dei. Ho
cercato di scegliere un termine che
riuscisse in contemporanea a collegare la
nostra cultura mediterranea, che è il
contesto in cui nasce la casa editrice, e
andare a rispecchiarsi nella natura stessa
dei paesi nordici».
Fra i libri da voi pubblicati, ce n’è uno
in particolare che preferisce rispetto agli
altri?
«Considerato che ogni scelta verte
profondamente sulla mia soggettività, ogni
libro che decido di pubblicare deve in primo
luogo piacermi, quindi è difficile
sceglierne uno fra tutti gli altri. È un po’
come il rapporto tra madre e figli, in
ognuno dei libri da noi pubblicati c’è un
po’ di me, anche se chiaramente potrei
elencarle titoli e autori che ho apprezzato
un po’ di più. Da giovane avrei voluto
diventare scrittrice, non è stato possibile,
e ora il mio lavoro mi permette comunque di
comunicare qualcosa di mio, ma con parole
estremamente più belle».
Essendo a stretto contatto con
letterature provenienti da Paesi stranieri,
quali sono a suo parere le differenze più
marcate tra Italia e Nord Europa?
«Questa è una domanda da un milione di
dollari. Parlando di differenze per quanto
riguarda la letteratura, innanzitutto si può
parlare del rapporto con la natura. Se da
noi infatti è vista come benigna, amica, i
nordici hanno un rapporto ben più
controverso con questa. È una loro nemica, è
crudele e spietata. Sempre su questa linea
in più è rilevante il fatto che è proprio
svedese il primo studioso della flora
nordica, per cui se in Italia avremo una
frase come “Un uccellino si è posato su un
ramo”, in Svezia invece lo scrittore
sicuramente dirà anche che tipo di uccellino
e che tipo di ramo. Poi se noi siamo
cattolici, e questo si riscontra ampiamente
nella nostra letteratura, i nordici sono
protestanti, avranno quindi sempre un
assenza della figura divina. L’altro tema è
il rapporto uomo-donna: infatti avendo
lanciato il movimento di liberazione della
donna molto prima di noi, viene approfondita
la difficoltà dello scambio di ruoli e la
necessità di dare loro un equilibrio. Una
delle cose stimolanti della letteratura
nordica è che sono per tanti aspetti più
avanzati di noi, quindi i problemi li vedono
prima e li vivono prima».
Il mondo editoriale attuale e il mestiere
dell'editore: riuscirebbe a descrivere in
poche parole le gioie e le fatiche che
riguardano questo ambito lavorativo?
«Fare il piccolo editore è difficilissimo,
ed è sempre più raro essere indipendenti. Ci
sono tre grandi problemi: innanzitutto in
Italia si legge pochissimo, secondo le
statistiche il 50% della popolazione non
legge neanche un libro l’anno. Inoltre si
pensa di stimolare il mercato inserendo
novità, ma è come l’inflazione, perché
questo provoca ancora maggiori danni. Per
gli indipendenti invece il problema è che in
libreria ci sono sempre più catene, quindi
la scelta tende verso i bestsellers e le
novità piuttosto che verso l’editore di
catalogo. Nei 22 anni di vita di Iperborea
ho sicuramente assistito a un peggioramento
in questo senso. È raro per editori come noi
avere 150 libri (su 170 di catalogo) vivi,
continuamente ristampati».
Consigli utili per chi ha intenzione di
seguire le sue orme?
«Primo consiglio è desistere dal progetto,
perché col mercato attuale è molto
difficile. Però è anche vero che tutti
questi fenomeni portano alla continua
nascita di nuovi editori, infatti ci sarà
sempre spazio per quei titoli da mille,
massimo duemila, copie. Probabilmente in
futuro si andrà sempre meno verso la
libreria, ma si tenderà a vendere via
internet; l’ebook inoltre stimolerà anche la
nascita di piccoli editori, avendo costi di
produzione più bassi. Sarà quindi necessaria
un’apertura tecnologica che in passato non
era così fondamentale».
Lei è stata insignita nel 1996 del più
importante riconoscimento svedese a
cittadini stranieri, ovvero il titolo di
Cavaliere dell'Ordine della Stella Polare.
Come si è sentita quando ha saputo la
notizia?
«Ovviamente molto felice e onorata, come
sempre stupefatta del valore che i nordici
danno alla cultura. Credo che in Italia a
stento si sarebbero accorti che io esistevo.
In Svezia non solo se ne sono accorti, ma il
fatto di dare un’onorificenza così
importante per il solo fatto che promuovevo
la loro cultura all’estero è simbolico di
quanto sono diversi da noi. E hanno
continuato a darci premi, l’ultimo ricevuto
l’ho trovato particolarmente bello. È un
riconoscimento a pari merito con Ikea per la
promozione dell’immagine della Svezia
all’estero. Iperborea, con le sue minuscole
dimensioni, messa sullo stesso piano di
Ikea, con ben altro impatto economico, è
stato un importante traguardo per noi».
Emilia Lodigiani non è solo una donna
manager nel campo dell'editoria, ci saranno
tante altre curiosità da sapere sul suo
conto. Ci può svelare qualcosa tra hobby,
passatempi o interessi di cui si occupa?
«Mi piace camminare. Kierkegaard sosteneva
che non c’era problema che non fosse
riuscito a risolvere camminando. Io non la
penso come lui, perché non ho risolto più o
meno niente, però ho avuto un’esperienza
meravigliosa nella mia vita: sono andata a
piedi fino a Santiago de Compostela. E
questo lo consiglio a tutti, cambia la
vita». |
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scuro di mezzanotte, il libro di Salvo Sottile di
Pierpaolo Di Paolo
Dopo il successo del primo romanzo, Maqeda, destinato a
diventare presto un film, arriva Più scuro di mezzanotte, il nuovo
best seller di Salvo Sottile. «Una
storia di mafia», come è stata definita dagli editori, ma il suo autore
non ci sta e si dissocia apertamente da questa banale semplificazione. «La
mia non è una semplice storia di mafia, è molto di più: un giallo, un libro
carico di suspense. Il titolo sottolinea le difficoltà e la durezza della
situazione delle due protagoniste, ma è anche un modo di dire siciliano per
sottintendere che peggio di così non potrà mai andare, che dopo la notte,
alla fine, arriva pur sempre l'alba. Le protagoniste sono due donne. Gli
uomini, al massimo, si limitano a fare le comparse. Mafiosi compresi».
La storia è ambientata nei quartieri di Palermo, una città mostrata nei suoi
tratti più veri, quotidiani, lontani dalle stilizzazioni e dai cliché
cinematografici.
«Credo - aggiunge Salvo - che in questo periodo di letteratura e cinema
alla Gomorra ci stiamo dimenticando degli aspetti più veri, vicini alla
vita di tutti i giorni. Nel mio libro ho cercato di recuperare questo
aspetto».
Poi, forse non troppo generoso nei confronti del lavoro dello scrittore
napoletano, sottolinea: «Saviano è di moda, ma contro la camorra
serve partecipazione. Spero per Roberto che tutta questa mobilitazione
mediatica intorno a lui si esaurisca presto. Lo spero per lui e per la sua
causa: solo lontano dai riflettori potrà lavorare seriamente contro la
camorra».
Dichiarazioni che hanno generato i dubbi maliziosi di quanti
ritengono che queste parole non nascano da una profonda convinzione,
piuttosto da un sentimento di competizione. Certo è poco verosimile che un
lavoro di denuncia quale quello di Saviano possa sortire effetti rilevanti
una volta spentasi l'attenzione generale.
Tuttavia, non volendo cedere al richiamo di malpensanti interpretazioni, a
Saviano non resta che ricambiare l'augurio del giornalista palermitano,
affinché anche il suo Più scuro di mezzanotte non sollevi riflettori
troppo abbaglianti.
Si sa mai che, in tal modo, il romanzo non riesca maggiormente nel messaggio
che il suo autore intende trasmettere. |
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SPORTIVA Scopone
scientifico, il gioco diventa rosa
di Pierpaolo Di Paolo
Anche quest'anno, come ormai dal 2001, si è svolto
il torneo nazionale di scopone scientifico
organizzato dall'A.S.Co.V., associazione affiliata
alla F.I.G.S.(Federazione Italiana Gioco Scopone).
L'11, 12 e 13 settembre 2009 i migliori giocatori
provenienti da tutta Italia - e perfino dalla
Svizzera - si son dati appuntamento presso l'Hotel
Oasi di Kufra a Sabaudia. Trentacinque coppie di
Bari, Lecce, Napoli, Salerno, Roma, La Spezia,
Genova, Milano, Torino e Bellinzona hanno incrociato
i guantoni sul tavolo verde per stabilire chi fosse
il più forte. Per la cronaca, il trofeo è andato a
Napoli grazie alla vittoria della coppia composta da
Michele Aurino e Alfredo Gargano.
Dello scopone ci siamo già occupati
con l'intervista a Lucia Correale, presidente
dell'A.S.Co.V. e consigliere della F.I.G.S. È un
gioco di strategia, tecnica, intuito e intesa col
socio che non ha nulla da invidiare a discipline più
diffuse come scacchi e bridge. Come in tutti i
giochi di logica matematica, anche qui non esiste
ancora una grande tradizione in favore delle donne.
I migliori giocatori sono quasi tutti uomini.
Tuttavia, è un divario che va assottigliandosi ogni
giorno di più. A Sabaudia erano presenti 23 donne
su 70 giocatori complessivi. Nessuna di queste è
giunta sul podio, ma è un dato che la partecipazione
femminile aumenta, e con essa il livello delle
giocatrici si fa sempre più competitivo.
Il sorpasso è possibile, anche perché grinta e
determinazione non mancano. «Quest'anno non ho
potuto esserci - spiega Claudia Prosperi che, coi
suoi 29 anni, è la più giovane e promettente
giocatrice della Federazione - ma l'anno
prossimo ci sarò certamente. Amo lo scopone perché è
un gioco di logica e come tale mi affascina pensare
che la mia sia superiore a quella degli avversari.
Se poi collima con quella del socio, diventa un'overdose
adrenalinica. Gioco sempre contro i più forti,
così da poter imparare da loro e provare maggiore
soddisfazione in caso di vittoria. Il fatto di
essere così giovane è dalla mia, l'avversario spesso
mi sottovaluta improvvisando azzardi che paga. Il
mio obiettivo è diventare la migliore». Rapidità di
calcolo, ambizione e cattiveria agonistica ci sono
tutte.
Non c'è che dire, i maschietti sono avvisati. |
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