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Telegiornaliste anno V N. 31 (202) del 7 settembre 2009
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MONITOR Luisa
Del Sorbo, l'impegno di una giornalista manager
di Giuseppe Bosso
Giornalista pubblicista dal 2002,
Luisa Del Sorbo inizia la
sua carriera con il quotidiano Il Roma nel 1999. Approda poi a Il Mattino come
collaboratrice dall’area torrese-stabiese. Oggi è socia e Comunication Manager
della società 30Nodi che punta a promuovere due settori considerati vitali per
l’economia campana quali il turismo nautico ed enogastronomico.
Luisa, come nasce
30Nodi e quali sono i suoi obiettivi?
«Nasce per promuovere e diffondere tutto ciò che di bello e buono c’è nel Sud
Italia, in particolar modo in Campania. Una grande impresa, il cui percorso
diventa ogni giorno più entusiasmante grazie soprattutto ai miei tre soci:
Carotenuto, Gentile e Sangiovanni. Tre grandi imprenditori impegnati in altri
settori che hanno creduto in questo progetto e, da anni, investono sui propri
territori di origine per garantire crescita culturale, sociale ed economica alla
nostra regione».
Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato?
«L’incredulità. La gente cerca quasi sempre di capire dove sta la fregatura
anche quando la fregatura non c’è, ma la nostra sfida è anche quella allo
scetticismo».
Come deve porsi un giornalista nella descrizione dei luoghi di mare?
«Deve trasmettere emozioni, a differenza che in altri settori come la cronaca e
la politica, in cui è inevitabile mantenere un certo distacco dal momento che
l’oggettività è essenziale. Dobbiamo fare in modo che, attraverso la lettura
degli articoli e la visione dei programmi, si abbia la sensazione di trovarsi in
quei luoghi, di vivere quelle emozioni, assaggiare quei prodotti».
La rinascita della Campania passa anche per la tavola e per il turismo?
«Sì, sono proprio questi i settori che più di altri possono essere vitali per la
ripresa economica. Il turismo nautico ed enogastronomico sono dei veri punti di
forza. Del resto, direi che lo stile campano, lo stile italiano, sono i migliori
al mondo, ricercati dagli appassionati di barche. Sulla gastronomia poi, cosa
dire? I prodotti e le ricette si presentano da soli. Ed è proprio quello che
cerchiamo di promuovere noi: eventi come la regata delle Torri Saracene che
attirano sempre molto pubblico, oppure raccontare del ristorante La Caravella di
Amalfi, conosciutissimo e apprezzato dai turisti e dagli esperti di settore».
Ti senti più manager o giornalista?
«Metà e metà! (ride, ndr) Scherzi a parte, i due ruoli non camminano mai
da soli, l’uno è complementare all’altro. Come imprenditrice è importante saper
comunicare attivamente sia con i miei soci che con i terzi, mentre come
giornalista non deve mancare l’inventiva che contraddistingue gli imprenditori».
Com’è la tua giornata tipo?
«Molto piena. La mattina presto incontro i miei collaboratori. Poi inizia il
tour delle visite alle aziende e ai luoghi di cui ci occupiamo. A pranzo, cerco
sempre di essere con il mio staff, perché per me è una cosa fondamentale fare
squadra e questo passa attraverso un continuo e proficuo contatto. Sono riuscita
a sviluppare un gruppo che ritengo una vera e propria famiglia su cui posso
contare non solo in ambito professionale, ma anche nelle difficoltà della vita
di tutti i giorni. Riprendo poi il solito tour fino alle 20, quando posso
staccare e vivere da ventottenne sbarazzina, a meno che ovviamente non ci siano
eventi o serate particolari».
Le nuove tecnologie: un’incognita o una risorsa?
«Una risorsa, a maggior ragione in quest’epoca in cui i sistemi di comunicazione
sono rapidissimi. Per esempio ho scoperto in Facebook una grande opportunità di
comunicazione. Non è solo un modo per chattare, ma anche e soprattutto uno
strumento che consente di dare un volto alle aziende, di permettere ai clienti,
ai consumatori, di poter comprendere e conoscere meglio coloro con cui si
trovano ad interagire e trattare, ed è una novità che ha modificato
profondamente la filosofia aziendale di oggi. Il discorso vale anche per gli
altri mezzi che si stanno sviluppando, a patto però che vengano impiegati nel
modo giusto».
L’esperienza più curiosa che hai vissuto come giornalista?
«Pur avendo girato molto in tutto il mondo, da Miami alla Francia, un posto che
mi è rimasto impresso è a pochi passi da casa mia, sui Monti Lattari. Mi trovavo
per lavoro ad Amalfi e ho scoperto per caso questo posto meraviglioso con delle
cascate a dir poco spettacolari».
Cosa rappresenta per te il mare?
«Un senso di liberazione. Nei momenti di tristezza mi capita di passeggiare
lungo la costa ed è una grande opportunità per riflettere sull’infinito che è il
mare stesso. Proprio la grandezza del mare mi fa capire che non ci sono
difficoltà insuperabili; è un punto di forza e un elemento di comunicazione con
me stessa».
Cosa vedi nel domani?
«Una squadra sempre più grande, con un grande progetto per un grande territorio,
circondata dagli affetti di sempre, rispettando sempre quei valori con cui sono
cresciuta, che porto sempre dentro e che cerco di trasmettere. Ma sono sempre
gli affetti, i miei cari, i miei amici, i miei soci, il vero asso nella manica».
Un aggettivo per descriverti come donna e come giornalista?
«Grande sognatrice, troppo romantica e soprattutto testarda. Quando mi metto in
testa qualcosa, lavoro fino in fondo per portarla a termine. E aggiungo anche
coraggiosa, cosa che non è facile nella nostra regione». |
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CRONACA IN ROSA Italia-Germania
0-1
di Erica Savazzi
Tubinga è una città universitaria nel
cuore della Germania. Lì hanno studiato, tra
gli altri, il filosofo Hegel, il fisico
Keplero e l'attuale papa Benedetto XVI.
Capita che a Tubinga, mentre ceni con una
Wiener Schnitzel gigante, due signori in
maglietta e pantaloncini si siedano al tuo
tavolo perché non ci sono altri posti
disponibili. Capita poi che i due signori si
mettano a conversare con te – italiano – in
un misto di tedesco, inglese e gestualità.
Capita anche che ci si capisca e che si rida
insieme. I due signori, uno in pensione da
tre anni, l'altro con ancora un paio d'anni
di lavoro davanti a sé, stanno facendo una
settimana di vacanza in bicicletta,
mogli rigorosamente lasciate a casa,
dormendo negli ostelli della gioventù.
Cosa c'è che non va in questa storia (vera)
per la mentalità italiana? Punto
primo: come hanno osato disturbare la
privacy altrui inserendosi in discorsi e
cene di gente con la quale peraltro era
difficile comunicare? Punto secondo: come è
possibile che maturi signori passino le loro
vacanze facendo chilometri in bici? E per di
più girando per ostelli? Sfido coscritti
italiani a comportarsi nello stesso modo.
Il discorso continua e inevitabilmente salta
fuori il nostro primario prodotto da
esportazione, quello che ci rappresenta di
fronte alle altre nazioni. Il parmigiano?
No, il premier, Silvio Berlusconi. E giù
grosse risate. Mi sono vergognata.
Così come mi ero vergognata nel lontano
2002, in Erasmus a Parigi. Il tempo passa,
ma la sensazione resta.
Pensandoci bene Berlusconi ha solo pochi
anni più dei signori tedeschi (il più
vecchio ne aveva 68), ma già da qualche anno
si è dato alle tinte e al trapianto di
capelli. Magari, più che la chimica o la
chirurgia, gli avrebbe giovato inforcare la
bici e darsi allo sport, che fa bene
al corpo, ma anche alla mente. Dai tedeschi
sarebbe stato sicuramente più apprezzato. |
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Enza
Ruggiero, brio e simpatia in tv
di Giuseppe Bosso
In un assolato pomeriggio estivo incontriamo la
bella Enza Ruggiero, volto noto al
pubblico campano, soprattutto ai telespettatori
del programma dedicato al by night Stress di
notte, del quale è stata per otto stagioni
la frizzante inviata al fianco del patron
Enzo Pellegrino. Successivamente è approdata
all’emittente Irpinia Tv alla conduzione
del contenitore Break e del programma
Bacco per bacco. Da un anno ha iniziato su
Telecolore il programma Invito a Nozze.
Vanta anche una parentesi cinematografica nelle
pellicole Amore con la S maiuscola (di
Paolo Costella, con Lunetta Savino e
Biagio Izzo) e Under the Sky (di
Michelangelo Antonucci, con Fabio Testi e
Clarissa Burt).
Enza, parlaci del tuo programma Invito a
nozze.
«È una produzione in cui ho creduto molto, con
una conduzione briosa e un montaggio molto
curato. Seguiamo il giorno del matrimonio di una
coppia attraverso le emozioni sia degli sposi
che dei familiari. Ci tengo soprattutto a
ringraziare Valentino Sorrentino che mi affianca
nel progetto».
Parliamo di
Stress di notte che ti ha lanciata. Come
valuti questa esperienza?
«Ottima. Sono stati nove anni importanti per me,
in cui ho potuto iniziare il mio cammino nel
mondo dello spettacolo, gli ultimi due seguendo
soprattutto gli eventi come membro dello staff
Dolce Vita. Sarò sempre grata ad Enzo
Pellegrino per avermi dato fiducia. Ricordo il
nostro primo incontro, quando mi chiese se avevo
visto il programma. Mentii perché non avevo la
più pallida idea di cosa trattasse la
trasmissione, e quando andammo nel primo locale
e Pellegrino mi disse “intervista la gente e poi
il proprietario”. Le prime interviste furono
piuttosto rigide, ma Enzo mi ha dato sempre
fiducia e, giorno dopo giorno, ho imparato
quegli schemi e quei meccanismi che hanno fatto
la fortuna di questa trasmissione. La nostra
attenzione non era solo per i locali, abbiamo
anche seguito eventi come il Festival di Sanremo
o il Festival di Giffoni Valle Piana,
intervistando sia gente comune che artisti dello
spettacolo».
Quindi è stata una buona palestra, per te?
«Assolutamente sì. In più, mi ha permesso di
potermi pagare gli studi, richiedendomi un
impegno di soli due o tre giorni a settimana.
Per me è stata la trasmissione ideale, visto che
amo stare tra la gente e socializzare anche con
chi, a prima vista, può apparire introverso ed
emarginato. È una cosa che faccio anche nella
vita di tutti i giorni».
Tra i personaggi che hai intervistato quali
ti hanno colpito di più?
«Intervistare Gabriel Garko non è stato facile,
risponde per monosillabi. Mi sono trovata
benissimo, invece, con persone come Lino Banfi,
Christian De Sica ed Ezio Greggio. E anche con
Michelle Hunziker, una ragazza davvero semplice
e solare. Mi sarebbe piaciuto intervistare anche
Simona Ventura e Paolo Bonolis, ma non ho mai
avuto modo di conoscerli».
La tua esuberanza negli anni di Stress di
notte ti ha procurato molti fan ma anche dei
critici, spesso poco lusinghieri come si legge
in alcuni siti. Cosa ne pensi?
«Mi dispiace, lo ammetto, leggere commenti poco
carini nei miei confronti, ma ci sta anche
questo nel nostro lavoro. Vanno valutate e da
queste si possono trarre spunti per migliorare».
La dimensione provinciale ti sta stretta?
«Sarei ipocrita a dire che non sogno il grande
salto, si spera sempre di poter migliorare e
andare oltre le emittenti locali, che pure ti
permettono tanto. Sono legata alle mie
esperienze di ieri e di oggi, ma se mi si
presentasse una grande occasione a Roma o Milano
credo la coglierei, a patto di poter partecipare
a progetti concreti».
Una mano potrebbe venire dal definitivo
lancio del digitale terrestre: per te è
un’occasione o un’incognita?
«Ogni cambiamento si presenta pieno di
incognite, da sempre, ma vedo che ci sono anche
molte possibilità da saper sfruttare. Un aumento
di domanda e di offerta, a patto di saper
utilizzare nel modo giusto il mezzo».
Il programma che sogni di condurre?
«Vorrei fare qualcosa del tipo di Scherzi a
parte, qualcosa che faccia divertire la
gente senza cadere nelle solite banalità, che
crei risate pulite. Magari con giochi che
possano coinvolgere sia persone comuni che
personaggi noti, dei quali il pubblico vuole
sempre sapere ogni cosa. Insomma, qualcosa che
faccia ridere bene!»
Cosa vedi nel tuo domani?
«Non è facile fare progetti a lunga scadenza, il
lavoro spesso è precario e quindi non mi dà
molte possibilità di poter pensare a quello che
verrà. Comunque sogno una famiglia, un marito e
dei bambini, ma certo non al punto di rimanere
in casa 24 ore su 24. Non potrei mai rinunciare
ad affermarmi professionalmente. È per questo
che sono sempre in giro, con la valigia in mano,
pronta a partire per nuove esperienze».
Un aggettivo per descriverti?
«Mi dicono che sono solare e anche comica (ride,
ndr), ma non ho ancora capito perché...» |
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Regina
di plastica
di Valeria Scotti
A noi scettici hanno detto che la chirurgia
estetica ha tanti pregi, come quello di
migliorare l'autostima. Un settore che, in
effetti, non conosce crisi. In Italia, a
sottoporsi a interventi di vario genere, sono
soprattutto donne di età compresa tra i 35 e i
55 anni. Correzione delle palpebre superiori
cadenti, aumento del seno. A costo di fare delle
rinunce e di tagliare sulle vacanze,
sull'abbigliamento, ovunque.
C’è poi chi supera il limite. A parole - «Un
giorno ho capito di essere la reincarnazione
della regina egizia Nefertiti» – e con i
fatti. Da vent'anni ormai Nileen Namita
si è data anima e corpo al suo 'progetto'. Ben
200mila i dollari spesi per sottoporsi a 51
interventi di chirurgia plastica e
rimodellare il suo corpo in funzione di quella
antica bellezza del Nilo. Otto interventi al
naso, tre impianti al mento, cinque lifting agli
occhi, tre lifting al viso, due interventi alle
labbra.
Oggi Nileen ha quarantanove anni, vive a
Brighton e fa l'artista. «Sin da piccola volevo
assomigliare a Nefertiti. Avevo delle visioni:
riuscivo a immaginarmi dove viveva, le sue
stanze, persino il cibo che mangiava. A 23 anni
ho iniziato pure un ciclo di psicoterapia».
Tutto inutile: la sua ossessione sopra
ogni altra cosa.
Due divorzi alle spalle, tre figli per nulla
sconvolti («La più piccola approva le mie scelte
ed è contenta di avere una madre dall’aspetto
giovanile»), Nileen ammette orgogliosa: «Sto
attenta all'alimentazione, non ho la cellulite e
dimostro 25 anni. Ricevo attenzioni da uomini
molto più giovani di me, anche ventenni».
Ma non si è ancora arresa: «I lavori sono ancora
in corso. Vorrei che le labbra fossero un
pochino più affinate e ho in programma della
chirurgia sul naso per sistemare le narici».
Quando l'insoddisfazione di una vita
passa per il bisturi e qui cerca un rifugio.
Disperatamente. |
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DONNE Ingrid,
la "semplice" star di Deborah Iaizzo
«Io sono un Flygande fagel, un
uccello che non sta mai fermo e vola continuamente»; «La felicità è fatta di
buona salute e cattiva memoria». Due frasi - la prima la scrisse in una lettera
indirizzata a sua cugina, la seconda era solita ripeterla durante le interviste
- di una delle donne più belle e più determinate che abbiano mai fatto parte
dello star system hollywoodiano: Ingrid Bergman.
Ingrid nasce a Stoccolma il 29 agosto 1915.
La sua infanzia è segnata dalla perdita di entrambi i genitori e, allo stesso
tempo, da una grande passione nei confronti del teatro. Il 1935 è un anno
fondamentale sia per la sua vita privata, che per la sua carriera: conosce Peter
Lindstom, che diverrà suo marito, e ottiene il suo
primo ruolo nel film Il conte della
città vecchia.
Solo qualche anno dopo, grazie al film
Intermezzo e al produttore David O.
Selznick, ottiene una grande visibilità. Decide quindi di allontanarsi
momentaneamente dalla Svezia e dalla figlia Pia, per andare nel luogo che
rappresenta per lei la favola che si realizza: l’America. Qui riesce a
far trasparire la sua personalità, divenendo rapidamente molto popolare.
Interpreta capolavori come
Casablanca, Per chi suona la campana,
Angoscia, Notorious e
Giovanna D’Arco. Vince il primo Oscar
come migliore attrice per il film Le
campane di Santa Maria nel 1945.
Stufa della monotonia americana e
appassionata di cinema neorealista italiano, scrive una lettera indirizzata al
regista
Roberto Rossellini dove si dichiara
pronta a lavorare per lui: «Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla
inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi
capire in francese, e in italiano sa solo dire “ti amo”, sono pronta a venire in
Italia per lavorare con lei». Nel 1949 iniziano le riprese di Stromboli terra
di Dio. Nello stesso anno Ingrid sveste i panni dello stereotipo di donna e
madre perfetta, innamorandosi di Rossellini e scatenando il disprezzo degli
americani. In seguito sposerà il regista italiano, dal quale avrà tre figli.
Con il film Anastasia vince il suo
secondo Oscar e riconquista l’America. Separatasi, sposa Lars Schmidt, un
impresario teatrale svedese. Nel 1975 arriva il terzo premio Oscar, come attrice
non protagonista, con il film Assassinio sull’Orient Express. Lavora
assieme al più prestigioso regista svedese, Ingmar Bergman, nel film
Sinfonia d’Autunno. Questa pellicola le permetterà di raggiungere il
successo vero, l'unione tra
talento e passione: «Il film è
come un sogno, è come musica. Nessuna espressione artistica travolge la nostra
coscienza allo stesso livello del film, perché giunge direttamente ai nostri
sentimenti, e alle camere più oscure della nostra anima». Si spegne nel giorno
del suo sessantasettesimo compleanno, a Londra, per un tumore al seno.
A differenza di molte sue colleghe, la
vecchiaia non l’ha mai spaventata.
Saggia, paurosa, ma agli occhi di tutti
coraggiosa e determinata, la Bergman ha
conservato la compostezza che caratterizza
le persone di origini nordiche. Guardando i
suoi occhi, ci chiediamo quale sia stata la
maschera che si avvicinava maggiormente alla
vera Ingrid. Sarà per sempre un mistero.
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TELEGIORNALISTI Addio
Gazzaniga di Giuseppe Bosso
Se n’è andato quasi in silenzio Gian Maria Gazzaniga, in una afosa
giornata di metà agosto, in quella Milano che ormai lo aveva adottato. A
cominciare dai due club cittadini che, per una volta, hanno messo da parte
la tradizionale rivalità per unirsi nella perdita di una figura vicina tanto
ai colori rossoneri quanto a quelli nerazzurri.
Per il presidente del Coni, Giovanni Petrucci, Gazzaniga «è stato un amico,
maestro del giornalismo e professionista esemplare», mentre il presidente
della Figc, Giancarlo Abete, lo ricorda come «una firma storica del
giornalismo sportivo che ha dedicato quarant'anni della sua carriera al
mondo del calcio, raccontandone con passione e sana ironia le emozioni».
Gian Maria Gazzaniga nacque a Codevilla, piccolo centro del pavese, nel
giugno del 1927 e, prima di conquistare la grande notorietà come
opinionista calcistico, scrisse per quotidiani come Tuttosport,
Il Giornale, Libero e Il Giorno. Nella redazione di
quest’ultimo incontrò quello che sarebbe diventato suo scopritore, un’altra
firma storica che purtroppo ci ha lasciati da qualche anno, Gianni Brera.
Fu lui a indirizzarlo verso le cronache pedatorie, croce e delizia
degli italiani.
Poi, l’incontro con Aldo Biscardi che lo volle al suo Processo,
dove si distinse per le opinioni controcorrenti, ma mai urlate.
Schietto e deciso nelle sue pagelle, Gazzaniga non ha mai risparmiato
nessuno, da Rivera a Cabrini, da Maradona a Kakà, a testimonianza di come
abbia percorso con le stesse convinzioni e con lo stesso stile epoche e
campioni così diversi tra loro. |
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SPORTIVA Una
questione di sesso
di Pierpaolo Di Paolo
È il personaggio più discusso e controverso del
momento. Caster Mokgadi Semenya è apparsa da
pochi mesi nel panorama del mezzofondo, ma il suo
ingresso è stato travolgente. Quest'anno ha
vinto i campionati nazionali percorrendo gli 800m in
un eccezionale 1'56''72: record del suo Paese e
qualificazione mondiale assicurati. È proprio ai
mondiali di Berlino che la 19enne sudafricana
sbaraglia tutte le avversarie, accaparrandosi l'oro.
Fin qui, tutto sembrerebbe rientrare nel "solito"
cliché del nuovo straordinario talento che emerge e
surclassa i vecchi normali campioni. Tuttavia
gravi dubbi ed accese polemiche si stanno addensando
su queste prestazioni strabilianti. L'aspetto di
Caster, i suoi lineamenti, la muscolatura, perfino
la voce, sono troppo simili a quelli di un uomo.
Durissimo il commento dell'azzurra Elisa Cusma:
«Io quella che ha vinto, la sudafricana Semenya,
nemmeno la considero. Per me non è una donna, e mi
dispiace anche per le altre. Deve fare il test della
femminilità? Intanto a questa gente fanno vincere
medaglie. È inutile giocare con queste cose, e non è
giusto».
Le polemiche sono divampate e la
Iaaf ha immediatamente disposto gli esami per
accertare l'identità sessuale di Caster. Viene da
pensare che forse si stia eccedendo anzitempo con
prese di posizione e comportamenti gratuitamente
mortificanti nei confronti della giovane ragazza.
Dichiarazioni che sarebbero comprensibili solo una
volta che i risultati degli esami fossero stati
acquisiti, ma che ora suonano solo come
un'aggressione, ingiustificata e priva di buon
senso, alla dignità della persona.
Fortunatamente qualcuno sembra accorgersene:
«Vogliamo esprimere il nostro disappunto per il modo
in cui la signorina Semenya è stata trattata», tuona
il Presidente del Sudafrica Jacob Zuma, «una
cosa è impedire che qualche atleta bari, ben altra è
umiliare pubblicamente le persone».
Gli fa eco l'azzurro Alex Schwazer: «Questa
ragazza si è allenata tantissimo e non si è fatta
prendere dal panico per il Mondiale, dominando la
sua gara. Poi le hanno detto che era un uomo: come
vi sentireste? Io credo che bisognerebbe mettersi
anche nei suoi panni, e quindi che bisogna portarle
più rispetto di quanto è accaduto finora.
Pensiamoci...».
L'attesa per l'esito di questo teatrino si è fatta
spasmodica al punto che perfino i bookmakers inglesi
hanno deciso di lanciare le loro quote: Caster
maschio è dato 25 volte la posta. Nel frattempo,
non trovando nulla di decoroso nello scommettere
sulla sessualità della gente, sarebbe certamente
auspicabile che anche i nostri campioni pensassero a
parlare di meno e correre di più soprattutto dopo
che, fino a prova contraria, sono stati battuti sul
campo. |
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