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Telegiornaliste anno V N. 30 (201) del 3 agosto 2009
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MONITOR Lucia
Pescio: ecco perché il mondo dell'informazione è cambiato
di Valeria Scotti
Giornalista professionista,
Lucia Pescio lavora dal 2000 per l’emittente ligure
Primocanale. Cronista e conduttrice presso la redazione provinciale di Imperia,
realizza i servizi quotidiani per il tg regionale, curando in particolare la
cronaca bianca, nera e servizi di colore. Conduce la finestra imperiese della
trasmissione Liguria in diretta Mattina con la rassegna stampa dei
giornali locali e le ultimissime della notte. Ha inoltre condotto e curato la
rubrica letteraria settimanale Parole in Libertà dedicata ai classici
della letteratura italiana e straniera.
Il tuo esordio nel mondo del giornalismo?
«Ho varcato la redazione imperiese di Primocanale all'età di 22 anni. Stavo
finendo la mia tesi su d'Annunzio, sapevo per certo che non avrei mai insegnato
- perché non ho pazienza - e mi è sempre piaciuto scrivere, così ho provato. Il
provino è andato bene. Ho iniziato come conduttrice, firmando anche i primi
servizi dal ponente ligure. Poi il grande salto nella cronaca: luglio 2001, il
G8 di Genova. Sono stata chiamata per seguire l'evento durante quella settimana
come inviata dalla Questura prima, e dagli ospedali genovesi poi, quando
iniziarono gli scontri. Avevo una paura folle, ma è andata bene.
Professionalmente è stata la settimana più importante della mia vita. Dovrò
sempre ringraziare l'allora direttore Ilaria Cavo per questa grande
opportunità».
La tua esperienza a Primocanale?
«L'esperienza a Primocanale in questi anni è stata fondamentale per imparare il
"mestiere", una vera palestra dell'informazione. È una tv giovane che punta
tutto sull'essere una emittente di servizio, con dirette continue. Bisogna
essere sempre pronti ad andare in onda. La mission? Velocità, precisione,
utilità per i telespettatori. Con un taglio di conduzione sempre giovane, molto
diretto e mai noioso».
Un percorso, il tuo, iniziato nel 2000. Nove anni dopo, il giornalismo è una
passione, una missione?
«Personalmente non credo nel giornalismo come missione. Il cronista deve
raccontare i fatti per quello che sono, non giudicare o pensare di cambiare il
mondo attraverso i suoi pezzi. È già difficile raccontare bene le cose per come
si presentano, senza filtri o preconcetti. E ognuno, da casa, deve essere libero
di interpretare ciò che vede e ciò che ascolta secondo la propria coscienza. Il
giornalista è solo un medium tra il fatto e il pubblico, altrimenti non è più un
cronista ma un critico. Tutta un'altra storia».
Aspettative deluse o premiate in questi anni?
«Da quando ho iniziato ad oggi, il mondo dell'informazione è cambiato. Al
giornalista televisivo si chiede molto di più: deve essere in grado di curare i
siti, fare riprese, destreggiarsi nel montaggio, avere conoscenze informatiche
di gran lunga superiori rispetto a pochi anni fa. Tutto questo è positivo, però
a rimetterci spesso e volentieri è la qualità: un'unica persona deve fare il
lavoro di tre, e il tempo a disposizione è sempre lo stesso».
La rete secondo te è uno spazio dove è possibile fare informazione libera?
«L'informazione viaggia soprattutto su internet. E la rete è un mezzo di
comunicazione unico. A parte i siti giornalistici "riconosciuti" o "ufficiali" e
alle agenzie, pensiamo anche a quella risorsa straordinaria rappresentata dai
blog. Non saranno una fonte primaria, ma spesso l'informazione vera e pura,
slegata da qualunque tipo di interesse, arriva proprio da lì. Naturalmente poi
si tratta di selezionare a monte ciò che ci viene raccontato, scartando
l'immondizia e le bufale che in rete viaggiano a velocità della luce! Qui entra
in gioco l'esperienza e la capacità di fare verifiche oggettive. In ogni caso,
l'informazione è libera solo quando può dirsi totalmente slegata dalla politica,
dalle istituzioni e dagli interessi economici. Quasi un miraggio, direi». |
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CRONACA IN ROSA Libera
mente in libero corpo di
Camilla Cortese
Amo tutto dell’essere donna. Non una
virgola di questa condizione mi dà noia. Amo
il tono di voce e le labbra, amo la curva
dura delle spalle, dove la pelle al sole è
tesa e lucente, amo le morbide rotondità del
seno, che non pesa, non balla, non
infastidisce, solo maliziosamente seduce.
Amo i piedi e la schiena, le mani e la
pancia, la tonda dolcissima pancia di donna.
Amo la mestruazione come natura che mi
ricorda che un giorno, se vorrò, potrò
generare un altro essere umano.
Le donne dovrebbero amare di più sé stesse e
le loro simili, perché ad amare gli uomini
ci pensano già abbondantemente la religione
e l’economia. Io sogno un mondo dove le
donne la smettano di detestare quelle che
considerano, o che gli uomini considerano,
più belle di loro. Sogno un mondo dove
l’esteriorità femminile non sia più motivo
di conflitti, invidia o valutazioni
libidinose e riduttive, al contrario diventi
puro e semplice esercizio di sguardo, cui
ognuno possa dare i significati che
desidera. Se alla bellezza femminile
l’uomo dà connotati sessuali, la donna può
imparare a trarne piacere estetico.
Perché essere donna, a mio avviso, è un
fatto puramente esteriore, fisico. Sulla
base del dimorfismo sessuale che
caratterizza gli animali e l’essere umano,
maschi e femmine sono distinguibili
esteriormente. Invece la sensibilità,
l’intelligenza, l’animo non appartengono a
un genere, all’altro o a tutte le sfumature
che esistono di essi. Le arti e i mestieri
divisi fra uomini e donne sono bazzecole
culturali che vedono le donne infermiere e
gli uomini meccanici.
Ma la donna, come l’uomo, non ragiona da
donna o da uomo, semplicemente ragiona. Non
si ama, non si parla, non si lavora come una
donna o come un uomo, semmai come una
società ed una cultura intendono la donna e
l’uomo. Tuttavia, intendere non significa
essere, le culture possono imporsi fino ad
un certo punto, ma questi corpi di cui
disponiamo parlano un linguaggio che nessuno
ascolta più, e i nostri cervelli
alienati pensano più o meno così: sei donna,
non sai parcheggiare, sei uomo, non sai
cucinare. Perché? Nessuno lo sa, ma conosco
gente che ci metterebbe la mano sul fuoco.
Sospetto fortemente che le mille pressioni
subìte dalla donna nel corso delle epoche
sulla base della sua natura, siano tutte
derivate dalla soggezione che il suo corpo
ha sempre esercitato sull’uomo. E non è solo
una questione di potenza generatrice
dell’utero, è una sorta di terrore
inconfessabile che l’uomo aveva per quelle
imbarazzanti erezioni provocate dall’istinto
sessuale, che gli impedivano di essere puro,
religioso, filosofeggiante eccetera.
Un potere immenso nelle mani della donna,
che la donna, a mio avviso, non avrebbe
sfruttato se non per un po’ di sesso di buon
livello, e la cosa avrebbe giovato a tutti.
Un potere da frustrare per impedire che
sfociasse in cosa? Nessuno lo sa, ma molto
prima della guerra preventiva al terrorismo,
si è fatta la guerra preventiva alla vagina.
E allora ci si è inventati per la donna un
corredo di pudore, morale, modestia e ruoli
predefiniti, inequivocabili perché
confezionati a misura di organi genitali,
come le mutande.
Il mio sogno è un mondo senza ruoli,
dove le persone siano esseri umani entro
confini di corpi densi di significati ma non
tiranni, dove il fisico sia espressione pura
di sessualità esplicita e la parola
espressione asessuata di pure intenzioni,
dove si sia liberi di essere ciò che il
cervello, l’istinto, l’istruzione e la
fantasia ci portano ad essere. |
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Irene
Benassi, ambiente e natura le mie passioni
di Giuseppe Bosso
Incontriamo con molto piacere Irene Benassi,
volto noto al pubblico di Raiuno che l'ha
conosciuta qualche anno fa a Uno Mattina,
dapprima versione estiva 2003 e poi nelle
successive come esperta di natura e animali.
Nelle ultime stagioni è inviata al programma del
weekend Sabato&Domenica con
Sonia Grey e
Franco Di Mare, dove
realizza inchieste e approfondimenti.
Anche quest’anno, purtroppo, si ripropone il
problema degli animali abbandonati in estate.
Cosa può fare la televisione e i media in
generale per questa piaga?
«È difficile dirlo, senz’altro si può far capire
alla gente quali sono i modi per assistere gli
animali e indirizzarli sui luoghi dove poterli
lasciare prima di partire per le vacanze. La
televisione certo può promuovere una cultura di
rispetto per i nostri amici a quattro zampe che
non sono oggetti, come ha capito la politica che
ha inasprito le pene per i maltrattamenti, altra
cosa orribile. Ci sono molti posti in cui gli
animali sono accettati, ma è più frequente
trovare questo tipo di accoglienza all'estero,
ad esempio in Francia. Portarsi dietro il
proprio animale - soprattutto i cani - è
comunque la prima e migliore soluzione che la tv
può comunicare».
Da cosa nasce il tuo amore per gli animali?
«Ho sempre vissuto a stretto contatto con la
natura. Ho avuto la fortuna di poter trattare
questo tema con impegno e passione, trovando
spazi per poterlo fare in maniera approfondita
con inchieste giornalistiche che trattano
prevalentemente tematiche ambientali. Spero di
poter continuare su questo percorso».
Dopo
anni di gavetta da inviata hai ambizioni di
conduzione?
«Non ho questa aspettativa. Spero piuttosto di
poter continuare a fare questo lavoro di
inchieste su temi così importanti e in maniera
libera. Certo, se poi capitasse una buona
occasione, non me la farei sfuggire, purché però
il progetto sia impostato in una certa maniera e
seguendo le mie corde. Il contenuto per me è la
cosa più importante».
Tra tante inchieste e tante esperienze, quali
sono state le più curiose che ti hanno
coinvolto?
«Avendo seguito principalmente vicende complesse
e dolorose non penso di poter parlare di
esperienze curiose, in senso di simpatiche,
potrei citarti quelle che mi hanno colpita, come
è capitato ultimamente andando a L’Aquila dopo
il terremoto. Oppure l’inquinamento industriale
in varie zone d’Italia, come Taranto, dominata
dalle acciaierie ILVA che continuano a
rappresentare un ipoteca importante sulla salute
dei cittadini di quella zona. Poi Porto Torres,
in Sardegna, dove l'industria rischia oggi di
scomparire e abbandonare il territorio dopo anni
di sfruttamento. O ancora l’emergenza rifiuti i
Campania».
E con il tuo impegno pensi di riuscire a
scuotere le coscienze dei cittadini e a
trasmettere impulsi alle istituzioni?
«Sì, e proprio per questo mi ritengo fortunata a
poter lavorare a
Raiuno. Sono davvero grata per gli spazi che
ho avuto nel tempo. Con le inchieste mi preme
soprattutto fornire spunti, suggerimenti a chi
magari non è a conoscenza di queste realtà in
cui occorrono interventi concreti. Non mi
sarebbe capitato lo stesso, penso, in canali
impostati per l’intrattenimento. Il riscontro
che avverto dalla gente che mi scrive è
gratificante e mi spinge a continuare».
Da Uno Mattina Estate nel 2003 a oggi
con Sabato&Domenica hai lavorato
soprattutto in “squadre” composte da donne: hai
avvertito maggiormente rivalità o complicità
nelle tue colleghe?
«Complicità, decisamente. Il lavoro di gruppo
richiede notevole impegno e non penso che la
rivalità sia utile in tal senso. Credo
personalmente di rendere al meglio in un gruppo
collaborativo, e finora devo dire che mi sono
trovata a interagire con persone che
condividevano questo mio punto di vista».
Sogno nel cassetto?
«Continuare ad occuparmi di servizi di
inchiesta, in una prospettiva sempre più ampia.
In questo senso i programmi che apprezzo di più
sono proprio quelli d'inchiesta: Report
di
Milena Gabanelli, un programma che apprezzo
tantissimo proprio per le modalità con cui
tratta e segue i temi più scottanti, o i
programmi di Riccardo Iacona, bravissimo anche
lui». |
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CULT La
calda estate di
Valeria Scotti
Le donne, quante ne sanno. In campo sessuale
poi, siamo delle maestre. Prendi le protagoniste
di Air sex, la nuova disciplina che sta
riscuotendo successo in America. Un gioco
dove si mima un amplesso con tanto di
orgasmo. A scena aperta.
La partecipazione è concessa anche ai
maschietti, ma le donne sanno come farsi notare.
Ottime infatti le loro doti di interpretazione.
E tutto avviene su un palco, dinanzi a
una giuria. Due minuti di tempo (sembra di
essere in un quiz) per ogni performance, stile a
scelta - classico e romantico, rapporto
feticista, tecnica sadomaso, in piedi, sul
pavimento, sesso orale – e la possibilità di
utilizzare la propria voce dal vivo, aspetto
fondamentale nella simulazione dell'orgasmo.
Sempre in America, le donne amano il porno
e lo dicono. Lo dice pure Violet Blue,
scrittrice ed educatrice sessuale: «Milioni di
donne utilizzano e traggono godimento dal
linguaggio visivo esplicitamente sessuale. Il
porno può essere un gioco divertente e
versatile». Come a dire, riusciamo a dare
un’interpretazione profonda a delle scene dove
l’amore non c’è, ma di questi tempi possiamo
farne anche a meno.
E se il desiderio dovesse scarseggiare con
questo caldo? Al bando granite, tè freddo e
bibitoni ghiacciati. Sì a un buon bicchiere
di vino. Rosso. Quello sì che aumenta l'appetito
sessuale femminile, come afferma il recente
studio condotto dall'Università di Firenze.
Insomma, le istruzioni per l'uso ci sono tutte.
La calda estate può partire. Sperando che scelga
di occupare l'ombrellone proprio accanto al
nostro. |
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DONNE Florence
Nightingale: l'usignolo tra le corsie
di Deborah Iaizzo
Negli ultimi anni è diminuito sempre più il
numero delle persone che si accostano alla
professione infermieristica e che
preferiscono quella del medico, forse non
considerando l'importanza di questa figura
non solo per il paziente, ma per l’intero
sistema sanitario. Florence Nightingale
combatté per salvaguardare e migliorare la
professione sostenendo: «La fama e la gloria
non mi interessano. Amo però pensare che la
forza del mio impegno, del lavoro che ho
tanto amato, sopravviva nel ricordo delle
generazioni future».
Nata in Italia il 2 maggio 1820 da una
famiglia di borghesi inglesi, viene chiamata
Florence in onore di Firenze, sua città
natia. A un anno di età torna con la
famiglia in Inghilterra. L’educazione
poliedrica che riceve la porterà sin
dall’adolescenza ad approcciarsi in modo
maturo e razionale al mondo che la circonda.
A diciassette anni sente “la voce di Dio”:
da quel momento, sfidando il volere della
famiglia, si dedica ad accudire i malati
a livello fisico e morale. Nel 1850, durante
un viaggio in Europa, incontra Padre
Theodore Fliedner e studia per tre mesi
nella sua scuola-ospedale, dove vige una
diversa concezione di sanità e in particolar
modo del ruolo dell’infermiera.
Allo scoppio della guerra di Crimea
viene richiesto il suo intervento
nell’organizzazione del corpo infermiere che
dovrà operare nell’ospedale militare di
Scutari, in Turchia. In questo periodo
Florence formula una teoria che si
incentra sulla visione dell’ambiente
come mezzo attraverso il quale il paziente,
con l’ausilio degli infermieri, è in grado
di guarire. L’ambiente salutare e il bisogno
di creare una relazione con il paziente
divengono due punti essenziali per la
Nightingale. Inoltre sarà severissima
nell’osservare le norme d’igiene,
allora totalmente assenti: «Il primo
requisito di un ospedale dovrebbe essere
quello di non fare male ai propri pazienti».
Il suo ideale è quello di servire il
prossimo alleviando le sofferenze e
studiando le possibilità di guarigione, per
cui si dedica completamente alla salute
dei soldati, sottolineando anche quegli
spazi ritenuti inutili per la guarigione,
come l’igiene personale e la corrispondenza
con le famiglie. Nel 1860 pubblica Notes
on Nursing, in cui riprende la sua
concezione di salute e ambiente. Nello
stesso anno fonda la Scuola di
insegnamento per infermiere, pur
continuando instancabilmente il suo lavoro.
Nel 1883 la regina Vittoria le conferisce
la Croce Rossa Reale in riconoscimento
del lavoro svolto.
La battaglia di Florence in nome della
sanità dovrebbe essere ricordata: fu la
prima persona a mettere in evidenza la
dignità umana dei pazienti malati.
Principio che, nonostante tutti i problemi
della sanità attuale, resta sempre valido.
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TELEGIORNALISTI Federico
Zurzolo: al servizio del pubblico
di Camilla Cortese
Federico Zurzolo dirige da 7 anni il Tg Regione Lazio. Giornalista
professionista dal 1986, ha iniziato facendosi travolgere dal fascino della
radio al tempo delle prime emittenti private. Combinando la passione per la
musica e la voglia di comunicare, conduceva un programma di intrattenimento
con musica di qualità ed eventi del giorno. Contemporaneamente collaborava
con televisioni, quotidiani e periodici.
Cosa ti piace di più della tua professione?
«Il rapporto con i telespettatori. Quando chiamano ci parlo quasi sempre
personalmente, mi piace sentire il loro parere, le loro critiche, ascoltare
le loro segnalazioni. Questo è uno dei nostri punti di forza: ci dicono che
una via è poco illuminata, che in un quartiere c’è un incrocio pericoloso, e
noi andiamo a vedere, scaviamo, cerchiamo di capire, diamo loro voce. Poi
andiamo a chiedere risposte agli amministratori, che devono prendere impegni
per risolvere il problema. Qualche volta ci riusciamo. Ecco questa è la cosa
che mi piace di più di questo lavoro: svolgere al meglio il nostro ruolo di
Servizio Pubblico».
Hai mai avuto timore di affrontare un argomento che potrebbe avere dei
risvolti scomodi?
«Timore mai. Attenzione sì. Le notizie non si nascondono. Si devono sempre
dare, ma con il massimo della correttezza e dell’equilibrio».
Come l’attore, che carpisce frammenti di realtà per costruire le proprie
performance, anche il giornalista guarda il mondo con occhi diversi?
«Assolutamente sì. Non possiamo fare informazione come un comune
telespettatore. L’emotività, la partecipazione attiva ad un avvenimento
rischia di portarci fuori dalla realtà. Dobbiamo essere “cronisti”,
raccontare i fatti quasi con distacco. Il telespettatore è maturo, vedendo
la tv fatta in questo modo vivrà la sua emozione, non quello che noi
vorremmo vivesse».
Responsabile di una redazione (Tgr Lazio Rai) quasi tutta al femminile,
come ti muovi?
«Sono un uomo fortunato, va bene come risposta? Le donne hanno tanti pregi.
Sono instancabili e hanno passione, qualità essenziale non solo nel mondo
del lavoro. Purtroppo hanno qualche ostacolo in più (i figli,
l’organizzazione familiare, gli orari, il trucco soprattutto per chi deve
condurre un telegiornale) ma sono bravissime e attente».
I tg regionali sono molto seguiti e sono fortemente connotati dal
territorio. La ricchezza di questo legame ha mai il risvolto del limite di
orizzonte?
«Mando i miei inviati al massimo a Ferentino, in provincia di Frosinone, e
questo a prima vista sembrerebbe un limite. In realtà non è così:
l’obiettivo è fare ogni cosa al meglio, anche la notizia che sembra meno
importante deve essere trattata con il massimo impegno. Non ci sono limiti
di orizzonte se si riesce veramente ad essere vicino alla gente e ai loro
problemi».
Buongiorno Regione Lazio è l'informazione del territorio, una
finestra del servizio pubblico sulla regione: cosa dà di nuovo e di buono
allo spettatore questa filosofia? Farlo partecipare e dargli spazio serve
più a voi o a lui?
«Questo tipo di informazione dà le notizie di servizio al telespettatore.
Penso siano utili per iniziare meglio la giornata. La partecipazione dei
telespettatori alla trasmissione serve a loro, perché pongono i loro
problemi all’attenzione di un grande pubblico e di chi ha il potere di
risolverli, ma serve anche a noi. Ascoltando le decine di segnalazioni dei
cittadini che quotidianamente arrivano in redazione, abbiamo la possibilità
di “scavare” il territorio. Grazie ai telespettatori abbiamo ricominciato a
fare inchieste, e questa è una buona notizia per il giornalismo locale».
Alcune emittenti locali in tutta Italia non hanno molto gradito questa
invasione di campo in una fascia oraria molto ambita.
«Sono convinto che ci sia spazio per tutti, che la concorrenza stimoli a
creare qualcosa di nuovo e a fare sempre meglio. Poi, una maggiore
informazione garantisce la democrazia».
Vanti premi e numerose interventi come moderatore di incontri culturali,
seminari e ricerche. Ti senti autorevole?
«Penso che il mio telegiornale sia considerato autorevole. Personalmente mi
sento solo un giornalista corretto ed equilibrato, anche politicamente».
Cosa consiglieresti ai giovani giornalisti che collaborano per passione
senza intravedere un domani?
«Da quando dirigo il Tgr Lazio ho avuto in redazione molti giovani,
stagisti, precari, collaboratori. A loro dico sempre che per fare questo
lavoro servono tre cose: una grande passione, un grandissimo spirito di
sacrificio e tantissima fortuna. Mi piace vedere i loro occhi pieni di
voglia di “rubare” il mestiere. Qualcuno ce la fa, altri no. Ma questo
lavoro non morirà mai».
Il parere sincero di un professionista sul rapporto tra la Facoltà di
Scienze della Comunicazione, le varie scuole di giornalismo e il reale
ingresso nel mondo del lavoro.
«Il vecchio praticantato svolto in un giornale vero non esiste più. Questo è
un lavoro che si impara in strada, sbagliando e prendendo porte in faccia.
Oggi purtroppo i tempi sono cambiati, il praticantato si fa nelle
Università, che però non hanno mezzi e si limitano alla teoria, oppure nelle
Scuole di giornalismo, e alcune sono buone. Nella mia redazione ci sono
colleghi che provengono da questa realtà: sono preparatissimi culturalmente,
ma il vero mestiere lo imparano lavorando sodo tutti i giorni». |
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SPORTIVA La
donna Tigre di Pierpaolo
Di Paolo
Campionessa mondiale dei pesi supermedi WIBF,
Natascha Ragosina è attualmente la pugile più
temuta del circuito internazionale. Originaria del
Kazakistan, la Ragosina ha perfezionato il proprio
allenamento in Germania, dove si è trasferita e ha
sviluppato le sue già eccezionali potenzialità.
Picchiatrice per natura, Natascha ha vinto
tutti e 19 gli incontri finora disputati, di cui ben
11 per ko. Un risultato prevedibile data la
determinazione e la ferocia con cui la ragazza
approccia i match, nei quali scarica tutto il suo
killer instinct, quella voglia di colpire e far
male all'avversario, prima ancora che di vincere.
La rabbia che la pugile mette nella sua attività è
quella tipica di chi viene dalle zone più povere del
pianeta, quella furia spietata di chi ha conosciuto
sulla sua pelle le durezze della vita. Comprensibile
che persino la fortissima Laila Alì, figlia
del leggendario Muhammad Alì, abbia finora
cercato di evitare il più possibile il confronto con
la spaventosa Kazaka.
Chi si aspettasse che una donna simile abbia anche
un aspetto mostruoso sarà costretto però a
ricredersi dinanzi alle immagini che stanno
invadendo il web e le riviste del settore. Natascha
è oggettivamente una donna molto bella e, se questo
non bastasse, ha accettato di posare per scatti
che la ritraggono nuda, con indosso solo i
guantoni o le cinture vinte.
In questo modo l'atleta svela ai fan increduli il
suo fisico statuario, le sue forme estremamente
seducenti e la sua femminilità, tanto inaspettata e
selvaggia quanto innegabile e stupefacente.
Tuttavia, non bisogna farsi trarre in inganno da
tanta bellezza. I più attenti osservatori noteranno
che anche nelle foto più seducenti, Natascha
Ragosina conserva i suoi occhi da tigre.
Mentre il suo corpo esposto induce voluttuose
fantasie e voli pindarici, il suo sguardo avverte
che è meglio non dimenticare mai che si è pur sempre
di fronte ad una belva pericolosa, pronta a
scaricare il suo furore su chiunque si trovasse ad
ostacolare la sua scalata al successo. |
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