Archivio
Telegiornaliste anno V N. 24 (195) del 22 giugno 2009
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
MONITOR Tiziana Zurro: il giornalismo,
missione e passione da sempre di Giuseppe
Bosso
Incontriamo con piacere Tiziana Zurro,
direttore responsabile dell'emittente paganese
Quarto Canale. Il suo nome è tristemente balzato all'attenzione un anno fa
quando il suo fidanzato, il carabiniere Marco Pittoni, fu barbaramente
assassinato a seguito di una rapina. Non parla del lutto che l'ha
inevitabilmente segnata, ma è ben lieta di raccontarci delle sue vicende
professionali.
Com’è la giornata tipo di una "direttora"?
«Incasinata (scoppia a ridere, ndr). Inizia presto e sono consapevole che
gli orari sono variabili, proprio perché abbiamo la necessità di intervenire in
tempo reale. Può succedere qualcosa in ogni momento. Tra montaggio, telefonate
in redazione a raffica e impostazioni, l’unica certezza è la diretta del
telegiornale».
Cosa significa per te ricoprire questa carica?
«Mi ha gratificato molto, ma al tempo stesso mi ha resa consapevole che devo
impegnarmi sempre di più, ogni giorno è come un esame. Ormai sono 12 anni che
faccio questo lavoro, non mancano le difficoltà ma non manca nemmeno la passione
di sempre, malgrado le poche risorse che abbiamo. Per fortuna posso contare su
validissimi collaboratori».
A livello nazionale non vediamo ancora donne ricoprire cariche come la tua.
Credi che nelle emittenti locali sia più facile?
«Non penso sia questo il problema, spero che in queste decisioni vengano sempre
considerate le capacità professionali. In provincia di Salerno siamo in due; a
livello nazionale è difficile soprattutto perché nelle scelte editoriali
influiscono anche quei giochi politici e di potere dai quali le donne sono
ancora escluse, sfortunatamente».
Mesi fa avete subito un furto nei vostri studi. Come avete reagito a questo
incidente di percorso?
«È stato un brutto colpo, è uno degli aspetti più negativi della realtà che ci
circonda e con la quale ci dobbiamo confrontare ogni giorno. Siamo riusciti ad
andare avanti grazie agli sponsor e al nostro editore Belfiore che continuano a
sostenerci. Ma non ci pieghiamo né ai poteri forti né a chi vuole impedirci di
fare luce sulle cose che non vanno, continueremo sempre a seguire questa linea».
Pro e contro di fare informazione in Campania e in particolare nell’agro?
«Non è facile quando sei riconoscibile e ti trovi a parlare di persone che ti
sono vicine e che possono risentirsi da come parli di loro, cosa che ti fanno
più o meno velatamente capire. Soprattutto in una piccola comunità come Pagani,
i rapporti con le istituzioni tendono a stringersi maggiormente, ma è importante
tenere separati gli ambiti dell’amicizia e della professione. Per il resto,
comunque, credo che questo lavoro sia una vera missione e spero di non dovermene
andare da qui. Mi rendo conto che posso apparire controcorrente rispetto a chi
ritiene che, per emergere, sia meglio trasferirsi in realtà più grandi come
Milano o Roma. Credo che si possa fare bene anche sul proprio territorio. Non
amo la critica fine a se stessa, però; quando punto il dito contro qualcosa lo
faccio per spronare a migliorare e a cambiare le negatività».
Pensi che gli italiani siano pronti per il definitivo lancio del digitale
terrestre?
«Temo di no. Ci vorrà del tempo per adattarci, e da parte nostra, come addetti
ai lavori intendo, dovremo ovviamente fare il possibile per rispettare quei
tempi stringenti che la legge ci impone, ma è una bella sfida: l’aumento delle
frequenze consentirà di sviluppare più canali».
Per un’emittente locale è essenziale intrattenere rapporti per le
istituzioni: hai sviluppato delle regole in questo senso?
«Più che altro cerco di attenermi su buoni rapporti, a cominciare dalle forze
dell’ordine che ormai hanno preso l’abitudine di creare uffici stampa. Ma
attenzione, guai a limitarsi a riportare i testi delle veline, che sono
indubbiamente una buona base di partenza, ma che non ti possono assolutamente
esimere dall’andare a fondo; la verità sta sempre sul luogo dove i fatti
accadono, ed è lì che devi raccogliere la verità più di quanto ti possa
riportare il punto di vista espresso in un comunicato stampa».
Come si trovano i tuoi colleghi e le tue colleghe con un direttore come te?
«Si trovano bene, almeno è quello che penso. Ma è a loro, forse, che dovresti
chiederlo. Nella redazione sportiva sono tutti uomini e non mi hanno mai
manifestato particolari segni di insofferenza. Lo stesso vale per le colleghe
donne. Non penso comunque che il mio ruolo, per la realtà in cui operiamo, mi
attribuisca più privilegi rispetto a loro. Siamo anche amici, siamo diventati
una piccola famiglia».
Cosa ti gratifica maggiormente?
«Il supporto della gente che riscontro ogni giorno: incontro persone,
specialmente anziani, che mi dicono come gli faccia piacere seguirci per come
portiamo a galla quello che non va intorno a loro. Ritengo che questo tipo di
gratificazioni, più che quelle di tipo economico, siano lo stimolo per andare
avanti. Ti senti una persona di famiglia per tutti e capisci che ricopri un
ruolo simile a quello di una cassa di risonanza sul territorio».
Dove hai trovato la forza di andare avanti dopo il grave lutto che hai
subito?
«Non te lo so dire, in verità. Forse proprio il lavoro mi ha aiutato a non
pensare. Soprattutto quello che ho fatto per ricordare Marco, realizzando con il
supporto di un regista, Vincenzo Ciancio, un tributo di circa un quarto d’ora,
lasciando che fossero i suoi colleghi e le persone che l’hanno conosciuto a
parlare di lui, senza commenti». |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
CRONACA IN ROSA Cuba
libre, Castro chatta
di Camilla Cortese
Prima di iniziare a raccontare quanto sono
brutti e cattivi i cubani, quanto è
autoritario il loro governo e corrotta la
loro burocrazia, ricordiamo tutti con un
minuto di silenzio el bloqueo,
l’embargo commerciale, economico e
finanziario imposto dagli Stati Uniti
d'America contro Cuba all'indomani della
Rivoluzione castrista, scattato nel 1962 e
tuttora in vigore.
Nonostante l'ONU si sia espressa già cinque
volte contro l'embargo e l'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite abbia approvato
nel 2007 una mozione per chiedere agli Stati
Uniti la cessazione dello stesso, per la
popolazione cubana continuano a essere un
improbabile miraggio il telefono, internet e
i beni di consumo d’importazione.
Cuba è spesso accusata di limitare l’accesso
alla modernizzazione e di limiti, espliciti
o impliciti, e di contraddizioni,
quest’isola è piena. Un imbarazzante caso di
mondanità ha riportato l’attenzione sulla
questione di internet: Antonio Castro,
medico della nazionale di baseball, macho
latino, seduttore e figlio di Fidel Castro,
ha avuto per otto mesi una love-story via
chat con Claudia Valencia, ventisettenne
reporter sportiva colombiana.
Claudia in realtà era il seducente avatar di
Luis Domínguez, un cubano quarantaseienne
esule a Miami, intento a dimostrare le
falle del sistema di sicurezza dei
Castro. La famiglia del Líder máximo
vive tra lussi e privilegi impensabili per i
cubani, ai quali è vietato frequentare gli
internet cafè negli hotel della capitale,
mentre il rampollo del regime va in spiaggia
a Varadero nel fine settimana, veste
Lacoste, ha un portatile Apple, un
BlackBerry e un accesso a internet 24 ore su
24.
Il governo cubano, che pur spende ingenti
risorse per curare la formazione informatica
della popolazione, limita l’uso di
internet ai privati a causa del blocco
USA che impedisce a Cuba di collegarsi ai
cavi sottomarini ad alta velocità fra
Florida e Messico. La rete informatica
cubana dipende dalle connessioni via
satellite più lente, costose, precarie e
perciò riservate ai servizi di primaria
necessità. Ma evidentemente tutto ciò non
tange Antonio Castro.
Chattando con punte di autentica passione,
Castro jr ha svelato alla sua fiamma
informazioni riservate sui suoi spostamenti
e le sue condizioni di vita e, pubblicando
la vicenda sul Miami Herald, Luis
Domínguez ha comunque fornito un grande
servizio di giornalismo, che però
difficilmente i cubani leggeranno. |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
FORMAT
Lost
in Berlusconi: il controinciucio
di Federica Santoro
Cosa accadrebbe se l'Isola di Lost
fosse invasa dalle contraddizioni del
Presidente del Consiglio? Quale sarebbe la
reazione di Jack, Hugo, Sayer, Sayid, Sun,
Juliet, John, Charlie, Michael e Desmo? E come
risponderebbe il pubblico televisivo italiano a
questa provocazione?
Un gruppo di autori e sceneggiatori ha provato a
scoprirlo producendo un cortometraggio
satirico, nemmeno sette minuti, che dalla
scorsa settimana impazza sul web con il titolo
di
Lost in Berlusconi. Il video è già
diventato un cult.
La trama: quattro finti sceneggiatori di Lost,
interpretati da Fabrizio Giannini, Alessandro
Averone, Stefano Fresi e Roberto Pappalardo,
che hanno partecipato al progetto gratuitamente,
sono riuniti intorno a un tavolo per dare,
almeno nella finzione, una spiegazione agli
incredibili fatti accaduti nelle ultime
settimane a Silvio Berlusconi e alla famiglia
Letizia. L'ordine è perentorio: «Voi che avete
tirato avanti per sei stagioni riuscendo a
spiegare le cose più assurde, tirate fuori una
storia che spieghi tutta la faccenda di Noemi».
Riuscire nell’impresa risulta subito un arduo
compito, ma la lauta ricompensa spinge i quattro
a mettercela tutta.
Parodia e provocazione che nasce sul web:
riuscirà Berlusconi a rendere credibile
quest’ultima assurda storiella? «Lost è
la quint’essenza del funzionamento dei mass
media come mezzi di progressiva distrazione -
hanno dichiarato gli autori del corto,
preferendo rimanere anonimi - ogni giorno una
notizia cancella il ricordo della notizia
precedente, non importa dire cose assurde tanto
il giorno dopo nessuno se le ricorderà. In
politica Berlusconi è stato il più bravo a
interpretare questi meccanismi, per questo
sposare Berlusconi e Lost è stato in
qualche modo naturale».
Intanto c’è già chi vorrebbe vedere il video in
tv, magari su Sky, prima dell’ultima puntata di
Lost a luglio. Sogno o realtà? Per
il momento accontentiamoci di guardarlo in rete. |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
CULT Erotismo
per donne col cervello
di Valeria Scotti
La copertina d'esordio promette bene. La schiena
nuda di un uomo inginocchiato, intento a pregare
davanti a una fonte di luce. Ed è una vera
illuminazione quella di servire l'erotismo
per lei in una rivista. Niente di più
semplice con Filament, fattura
inglese e una cadenza trimestrale.
Pagine patinate e ricchi contenuti. Si va dalle
immagini di modelli seminudi ai racconti
erotici, passando a temi d'attualità e
appunti di cucina. Immancabili.
Suraya Singh è la direttrice-editrice
della rivista in rosa al confine tra il soft e
l'hard. Capelli rossi, nazionalità neozelandese,
padre indiano e sei anni di vita inglese da
impiegata che le hanno aperto nuovi orizzonti.
Da qui, un lavoro intenso per colmare una lacuna
a suo dire troppo grande. Forum e dibattiti su
Internet, oltre a consigli e chiacchierate tra
amiche, per capire davvero cosa poter offrire
alle fantasie femminili. E la formula
magica arrivò senza prestigiatore e coniglio.
Così come giungono copiose le risposte
interessanti al progetto nato da pochi giorni:
«Ogni donna naturalmente è diversa, e piacciono
ogni tipo di cose differenti, ma il consenso è
che ad eccitarle non è il maschio culturista
alla Chippendale. È un altro modello di uomo».
No al maschio, dunque, tutto olio e muscoli,
praticamente tirato a lucido. Troppo scomodo. Sì
invece a quello più vicino ai nostri
compagni/uomini/amanti. Se non proprio loro in
prima persona visto che Suraya, sfrontata al
punto giusto, arriva a selezionare i suoi maschi
per la strada.
Unica remora, per il momento: spazio solo al
lato B. «Avevamo anche le foto col lato A,
ma non ci pareva che funzionassero, che
rispecchiassero quello che cercavamo. Non sempre
per eccitare devi far vedere subito tutto. Ma in
futuro avremo anche la nudità completa». E
quando cadrà anche l'ultimo velo, allora
sì che sarà tutta un'altra storia. |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
DONNE Una
pakistana in America
di Erica Savazzi
Cosa pensereste se la Statua della Libertà
portasse un vestito tipico pakistano? Alla
tanto temuta “invasione musulmana”? In
realtà Miss Liberty così abbigliata si può
vedere nella mostra The Seen and the
Hidden: (Dis)Covering the Veil, in corso
all’Austrian Cultural Forum di Manhattan. Si
tratta di un quadro – anzi, di una serie di
quadri – intitolati Self Portrait:
l’autrice in questo modo racconta la sua
doppia appartenenza culturale: una
riflessione su se stessa e sull’identità.
Asma Ahmed Shikoh, 31 anni, è pakistana.
Si è trasferita a New York qualche anno fa,
per raggiungere il neo-marito che lì
abitava. L’arte di Asma da allora diventa
riflessione sul suo essere musulmana, e
sul suo ruolo di donna musulmana, sposa e
madre, negli Stati Uniti. Ritroviamo così
nei suo quadri temi pakistani e newyorkesi
che si intrecciano: un esempio per tutti l’hijab
con l’I-pod incorporato o disegni di
supereroine velate.
Se in Pakistan il suo lavoro «tentava di
definire le identità nazionali e culturali
della società», sconvolte dall’arrivo di
elementi estranei rappresentati nelle sue
opere sotto forma di panini McDonald’s e di
pollo KFC, con i primi lavori americani Asma
documenta «l’esperienza personale di
sposa e di adozione di una nuova città come
“Home” (titolo di una sua opera, ndr.)»,
adozione che passa anche per la
rielaborazione delle mappe della
metropolitana in lingua urdu.
Parecchie delle sue opere rappresentano l’hijab,
il velo con cui le donne musulmane si
coprono la testa. Dai veli, e dalle vite
delle loro proprietarie – donne musulmane
che vivono in America – è nata
l’istallazione The Beehive
(L’alveare): per ogni cella un velo che
racconta la storia, il lavoro e l’identità
della sua proprietaria. Storie di donne
dalla doppia appartenenza. |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
TELEGIORNALISTI
Ciao
David
di Giuseppe Bosso
Il destino crudele l’ha strappato via troppo presto ai suoi cari, alla
moglie Antonella e al figlio Riccardo, oltre che ai colleghi con cui ha
condiviso gli ultimi anni di vita.
Se n’è andato a soli 45 anni David Pini, figlio d’arte (suo padre
Gigi è stato per anni stimato giornalista Rai), vicecaporedattore di
Televideo.
Breve e inesorabile il male che l’ha portato via.
Troppo presto, dicevamo, ma non per cancellare il ricordo indelebile che uno
stimato professionista di questo difficile mestiere ha lasciato e lascerà
nei cuori di quanti gli hanno voluto bene.
Così lo ricorda sul suo
blog il collega
Pino Finocchiaro: «Per anni ha garantito la guida del turno serale. La
Rai deve essergliene grata. Personalmente considero un grande onore ed una
grande opportunità aver lavorato al suo fianco per tanto tempo. Ho un
ricordo struggente dei fine turno, quando, a notte inoltrata, restavamo a
parlare delle passioni della sua vita: la famiglia, il giornalismo, le
automobili e l'elettronica. Esattamente in quest'ordine».
Alla famiglia e ai colleghi di David il sentito cordoglio di
Telegiornaliste.
|
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
SPORTIVA Battaglia
mortale di Pierpaolo Di Paolo
Kazumi Izaki è una pugile giapponese con un sogno
nel cassetto: diventare campionessa del mondo.
Per farlo, dovrà sconfiggere un'avversaria molto
forte, la detentrice del titolo supermosca WBC Ana
Maria Torres, di 29 anni. Fin qui tutto sembrerebbe
normale, ma così non è. Il più spaventoso nemico
della Izaki, infatti, non è la sua terribile e
aggressiva avversaria, ma l'età. A 46 anni suonati,
Kazumi sta cercando un'impresa epica: diventare la
più anziana campionessa del mondo della storia.
Il record appartiene al leggendario George
Foreman che, il 5 novembre 1994 a Las Vegas,
conquistò l'ambita cintura alla veneranda età di 45
anni e 9 mesi. L'incontro è stato organizzato già
nel febbraio scorso, ma all'ultimo momento, quando
tutto sembrava pronto per l'appuntamento tra la
Izaki e la storia, un nuovo problema è sorto: la WBC
(World
Boxing Council) ha annullato il match. L'enorme
differenza di età tra le sfidanti - 15 anni - ha
portato la federazione internazionale a ritenere
questo incontro troppo rischioso. Secondo gli
esperti un combattimento del genere potrebbe
risultare addirittura fatale alla temeraria
combattente giapponese. La decisione si è abbattuta
come un macigno sull'atleta. «La ragazza è
devastata», il commento a caldo di Susumu Hanagata,
il suo allenatore.
La grintosa boxeur, passato lo sconforto iniziale,
non sembra però affatto disposta ad arrendersi ed è
già pronta a battersi per superare il nuovo
ostacolo. Ha presentato ricorso avverso la decisione
ed ha ricominciato ad allenarsi più duramente di
prima: «Ha lo spirito duro di una vera lottatrice»,
dichiara soddisfatto Hanagata. «Non mi preoccupa il
fatto che possa farmi male, è una cosa normale in
questo sport», chiosa lei.
Madre di 3 figli, da 10 anni Kazumi alterna vita da
casalinga e ore di allenamenti in palestra. La cosa,
assicura, non interferisce con gli equilibri della
famiglia, dalla quale riceve pieno appoggio.
«All'inizio mio marito era diffidente - spiega la
Izaki - non perché temeva che potessi essere
ferita, ma perché pensava che io fossi troppo
buona per fare questo sport. Adesso è diventato la
persona che mi capisce di più».
Nonostante i rischi per la sua vita siano più che
concreti e, quindi, la posizione espressa dalla
federazione appaia comprensibilissima, sembra che ci
siano ugualmente buone speranze di vedere sul ring
le due contendenti. Pare che una televisione ritenga
particolarmente appetitoso l'evento e sia disposta
ad acquistarne i diritti per una cifra
considerevole. In questo caso, la WBC troverebbe di
certo la forma per aggirare il suo stesso veto e
permettere il business. Umanità e rispetto per la
vita sì, ma adesso non esageriamo. Stiamo pur sempre
parlando di soldi... |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
|