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Telegiornaliste anno V N. 20 (191) del 25 maggio 2009
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MONITOR Myrta
Merlino: più donne nel campo dell'economia! di TonyJay, Valeria Scotti,
Deborah Comoglio, Giuseppe Bosso
Grazie alla collaborazione con
Radio Web Stereo,
questa settimana abbiamo raggiunto Myrta Merlino, conduttrice di Economix
su Rai Educational.
Economix si è ormai creato il suo spazio.
«Sì, abbiamo un pubblico affezionato nonostante vada in onda molto tardi, a
mezzanotte e quaranta. È l'unico programma di approfondimento economico che ha
la Rai, il servizio pubblico, quindi è un'oasi abbastanza cruciale in un momento
come questo».
Il tuo programma può essere un valido motivo per pagare il canone?
«Me lo auguro. Noi cerchiamo di rispettare fino in fondo la missione del
servizio pubblico. Economix nasce dalla sensibilità del direttore
Giovanni Minoli. Io poi mi sono sempre occupata di economia, un mondo molto
segreto e grigio. Mentre la politica è sempre lì in prima fila, l'economia non
ama mostrarsi. In noi poi c'è il desiderio di dare voce ai giovani. Abbiamo un
pubblico di studenti di Economia e Commercio, di Giurisprudenza e di
Giornalismo, capaci anche di mettere in difficoltà i nostri protagonisti».
Le doti per essere un buon giornalista di economia?
«Al primo posto la competenza. Bisogna studiare, l'economia è una materia di cui
bisogna parlare sapendone qualcosa, altrimenti si diventa preda del proprio
interlocutore».
Argomento piuttosto delicato.
«Beh sì, è come sotto una tempesta, e poi l'economia riguarda tutti. L'idea che
si possa non capirla, non frequentarla, non informarsi è un'ipotesi
assolutamente irreale. Il mondo è interconnesso: una decisione presa a New York
finisce per arrivare nelle nostre tavole a Roma, a Milano, a Torino e quindi
occorre capire quello che ci succede attorno, sapere chi muove le leve del
potere economico. Diventa cruciale per essere un cittadino consapevole, per fare
scelte nel proprio interesse e senza possibilità di affidarsi a terzi. Bisogna
saper scegliere oggi».
Secondo te occorre essere ottimisti o dobbiamo aspettarci ancora il peggio?
«Bisogna cercare di applicare l'ottimismo della ragione, nel senso che essere
ottimisti, guardare al futuro con speranza e con voglia di fare è sempre
qualcosa che aiuta l'economia. Le scelte che fa ognuno di noi come comprare o
non comprare un'auto, sottoscrivere o no un mutuo, fare o meno un acquisto per
la casa, servono a muovere l'economia. Dunque è fondamentale non mollare, però
non si può neanche chiedere di essere ciechi rispetto a quello che sta
capitando. Questa crisi è la più dura dal 1929, non era mai capitato che il
capitalismo fosse così messo in ginocchio, che delle grandi banche fallissero,
che dei manager fossero rapiti e tenuti chiusi nelle loro stanze non per un
riscatto, ma puramente per avere gli stipendi. Nel nostro caso, occorre che i
governi si compattino rapidamente e prendano decisioni serie e rapide. Si è
detto che bisogna smetterla con la finanza collegata all'economia reale, con
super stipendi folli. Non ha senso che ci siano queste cifre quando il mondo ha
tanti problemi».
E i paradisi fiscali?
«Occorre metterli alle strette, ed è giusto che qualcuno ci spieghi come ci si
vuole regolare con i grandi banchieri di Wall Street che fino ad ora hanno fatto
pagare i loro errori ai piccoli risparmiatori, ai pensionati o a chi ha fatto
l'assicurazione sanitaria».
Quale pensi sia la strada da percorrere per uscire da questa situazione
decisamente difficile?
«Non mi azzardo a dare soluzioni, se fossi così brava sarei al posto di Obama.
Certamente sono tante le cose da mettere a posto, tante le regole da riscrivere,
tante le responsabilità da assegnare e tanti anche i conti da pagare. Possiamo
però ragionare sul nostro rapporto col consumo e col denaro: c'è stato negli
ultimi anni un consumismo forsennato e un rapporto col denaro assolutamente
drogato, quindi forse occorrerebbe ritornare un po' a dei vecchi sani principi
sul risparmio. Bisogna fare il passo un po' più corto della gamba, avere la
prudenza necessaria. Mesi fa mi aveva colpito una bellissima inchiesta dal
Times sul ruolo delle donne nella gestione della crisi. Ipotizzava con dati
statistici molto interessanti e con pareri di psicologi e di sessuologi quale
poteva essere la situazione economica nel mondo se le donne fossero state più
presenti nelle stanze dei bottoni dell'economia».
Il risultato?
«L'indagine fa partire l'origine della crisi dagli ormoni. Mentre il
testosterone, molto presente nel maschio, lo porta ad essere aggressivo, ad
amare il rischio, a volersi affermare a discapito degli altri, le donne hanno
una propensione al mantenimento della specie grazie agli estrogeni. Le donne
hanno il problema di pensare al domani quindi, se le donne avessero contato di
più nel mondo della finanza e dell'economia globale, oggi tutto questo grande
caos in cui viviamo forse non ci sarebbe stato».
Allora più donne nel campo dell'economia?
«Assolutamente sì! Spesso partecipo a grandi dibattiti, incontri sull'economia e
mi ritrovo sempre ad essere l'unica donna sul palco. Occorre che le donne ci
siano e facciano sentire la loro voce e le loro competenze».
Nonostante la crisi, in ambito calcistico continuano a circolare grosse
cifre e in tv ci sono personaggi come Fabrizio Corona che ambiscono a diventare
un modello per i giovani.
«Corona è uno che ha fatto il ricattatore nella sua vita, ha fatto una vita
forsennata con droghe, ha mollato una moglie e un figlio in una situazione folle
vendendo le foto della sua famiglia, ed è finito in galera. L'idea che possa
essere un mito per le giovani generazioni fa impressione. Si dovrebbero avere
degli idoli portatori di valori più sani».
Eppure ai giovani questa figura del ragazzo muscoloso con la bella fidanzata
piace.
«Il problema non sono i giovani, ma i modelli che noi offriamo. Se si propina
continuamente quel tipo di modello, se gli si dice che andare a fare la velina è
molto più bello che andare a fare l'infermiera, pian piano questo messaggio
passa. Se posso arrivare più velocemente ad avere i soldi perché devo fare il
percorso difficile?».
Un tuo pensiero, infine, sugli amici di Telegiornaliste.
«È un bellissimo sito, dà visibilità alle donne che fanno il mio mestiere, una
categoria che oltre all'apparire ha anche i contenuti da poter esprimere».
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CRONACA IN ROSA Donna
è bello, manager è meglio
di Camilla Cortese
Sul mio desktop ci sono io. Abbracciata ad una cara amica,
l’estate scorsa, al mare. Siamo laureate, siamo giornaliste,
siamo nel fiore degli anni. Sappiamo di valere molto,
e il mio desktop lo conferma. Il mondo del lavoro invece no.
Ci ha accolte mollemente, abbiamo contratti a rischio.
Come noi milioni di donne in Italia affidano l’egocentrismo
al proprio desktop, perché è ovvio che i vertici delle
aziende non ci daranno mai una mano in proposito:
l'Italia è all'ultimo posto in Europa per tasso di
occupazione femminile. Nelle istituzioni le donne
sfiorano appena il 18%, nei consigli di amministrazione il
4%.
Eppure quando comandano, le donne lo fanno meglio, per cui
propongo lo slogan Women do it better! Non è
demagogia post-femminista, nossignori, non stavolta. Sono
quattordici grandi aziende, compresi colossi come Fiat, Ikea
e Microsoft, ad impegnarsi in un progetto inedito in Italia,
una grande scuola quadri per manager donne.
Il progetto Valore D si basa su una convinzione
mutuata dalle logiche di mercato: le donne al comando
migliorano le performance delle imprese, lo dimostrano gli
indicatori di redditività. Il progetto inizierà la sua fase
operativa in giugno con il lancio di un programma di
mentorship che affiancherà alle iscritte donne
“arrivate” e fornirà alle aziende nuovi modelli di
organizzazione e piani di formazione.
L’associazione
Valore D
è nata da una coalizione apolitica di manager italiane
che, stufe di sentirsi delle mosche bianche e di udire
pietose ciance teoriche sulle potenzialità delle donne,
hanno spinto le proprie aziende a concretizzare
questo progetto di formazione. Non certo un circolo
dell’uncinetto, piuttosto un banco di prova per formare le
manager che potrebbero essere il traino della ripresa del
Paese. |
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FORMAT
Pagellone di maggio di
Giuseppe Bosso
Sole splendente su Luca Telese,
protagonista nel venerdì di La7 con
Tetris. Ospiti spumeggianti, una
severa giuria e l’attenzione sui temi del momento il cocktail vincente di questo
programma del “comunista impegnato in un giornale di destra”.
Sereno su Rosanna Banfi che, con
molto coraggio, ha voluto condividere con il pubblico il suo dramma per lanciare
un messaggio di speranza. La malattia si può sconfiggere con il sorriso,
ed è quello che auguriamo a Rosanna.
Variabile su Mario Tozzi e il Trio
Medusa, dalla cui insolita unione nasce La Gaia scienza, con l’intento di
divulgare il sapere scientifico in modo innovativo e vivace. Intenzioni
riuscite per il più famoso geologo del piccolo schermo e i tre ragazzi terribili
lanciati dalle Iene.
Poco nuvoloso su Ti lascio una canzone.
Complimenti vivissimi ad
Antonella
Clerici che, dopo le gioie della maternità, torna in spolvero per la prima
serata nonostante qualche screzio con Viale Mazzini per il “caso Prova del
cuoco”. Forse qualche incognita suscita il fatto che non abbia dovuto
misurarsi con una concorrenza solida, ma faremmo un torto alla simpatia
di Antonella e al talento dei piccoli cantautori se ci soffermassimo su questo
punto.
Foschia su Sabrina Nobile che ben
sperimenta, su Mtv, un format che permette ai
giovani talenti di esprimere la loro
creatività con l’ausilio di un cellulare. Un’altra illustre "diplomata" alla
scuola
Iene riesce a farsi strada con le sue gambe.
Nebbia su
Daria
Bignardi. Ci saremmo aspettati sinceramente qualche innovazione da L’Era
Glaciale che, rispetto alle “interviste barbariche”, ha cambiato soltanto
emittente e collocazione.
Pioggia sulla fiction Piper che,
nonostante annoverasse un cast di tutto rispetto, da Casagrande alla Falchi,
viene repentinamente relegato in seconda serata. Canale 5, comunque, decide di
completarne la trasmissione malgrado l’evidente insuccesso.
Temporale su Federica Panicucci. Troppo
trash, inverosimile e montato Cupido per poter andare avanti. La bella
Federica è tra le candidate per sostituire Barbara D’Urso nella prossima
edizione di Mattino cinque. Intanto le auguriamo di cuore miglior
fortuna.
Grandina sugli spot che calcano
stereotipi di bellezza inarrivabili mortificando quella "normale" e fanno
riferimento alle ronde di cui tanto si parla da tempo. Il tutto nel silenzio di
chi dovrebbe essere preposto a garantire la trasparenza e la correttezza
dell’anima del commercio...
Burrasca su quanti hanno in questo mese
concentrato la loro attenzione sulla pur
stucchevole vicenda personale del
Presidente del Consiglio e sulla polemica delle
"veline" candidate alle elezioni europee.
Non sono queste le "notizie" di cui i
cittadini vorrebbero sentir divulgare in una
fase così delicata per l’economia e la società
italiana... |
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CULT Dritti
in paradiso di
Valeria Scotti
Se a promettere "orgasmi paradisiaci" è un
religioso, la questione brucia, eccome. Qualcuno
vorrebbe santo subito il padre francescano
Ksawery Knotz, e non si tratta di miracoli
inspiegabili, di moltiplicazioni di pani e pesci
o guarigioni ormai impossibili. Si tratta di
sesso. Pardon, di fare l'amore «rimanendo in
letizia con Dio».
Il religioso, connazionale di Papa Wojtyla,
prega e lavora in un monastero vicino a
Cracovia, ma non solo. Dopo aver curato lo
scorso anno un sito web in cui offriva consigli
sessuali ai devoti, ha deciso di darsi
all'editoria. Il suo libro Seks,
Sesso per le coppie sposate che amano Dio,
è andato a ruba in Polonia, e promette vendite
dai grandi numeri in tutti i Paesi europei.
Dunque sì al sesso – solo nel matrimonio,
s'intende – e basta all'argomento visto come
tabù o peccato. Semmai un dono di Dio fatto
all'uomo e alla donna.
Nella raccolta pubblicata con il beneplacito
della Chiesa polacca, il religioso non risparmia
indicazioni esplicite su atti, fantasie o
posizioni. Un vero e proprio kamasutra
cattolico come l'ha battezzato il
Guardian di Londra. Padre Knotz docet:
«Durante il rapporto sessuale, le coppie sposate
possono dimostrare il loro amore in ogni modo,
attraverso la pratica più ricercata, per offrire
piacere e soddisfazione al coniuge. I coniugi
possono utilizzare anche stimolazione manuale e
orale».
Certo, le informazioni del religioso sono di
seconda mano - «Parlo con un sacco di coppie
sposate, li ascolto, e cerco di aiutarli a
essere più contenti della loro vita sessuale, a
capire che il sesso nel matrimonio non deve
avere sensi di colpa o provocare tensioni» - ma
il messaggio è chiaro: «La Chiesa cattolica
non mette al bando i piaceri della carne -
stupidi noi ad aver pensato ciò fino ad oggi...
- Molta gente immagina che il sesso nuziale
debba essere privo di gioia, di giochi frivoli,
di fantasia e di posizioni attraenti. Pensa che
debba essere triste come uno dei canti di lode
della Chiesa». E allora voce e ugole in bella
mostra. Che il bizzarro concerto abbia inizio. |
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DONNE Susanna
vestiva alla marinara
di Chiara Casadei
«Cara nonna, sei stata una roccia.
Una di quelle rocce cui sai che ti puoi
aggrappare. Nessuno sapeva sdrammatizzare le
cose come te, nessuno aveva il tuo humour.
Spero che lassù, dove sei adesso, non
penserai sbuffando: uffa, che noia questi
nipoti!». A parlare è Marella, una delle
nipoti di Susanna Agnelli, venuta a
mancare venerdì 15 maggio - a 87 anni - dopo
alcune complicazioni seguite a un intervento
al femore, lasciando dietro di sé una
generale ammirazione per la donna che era.
«Don’t forget you are an Agnelli», la
ammoniva la sua istitutrice inglese miss
Parker. Membro di una delle famiglie più
importanti d’Italia – il nonno aveva fondato
la FIAT – «aveva un cognome importante, ma
non ha mai vissuto all’ombra della sua
famiglia», ha ricordato Dario
Franceschini. Susanna Agnelli ha ricoperto
numerose cariche politiche, da sindaco di
Monte Argentario, Grosseto, a prima - e per
ora unica - donna ministro degli Esteri,
a unico membro italiano della Commissione
mondiale per l’ambiente e lo sviluppo.
La carriera politica però non era l’unica:
la sua laurea in lettere non poteva non
prendere forma in qualcosa di concreto. È
stata infatti autrice di diversi libri:
primo fra tutti l’autobiografia
Vestivamo alla marinara, in cui,
ironica e disincantata, racconta della sua
giovinezza e della vita di una grande
famiglia, e poi Gente alla deriva,
Ricordati gualeguaychu e Addio, addio
mio ultimo amore.
Per il suo grande impegno nel sociale è
stata insignita dell’onorificenza di
Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito
della Repubblica Italiana, nel 1996. È stata
proprio lei, infatti, a ideare il
Comitato Telethon per la raccolta di
fondi per la lotta alla distrofia muscolare
e ad occupare la presidenza, negli anni
Settanta, del Wwf.
«Alta, capelli grigi, sempre abbronzata,
sguardo chiaro e ironico – la descrive
Enzo Biagi – la chiamano Suni: è una donna
coraggiosa che ha soprattutto un merito: la
sincerità». |
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TELEGIORNALISTI
Andrea
Riscassi, in memoria di Anna Politkovskaja
di Giuseppe Bosso
Giornalista professionista dal 1994, Andrea Riscassi è caposervizio alla Rai
di Milano dove si occupa di cronaca e di politica. Intervistatore del
programma Dodicesimo Round di Raidue, ha scritto Bandiera
arancione la trionferà (Melampo editore) sulle rivoluzioni liberali
dell’est Europa. Dal 2006 è impegnato a conservare la memoria di Anna
Politkovskaja con l’associazione
Annaviva che,
in memoria della coraggiosa giornalista russa, si occupa di diritti umani e
democrazia nello spazio dell’ex Unione Sovietica. Ha da poco pubblicato, per
l’editrice Sonda, Anna è viva, storia di una giornalista non rieducabile.
Liberta di stampa: l'istituto di ricerca Freedom House ci ha nuovamente
retrocessi dalla categoria di "Paese libero" a quella di "Paese parzialmente
libero". Cosa ne pensi?
«Ogniqualvolta Berlusconi è al potere succede questo. Per la cultura
americana è inconcepibile che una persona al potere possa controllare così
massicciamente il mondo dell’informazione, sia come proprietario di
emittenti televisive che come editore di giornali. Finché perdurerà questa
situazione, la valutazione non cambierà».
Nel 2006 hai creando l’associazione
Annaviva, in
memoria di Anna Politkovskaja. Cosa ti ha colpito della giornalista russa?
«Il suo coraggio, la sua spinta morale per raccontare quello che accadeva in
Cecenia, gli errori e gli orrori del terrorismo ceceno ma soprattutto il
regime putiniano che lì si è macchiato di crimini contro l’umanità. Ha
voluto dimostrare come, benché la diplomazia occidentale finga di non
accorgersene, la situazione nell’ex Unione Sovietica non è per niente
cambiata rispetto agli anni della guerra fredda. Ed ha pagato con la vita
questa sua determinazione. Mi sono sentito in dovere di portare avanti la
sua memoria proprio perché, come purtroppo accade quasi sempre, dopo un po'
di tempo l’opinione pubblica si è quasi dimenticata di lei».
Chi, tra i giornalisti di oggi, potrebbe avere il suo spirito?
«Roberto Saviano, anche se il suo percorso è ancora agli inizi. Lui ha
puntato soprattutto il dito contro la camorra, mentre Anna parlava di tante
cose nel suo lavoro, dai familiari delle vittime di Beslan alla Cecenia,
cercando di portare alla luce quegli aspetti che la politica russa cercava
di nascondere agli occhi del mondo. Aveva una visione a tutto tondo di chi
era vittima di soprusi e viveva il suo lavoro come una missione. Ma io
credo, comunque, che non servano martiri. Sarebbe sufficiente che tutti i
giornalisti facessero, nel loro piccolo, il mestiere, le inchieste. Senza
piegare la testa davanti ai potenti di turno».
Malgrado tutto, cosa ti dà la forza di andare avanti nel tuo lavoro?
«Ritengo che abbiamo la fortuna di vivere in un Paese democratico, pur con i
suoi mille difetti. Di certo non paragonabile alla Russia di ieri e di oggi.
Ho la fortuna di lavorare in un’azienda di Stato che mi dà la possibilità di
svolgere il mio ruolo nel rispetto delle mie idee. È una grande possibilità
che abbiamo, non dobbiamo mai dimenticarlo».
Quale notizia vorresti dare un giorno?
«Non ho questa grande aspirazione dello scoop del secolo. Mi basta poter
continuare a fare questo lavoro con dignità ogni giorno e di potermi
guardare allo specchio, quando mi faccio la barba la mattina, senza
vergognarmi per quel che ho fatto il giorno prima». |
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SPORTIVA Orge
e stupri nel rugby di
Pierpaolo Di Paolo
Che sesso e festini a luci rosse facessero
parte integrante della vita degli sportivi, anche
famosi, era una cosa ben nota da tempo e non
scandalizzerà di certo nessuno. Tuttavia in questi
giorni si sta delineando uno scenario inquietante,
che va ben oltre quanto si era disposti ad
immaginare. Tutto nasce da un'inchiesta condotta da
Four Corners, programma dell'emittente
televisiva australiana
ABC, che ha sollevato il velo su una terribile
realtà che coinvolge il mondo rugbystico
australiano.
Non si tratta del "semplice" festino a luci rosse
organizzato da atleti ricchi ed annoiati, ma di una
situazione molto più grave ed allarmante, dove le
feste e l'alcool spesso non sono altro che il
preludio di feroci violenze di gruppo. Non parliamo
di singoli episodi, ma di una diffusa ed
agghiacciante cultura dello stupro, della
violenza collettiva e dell'omertà, che trasformano
sempre più spesso le feste delle squadre di rugby in
incubi per le incaute vittime. Quasi sempre
ragazzine appena diciottenni. Pare infatti che
queste pratiche siano non solo poco contrastate, ma
in alcuni casi addirittura incoraggiate in quanto
percepite come un mezzo per rafforzare
l'affiatamento di squadra. Elemento che, nel
rugby ancor più che in qualunque altro sport, è
determinante per la vittoria.
Non è un'idea strampalata, ma una teoria avvalorata
da studi e pareri di esperti psicologi, i quali
hanno confermato - agli attoniti giornalisti della
ABC - che effettivamente il risultato viene
raggiunto.
L'inchiesta giornalistica ha avuto origine dalle
dichiarazioni di Clare, ragazza che nel 2002 fu
violentata nell'albergo di Christchurch, in Nuova
Zelanda, dove lavorava come cameriera. «C'era una
fila di uomini davanti al letto ed avevo mani
dappertutto - racconta Clare -
contemporaneamente c'erano giocatori che si
masturbavano assistendo alla scena. Se avessi una
pistola li ucciderei. Sono disgustosi, li vorrei
morti». Il festino sarebbe iniziato all'insegna
dell'allegria e della trasgressione, per poi
degenerare in uno stupro collettivo.
La vittima denunciò la violenza ma le autorità - che
definirono Clare «giovane, ingenua e che stava
diventando adulta» - chiusero le indagini ritenendo
che la diciannovenne fosse consenziente. In pratica,
la ragazza vi aveva partecipato volontariamente,
salvo perdere poi il controllo della situazione. Tra
i partecipanti anche l'ex campione e famoso
commentatore televisivo Matthew Johns,
all'epoca giocatore dei Cronulla Sharks,
licenziato dalla sua emittente dopo il suo
coinvolgimento nella vicenda. La Lega australiana,
tramite il suo direttore esecutivo David Gallop, ha
presentato scuse formali non solo per l'incidente di
Cristchurch, ma anche per tutti gli altri episodi
definiti «dolorosi ed indifendibili».
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