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Telegiornaliste anno V N. 16 (187) del 27 aprile 2009
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MONITOR Lucia
Trotta, paladina del giornalismo campano di Giuseppe Bosso
Napoletana, Lucia Trotta è giornalista
pubblicista dal 1998. È nella televisione che muove i primi passi del mondo
dell’informazione, precisamente all’emittente
Telenuova.
Corrispondente dal salernitano per Il Mattino, dal 2007 conduce il format
Areagro, in
onda anche sull’emittente Antenna 3.
Come nasce Areagro?
«Dall'esigenza di TvOggi di essere presente in un’area come l’agro
nocerino-sarnese che viene notoriamente vista come la "macchia nera" della
provincia salernitana, mentre è un territorio pieno di risorse che andrebbero
meglio valorizzate, a cominciare da un grande patrimonio culturale sul quale
concentriamo gran parte della nostra attenzione. Più che dare la parola agli
amministratori, cerchiamo di far arrivare loro il messaggio dei cittadini, di
farci portavoce delle loro esigenze, dalla disoccupazione al problema di trovare
casa o arrivare a fine mese».
Però, dalla tv, sei approdata anche alla carta stampata. Dove pensi di
esprimerti al meglio?
«Amo il mezzo televisivo per la sua capacità di affrontare tematiche in tempo
reale. Sulla stampa, invece, hai la possibilità di fare più approfondimento.
Certo, la tv è il primo amore, ma non per questo l’esperienza sulla carta
stampata è meno affascinante».
Un problema molto sentito è quello dell’immigrazione straniera, alla luce
degli ultimi recenti fatti di cronaca che hanno riguardato anche la Campania. Il
ruolo dei media?
«Fare informazione come sempre. Purtroppo abbiamo assistito a casi spiacevoli
come l’incendio ai campi rom, frutto di un clima molto teso. Quello
dell’immigrazione straniera è un dato forse avvertito non tanto dove opero, ma
più in altre realtà limitrofe a Napoli e Salerno. Da parte nostra spero ci sia
molta delicatezza nell’affrontare storie difficili come i recenti casi di
violenza sessuale, nel rispetto di tutti, tanto delle vittime quanto di coloro
che sono accusati, e non sempre giustamente, di questi crimini. È fondamentale
non fare di tutta l’erba un fascio e di alimentare un clima di caccia continua
al mostro, anche quando magari questo è stato preso. Mi fa comunque piacere
constatare che per effetto di articoli, dossier e inchieste condotte da validi
colleghi si sia posta l’attenzione su queste problematiche».
È passato un anno dall’omicidio del Tenente dei Carabinieri Marco Pittoni
(morì durante una rapina alle Poste, ndr). Come ha reagito Pagani?
«La reazione della città è stata forte, né silenziosa né animata dallo
sconforto. I paganesi, ma non solo, hanno sofferto molto per la perdita di una
persona amata e rispettata per la sua enorme generosità e disponibilità,
dimostrando che non si vuole cedere all’omertà e al dilagare della delinquenza.
Me ne accorgo soprattutto dal forte e continuo legame che si è mantenuto con le
forze dell’ordine».
Il bello e il brutto di essere giornalista in Campania.
«Sicuramente non è piacevole constatare come, in generale in tutto il Sud, non
ci sia una concezione del nostro lavoro come di un servizio prioritario. Ci
tocca praticamente lavorare quasi il triplo di altri, ma forse è attraverso
queste difficoltà che troviamo energie positive per affrontare la nostra
missione».
Come pensi cambieranno Facebook e i social network in genere il modo di fare
informazione?
«Sicuramente sono grandi mezzi dalle enormi potenzialità, e io su Facebook ho
ritrovato i compagni di scuola di cui avevo perso le tracce, ma per me il vero
giornalista è quello che è sempre in strada a cercare la notizia. La tecnologia
ti aiuta non poco, è vero, ma niente potrà mai essere più formativo dell’essere
continuamente in movimento. Non puoi ridurti a fare copia e incolla dai
comunicati stampa in redazione».
Per un giovane che aspira a fare il nostro lavoro, occorre cercare fortuna
altrove o restare in una realtà difficile come la nostra?
«Restare assolutamente! Penso si debba fare un grande sforzo proprio nella
propria terra, per quanto sia difficile anzitutto trovare qualcuno che ti dia
fiducia, e poi riuscire a resistere alle gomitate in redazione. Certo, se hai il
sogno di fare l’inviato all’estero, è un altro discorso. Ma la cosa più
importante, comunque, è fare esperienza, e non è un caso che molte testate,
dovendo selezionare nuove leve, prediligano più quei giovani che hanno fatto le
loro prime collaborazioni piuttosto che gli studenti laureati con il massimo dei
voti in poco tempo. Dal basso verso l’alto, con tenacia, puoi avere grandi
soddisfazioni».
Vorresti parlare meno di...?
«Di politica, soprattutto amministrativa. È un tema che rischia di diventare
davvero noioso. Vorrei piuttosto concentrarmi su quelle problematiche reali come
l’esigenza di trovare posti di lavoro, favorire la crescita del territorio e
sviluppare il turismo, grande e fondamentale risorsa che forse non riusciamo a
valorizzare pienamente. Se riuscirò a fare questo, sarò davvero realizzata e mi
sentirò io stessa mezzo di comunicazione».
Cosa vedi nel tuo domani?
«Non pensavo sarei arrivata, quando muovevo timidamente i primi passi in questo
ambiente, a diventare corrispondente della più importante testata napoletana e
poi a lavorare in un’emittente in crescita come TvOggi. Al domani non penso
tanto, se non per una cosa: spero davvero di non finire relegata in redazione e
perdere il contatto con la gente».
Come ti definisci come donna e come giornalista?
«Agguerrita. Diciamo la verità... non riesco proprio a farmi i fatti miei! Se mi
accorgo che qualcosa non va, voglio essere paladina di coloro che subiscono.
Battute a parte, mi ritengo molto disponibile, anche se non sempre è facile con
i colleghi».
A proposito di colleghi, con chi hai un migliore rapporto?
«Per quanto la mia migliore amica sia una collega che ha preso una strada
diversa dalla mia, non nascondo che è proprio con il gentil sesso che ho avuto
le maggiori difficoltà. Per natura, noi donne tendiamo alla competizione».
Quanto conta l’immagine in un lavoro come questo?
«Sarei ipocrita a dire che non conta, e purtroppo l’ho potuto riscontrare nella
mia esperienza.. D’altronde, quando vai nelle case della gente, devi sempre
saperti presentare in un certo modo. Io ho cercato sempre di entrare in punta di
piedi, di dare un’immagine pulita e composta, coerente con la professione.
Comunque, se non c’è talento, non si va avanti». |
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CRONACA IN ROSA Io
mangio decoroso di Camilla
Cortese
Io non mi vergogno di dirlo: certe sere degli anni
universitari, giravo con 5 euro nel portafoglio. La
paga di baby-sitter riempiva il serbatoio della macchina e
il credito del cellulare, ma una volta chiamati gli amici e
raggiunto il ritrovo, non si poteva certo andare al
Ristorante di Giovanni Rana. Giravo per Verona con la
borsa e il cuore leggeri, meta un kebab che mi avrebbe
sfamato con soli 3 euro.
Mangiarlo sulla scalinata di Palazzo Barbieri regalava
l’impagabile colpo d’occhio su Piazza Bra, raccogliere poi i
propri tovaglioli e lattine regalava l’impagabile brivido
del
senso civico. Pare però che non tutti apprezzassero il
brivido così, contro quest’ultimi, il 18 luglio 2007 entrò
in vigore l’ordinanza detta “antipanino”, volta a tutelare
l’igiene pubblica, la salute dei cittadini, il decoro e
l’immagine della città. Basta mangiare cibo da asporto in
prossimità degli ingressi dei monumenti.
Il provvedimento voluto dal sindaco leghista Flavio Tosi,
condivisibile o meno che sia, dal Veneto ha fatto ora
proseliti in Lombardia, ma con le degenerazioni
tipiche del leghista meneghino, che a Milano ha imposto
nell’ordine: divieto di consumo di cibi di rosticceria e
gelati negli spazi esterni al locale per evitare che
vengano richieste autorizzazioni ad allestire gazebo e
tavolini, divieto di servire bibite se non prodotte in casa
per evitare le lattine, divieto di apertura 24 ore su 24 con
chiusura all’una di notte per evitare disordini notturni.
Se questa non è la fine del kebab, del panzerotto, del cono
gelato e della pizza al taglio, è comunque un canto del
cigno. Mi chiedo: non posso mangiare in prossimità di una
rosticceria, ma a 50 metri? Non mi posso sedere sul
marciapiede antistante, ma su una panchina dall’altra parte
della strada? Forse c’è un velato messaggio che mi invita a
smettere di fare la pezzente scanzonata che mangia per
strada e a diventare una decorosa signora che paga 35 euro
per mangiare in un ristorante.
In un Paese dove i divieti diventano la risposta alla
richiesta di sicurezza, fa ridere amaramente un
provvedimento che sanziona, per motivi di ordine pubblico,
un segmento di immigrazione che si integra attraverso il
lavoro e i piccoli artigiani della ristorazione che offrono
prodotti graditissimi a molte fasce di popolazione. Ma
un'ordinanza che impedisce di consumare cibi da asporto
stazionando in prossimità del locale, e mette in difficoltà
i piccoli esercizi portandoli di fatto alla chiusura,
garantisce la possibilità di scelta ai consumatori e le
regole della libera concorrenza e del libero mercato? |
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FORMAT Pagellone
di aprile di
Giuseppe Bosso
Sole splendente su Sky. Dopo
Fiorello e Lorella Cuccarini, la piattaforma di
Rupert Murdoch si accaparra anche Mike
Bongiorno. Mentre Rai e Mediaset continuano a
propinarci le solite minestre, sul satellite si
va alla grande, e siamo prossimi al passaggio
del digitale terrestre. I giorni del duopolio
sono davvero finiti...
Sereno su Victoria Cabello. Ne ha fatta di
strada l’ex veejay-iena-mattatrice di Sanremo
2006. Victor Victoria, il suo show su
La7, spopola sebbene si trovi a condividere, con
Pietro Chiambretti, i patemi di una messa in
onda non propriamente accessibile al grande
pubblico. Ma lo stile irriverente è sempre lo
stesso.
Soleggia su Ficarra e Picone. Protagonisti
nelle sale, protagonisti a Striscia la
notizia, il duo lanciato da Zelig
subentra alla coppia Greggio-Hunziker a furor di
popolo e senza tradire le aspettative di Antonio
Ricci.
Poco nuvoloso su Law&Order-i due volti
della giustizia. La storica serie americana,
che ha generato ben tre spin-off, imperversa su
Raidue nelle repliche pomeridiane e nelle
puntate inedite in seconda serata. Le indagini
dei detective e i processi dell’avvocato Jack
McCoy sono sempre più appassionanti.
Variabile su Kaspar Capparoni, per il
secondo anno consecutivo "spalla" del più amato
telepoliziotto a quattro zampe, Il
Commissario Rex, piacevole come sempre.
Foschia su Agrodolce. La soap made
in Sicilia è a forte rischio chiusura, a nemmeno
un anno dalla messa in onda e malgrado la
partecipazione di guest d’eccezione come Serena
Autieri e Maria Grazia Cucinotta. Un posto al
sole è giunta quasi a quota 3000 puntate, ma
le altre soap targate Rai hanno sempre avuto
breve vita, e le vicende ambientate nell’isola
non sembrano destinate a fare eccezione.
Nebbia su Beppe Grillo. Ottimi gli ascolti
per Exit con la sua incursione, malgrado
le polemiche per il mancato contraddittorio di
cui la brillante
D’Amico
non manca di scusarsi. Il papà del V-Day non
aveva promesso questo, a suo dire. Sia come sia,
comunque un’occasione persa per lui, ma una
conferma di come il programma di La7 sia ormai
una garanzia consolidata.
Pioggia sulla CBS che decide di chiudere
Sentieri dopo oltre 55 anni di messa in
onda. Nata come sceneggiato radiofonico nel
remoto 1937, la soap ambientata a Springfield
mancherà agli aficionados del genere rosa che si
interrogano su cosa poteva essere fatto per
salvarla.
Temporale su Mattino Cinque, per
una specie di posta del cuore affidata a
Emanuela Titocchia: se come attrice non ha certo
conquistato il pubblico di Centovetrine,
come "consigliera" non ci sembra nemmeno
altrettanto convincente. Del resto, quali
consigli si possono dare in campo sentimentale
dopo aver lasciato il proprio compagno (Fabio
Testi) in un reality show?
Grandine sulla Corte Europea di Giustizia
che ha tradito le aspettative di chi sperava in
Strasburgo per eliminare definitivamente il
canone Rai. Niente da fare, nemmeno spegnendo
il proprio televisore si può evitare di pagare
un tributo che ha tutta l’aria di una vera e
propria gabella.
Burrasca su chi ha sciovinato ascolti
delle edizioni del telegiornale, su chi non ha
avuto riguardo per il dolore di quanti avevano
perso affetti e abitazioni, su chi ha speculato
sul dramma dell’Abruzzo dimenticando i
principi della vera e sana informazione. E,
senza voler prendere posizioni, su chi ha
sviluppato vignette che potevano forse essere
evitate e su chi, da queste vignette, ha preso
spunto per strumentalizzare. Nel centenario
della sua nascita, ci chiediamo cosa starà
pensando, da lassù, Indro Montanelli... |
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CULT Ti
scatterò una foto di Valeria Scotti
A Reggio Emilia ci si chiede se sia possibile catturare con uno scatto
fotografico il cuore del tempo e raggiungere così l’eternità. A Reggio Emilia si
riflette e ci si perde davanti alle pellicole. A Reggio Emilia c’è la quarta
edizione di
Fotografia Europea, in programma dal 30 aprile al 7 giugno. «Un
ritorno atteso che permea con la sua energia luoghi storici e riscoperti, le
piazze riqualificate, gli spazi espositivi di una città che si è sempre
dimostrata aperta, accogliente e conviviale», ha spiegato il sindaco Graziano
Delrio.
Curata dal critico d’arte Elio Grazioli e promossa dal Comune di Reggio Emilia,
la rassegna internazionale ha come tema proprio Eternità. Il tempo
dell'immagine, spiegata in un percorso sviluppato su un centinaio di
spazi espositivi, con il contributo di grandi fotografi e critici del settore e
l’intervento di ospiti provenienti dal mondo delle arti, delle scienze e della
cultura. Un appuntamento con la fotografia meditativa, quella che induce a
riflettere.
Lectio magistralis, workshop, letture, proiezioni, incontri, spettacoli e
concerti. Le conferenze con il germanista e critico letterario Claudio Magris,
con il filosofo Remo Bodei e il genetista Edoardo Boncinelli; le performance
musicali di Benny Benassi nella storica Piazza San Prospero di Reggio Emilia con
i video e i materiali originali del fotografo americano Allan Tannenbaum; i
reading degli scrittori Grazia Livi, Giorgio Rimondi e Beppe Sebaste; la musica
d’autore di Lucio Dalla e la lettura delle Confessioni di Sant’Agostino con
Alessandro Preziosi e LaReverdie ensemble.
Il festival presenterà inoltre tre produzioni di artisti europei: la greca Maria
Papadimitriou, la milanese Elena Arzuffi e gli svizzeri Goran Galì e Gian-Reto
Gredig. Al termine della mostra, tutte le opere saranno acquisite dal Comune di
Reggio Emilia.
Per i più giovani, infine, la mostra della fotografa e illustratrice Katy
Couprie a cura della Cooperativa Giannino Stoppani di Bologna, e un progetto
didattico, Fotografare il tempo: laboratori espressivi sul
linguaggio della fotografia per bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni. |
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DONNE Chiara
nel circolo dei libri di Chiara
Casadei
Sulla home page del suo sito campeggia un’invitante
citazione: “Chi accumula libri, accumula desideri”
(Ugo Ojetti). E forse lei di desideri ne aveva davvero tanti,
visto che ha deciso di condividerli con altri utenti
italiani aprendo una fortunata community interattiva:
Pickwicki.
Chiara De Caro, marchigiana, relativamente fresca di
laurea – anno 2006, università Bocconi, Scienze economiche e
statistiche – ci presenta la sua creazione, dalla nascita
fino al successo, e i futuri progetti ancora in cantiere.
Come è nata l’ispirazione per Pickwicki?
«Pickwicki prende spunto da un’iniziativa amatoriale di una
piccola associazione culturale maceratese, un sito statico
in cui era possibile creare delle liste dei desideri su
libri e musica. Da qui, l’idea di creare una community 2.0
basata sull’interazione degli utenti, sulla condivisione
della passione per la lettura. Verso la fine del 2007, tra
nuove opportunità e tanti cambiamenti, ho deciso che
Pickwicki sarebbe diventata realtà! Pickwicki è andata così
online i primi di marzo dell'anno successivo ed è stata
ufficialmente lanciata a Torino, durante la Fiera
internazionale del libro».
Perché iscriversi alla community?
«Pickwicki si differenzia per il suo particolare rapporto con
librerie ed editori. Chi entra a far parte della community
ha modo di condividere la propria passione per la lettura,
di conoscere persone con gli stessi interessi e di esprimere
le proprie opinioni su ciò che legge. All'interno della
community, inoltre, gli utenti possono interagire e
comunicare attraverso modalità innovative».
Cosa l’ha influenzata nella scelta del nome?
«Una persona importante per Pickwicki è sicuramente stato
Charles John Huffam Dickens, autore di quell’indimenticabile
inno all’amicizia che è il Circolo Pickwick. Una
volta Alessandro Baricco definì i Pickwick papers
(titolo originale inglese, ndr), “un libro che ti
salva la vita”. Questo è un modello a cui la community
tende. E poi tutti coloro che hanno permesso negli ultimi
anni lo sviluppo del web 2.0 e del sistema di partecipazione
diretta delle persone alla creazione dei contenuti della
rete, un concetto che ci sembrava efficace riassumere in
“wiki”, come Wikipedia e Wikinomics, tanto per citare due
esempi molto noti. Ed ecco spiegato da dove nasce
“Pickwicki”. La seconda "C" la abbiamo conservata per non
far torto a Dickens e tanto meno a Mr. Samuel Pickwick,
General Chairman-Member Pickwick Club».
Dopo poco più di un anno di vita – Pickwicki è online dal
10 marzo 2008 – quali sono state le più grandi conquiste e
le prossime evoluzioni dell’intero progetto?
«Al di là della crescita di utenti e della sempre più ampia
visibilità, la più grande conquista è stata la creazione
stessa della community, la realizzazione di un progetto
ambizioso. Le evoluzioni sono legate al desiderio di porre
al centro gli utenti, consentendo loro di venire in contatto
con persone con gusti simili, per condividere idee e
opinioni. In questo senso, stiamo sviluppando sempre più la
componente dei video, ossia la possibilità per i lettori di
interagire attraverso la registrazione di brevi filmati. Una
novità nell'ambito dei book social network, a livello
globale!».
Secondo lei cosa può portare Internet al mondo dei libri e
della lettura?
«Dalle statistiche emerge chiaramente che chi usa internet è
di solito anche un lettore forte: dal web possono arrivargli
stimoli, consigli su cosa leggere e opinioni di altri
lettori. Da Internet stanno arrivando anche tante novità in
ambito editoriale ma per questo ci vorrà tempo: i
cambiamenti culturali sono lenti e graduali. Anche nell'era
del web».
Dall’esperienza avuta negli Stati Uniti, come spiegherebbe
le differenze delle risorse offerte da Internet a confronto
con l’Italia?
«Come sappiamo l'Italia è caratterizzata da un ritardo
tecnologico. Questo è ovviamente alla base delle principali
differenze tra noi e gli USA, che risiedono non tanto nelle
risorse offerte - è tutto comunque disponibile - quanto in
un gap temporale di adozione delle stesse. La situazione sta
tuttavia cambiando. La sempre maggiore diffusione della
banda larga sta portando a un sempre più ampio utilizzo di
Internet, per esempio. E l'uso della rete si sta
quotidianizzando, un segnale molto importante».
In quanto donna imprenditrice, quali sono state le
difficoltà iniziali?
«Nella mia attività non ho mai riscontrato difficoltà in
quanto donna. I problemi, soprattutto in una fase iniziale,
erano legati alla mia età!».
Progetti per il futuro?
«Sono alle prese con nuove partnership e tante nuove idee.
Sicuramente ho scelto un lavoro impegnativo, ma è anche un
continuo stimolo ad andare avanti». |
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TELEGIORNALISTI
Paolo
Capresi, in Abruzzo in punta di piedi di
Giuseppe Bosso
Questa settimana Telegiornaliste incontra
Paolo Capresi, inviato per Studio
Aperto nelle zone colpite recentemente dal terremoto.
Paolo, come stai vivendo questa esperienza in Abruzzo?
«Per la prima volta mi sono trovato a raggiungere una zona colpita da una
calamità naturale a caldo. Ho subito avvertito l'impatto terrificante che
l'evento ha avuto per la popolazione, però la gente non si è lasciata
assolutamente abbattere ed è già pronta per ricostruire. Dopo i giusti
pianti per i lutti subiti, la gente dell'Abruzzo si sta rimboccando le
maniche ed ha una grandissima voglia di ripartire».
Come hai cercato di porti nei confronti di questa popolazione?
«Con molto rispetto per quanto hanno vissuto, avvicinandomi in punta di piedi,
ascoltando attentamente e capendo la realtà dei fatti. Per prima cosa ho
cercato di fare la parte relativa alla cronaca, raccontando cosa era
successo, e poi sono andato in cerca di storie, di quello che la gente aveva
da dire. Mi hanno commosso vicende come quella di una famiglia che si era
riunita per la Pasqua, ma il sisma ha trasformato la festa in lutto. Mi ha
colpito un allevatore che è riuscito a salvare le sue vacche, e che ha
prodotto dopo pochi giorni il primo formaggio, dicendomi che era il segno
della sua volontà di ripartire. E poi l'ultracentenaria rimasta bloccata per
tre giorni nel letto della sua casa che mi ha raccontato di aver fatto
l'uncinetto».
Le storie sono davvero tante.
«Sì, dai carabinieri che dopo aver messo in salvo i loro familiari si sono
precipitati a dare soccorso agli sfollati alle persone che hanno dovuto
rimandare i matrimoni programmati da tempo a causa dell'inagibilità delle
chiese, e il medico che, rimasto senza camice, presta il suo servizio in
pigiama. Tanti piccoli segni di una grande umanità e di una grande voglia di
risollevarsi».
Abbiamo assistito a due facce della stessa medaglia dell'essere umano: al
bene di questi volonterosi soccorritori da te citati si è purtroppo
contrapposto il male degli sciacalli che hanno approfittato di questa
catastrofe.
«Purtroppo è così, ci sono anche questi aspetti di cui dobbiamo parlare. Credo
che sia importante non essere indulgenti e raccontare i risvolti sgradevoli.
Esaurita la parte cronistica della tragedia è stato importante andare in
cerca delle storie personali, proprio per sottolineare come ci sia questa
volontà di ripresa. Direi che più o meno tutti i colleghi che ho incontrato
hanno cercato di fare questo».
Cosa ne pensi dell'invadenza di chi, durante la notte, ha cercato di
intervistare le persone che dormivano nelle automobili?
«Non nascondo che ho notato anch'io questa invadenza, e non mi ha fatto per
niente piacere. Ripeto che ritengo necessario, mai come in questi casi,
sapersi avvicinare alla gente in punta di piedi, con tatto, per permettere
di esprimere ciò che sentono. Sarebbe normale aspettarsi, da chi è rimasto
così colpito, reazioni sgarbate, ma per quanto mi riguarda non ho trovato
una sola persona scortese tra coloro che ho intervistato».
Grande è la solidarietà che è stata finora manifestata, tra raccolte di
fondi e proposte per ospitare gli sfollati. Ma basterà questo per la
ricostruzione?
«Servono soprattutto soldi per l'Abruzzo, ed è quello che ha evidenziato anche
Berlusconi invitando i cittadini a non mandare cose che potrebbero non
servire; come è successo, per esempio, con i giubbotti o con carichi di
uova, è importante che i soldi vengano canalizzati in maniera giusta per
arrivare dove devono arrivare».
Non sono mancate polemiche, anche di natura politica.
«È facile dire "si poteva evitare". Ma in questo momento non credo sia il caso
di fare questo tipo di ragionamenti, occorre rimboccarsi le maniche. Tutto
il resto viene dopo».
Ad ogni modo, pur nell'enormità della tragedia, ritieni che per un
giornalista sia formativo seguire eventi come questo dal vivo?
«Questa è la vita, la nostra vita, dobbiamo affrontarla e ciò fa crescere
tutti, giornalisti e non. Per la nostra professione lavorare in queste
situazioni è sicuramente un'esperienza molto formativa, non solo
professionalmente, ma soprattutto umanamente. In questi casi potrebbe essere
una bella idea affiancare agli inviati anche qualche stagista delle scuole». |
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Maria Verchenova: per la
mazza è stato amore a prima vista di
Pierpaolo Di Paolo
Chi associa il golf a una disciplina ricca,
snob, molto riservata e tendenzialmente noiosa, sbaglia di grosso. Negli ultimi
anni l'immagine classica di questo sport ha subito un'autentica rivoluzione. Un
ruolo determinante l'hanno avuto anche le numerose giocatrici che, belle e
sempre meno austere nel look, hanno demolito l'aspetto tradizionale di questa
attività sportiva imponendo la loro esuberante sensualità.
Tra queste è impossibile non nominare
Maria Verchenova. Ventitré anni appena
compiuti, 1,75 cm di altezza e un corpo mozzafiato, la giovane promessa
del golf russo sta attirando l'interesse di esperti del settore e non solo. In
tutta sincerità, non si può dire che la bellissima atleta abbia conquistato
l'attenzione generale in virtù di un talento fuori del comune o di risultati
eccezionali sul green, almeno per ora. Di questo lei ne è ben consapevole, e non
si nasconde: «Il mio vero lavoro è fare la modella. Ne sono conscia, è
decisamente più facile». Poi ha un lampo di genio ed aggiunge: «Se il golf fosse
meno complicato sarei già una campionessa».
Il suo fisico rappresenta un indubbio
vantaggio, e la giovane sportiva è ben attenta a valorizzarlo, come lei stessa
ammette senza problemi: «Quando gioco sono attenta ad indossare sempre qualcosa
di speciale, cerco di vestirmi in modo più sexy rispetto alle altre, con
una gonna più corta o una maglia più scollata». L'amore per il golf è una
conquista recente: «Ho iniziato a giocare non molto tempo fa, ma con la mazza da
golf è stato amore a prima vista», spiega l'avvenente Maria. «Da piccola non lo
seguivo minimamente. Non sapevo neanche che esistesse, a dire il vero. In Russia
non è granché considerato. Semplicemente, crescendo, ho cominciato a
considerarlo un passatempo davvero divertente».
Anche per questo i suoi risultati sportivi -
quinta nel Ladies Tenerife Open - destano interesse ed aspettative. La
Verchenova potrebbe davvero diventare una delle più forti giocatrici del
momento. Nel frattempo, ad appassionati del golf e non, non resta che stare a
guardare. |
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