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Telegiornaliste anno V N. 11 (182) del 23 marzo 2009
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Margherita Salemme, obiettivi e testa tra le nuvole
di Giuseppe Bosso
Nata a Napoli, Margherita
Salemme
divide la sua vita professionale tra il lavoro di giornalista al Vg21 di
Canale 21
e quello di produzione negli studi Rai di via Marconi. In passato è stata
corrispondente da Pozzuoli per Il Mattino.
Quali differenze hai riscontrato tra Canale 21 e la Rai?
«Non posso ovviamente dare una risposta giornalistica per quello che faccio in
Rai. Posso invece dirti che la mia esperienza a Canale 21 è stata e continua ad
essere una delle più belle e formative che abbia mai fatto. Canale 21 è per me,
oltre che una grande scuola professionale, una grande famiglia a cui sono molto
legata. Sto benissimo e li ho tanti amici. Sicuramente fra 40 anni, guardandomi
indietro, sarà uno dei ricordi più belli».
Aspetti positivi e negativi di una vita intensa come la tua?
«Gli orari! Ecco certamente l'aspetto negativo, l'unico neo di un lavoro che amo
davvero tanto. Il bello, invece, è il feeling che ho trovato con i colleghi sia
giornalisti che di produzione. In Rai, per esempio, ho avuto la fortuna di
trovarmi a far parte di un gruppo tutto al femminile, guidato da donna che è un
concentrato di energia: riesce a tenere su un gruppo molto affiatato,
contrariamente alla comune rivalità tra donne sul lavoro».
Come sono i tuoi rapporti con le tue colleghe?
«Belli, anche se c'è sempre una naturale competizione sul lavoro. Ma finché è
sana, va bene. Posso davvero dire che una volta smessi i panni del giornalista,
siamo davvero molto unite».
Qual è la tua più grande soddisfazione?
«Girare in esterna mi dà veramente una grande gratificazione, spero di fare bene
i miei servizi».
Rifiuti, disoccupazione, corruzione: di cosa non vorresti più si parlasse a
Napoli?
«Sono tre tristi aspetti che hanno profondamente segnato la nostra realtà:
l'emergenza rifiuti spero venga prima o poi superata del tutto, la corruzione
che ha portato ai recenti scandali sul Comune spero venga presto dimenticata. Se
proprio devo sbilanciarmi, parlo della disoccupazione perché capisco bene le
difficoltà dei tantissimi giovani che cercano un'occupazione per poter andare
avanti in una realtà così difficile come la nostra».
Quello che fai ti fa sentire una portavoce di Napoli?
«Portavoce è una parola troppo impegnativa. Sona una ragazza che non è voluta
andare via da Napoli perché, nonostante tutto, credo che questa città sia una
realtà che dà tanto e conta anche su validissime eccellenze. Anche gli studi Rai
hanno fatto la loro parte con produzioni storiche come La Squadra e Un
posto al sole. Sono cose che ci gratificano e ci danno una spinta per andare
avanti, consapevoli di non dover invidiare niente a nessuno».
Come valuti l'espansione di Facebook? E' la comunicazione del futuro?
«Sì, stiamo vivendo davvero una grande rivoluzione dal punto di vista dei mezzi
di comunicazione. Mi sono avvicinata a questo social network più che altro per
curiosità. Vediamo il futuro cosa ci offrirà».
Pensi sia più duro per te conciliare lavoro e affetti rispetto ad altre tue
colleghe?
«Al momento non ho un amore particolare nella mia vita e quindi posso dedicare
anima e corpo al lavoro. Riesco a dividermi tra i due ruoli che ricopro senza
che sia un peso rinunciare a qualcosa, ma il mio sogno per il futuro è diventare
mamma. Se dovesse capitare di dover prendere una scelta, sicuramente deciderei
per la famiglia».
C'è un'intervista o un servizio da te realizzato a cui sei legata
particolarmente?
«Vado fiera di un servizio che realizzai sullo stato di Piazza Garibaldi a
Napoli, a cui ho dedicato molta attenzione proprio per non deludere chi mi aveva
dato fiducia: una persona che stimo molto e che volevo fosse fiera di me».
Ritieni che per un giovane aspirante giornalista sia necessario andare via da
Napoli?
«Egoisticamente dico di sì, ma campanilisticamente sento di dover dire ai
giovani di non rassegnarsi: anche a Napoli ci sono grandi occasioni, basta
saperle trovare».
Come mai voi telegiornaliste piacete così tanto?
«Non so dirti il perché, ma come spettatrice ammiro tantissimo quelle vere
professioniste che riescono a conciliare casa e redazione essendo al tempo
stesso professioniste, mamme e mogli. Per me sono delle vere maestre».
Come ti definiresti?
«Sono molto diretta come giornalista, quando punto un obiettivo mi impegno
finché non riesco a centrarlo. Come donna, invece, forse non riesco a fare
altrettanto, avverto ancora forti punte di insicurezza che non trovo nella vita
professionale. Fondamentalmente mi ritengo una sognatrice con la testa tra le
nuvole».
E nel tuo domani, ti vedi...
«Mamma! (ride, ndr) E' il mio sogno più grande avere una famiglia da
Mulino Bianco!».
Hai qualche modello a cui ti ispiri particolarmente?
«No. Da piccola giocavo con mia sorella a fare
Lilli Gruber. Indossavo
una parrucca di Carnevale, ma non mi rendevo ancora conto di chi fosse quella
signora tutte le sere in tv. A parte questo, penso che Napoli abbia dei
validissimi professionisti dell'informazione che meriterebbero più spazio». |
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CRONACA IN ROSA Donne tra locale e globale
di Erica Savazzi
Le donne e il rinnovamento della società europea:
titolo impegnativo per un seminario, ma pieno di significati e di implicazioni.
Organizzato dall'Aiccre (Associazione italiana per il Consiglio dei comuni e
delle regioni d'Europa) e dal comune di Verbania, il seminario ha esaminato la
Carta europea per l'uguaglianza di donne e uomini nella vita locale e regionale
e ha illustrato, con gli esempi delle città di Genova e Verbania, le politiche e
le iniziative attuabili per promuovere concretamente la parità tra uomini e
donne.
«La discriminazione di genere è collegata ad altre
discriminazioni, ad esempio a seconda della provenienza», ha affermato Maria Pia
Bozzo Ferraris, segretaria della Federazione Aiccre della Liguria: in periodi di
crisi la società civile tende a chiudersi in se stessa, emarginando e
discriminando, «ma una società rancorosa si divide, e il futuro diventa meno
roseo». Ecco che allora l'inclusione
di tutti nella vita civile, anche a livello decisionale,
diventa indispensabile: bisogna superare le discriminazioni di ogni tipo in
quanto tali. E superare le discriminazioni significa riconoscere e sradicare gli
stereotipi, anche e soprattutto di genere. Si pensi ad esempio all'idea per
cui le facoltà universitarie sarebbero suddivise tra femminili e maschili.
Ecco allora l'importanza di attuare delle azioni pratiche.
La Carta europea per l'uguaglianza, nata nel 2006 e che può essere
liberamente ratificata da regioni, comuni e province, «è un vero e proprio
strumento di lavoro – ha spiegato Patrizia Dini, in rappresentanza della
Consulta delle elette Aiccre della Toscana – perché oltre a dichiarare principi,
prevede che entro due anni dalla ratifica da parte dell'istituzione venga
stilato un piano di azione
concreto». Ed è la Carta stessa a indicare i principali
ambiti di intervento: lavoro, cura di bambini a anziani, salute, diritto alla
casa, sicurezza, protezione dalla violenza e partecipazione politica attiva.
Liliana Graziobelli, assessore alle Pari opportunità della
Provincia di Verbania, ed Emilia Grossi Bianchi, funzionario delle Pari
Opportunità del Comune di Genova hanno portato ad
esempio alcune misure che sono state attuate nelle
loro amministrazioni: autobus che la notte passano puntuali, flessibilità
dell'orario lavorativo, possibilità per le donne più deboli di frequentare corsi
di formazione, presenza di centri antiviolenza. |
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La lotta dei talent show divide gli ascolti di
Federica Santoro
All’indomani della sfida "all’ultimo dato" che ha
visto protagonisti i talent show di Mediaset e Rai, è la prudenza a vincere.
Nessun riscontro certo ha ancora decretato il Re della serata
dello scorso 17 marzo quando, per la prima volta,
Amici condotto dalla onnipresente
Maria De Filippi, e X Factor da un bravissimo Francesco
Facchinetti, si sono fronteggiati in una gara ricca di colpi di scena e ospiti a
sorpresa.
X Factor ha sfoderato pezzi da novanta del
calibro dei Take That e di Piero Pelù. Amici
ha reagito con Sabrina Ferilli e una puntata
tripla: tre gare in una, tre vincitori e un ballottaggio tra gli ultimi due
eliminati per arrivare ai quattro finalisti che si batteranno per la vittoria
definitiva.
Audience a parte, le preferenze per uno o l’altro
show sono già note. Secondo i dati Auditel, i ragazzini scelgono Amici e
gli adulti hanno un debole per X Factor: i giovanissimi tra i 4 e i 24
anni dimostrano di preferire decisamente il talent condotto da Maria De Filippi;
negli adulti dai 25 ai 34 la forbice si riduce a favore di XF.
Prendendo in esame anche i dati che riguardano le
caratteristiche sociali ed economiche, e per titolo di studio delle famiglie,
c’è una netta vittoria di X Factor fra i laureati, che
raccoglie il 29,46% contro il 19,02% di
Amici, capace di riscuotere successo nei
livelli inferiori d’istruzione raccogliendo il 22,35% fra i telespettatori con
la maturità ed il 23,44% fra quelli fermi alla scuola dell’obbligo.
Nonostante siano differenti nella formula, i due
show fanno capo una medesima tipologia di
spettacolarizzazione, dove vizi e virtù di
ciascuno sono messi alla berlina. Più che la ricerca del talento, il fine ultimo
di entrambi finisce per risultare la ricerca del pettegolezzo e dell’insulto
gratuito. Aspetti che tanto piacciono ai direttori di rete perché tirano su la
colonnina dell’Auditel. |
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CULT Orizzonti
di donna di Valeria Scotti
Una realtà in movimento. Viva. Libri, relazioni e punti di vista in rosa – ma
non solo - alla Libreria delle donne di Milano. Uno spazio fisico e
simbolico, un'oasi speciale per donne che pensano e che scrivono. Puntati su di
loro i riflettori, che sia vecchia o nuova generazione. «La libreria nasce nel
1975 con l'intento di mettere in evidenza i libri scritti dalle donne, il
desiderio di avere un luogo aperto sulla strada dove potere incontrare altre
donne, scambiare idee, esperienze in autonomia», ci spiega Renata Dionigi,
figura fondamentale di questo progetto.
Vendita di libri, ovviamente, con un catalogo esauriente di testi, e molto altro
ancora. Riunioni, discussioni, proiezioni di film. No al silenzio. «Pubblichiamo
dal 1991 Via Dogana, rivista trimestrale di pratica politica, e i
Quaderni di Via Dogana. Abbiamo un programma con incontri settimanali aperti
a tutte e tutti su tematiche che partono dai nostri desideri e interessi su quel
che succede nel mondo».
Alla base di tutto, uno staff interamente di donne. «La libreria è
gestita sul volontariato da venti socie, con saperi ed esperienze diverse, che
si alternano con turni settimanali, alcune fin dall'inizio. Le differenze tra
noi e la passione politica che ci unisce sono la nostra forza». E non è facile
delineare, neanche a grandi linee, le sfide delle donne di oggi perché «non si
può generalizzare, gli interessi e le sfide delle donne dipendono dal contesto
in cui vivono e agiscono». Ormai innumerevoli. |
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DONNE La
penna di Wislawa di Chiara Casadei
«La poesia. Ma cos’è la poesia? Io non lo so, non lo so e mi
aggrappo a questo come alla salvezza di un corrimano». La penna dietro queste
parole è di Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996.
Se il nome non vi dice niente, non disperate. Questa signora in Polonia è molto
conosciuta e famosa per le sue poesie e i suoi saggi; qui in Italia, sebbene
pubblicata da diversi editori - per primo Scheiwiller, poi tradotta da Pietro
Marchesani, che ha curato edizioni sia per Mondadori che per Adelphi - rimane
un’autrice di nicchia, conosciuta soltanto dai più interessati al genere.
Un vero peccato perché nelle sue poesie compatte si nascondono argomenti di
natura etica che prendono vita da parole scelte con ricercata eleganza.
Wislawa, nata nel 1923 a Kornik, si trasferì molto giovane a
Cracovia con la famiglia, dove risiede tuttora. Le sue
prime poesie furono pubblicate in giornali e periodici a partire dal 1945.
Inizialmente le sue opere riflettevano la fede politica a cui aderiva: l’ideologia
comunista
polacca. In seguito, delusa, si allontanò da questa prima
fase, che ricorda duramente: «Ho fatto parte di una generazione che ha creduto.
Io credevo. Svolgevo i miei compiti in versi con il convincimento di far bene. È
stata la peggiore esperienza della mia vita».
Immortalata come icona della poesia del suo Paese,
come donna dalla penna sensibile e profonda, non ha concesso divagazioni sulla
sua vita privata che resta nascosta e separata dalla fama professionale. Una
riflessione autobiografica, però, l’ha compiuta nel discorso tenuto in occasione
del conferimento del premio Nobel: «Il poeta odierno è scettico e
diffidente anche - e forse soprattutto - nei confronti di se stesso.
Malvolentieri dichiara in pubblico di essere poeta - quasi se ne vergognasse un
po'. Ma nella nostra società chiassosa è molto più facile ammettere i propri
difetti, se si presentano bene, e molto più difficile le proprie qualità, perché
sono più nascoste, e noi stessi non ne siamo convinti fino in fondo». |
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TELEGIORNALISTI
Alessio Viola, un giornalismo aperto al mondo
di Giuseppe Bosso
Nato a Roma, Alessio
Viola è giornalista professionista dal 2003. Dopo aver mosso i primi passi
nel mondo della carta stampata, nel 2005 approda alla redazione di Skytg24.
Alessio, un bene o un male oscurare
Skytg24 dopo
aver trasmesso in chiaro per anni?
«Per alcuni versi non è stata una cosa positiva, ma gli anni in cui siamo
stati visibili a tutti ci hanno fatto conoscere ed apprezzare. Penso che le
offerte di Sky con i vari pacchetti in cui è compreso anche il nostro canale
siano poi molto vantaggiose anche in termini di prezzo, per cui abbiamo fatto un
buon rodaggio. Per il resto, sono comunque scelte di politica aziendale».
Dalla carta stampata ti sei trovato catapultato in tv, per giunta nel
canale all news per eccellenza. Che ricordi hai del tuo primo impatto con la
redazione?
«Bellissimo ma anche traumatico per alcuni versi. La lunga gavetta che ho
fatto per oltre dieci anni sulla carta stampata è stata fondamentale, ma la
televisione è un sogno che ho coltivato da sempre, da appassionato di
spettacolo. Entrando in una redazione televisiva ho vissuto un passaggio
inizialmente non facile: è stato davvero come se avessi dovuto di colpo azzerare
quello che avevo fatto, consapevole di dovermi adeguare ai nuovi ritmi. Ma a
parte questo, è stato un passaggio temporaneo che ho superato grazie al lavoro e
alla passione».
Il bello e il brutto di lavorare in un canale operativo 24 ore su 24?
«Il positivo è sicuramente che siamo aperti al mondo e che non c’è un orario
preciso per gli approfondimenti, ma siamo attenti minuto per minuto a quello che
succede nel mondo. Mi è capitato, giorni fa, di leggere un depliant
pubblicitario di un canale straniero più o meno come Skytg24, che rendeva bene
l’idea di quella che è la nostra attività: non esiste un orario per una notizia.
Per contro, ovviamente, ci sono ovvi problemi di stanchezza per i carichi di
lavoro che ti porta questo tipo di informazione. E' come doversi prendere cura
di un bambino. Ma sono cose che si superano di fronte alle soddisfazioni che ti
porta».
Agli inizi della tua carriera hai scritto anche di Formula 1. Come giudichi
le nuove norme del Campionato mondiale che andranno a premiare il pilota che
vincerà più gare piuttosto che quello che farà più punti?
«E' una riforma da valutare ma tutto sommato, rispetto a tante cose che si
sono proposte per rinnovare la Formula 1, è forse la meno criticabile».
Sei un grande estimatore di David Letterman a quanto dici: un programma
come il suo ci vorrebbe nei nostri palinsesti?
«Assolutamente sì. Apprezzo molto il suo riuscire a conciliare satira e
attualità. In Italia forse un programma di quel tipo lo prova a fare Fabio
Fazio, sia pure con molto buonismo nelle sue interviste. Chi forse ci è più
andato vicino era il Daniele Luttazzi di Barracuda, anni fa. Aveva forse
una maggiore "cattiveria" simile allo showman americano. Ci vorrebbe, sì,
davvero uno show come quello».
Hai dichiarato che un giornalista, per essere tale, deve riuscire a non
prendersi troppo sul serio. Sarai a conoscenza dei fuori onda che propone il
blog di
Andrea Atzori; pensi
che siano un aspetto di questa caratteristica?
«Conosco il blog di Atzori. Beh, ritengo che quello di non prendersi troppo
sul serio per far fronte a quei piccoli schizzi di onnipotenza che ti può creare
il mezzo televisivo sia una dote importante per poter fare bene il nostro
lavoro, per i ritmi che ti comporta. E, oltre a questo, anche molta curiosità
verso le cose».
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SPORTIVA
I sacrifici pagano ancora di
Chiara Casadei
Quando in una gara sportiva si parte
svantaggiati, impossibilitati a dare il massimo come gli altri, l’arrivo al
traguardo è una gioia e una soddisfazione ancora più inebriante. È una lezione
di vita, e stavolta arriva direttamente da Melania Corradini. La sua,
infatti, è una storia che fa riflettere e che ci lascia pensare che “tutto è
possibile”. Ha 22 anni ed è di Rallo, un piccolo paesino della Val di Non,
Trento. La sua passione per gli sci è nata quando era molto piccola e non
si è fermata nemmeno davanti alla sua difficoltà più grande, quella che
l’accompagna dalla nascita: l’assenza del braccio sinistro.
I suoi genitori, a sei anni, l'avevano
mandata a sciare con bambini "normali", anche se dopo quattro anni lo svantaggio
cominciava a farsi sentire. Poi, la scoperta di un
club per atleti disabili: era l’occasione
che aspettava. «In 1° media sono entrata a far parte di una squadra agonistica
del mio paese e per quattro anni ho gareggiato con i normodotati. A sedici anni,
però, le gare diventavano sempre più impegnative e il distacco che mi superava
dalla prima classificata era sempre più grande. Volevo quasi smettere
quando per caso ho scoperto le gare agonistiche per disabili».
Fortunatamente la sua carriera sportiva non
si era fermata. In Canada, per la finale di Coppa del Mondo, è arrivata seconda
nella discesa libera, portando a casa un argento; ai Mondiali di sci per
atleti disabili di Gangwon-Do, in Corea del Sud, ha collezionato un bel
medagliere: oro nella super combinata, un argento nello slalom gigante e un
bronzo nel Super G.
Ottimi risultati per la nostra azzurra che
dimostra di non considerare il suo handicap come un limite o un problema. «Ai
miei cuginetti che mi chiedevano perché non avevo un braccio, dicevo: E’ una
magia, è sparito, domani rispunta!». Inevitabile sorridere e concordare sul
fatto che questa filosofia di vita, almeno a lei, cambierà la vita. |
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