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Telegiornaliste anno IV N. 29 (154) del 28 luglio 2008
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MONITOR Barbara Carere, giornalismo in rosa
di Giuseppe Bosso
Alla napoletana Barbara
Carere, giornalista pubblicista dal 2002, è stato attribuito un nuovo modo
di fare giornalismo, quello rosa diverso dal gossip, intervistando moglie e
calciatori del nostro campionato. Così è riuscita ad evidenziare aspetti e
segreti che appassionano i suoi lettori di
Tuttomercatoweb per il quale è impegnata con una rubrica L’altra metà
di.... Ma le risorse di questa vulcanica biondina non finiscono qui. Ogni
giorni, infatti, sulle frequenze di
Radio Marte
è impegnata dalle 12.30 alle 14 per la trasmissione Marte Sport Live.
Come mai tutto questo interesse per le compagne dei calciatori?
«È iniziato per gioco qualche anno fa, quando il
Napoli
era in serie C: conoscevo alcune mogli dei calciatori del Napoli come quella di
Calaiò e Mora e mi capitò di intervistarle. La rubrica arrivò anche in tv, con
Telecapri oltre che in radio sulle frequenze di Radio Marte Stereo. Con
gli anni, l’interesse è cresciuto sempre di più e questo mio modo di fare
giornalismo è stato copiato in Campania e non solo. Mi capita infatti di leggere
interviste su giornali o in tv, e con le mie amiche, mogli dei calciatori del
Napoli, ce la ridiamo perché sappiamo di essere state le pioniere di un nuovo
modo di fare tv che con il gossip non ha nulla a che fare».
In che senso?
«Il gossip verte sui pettegolezzi della vita privata di un calciatore, toccando
punti che magari non amano far emergere: se un calciatore frequenta una ragazza,
saranno pure fatti suoi. Il mio giornalismo rosa, invece, descrive aspetti
quotidiani di vita condivisa che ne evidenzia i lati positivi e mai quelli
negativi. Poco tempo fa, proprio la mia cara amica Federica Calaiò è stata
vittima di un articolo a cura di qualche giornalaia - un modo per definire chi
non è una brava giornalista, ndr - e chiese il mo aiuto. Facemmo così
subito una smentita a Radio Marte. Questo è ciò che mi gratifica di più del mio
lavoro: il rapporto di stima e di fiducia che si crea con alcune mogli».
Come mai il pubblico ha tanto interesse per le dolci metà degli idoli del
pallone?
«Devo dire che c’è molto più interesse per le cosiddette “ragazze normali” di
quanto ce ne sia delle varie veline, vallette e simili. Io credo che al pubblico
interessi anche conoscere quegli aspetti della vita privata dei loro campioni
che non sono sempre al centro delle cronache di gossip. Sono quasi sempre
ragazze che conducono una vita normale, studiano o lavorano, ma non per questo
non piacciono, anzi. Devo però dire che questa tendenza del nostro tempo, in cui
i calciatori rappresentano il sogno per le ragazzine come in passato era
accaduto per i cantanti o gli attori, ha tolto un po’ all’aspetto sportivo la
sua importanza».
Si dice che Zaccardo, difensore del Palermo, voglia andare via perché il club
rosanero abbia acquistato Bovo, sposato con la sua ex fidanzata. Credi davvero
che una compagna possa condizionare a tal punto le scelte di un calciatore?
«In parte è vero: una compagna può influire nelle scelte professionali di un
calciatore, e lo dico anche da diretta interessata poiché mio marito Giuseppe è
il portiere della Cavese. Ma ovviamente questa incidenza è maggiore se la coppia
è sposata e ci sono dei figli di mezzo. E' importante anche tenere conto di
questo aspetto».
L’intervista a cui sei più legata e la persona che più ti ha colpito?
«Non vorrei offendere nessuno facendo nomi in particolare, ma posso dire che
sicuramente ho avuto piacere di intervistare persone con cui è nata una cara
amicizia. A cominciare da Federica Calaiò, che già conoscevo in quanto sono
amica della sorella Flaminia. E' nato comunque un bel rapporto con tutte, dalla
moglie di Di Natale alle compagne di Bucchi, Criscito, Rullo, Viviano, Esposito
e Paolo Cannavaro. La cosa più bella? Inizialmente la mia idea di intervistare
le fidanzate dei calciatori aveva suscitato ironia e perplessità, e invece col
tempo mi hanno copiata un po’ dappertutto! Oggi le mie amiche sono solite
consultarsi con me prima di concedere un’intervista, si fidano e sanno che posso
dire loro se vale la pena o meno di accettare. E ovviamente io cerco di evitare
che si trovino coinvolte in gossip negativi, cosa che io non ho mai fatto e mai
farò».
Gioie e dolori di una speaker partenopea?
«Le gioie sono tante, a cominciare dall’affetto del pubblico che ti segue. Io,
comunque, ho fatto anche televisione e scritto per la stampa che per me è il
massimo del giornalismo. Non mancano però anche i dolori, a cominciare dal fatto
che essere donna ti richiede di faticare il triplo per affermarti in un mondo
ancora prevalentemente maschilista come questo».
Cosa consiglieresti a chi volesse tentare la strada della radio?
«Di essere predisposto a una vita di lavoro e sacrifici a tutto tondo, di essere
disposto anche a sacrificare talvolta la vita privata e gli affetti. Per quanto
mi riguarda, mi ritengo fortunata: a Radio Marte Stereo ho trovato un ambiente
sereno con tanti colleghi che mi sono sempre stati vicini e sono diventati
grandi amici. Napoli è una città che ti può offrire tanto e, se hai talento e
impegno, puoi raggiungere grandi obiettivi. E' questa la sfida che hanno da
sempre affrontato Massimo D’Alessandro, Peppe Varriale, Dario Sarnataro,
Gianluca Gifuni e Salvatore Calise con cui curo il Premio Malafemmena,
dedicato a tutti coloro che si sono contraddistinti in questa stagione. Radio
Marte è la radio ufficiale in tutte le edizioni e per questo ringrazio con
affetto l'editore Paolo Serretiello».
Cosa sogni per il futuro?
«Il lavoro va bene così, spero di continuare solo a svolgerlo con
professionalità. La radio resta sempre il mio primo grande amore. Spero
soprattutto che mio marito (Giuseppe della Corte, ndr) possa soddisfare
tutte le sue ambizioni calcistiche e avere ovviamente dei figli sani con l’aiuto
del Signore. La preghiera è sempre stata la mia arma e la mia forza». |
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CRONACA IN ROSA Altro che pari opportunità
di Federica Santoro
Forse non molti sanno che tra le conseguenze negative del
recente decreto blocca-processi, meglio noto come "decreto salva
premier", c’è anche la sospensione dei processi per i reati di violenza
sessuale e per i maltrattamenti in famiglia. E mentre la Regione Piemonte,
guidata da Mercedes Bresso, dà il via libera a un Piano regionale contro la
violenza di genere con un primo investimento di un milione di euro per il
patrocinio legale delle vittime, gli oltre cento centri antiviolenza in tutta
Italia non dimenticano il devastante taglio previsto dalla Finanziaria
2008 di ben 20 milioni di euro dal Fondo per la lotta alla violenza sulle
donne.
«Una mossa vergognosa – aveva commentato Valeria
Ajovalasit, presidente di Arcidonna, all’indomani della pubblicazione del testo
della Finanziaria sulla Gazzetta Ufficiale - da un lato si proclama la
tolleranza zero per reprimere le violenze, dall’altro si vanificano gli
sforzi
di chi opera sul territorio per contrastare concretamente
questo fenomeno. Tagliare i soldi a chi conosce il problema e sa come
affrontarlo senza cercare la grancassa mediatica – continua la Ajovalasit - è un
gesto che dimostra ignoranza e cinismo, frutto di una cultura retrograda
che questo governo sembra voler continuare a promuovere».
Decine i fondi già stanziati che sono stati
soppressi per far fronte al taglio dell’Ici: dal
trasporto locale a quello per l'occupazione (165 milioni), dall'ammodernamento
delle rete idrica nazionale a quello dedicato al recupero dei centri storici.
Dove c’era uno "spreco" di denaro pubblico, il ministro Tremonti ha usato la
cesoia: così diciamo addio al fondo antiviolenza per le donne, a quello
per l'inclusione sociale degli immigrati, a quello per l'abbattimento degli
ecomostri e per il sostegno al trasporto ferroviario delle merci.
Anche il Telefono Rosa, l’ormai storica rete di sostegno per
le donne che hanno subito violenze, esprime la propria indignazione: «Questa
decisione è infamante – afferma la presidentessa Gabriella Carnieri Moscatelli -
e mi sento di dire, come già ha detto qualcuno, che siamo di fronte al
funerale delle donne visto che le risorse che dovrebbero
finanziare i diritti di chi subisce uno dei crimini più orrendi, appunto lo
stupro, vanno per l’Ici».
Fra le polemiche, il neo Ministro per le Pari opportunità
Mara Carfagna si dice «pronta a difendere le politiche
per la famiglia». Ma il suo compito istituzionale non dovrebbe essere quello di
tutelare il diritto di tutti, donne e migranti in primis, ad accedere
alle stesse opportunità senza discriminazioni? Quando una donna viene
maltrattata dal proprio marito - dai dati Istat le violenze domestiche sono
quasi il 70% - ha diritto ugualmente ad essere aiutata oppure la ministra
consiglia di sposare l’omertà in nome di un concetto di famiglia "ideale"?
E infine, un quesito che riguarda tutti: meglio un servizio
pubblico per chi è in difficoltà oppure qualche euro di tasse in meno? Di certo
la seconda scelta è la più
mediaticamente vendibile. |
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Pagellone speciale personaggi
di Giuseppe Bosso
10 e lode a Piero Chiambretti,
indiscutibilmente personaggio dell’anno. Trionfatore con la quarta (e, ahimè,
ultima) stagione di
Markette e unico a salvarsi nel
marasma di Sanremo, Pierino la Peste - mentre scriviamo - è in attesa di
definire il suo futuro. Ma, statene certi, non ci libereremo tanto facilmente di
lui…
9 e applausi a
Marco Travaglio, al quale sentiamo di dire: continua sempre così! Speriamo
che non venga fermato da qualche editto bulgaro, ma per fortuna c’è YouTube...
8 consolidato ad Ambra Angiolini che, pur
ormai lanciatissima nel mondo del cinema, non dimentica le sue origini
televisive ed è grande protagonista su Mtv. Non è la Rai e l’auricolare
di Boncompagni sono ormai lontani anni luce.
7 con merito a Gerry Scotti. Non
chiamatelo più "re del quiz": con l’ennesima
Corrida si conferma una garanzia per la prima
serata. Bene anche nella fiction natalizia. È un vero uomo Mediaset.
6 sorprendente a Paola Perego che
riabilita - parzialmente - Buona Domenica, dopo anni di trash e reality a
gogò, introducendo spazi significativi su temi di attualità come le difficoltà
economiche delle famiglie italiane e il disagio dei giovani. Un segnale positivo
finalmente, pur in mezzo al solito irritante copione.
5 rammaricato a Pippo Baudo che non riesce
a risollevare il Festival di Sanremo, con il quale forse ha chiuso
definitivamente. Speriamo che il futuro (e i palinsesti) riservino al re dei
presentatori spazi appropriati, in modo che possa dare ancora il giusto
contributo alla nostra televisione.
4 sdegnato ad Alessandro Cecchi Paone che
non riesce nell’azzardato intento di portare sprazzi di cultura nel trash dell’Isola
dei famosi, abbandonata ignominiosamente dopo poche settimane. RaiDue gli
affida il ripescato
Scommettiamo che... in primavera, ma i
risultati non sono eclatanti.
3 inevitabile a Manuela Arcuri, sempre in
prima pagina nelle cronache rosa, non altrettanto brillante in quello che
dovrebbe essere il suo mestiere di attrice, come testimoniano due fiction da
archiviare quanto prima: Io non dimentico e Mogli a pezzi.
Speriamo che Manuela recuperi quella verve che aveva caratterizzato i suoi
esordi e l’ascesa che l’aveva portata all’Ariston nel 2002.
2 a metà tra Loretta Goggi e Mike
Bongiorno che non hanno certo rianimato Miss Italia 2007 con il loro
ormai celeberrimo battibecco iniziale. In futuro sarà meglio che Super Mike si
affianchi solo ed esclusivamente al suo partner pubblicitario, Fiorello. Con
loro, almeno, le risate sono assicurate.
1 come sopra tra Alessia Marcuzzi e Simona
Ventura che, per l’ennesima volta, ci hanno propinato reality dei quali non se
ne può davvero più. Il Grande Fratello stavolta ha l’aggravante della
poco edificante vicenda legata alla dottoressa napoletana Lina Carcuro e del
tanto inutile polverone sollevato nei palazzi dell’Ordine dei Medici. SuperSimo,
invece, pur brillando a
Quelli che il calcio e a X Factor, ci regala un’ennesima Isola
dei famosi con sconosciuti e vip. In poche parole: un flop.
0 a chi fomenta e partecipa a risse
televisive. A chi si rende protagonista di poco edificanti sceneggiate in prima
serata. A chi ha sciaguratamente rimpianto Enzo Biagi dopo avergli voltato le
spalle all’indomani dell’editto bulgaro. A chi gestisce male le programmazioni.
A chi non rispetta l’orario del prime time. A chi non vorremmo più vedere
da settembre in onda. E qui, la speranza è l’ultima a morire. |
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CULT Donna,
materia, creatività: sette donne al servizio dell’arte di
Valeria Scotti
Il viaggio è iniziato lo scorso 9 luglio dalla Galleria Enrico Coveri di
Firenze, un lungo percorso che andrà avanti fino al 20 settembre, imperniato
sul dialogo con l’universo femminile. Donna, materia, creatività è il
racconto visivo di menti femminili spinte dal loro estro e dal desiderio di
moderne esperienze. Unico elemento connettivo: la materia.
Ricerca delle forme e dei giusti colori secondo scelte personali che ogni
artista ha preferito, come l’utilizzo di materiali eterogenei: colori
acrilici, resine, fibre naturali, resine, olio, sabbia, bronzo, legno, mosaici e
vetro.
Sette le partecipanti, ognuna delle quali si racconta attraverso cinque
opere.
Fiamma Zagara, napoletana e docente di lettere e filosofia, sperimenta la
sua arte nella pittura. La sua tridimensionalità si esprime con l’uso di spaghi,
radici, fettucce, pietruzze impastate nel colore e illuminate da lamine di
foglia d’oro. Gloria Campriani è invece la portavoce prima della pittura
a olio, poi degli esperimenti con materiali di riciclaggio, con un occhio verso
la Pop Art e il Dadaismo. Rita Daini, dopo ceramica e tornio, si dedica
alla scultura figurativa con bronzi di figure umane appartenenti al gruppo di
lavori da lei intitolato Presenze virtuali. MariaLuisa Tadei,
intenzionata a creare un ponte tra il mondo materiale e la dimensione
spirituale, per le sue opere si ispira ai sogni e regala macro sculture tonde.
E ancora, le creazioni astratte della cinese PeiHan – vero nome Peishuo
Yang – laureata in Arti Visive, la pittura della quotata Fosca Rosselli e
i lavori dell’architetto Simona Ciari che presenta la sua Utopia,
«un'isola senza fisionomia e priva di contaminazione alcuna, un luogo/non luogo
adatto alla sperimentazione dove tutto può essere ancora scritto». |
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DONNE Un
generale in gonnella
di Chiara Casadei
Se siamo abituati ad associare il grado di generale a una
figura maschile, ora Ann Dunwoody, 33 anni di carriera nelle forze
armate, ci dimostra che anche le donne possono ottenere questa importante
incarico. Per la prima volta negli Stati Uniti, infatti, il Pentagono ha
promosso al massimo grado, generale a quattro stelle, un’esponente del
gentil sesso che si aggiunge alla rosa dei pochi eletti a questa carica presenti
nell’esercito (sono in tutto soltanto 11).
La notizia è davvero unica e sorprendente, un vero e proprio
evento storico se pensiamo che prima di lei soltanto uomini hanno assunto questa
posizione, mentre per le donne l’ultima a raggiungere un grado elevato (generale
a tre stelle) era stata Claudia Kennedy, l’ex vicecapo di Stato maggiore
dell’Intelligence, in pensione dal 2000. Il ministro della Difesa Usa, Robert
Gates, ha commentato: «E' un'occasione storica per il ministro della
Difesa e sono fiero di attribuire una quarta stella al generale Ann Dunwoody».
In un’intervista pubblicata sul sito del Military Logistics
Forum, la Dunwoody racconta: «Sono cresciuta nell'esercito e provengo da una
famiglia che, dal 1862, ha difeso la nostra nazione. Il mio bisnonno, mio nonno,
mio padre, mio fratello, mia sorella, mia nipote e mio marito sono tutti
veterani delle guerre di questo Paese. Entrando nell’esercito, avevo previsto di
rimanerci solo per completare i miei due anni di impegno, ma non ci è voluto
molto tempo per capire che non desideravo vestire altre scarpe se non quelle che
indosso in questo momento. Si tratta di una chiamata, quella di essere un
soldato, e vi è un grande senso di orgoglio e di cameratismo nel servire
il più grande esercito del mondo».
Ora si attende soltanto la conferma da parte del Senato,
affinché il generale Dunwoody diventi il responsabile del comando Armi e
materiali a Fort Belvoir, in Virginia. La donna, entrata a far parte delle
forze armate americane nel 1975, ha servito finora in posizioni di comando e
fino a oggi era il vicecapo di Stato maggiore dell’Esercito per la logistica,
nonché una delle sole cinque donne a essere generali a tre stelle.
Negli ultimi anni c'è stato un notevole cambiamento del
ruolo femminile nelle forze armate statunitensi. Le "generalesse" in carica
sono 57, 47 quelle nella riserva nazionale. Inoltre, più di 194 mila donne
prestano servizio attivo nell’Esercito, nella Marina e nell’Aeronautica Usa
(circa il 14% del totale) e dall’11 settembre del 2001, 193.400 di loro sono
state impiegate a supportare le operazioni militari degli Stati Uniti in tutto
il mondo. |
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TELEGIORNALISTI
Marco Vigiani, dalla radio alla tv
di Valeria Scotti
Giornalista pubblicista,
Marco Vigiani esordisce in radio come DJ e speaker. Impegnato in varie
rubriche televisive e autore di numerosi programmi, oggi conduce una
trasmissione sui locali e il tempo libero, Planet TV, in onda su varie
emittenti regionali. E' anche assistente-docente all’Università di Firenze nel
Master in Pubblicità istituzionale, Comunicazione Multimediale e Creazione di
Eventi.
Quali sono stati i tuoi esordi?
«Artisticamente sono nato con le radio private nel 1975. Ho iniziato a fare il
DJ radiofonico nel periodo in cui le radio erano bandite, sono stato un pirata
dell’etere. Ne ho anche fondata una importante a Firenze dove sono passati tanti
personaggi famosi: Leonardo Pieraccioni, Carlo Conti, Marco Baldini, Giorgio
Panariello. Poi, con la regolamentazione della legge, le radio son diventate
testate giornalistiche: c’era dunque la necessità di essere giornalisti per fare
informazione. Mi sono subito candidato per questo ruolo e così sono diventato
giornalista pubblicista e ho iniziato a fare notiziari».
Ti sei dedicato anche alla tv…
«Sì, ho provato il mondo della televisione perché sono una persona curiosa che
ha bisogno di ricevere stimoli sempre nuovi. Sono diventato direttore di
un’emittente televisiva regionale, Toscana Tv, e oggi conduco programmi di
intrattenimento per Sky».
Tra questi c’è Planet TV, ce ne parli?
«Il nome deriva da un progetto di un vero e proprio canale televisivo che,
insieme a un socio, avrei voluto aprire. Planet TV è una trasmissione
dedicata al divertimento: andiamo in giro per discoteche, feste di piazza, ed è
molto seguito in Toscana. Va in onda su Sky al canale 830. In realtà mi occupo
anche di altri programmi dove non appaio in prima persona, ma scrivo i testi e
sono il produttore».
Ti occupi anche di insegnamento: sei infatti assistente-docente
all’Università di Firenze nel Master in Pubblicità istituzionale, Comunicazione
Multimediale e Creazione di Eventi. Come è nata questa esperienza?
«Tutto è partito grazie a Laura Toccafondi, giovane ragazza in gamba che da
alcuni anni lavora con me. Dopo essersi laureata in Scienze delle Comunicazioni,
ha intrapreso questo corso di insegnamento e io la coadiuvo. E’ un’esperienza
che mi affascina molto e mi dà una grande gioia perché posso insegnare la
comunicazione che, da anni, vivo sulla mia pelle».
Spesso hai presentato concorsi nazionali di bellezza. Come vedi i giovani
di oggi e cosa pensi del loro desiderio di arrivare al facile successo?
«Un tempo occorreva avere delle qualità per arrivare al mezzo televisivo, oggi
invece c’è così tanta scelta e tanto spazio che sembra ci sia posto per tutti.
Purtroppo, però, siamo in un mondo esclusivamente di veline e tronisti. Basti
guardare le ragazze ventenni di oggi: tutte vestite uguali, con lo stesso taglio
di capelli o lo stesso portamento. Per fortuna esistono i concorsi di bellezza
al femminile che ormai fanno parte della nostra storia. Almeno questi danno la
possibilità di provare, anche solo per una volta, l’emozione di salire su un
palco e di essere guardate e giudicate da un grande pubblico». |
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SPORTIVA
Luigi Datome: «Coni e Fip vengano incontro ai
talenti italiani»
di Pierpaolo Di
Paolo
Luigi Datome, nazionale e grande promessa del
nostro basket, ci racconta se stesso e il difficile momento dei giocatori
italiani nei club.
Così come nel calcio, fino a poco fa,
anche nel basket i club puntano quasi solo su stranieri affermati, dando poco
spazio ai vivai. Da giovane promessa cosa ne pensi?
«Nel calcio il problema si sente meno perché
con le rose ampie gli italiani hanno più possibilità di diventare qualcuno.
Facendo ciò anche nel basket si distruggono le speranze dei talenti italiani.
Forse puoi diventare un giocatore di B1 o B2, ma in A1 è difficile avere
l'occasione giusta. Se non spicchi subito su tutti, è probabile che tu non abbia
mai l'opportunità di crescere e di diventare un campione».
E allora cosa pensi si possa fare?
«Erano state concordate delle regole che
venivano incontro alle nostre esigenze. Dovevano entrare in vigore l'anno
prossimo, poi le hanno posticipate di tre anni. Non ce l’aspettavamo e non siamo
contenti. Abbiamo minacciato uno sciopero, ma speriamo che tutto si componga per
il meglio senza scontri inutili. (Abbiamo incontrato Luigi prima dello sciopero
effettivamente messo in atto dalla Nazionale di Basket. I giocatori hanno poi
deciso di sospendere la protesta dopo qualche giorno, ndr)».
Tornando a te, sogni ancora l'Nba?
«All'Nba oramai non penso più se non come a
una cosa molto lontana. Voglio solo diventare un giocatore forte qui e un punto
di riferimento per la Nazionale, anche perché mi ritengo un giocatore da serie A
italiana».
Però nel 2004 sei stato inserito al 6°
posto dagli scouts americani come migliori promesse classe '87...
«A 16 anni ero uno dei più promettenti al
mondo, ma avevo bisogno di fare esperienze e crescere a livello di gioco e di
tecnica. Adesso sarei dovuto essere già in Nba, si vede che non mi sono evoluto
quanto ci si aspettava».
Forse ti hanno danneggiato le dinamiche
italiane. Se la Montepaschi ti avesse dato fiducia subito invece di mandarti a
Scafati, avresti avuto delle prospettive diverse?
«Siena non è la piazza ideale per emergere e
crescere, perché è la squadra più forte d'Italia quindi la priorità è vincere e
non lanciare i giovani. Perciò sono andato a Scafati. Di certo, in tutto questo,
un ruolo lo ha avuto il sistema di regole italiane che non aiuta i vivai e i
giocatori italiani, ma solo i club. Forse Siena è arrivata troppo presto, ma ho
20 anni e non sono assolutamente abbattuto».
A Siena hai sofferto il dopo-Recalcati?
«Sì, quando Recalcati se n'è andato sono
finito ai margini della squadra. Era un gruppo fortissimo e vincente, quindi era
difficile trovare spazio. Invece con Recalcati, a 18 anni, giocavo quasi 20
minuti di media. È stato l'anno della mia prima esplosione. Nessuno si aspettava
niente da me tranne il mister che, stupendo tutti, mi ha dato spazio».
In nazionale hai raccolto forse le tue
soddisfazioni migliori. Oramai in Italia è più facile affermarsi a livello di
nazionale che di grandi club?
«Direi di sì. Se sei fortunato e non c'è
grande concorrenza nel tuo ruolo, trovi maggiori soddisfazioni in nazionale
piuttosto che nel tuo club. In campionato, anche se sei un nazionale, ti ritrovi
sempre l'americano davanti che ti toglie spazio e visibilità. Detto questo, la
Nazionale resta difficile da conquistare perché il livello è molto alto».
L'anno prossimo in quale squadra ti
vedremo? E' possibile un tuo arrivo a Napoli?
«Con Napoli non ci sono stati mai contatti,
ma anche con altre squadre non c'è ancora nulla. Sono ancora di proprietà della
Montepaschi e, se non mi dice prima cosa intende fare, non posso decidere».
Ma tu dove vorresti giocare?
«Il mio sogno sarebbe trovare una squadra
importante in Italia, perché sento di esser sufficientemente maturo da poter
giocare in una piazza forte dove guadagnarmi i miei spazi. Soprattutto spero in
una società seria e un ambiente sereno dove possa crescere un anno tranquillo,
senza troppi cambiamenti come son capitati l'anno scorso a Scafati. Dovunque
sia, l'importante è trovare una situazione che possa darmi serenità e
permettermi di giocare e crescere con continuità». |
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