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Telegiornaliste anno IV N. 27 (152) del 14 luglio 2008

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MONITOR Giulia Salmaso, la cultura in tv di Giuseppe Bosso

Giornalista professionista dal 2004, Giulia Salmaso ha lavorato per Il Mattino di Padova e Il Sole24Ore – Nordest, oltre a dirigere per anni il periodico dell’AssoAlbergatori delle Terme Euganee. E' approdata poi a Telechiara: mezzobusto del Tg, conduce anche il programma 6 X 1, il Talk Show Match e, nelle vesti di inviata, Transbalkanica.

Sei aggettivi per definire Giulia Salmaso?
«Lascio che siano gli altri a trovarli...»

Ti trovi più a tuo agio in esterna per 6 X 1 o in studio al tg?
«Assolutamente in esterna. Trovo che essere on the road, andare alla ricerca della notizia sul posto sia l’aspetto più bello del giornalismo. Entrare in contatto con la gente, farti vedere. Certo, è anche un sacrificio, ma lo sopporto più che volentieri».

Da cosa nasce la tua trasmissione?
«Dal coraggio. È difficile parlare di cultura in televisione oggi, a maggior ragione in un’emittente locale come Telechiara che opera in un ambito territoriale molto ristretto. Fino allo scorso anno ho condotto un talk show di politica che però, a un certo punto, mi ha stancata e quindi mi sono buttata a capofitto in questa avventura che mi piace tantissimo».

E’ancora utile parlare di cultura in tv?
«Bisogna trovare il modo di farlo, superando certi vecchi stereotipi di programmi a tema ormai stantii che non hanno più ragion d’essere nella nostra epoca. 6 X 1 cerca continuamente di dare un taglio diverso alla cultura in tv, mostrando al pubblico che il Nord-Est non è solo la zona della grande impresa e della grande industria, come si tende a pensare in tutta Italia, ma vanta anche creatività e menti che cercano spazio in altri campi. E la cosa incuriosisce non poco il pubblico».

Il personaggio più interessante o bizzarro che hai intervistato e quello che vorresti incontrare?
«Marco Paolini è uno spettacolo, qualsiasi cosa dica, ed è piacevole ascoltarlo. Mi piacerebbe intervistare Philippe Daverio, altro personaggio carismatico e molto profondo. Sono invece rimasta un po’ delusa, ma non voglio fare nomi, da alcuni presunti artisti giovani dai quali ti aspetteresti brillantezza e creatività e che invece...».

Quali eventi preferisci raccontare?
«Sicuramente quelli che trovo! A parte le battute, mi piace sempre andare alla ricerca di mostre, di avvenimenti di cui non si parla tanto, come Becco Giallo di Treviso che racconta a fumetti i fatti di cronaca, caso più unico che raro. Anche questa è la mia sfida».

L’evento ideale per una serata con Giulia?
«Potrebbe essere una delle rappresentazioni teatrali della Biennale che coinvolgono direttamente lo spettatore. Non so però quanto possa interessare ai vostri lettori…».

I giornalisti e le giornaliste nazionali che più stimi e con cui vorresti lavorare?
«Quelli della vecchia guardia che non ci sono quasi più! Ammiro molto una persona come Licia Colò che è riuscita a fare sempre bene il suo lavoro e tutti i programmi che ha condotto, sopravvivendo alle varie ondate politiche che si sono succedute. E poi anche Gad Lerner che ho avuto come professore».

Credi che Telegiornaliste vi rappresenti come delle dive?
«Ho scoperto il vostro sito grazie a un collega uomo. Ho letto cose anche dignitose e simpatiche, ma il rischio che si corre, a volersi soffermare soprattutto sull’immagine, è quello di creare un appiattimento della professionalità. Certo, anche l’estetica vuole la sua parte e il pubblico merita di vedere in tv una presenza carina e piacevole, ma il contenuto è la cosa più importante. Che gusto c’è a trovarsi davanti una bella donna che non riesce a leggere decentemente le notizie? Comunque la vostra è un’iniziativa che trovo simpatica».

Il blog, come quello di 6 X 1, è il futuro dell’informazione?
«È il presente, semmai. E' una realtà consolidata che ti permette di superare quelle barriere territoriali che ti può creare la tv a livello locale. Per esempio mi è capitato di ricevere mail da una ragazza di Torino che mi ha chiesto consigli su una mostra o su eventi da visitare. Manifestazione che mi ha fatto molto piacere perché vuol dire che non mi seguono solo in Veneto».
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CRONACA IN ROSA Da grande farò la pretessa di Camilla Cortese

La notizia: in Australia l’arcidiacona Kay Goldsworthy, 51 anni, due figli e prima donna prete ordinata nel 1992, è diventata vescovo assistente in una cerimonia nella cattedrale di St George, a Perth. La reazione: minacce di scisma nella Chiesa Anglicana da parte dei molti porporati contrari, i quali hanno affermato che non accetteranno mai una donna vescovo come una pari. Eco di scisma anche in Inghilterra.
Il nuovo vescovo, abituata a questo genere di critiche, è sicura che con il tempo la gente capirà, mentre i sostenitori dell’episcopato femminile salutano l’evento come un importante passo in avanti nell’affermazione della parità tra uomini e donne nella Chiesa.

Nella Chiesa Anglicana una donna è stata consacrata prete per la prima volta nel 1992 in Australia, seguita nel 1994 da una collega inglese. La prima donna vescovo fu consacrata nel 1989, e nel 2000 fu ordinata per la prima volta in Svizzera una sacerdotessa della Chiesa Cattolica Cristiana. Mentre i cristiani ortodossi rimangono fermi nella posizione del sacerdote uomo, non tutte le Chiese Cristiane escludono le donne dal ministero sacerdotale: le Chiese riformate, valdesi, luterane e anglicane ammettono le donne. Per esempio, sebbene occupino posti di serie B e abbiano inferiore peso politico, ad oggi le pastore anglicane sono ammesse in Scozia, Irlanda, Canada, Nuova Zelanda e Stati Uniti.

E dalla Chiesa Cattolica non arriva nemmeno un segnale di fumo. Dopo la scomunica, nel 2002 in Austria, da parte del Prefetto Vaticano della Congregazione per la Dottrina della Fede - l’attuale papa Joseph Ratzinger - di sette donne ordinate “prete” dal vescovo argentino scomunicato Romulo Braschi, e dopo altre scomuniche in Francia e Svizzera di donne “diaconi” ordinate dal Gruppo sacerdotesse cattolico-romane dell’Europa occidentale che tanto polverone sollevarono fino al 2006, ora vigono silenzio e tolleranza zero.

Nonostante sia dagli anni del dopo-Concilio che molti teologi e vescovi chiedono la revisione dell’anacronistica esclusione delle donne dai ministeri ordinati, e nonostante non ci siano ragioni teologiche per estromettere oggi le donne dal ministero (nelle comunità primitive dei cristiani erano previste le figure del diaconato femminile), pare che il tenace maschilismo interpretativo delle scritture la faccia da padrone. Il ministero apostolico, nel Vangelo, è dato da Gesù agli apostoli, e la tradizione della Chiesa ha sempre visto il ministero apostolico conferito solo a uomini. Si dice.

Così facendo, però, la Chiesa Cattolica sancisce la disuguaglianza per legge, dato che il Canone 1024 del Codice di Diritto Canonico è inequivocabile in materia: solo un maschio battezzato può ricevere validamente l’ordinazione sacra. Il Vaticano persiste nell'esclusione della donna, dando per primo un cattivo esempio che favorisce la discriminazione in tutti gli ambiti della società civile.
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FORMAT Rifiuti: protagonisti di una sitcom di Chiara Casadei

Da fine giugno l’emittente napoletana Teleoggi-Canale 9 trasmetterà La famiglia Lindi, una nuova edu-fiction nata dalla mente di Alessandro Cannavale con lo scopo di sensibilizzare gli spettatori sul problema rifiuti.

Prodotta dalla Run Comunicazione, vede come protagonisti due famiglie dalle abitudine ambientali molto diverse. I Lindi - capeggiati dal capofamiglia e ingegnere bio-ambientale Candido - rappresentano l’esempio della perfetta “famiglia ecologica” dedita ai più moderni metodi di risparmio energetico e di riciclaggio. La seconda famiglia, invece, quella dei Porcaro (i nomi sono volutamente connotativi), sporca costantemente sia il condominio che le strade attigue al palazzo, provocando lo sdegno dei vicini di casa.

Nascerà quindi un vero e proprio tentativo di educazione al rispetto per l’ambiente, tra gag e situazioni paradossali che, nel corso delle 16 puntate di 15 minuti ciascuna, forniranno al pubblico validi consigli e accorgimenti concreti per affrontare questo problema serio e attuale. Come spiega lo stesso Alessandro Cannavale: «La gente è appassionata di fiction, spesso ritrova un po’ della sua vita nelle storie raccontate dagli attori. Il nostro obiettivo è stato quello di creare un personaggio e una serie di situazioni a lui legate con lo scopo di divulgare, educare e interessare la gente in modo divertente e piacevole». Gli interpreti della istruttiva sitcom napoletana sono Giancarlo Cosentino, Justine Mattera, Alessia Mancarella, Tonino Taiuti e Adele Pandolfi.

Ancor prima della messa in onda, un gesto concreto di rispetto dell'ambiente è stato fatto grazie al sistema Clean Planet di Asja, partner della sitcom e società leader nel campo della produzione di impianti per energia elettrica da fonti rinnovabili. Con l'acquisto dei crediti di anidride carbonica ottenuti da Asja tramite la produzione di energia pulita, la Run Comunicazione ha provveduto a compensare 6000 kg di CO2, cioè le emissioni prodotte dai consumi energetici legati alla realizzazione di questa serie e ai trasporti degli attori.
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CULT Polo Jazz Village, e musica sia! di Valeria Scotti

Le note e l'improvvisazione riempiono l’aria, attraversano i grandi spazi del Polo della Qualità di Marcianise, in provincia di Caserta, ed è subito jazz. Si inaugura così, in un caldo sabato sera di inizio luglio, la prima edizione del Polo Jazz Village, la rassegna che vede sul palco grandi nomi del jazz mondiale. Una celebrazione della musica e della sua anima, per allontanare i troppi pregiudizi spesso riservati a questa corrente.

Il calendario live è di tutto rispetto. Giovedì 17 luglio, uno dei più grandi sassofonisti del mondo omaggerà l’Italia. E’ la leggenda vivente Wayne Shorter, 75 anni e una lunga carriera alle spalle al fianco di grandi nomi come Miles Davis. Shorter sarà presente al Polo Jazz Village con i suoi tre compagni d’avventura: John Patitucci al basso, Brian Blade alla batteria e Danilo Perez al pianoforte. Cinquant’anni di storia della musica, a testimonianza che una passione può durare per tutta la vita.

Mercoledì 30 luglio il palco sarà invece dei The YellowJackets, longeva fusion band nata nel 1977 e distinguibile per la raffinatezza nel sound, insieme alla guest star Mike Stern, nominato nel 1993 miglior chitarrista al mondo dalla rivista Guitar Player Magazine.

Due appuntamenti preceduti appunto, in quella calda serata, dal concerto del Brad Mehldau Trio. Composizioni originali e riletture d’autore di celebri canzoni per Mehldau – incoronato miglior pianista jazz nel 2004 – insieme ai suoi compagni, Larry Grenadier al contrabbasso e Jeff Ballard alla batteria.

Nel silenzio della piazza, di un cielo aperto e attento, l’artista dialoga con il suo piano, si lascia prendere dal gioco. Le sue mani come carezze sul pianoforte, in un perfetto equilibrio tra corpo e strumento.
La parola d’ordine? Suonare. E questo è solo l’inizio…
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DONNE Maria Montessori, "1000" motivi di stima di Chiara Casadei

Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stata addirittura raffigurata sulle banconote da 1000 lire? Maria Montessori, nata ad Ancona nel 1870, negli anni Novanta prese il posto di Marco Polo entrando nel portafogli di tantissimi italiani.
Ma ben più importante e degna di nota è la sua carriera scientifica e psichiatrica.

Laureata in medicina alla Sapienza di Roma, diviene la prima donna medico dopo l’unità d’Italia. Già all’inizio della sua carriera, si focalizzò soprattutto in psichiatria infantile.
Dopo un’esperienza nella Scuola ortofrenica magistrale di Roma, nel 1907 a San Lorenzo fonda le prime “case dei bambini”, dove applicava una nuova concezione di scuola d'infanzia: il metodo della pedagogia scientifica.

In queste strutture, i bambini avevano la possibilità di esprimersi in maniera originale e di apprendere gli aspetti principali della vita comunitaria, grazie ad un ambiente gestito ed organizzato dall’insegnante.

Una delle teorie di base della Montessori, infatti, sostiene che i bambini siano esseri completi, capaci di sviluppare doti creative e in grado di dimostrare sentimenti morali, come l’amore, che l’adulto invece spesso reprime. Lo scopo è quindi quello di lasciare ai bambini libertà di comportamento e di reazione, sviluppando in loro l'autocontrollo.

Dal successo di questo primo esperimento nasce il movimento montessoriano, da cui prendono forma nel 1924 anche la scuola magistrale Montessori e l’Opera Nazionale Montessori, ente morale che troverà nel fascismo un agguerrito nemico, in grado di provocarne la temporanea chiusura.

A causa dei contrasti con il regime fascista, nel 1934 la Montessori è costretta ad abbandonare l’Italia. All'estero continuerà a diffondere la sua teoria educativa.
Impegnata anche sul fronte dell’emancipazione femminile, la Maria delle 1000 lire intervenne con un discorso incisivo al Congresso femminile di Berlino nel 1896.

La pedagoga morì il 6 maggio 1952 nella città di Noordwijk, in Olanda.
Le tante critiche al suo metodo educativo e all'impianto ideologico delle sue tesi le ricorderemo, certo, ma sempre insieme al suo viso sorridente sulle banconote del vecchio conio.
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TELEGIORNALISTI Gennaro Pasquariello: May Day News, il mio notiziario musicale di Valeria Scotti

Gennaro Pasquariello ha una lunga carriera alle spalle come musicista. Dal novembre del 2004 produce May Day News, notiziario che offre uno spaccato sulle produzioni musicali in Campania e non solo. Il programma viene trasmesso dall'emittente campana Telecapri News, dalle emittenti satellitari Denaro Tv ed Eco Tv ed è visibile sul sito ufficiale del programma.

Il suo è un percorso atipico nel campo del giornalismo, infatti lei nasce come musicista...
«All'età di 11 anni ho cominciato a tamburellare sui fustini dei detersivi e a 14 anni ho comprato la prima chitarra, anche grazie a mio cugino, appassionato di musica come me. Facevo "musica di garage" con i miei amici, suonavamo le canzoni di Pino Daniele, degli Eagles, degli America. Poi è arrivato il lavoro nell'ambiente neomelodico per cerimonie e feste di piazze. L'incontro con Marco Zurzolo e Vittorio Riva mi ha spinto verso il jazz. E quando un mio amico mi portò alla scuola Calderone, rimasi folgorato dall'orchestra di Daniele Sepe. Ho cominciato a studiare musica e sono arrivate varie collaborazioni: Tony Cercola, Edoardo Bennato e i Blue Stuff, Joe Barbieri, Gino Paoli».

Poi ha esordito anche in tv.
«Sì, agli inizi degli anni novanta, l'incontro con Lino Volpe mi ha portato a collaborare al programma Volpe alla caccia su Canale 21. E nel 2004, su Canale 10, ho condotto Cosa succede in città, programma in cui mi occupavo di tutto, ma con un occhio particolare rivolto alla musica. Ad oggi ho realizzato più di 500 interviste e per me si tratta di una ricchezza enorme. Riuscire a essere utile per la musica e i musicisti, attraverso il mio lavoro, è una sorta di "missione"».

Parlare di musica in tv: differenze tra il passato e il presente?
«Ho imparato molte cose da Lino Volpe, ad esempio che la musica in tv spesso non funziona perché non c'è quell'attenzione da parte del pubblico. C'è stata un'involuzione sui contenuti e sulla forma, quindi se la musica viene individuata come strumento di intrattenimento, le cose più artistiche e creative vengono mortificate e trovano meno spazio. Si è soliti usare il termine orrendo di musica di nicchia che ci fa sembrare necrofili. Ma ormai si è creato un meccanismo secondo cui gli editori, anziché investire nei confronti dei contenuti, pensano che sia più facile comprare un format già chiuso, "cassettizzato". Tutto viene fatto esclusivamente all'insegna del profitto».

Cosa ne pensa dei canali musicali dedicati ai giovani come Mtv e All Music?
«Questi canali utilizzano un meccanismo commerciale perché più gestibile e semplice da affrontare, mentre parlare di argomenti più specifici richiede la presenza di esperti che costano. Ecco perché molti sono stati costretti ad autoprodursi, o si son visti cancellare programmi dai palinsesti come il Roxy Bar di Red Ronnie. Oggi le realtà sono pilotate, e in quella che definisco "missione" mi occupo di fare "in-formazione", ad esempio con dei corsi di formazione all'ascolto ai ragazzi delle scuole medie superiori. Ritengo importante che il pubblico conosca il panorama più ampio possibile delle proposte musicali, rispetto alle intenzioni di Mtv, All Music o delle radio "commerciali" che desiderano condizionare il gusto della gente».

Come nasce May Day News, il suo notiziario musicale?
«Ho paragonato i musicisti a dei naufraghi emigranti che lanciano un segnale di SOS internazionale. Pur essendo molto legato al territorio e alla tradizione, non ci si può fermare alla scure del napoletano a tutti i costi, altrimenti si rischia di diventare oleografici. La mia idea era quella di raccogliere questa richiesta d'aiuto per evitare l'estinzione e per portare in maniera professionale, attraverso un notiziario, un certo tipo di messaggio. Ho iniziato a intervistare numerosi artisti, anche grazie alla testata mp3.it del mio amico Fabrizio Morrone e così sono diventato giornalista pubblicista. Inizialmente ho trovato in Serena Albano una persona attenta che mi ha accolto a Canale 8, così come la sorella Lilly: mi hanno offerto uno spazio quotidiano di 10 minuti sull'emittente. Ci sono state difficoltà, soprattutto con i personaggi "famosi", ma ho dato spazio anche alle realtà creative fino a giungere a interviste che si sono rivelate un successo, come quella al mio idolo Marcus Miller. Ho sempre proseguito con molta tenacia e non mi sono mai fermato. Sono arrivato poi a Denaro tv sul satellite, e a Telecapri News grazie a Saverio Russo e al mio amico Paolo Varriale».

Il suo impegno è appena approdato anche in radio.
«Sì, May Day News trasmette anche su Radio Antenna Uno. Lì ho la possibilità di approfondire certi argomenti e di non essere legato a uno spazio temporale troppo breve. Il target è spostato verso un pubblico più grande d'età, realizzando una sorta di emittente più lenta rispetto alla vita attuale che ci impone di correre. In radio si ragiona in maniera Slow Food Music - titolo preso in prestito da alcuni dischi di Francesco D'Errico - per comprendere di più il messaggio che un musicista vuole dare».

In May Day News si è inserita recentemente la rubrica Area CD dedicata alle recensioni. Come è nata l'idea?
«Il disco ha un'importanza fondamentale, è l'unico elemento tangibile nella musica su cui lasciare un documento della propria creatività. Siccome sembra esser invece sempre più obsoleto, per me era fondamentale riuscire a rivitalizzare questo documento musicale. Ho avuto la possibilità di collaborare con il mio collega Michelangelo Iossa e abbiamo trovato la formula vincente anche grazie a Galleria Auchan di Mugnano, dove facciamo le riprese. Io e Michelangelo scegliamo i dischi da recensire: preferiamo non legarci per forza al cittadino e al regionale, ma aprirci per lanciare un messaggio oltre regione e per creare un anello di congiunzione con etichette e produzioni extra regionali».

Quali sono i riscontri che ricevete dai musicisti?
«Spesso i musicisti ignorano come fare per riuscire a emergere. Credono che solo suonando o pubblicando un disco tutto possa mettersi in moto. Invece ho provato a sollecitare la partecipazione con il notiziario, che si lega soprattutto all'aspetto artistico e non a quello meramente di profitto. Alcuni, purtroppo, sono passivi e non capiscono che occorre allargare il mercato. Ad esempio noi abbiamo a disposizione anche dei passaggi nella metro collinare, nella funicolare di Napoli grazie a Videometrò News Network e devo dire che non sono molti i musicisti a ringraziare di questa possibilità che diamo loro, anche solo per una questione di educazione».

Cosa significa fare oggi informazione musicale a Napoli?
«Abbiamo un fardello come quello della tradizione che non trova più riscontro, non ci sono più i poeti musicali di un tempo. La musica classica sembra musica vecchia e non c'è un tessuto per far crescere le nuove proposte che rimangono degli atolli nell'oceano. Io auspicherei a una maggiore coesione: proprio con May Day News mi piaceva render l'idea che ogni musicista potesse essere una imbarcazione confermando non solo la propria identità, ma creando insieme agli altri una flotta per attirare più attenzione. Fare informazione è difficile: o si sceglie una via commerciale e si parla del nulla, o altrimenti ci sono timidi tentativi che rimangono isolati. In questa città, purtroppo, non si riesce a far durare qualcosa. May Day News resiste perché lo porto avanti senza farmi influenzare, e nonostante le invidie o le critiche che qualcuno mi può rivolgere, io vado avanti per la mia strada».
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SPORTIVA Il sogno olimpico di Dana e Dara di Mario Basile

Per loro le Olimpiadi è come se fossero già cominciate. Già, perché i giochi hanno il potere, e la magia, di portare alla ribalta mondiale atleti, uomini e donne, che allo sport dedicano la vita, ma vivono lontani dallo show parallelo messo su dalla notorietà mediatica. La stessa cosa capita oggi a Dana Abdul Razzaq e Dara Torres, con la sola differenza - a pensarci bene mica tanto irrilevante - che al via di Pechino 2008 manca ancora un mese. In attesa dei traguardi prestigiosi che auguriamo loro di raggiungere, per ora bastano le loro storie a presentarle al mondo.

Dana Abdul Razzaq ha 21 anni, è figlia di una terra dilaniata da atroci sofferenze che risponde al nome di Iraq, ha un sogno ed un talento. Sa correre i 100 metri in 24’ e 80’’, il tempo che le ha garantito la partecipazione alle Olimpiadi, e sogna di salire sul podio. Se sul gradino più alto, tanto meglio.

Per questo sogno Dana lavora tutti i giorni. Non ha preparatori, fatta eccezione per l’allenatore Abdul-Rahman, né una pista fissa per allenarsi. Talvolta, per spostarsi da un campo all’altro, ha rischiato la vita per le strade infuocate di Baghdad: «Un giorno, mentre andava ad allenarsi, si è trovata in mezzo ad una sparatoria ed è stata costretta a schivare le pallottole. Come se fosse nel bel mezzo di un film» ha raccontato il suo allenatore. Oggi Dana ha messo alle spalle quei momenti di paura e, nonostante le difficoltà, sarà ai nastri di partenza dei 100m per regalare una gioia al suo Paese.

E pronta a partire, ma a bordo di una vasca, ci sarà anche Dara Torres. Già ribattezzata mamma Torres, la nuotatrice americana ha stupito il mondo guadagnandosi la qualificazione ai 100 e ai 50 metri stile libero di Pechino 2008, ma ha già fatto sapere che prenderà parte solo a quest’ultima gara.

La Torres ha 41 anni, due anni fa ha dato alla luce Tessa, ed è alla sua quinta partecipazione ai giochi olimpici. La prima nel lontano 1984, quando Carl Lewis cominciò a stupire il mondo e Gabriela Anderles-Scheiss, invece, lo tenne col fiato sospeso. Poi arrivarono Seul, Barcellona ed Atlanta. Con loro, medaglie e soddisfazioni nella staffetta 4x100m, nei 100 e 50m stile libero: 4 ori e 4 bronzi per la precisione. Adesso c’è Pechino e un’altra sfida da vincere, quella dell’età. Interrogata a proposito, Dara non mostra preoccupazione: «Se mi sento veloce, che c'entra l'età?».
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Telegiornaliste: settimanale di critica televisiva e informazione - registrazione Tribunale di Modena n. 1741 del 08/04/2005
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