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Telegiornaliste anno IV N. 12 (137) del 31 marzo 2008


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MONITOR Camilla Nata, giornalista al servizio dell'ambiente di Giuseppe Bosso

Camilla Nata, torinese, scopre la sua vocazione per il giornalismo al tempo degli studi universitari. Dal 2000 intraprende la carriera giornalistica interessandosi soprattutto alle tematiche legate all'ambiente, al territorio e alle tradizioni. Inviata per numerosi programmi Rai come Cominciamo bene Estate, Italia che vai e La vita in diretta, dal 2005 realizza servizi per Festa Italiana.

Tu, Caterina Balivo e Barbara Di Palma: dopo l'esperienza comune di Miss Italia, eccovi insieme nello stesso programma in tv. Una coincidenza?
«Direi proprio di sì. E' il destino che ci ha fatto trovare insieme dopo aver vissuto, sia pure in anni diversi, la stessa fantastica esperienza a Salsomaggiore».

Seconda classificata al concorso di bellezza e poi giornalista. Se avessi vinto, avresti avuto una carriera diversa?
«Me lo chiedo qualche volta. Forse sì, avrei avuto forse una spinta maggiore rispetto a quella che mi ha portato dove sono oggi. I talent scout della Rai sono sempre presenti a Salsomaggiore in quell'occasione che è sicuramente una vetrina e una buona passerella per tante ragazze. E la storia insegna che anche per le seconde, le terze e le non classificate ci sono state possibilità di accesso al cinema, alla televisione e al giornalismo».

Inviata o conduttrice, cosa preferisci?
«E’ nello studio che mi esprimo al meglio, è lì che sento di poter intrattenere gli amici e gli ospiti, di poter trattare meglio le storie. Rispetto ai servizi in esterna che hanno una durata molto limitata e che, nella mia esperienza a Festa Italiana non vanno oltre i cinque-otto minuti, hai senza dubbio più spazio».

Le storie e le esperienze che più ti hanno colpita?
«Seguo soprattutto sagre e feste locali rispetto alle mie colleghe che si occupano di vicende personali. Non posso lamentarmi perché ho la possibilità di andare alla scoperta di tanti mondi e tante cose, ad esempio la sagra dello zampone a Castelnuovo di Modena o quella del Mandorlo in fiore ad Agrigento. In occasione dei 60 anni della nostra Carta Costituzionale, sarebbe bello riscoprire di più queste località spesso sconosciute».

Il programma che sogni nel futuro?
«Avendo maturato una particolare predisposizione per ambiente e terra, direi che una trasmissione come Linea Verde sarebbe l’ideale. Ma mi piacerebbe anche fare un programma dedicato alla politica interna come Telecamere o Porta a Porta».

Salute, agricoltura, costume, ambiente. Per essere un buon giornalista, è necessario trattare anche temi diversi?
«Certo, anche se nel mio caso ho legato gran parte della mia carriera al "verde"».

Sei molto seguita sul nostro magazine...
«La vostra è un’iniziativa davvero simpatica. Quando l’ho scoperta, sono rimasta molto sorpresa nel vedere quante persone mi seguono e pubblicano sul vostro forum le mie immagini».

Il personaggio con cui vorresti lavorare e quello con cui è stato interessante collaborare?
«Ammiro molto Cristina Parodi, una vera giornalista dalla professionalità esemplare. Tra gli uomini, cito sicuramente Mentana. Per quanto riguarda i colleghi con cui ho lavorato, ricordo con piacere Michele Cucuzza, Alessandro Di Pietro e il bel gruppo di inviati che avevamo creato con Paolo Brosio e Tessa Gelisio in occasione della prima edizione di Italia che vai».

L’intervista che vorresti fare?
«Per restare in tema di ambiente, mi piacerebbe intervistare il ministro De Castro per analizzare lo stato delle politiche agricole. Beh, sogno anche un’intervista a George Clooney che ammiro sia come personaggio che come uomo, un vero maschio “latino” a dispetto della nazionalità americana. Intanto ho avuto la fortuna di intervistare due volte Gérard Depardieu che mi ha molto colpito per la sua simpatia».

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CRONACA IN ROSA Colloqui di pace al femminile di Federica Santoro

La cinquantaduesima sessione della Commissione Onu sullo status delle donne si è svolta a New York dal 25 febbraio al 7 marzo 2008. Fra i temi discussi, la possibilità di finanziamenti per le politiche di uguaglianza di genere in ambito lavorativo e istituzionale, e la partecipazione effettiva delle donne nella prevenzione, gestione e risoluzione dei conflitti e quindi nella costruzione della pace.

Già dal 2000, la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza chiedeva l’impegno dei Paesi Onu a realizzare un’equa partecipazione di donne e uomini nel mantenimento e promozione della pace e della sicurezza nelle aree colpite da conflitti. Nel 2006 è stata istituita una Commissione per il Peacebuilding - un organo consultivo incaricato di migliorare gli interventi ONU nella costruzione della pace tramite l'assistenza umanitaria, la ricostruzione e lo sviluppo e la formazione dello stato di diritto - che ha previsto un mandato rivolto esclusivamente alle donne.

Eppure, nonostante gli sforzi compiuti in questi ultimi otto anni dalla comunità internazionale, l'uguaglianza tra i generi è ancora lontana. Secondo Ann Marie Goetz, capo consulente Unifem, il Fondo Onu per lo sviluppo delle donne, «i processi di disarmo, smobilitazione e reintegrazione sono raramente rivolti ai bisogni delle popolazioni, soprattutto di donne e bambini violentati». Questo perché sono ancora troppo poche le donne che partecipano ai colloqui di pace come negoziatori ufficiali o osservatori e soprattutto il loro resta un ruolo non riconosciuto e spesso considerato marginale.

La parità di genere è infatti meno frequente proprio nei processi decisionali. Lo afferma la vice segretario generale Carolyn McAskie, capo dell'Ufficio di sostegno per la costruzione della pace dell'Onu (U.N. Peacebuilding Support Office, PSO), che evidenzia come le numerose conferenze e commissioni sulla parità di donne e uomini nelle missioni di pace non abbiano scalfito il primato dei secondi nella gestione dei programmi di sviluppo e cooperazione internazionale.

Nel suo intervento durante la commissione Onu, la Goetz ha insistito sulla necessità di adottare una visione realmente sensibile alle tematiche di genere per incrementare la promozione delle qualità dirigenziali delle donne e il sostegno mirato nella ricostruzione dopo i conflitti, con lo scopo di ridurre la povertà e l’esclusione femminile.
Il processo di costruzione della pace dipende in gran parte da come la comunità internazionale stabilisce di utilizzare le proprie risorse. Al di là quindi della retorica politica, quello del Peace building è un territorio ancora essenzialmente dominato dagli uomini. «Per esempio - sottolinea Gina Torry, coordinatrice dell'Ong Working Group on Women, Peace and Security - non esistono consulenti specializzati in tematiche di genere nei colloqui di pace in Darfur, Sudan, dove donne e bambini sono le principali vittime di genocidio». Cioè dove la voce delle donne sarebbe davvero di aiuto e conforto.

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FORMAT Pagellone di marzo di Giuseppe Bosso

Un meritato 10 va a Rai Uno per le fiction d’impegno come Il coraggio di Angela e La vita rubata. Storie vere e dolorose che riconciliano l’utente con il servizio pubblico in mezzo a tante polemiche.

9 e tanti complimenti a Gerry Scotti e a La Corrida che spopola nel sabato sera mentre su Rai Uno stenta il tanto reclamizzato Non esiste più la mezza stagione. Meglio i dilettanti allo sbaraglio orchestrati dal re del quiz targato Mediaset con la collaborazione del maestro Pregadio e della splendida Michela Coppa rispetto alle ormai un po’ datate ma simpatiche gag del trio Solenghi-Lopez-Marchesini.

8 applaudito a Italian Job. L’istrionico Paolo Calabresi e i suoi travestimenti alla scoperta delle mille e più malefatte in giro per l’Italia hanno ottenuto un largo consenso sia pure in una fascia oraria non certo di primo piano. In ogni caso, ennesimo esperimento riuscito dalla fucina di La7.

7 sentito a La ruota della fortuna. Non mancava qualche perplessità quando, lo scorso dicembre, Enrico Papi ha riproposto su Italia 1 il fortunato telequiz condotto per anni da Mike Bongiorno, a distanza di quasi un lustro dalla sua chiusura. Ma l’ex paparazzo del piccolo schermo non si è scoraggiato e pian piano il gioco, riproposto con qualche adattamento, è riuscito a guadagnare ottimi ascolti. Anche grazie alla sinuosa Victoria Silvstedt.

6 di stima a Colorado che chiude la quinta edizione tenendo testa ad una concorrenza non da poco nel prime time del giovedì (Don Matteo, R.I.S., Annozero). Applausi alla splendida Rossella Brescia, ormai vera padrona di casa oltre che ballerina, agli irriverenti Braida e Cacioppo e alla scalcinata gang di comici che stanno riscuotendo consensi anche grazie alle loro irruzioni domenicali su Canale 5.

5 a un ennesimo, malinconico, Festival di Sanremo, probabilmente l’ultimo del Super Pippo nazionale. Come al solito, più che la gara canora ha tenuto banco il tam-tam legato ai vestiti o alle pettinature delle vallette (non impeccabili, e non ce ne vogliano Bianca Guaccero e Andrea Osvart), ai superospiti (pochi rispetto alle passate edizioni) e a qualche momento di umana polemica, come il «Ti amo, Gigi!» di Anna Tatangelo sommersa dai fischi nell’ultima serata. Si salvano quel monellaccio inguaribile di Piero Chiambretti e, nel Dopofestival, la rivelazione Lucilla Agosti. Si spera in Fiorello per risollevare una rassegna ormai sempre più snobbata da pubblico e addetti ai lavori.

4 allo sconcertante X Factor, da mesi reclamizzato su Rai Due ma che ha clamorosamente steccato nelle prime puntate, non superando il 10% di share. Il format, che ha lanciato negli States l’astro nascente Leona Lewis, ha richiamato migliaia di aspiranti nuove voci alle selezioni, ma non ha attirato poi più di tanto il pubblico del Belpaese. Si aggiunga la conduzione non proprio esemplare di Facchinetti e la presenza di Simona Ventura dopo i non esaltanti ascolti dell’Isola dei famosi. Vedremo cosa porterà lo spostamento al martedì, ma in molti paventano una rapida chiusura.

3 alle ripetitive e poco divertenti Candid Camera che Italia 1 continua a propinare in prima serata la domenica. A poco serve inserire conduttori più o meno riusciti come Valenti e le solite, immancabili, bellone di turno come “pupe” e similari.

2 a Canale 5. Dopo la battaglia dell’orario, la prima serata sta scoprendo un’altra magagna: quella dei continui e asfissianti messaggi pubblicitari sottotitolati durante le trasmissioni. Anche la tv commerciale, pur soggetta alle sue normali regole, farebbe meglio ad avere più rispetto per il pubblico già martellato dai numerosi spot tra un programma e l’altro.

1 alle Iene: che cosa è successo ai giustizieri di nero vestiti che in passato hanno smascherato l’ignoranza (e qualche vizietto) dei nostri parlamentari e non solo? Dimostrazioni pratiche di tecniche di tortura, killer a pagamento scovati in Sudamerica che raccontano le loro giornate... Un momento di debolezza? Ci auguriamo di non dovere presto inserire anche questo programma ultradecennale nella poco invidiata lista della tv trash.

0 agli esponenti politici che continuano a caratterizzare questa campagna elettorale non con un vero interesse ai problemi dei cittadini, ma con il continuo attacco dell’avversario e poco gratificanti uscite.

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CULT Il Fil Rouge negli scatti di Monica Papagna di Valeria Scotti

Corpi femminili nel gioco della seduzione e dell'erotismo, immersi tra le contraddizioni e i sentimenti forti della nostra società. E' questo il sapore degli scatti di Monica Papagna, giovane fotografa con alle spalle già una lunga esperienza.

Qual è stato il tuo percorso artistico?
«Ho iniziato circa dieci anni fa frequentando la John Kaverdash School di Milano con Roberto Mineo come mio primo maestro. Ho poi partecipato a vari workshop negli ultimi anni. Due insegnanti, in particolar modo, mi hanno influenzata: Bob Sasha e Paul Elledge. Bob è stato il primo a capire quale sarebbe potuto essere il mio percorso artistico e Paul mi ha aiutata a svilupparlo.
Dopo le prime mostre nei locali di Milano, ho iniziato a collaborare con alcune gallerie. La svolta è stata la Marena Rooms Gallery di Torino che ha creduto in me ed ora mi rappresenta».

Nei tuoi scatti la carne nuda sembra dividersi tra il desiderio di sfuggire e quello di lasciarsi ritrarre dall’obiettivo. Seduzione ed erotismo attraverso un’immagine: come affronti questi temi?
«La seduzione è un gioco sottile tra chi vuole sedurre e chi si presta ad essere sedotto. Il dialogo erotico si struttura attraverso un delicato equilibrio tra il desiderio e il suo oggetto. L’intendimento deve essere sofisticato ma immediato, ed è questo che cerco di trasmettere con i miei scatti: una comunicazione continua e sublime tra eros ed eros, quello di chi guarda, e quello di chi si lascia guardare».

Una peculiarità dei tuoi lavori riguarda la scelta di due soli colori, il rosso e il nero. Come mai?
«Effettivamente il mio progetto più conosciuto, Fil Rouge, si sviluppa attorno ai toni del nero e del rosso che, intrecciati tra loro, richiamano l’idea di mistero e di passione. Comunque ciò che più mi sta a cuore nella ricerca è riuscire a giocare con tonalità calde, costruendo atmosfere sempre diverse in cui luci ed ombre sfumano le une nelle altre, quasi fondendosi».

Sei tra i pochi fotografi a non ritoccare gli scatti in digitale né con programmi di fotoritocco né con filtri. Quali sono i vantaggi, e gli eventuali svantaggi, dell'utilizzo di luci vere nel creare effetti?
«Io vedo solo vantaggi. Ritoccare un’immagine per me è comprensibile se si sta parlando di un lavoro commerciale, ma in generale considero l’arte un qualcosa di diverso. Quello che acquisisco con la macchina fotografica è il momento che voglio fermare nella sua immediatezza e solo quello deve essere stampato. Se ci sono delle cose che non mi piacciono, piuttosto elimino lo scatto durante l’editing, ma non ritocco nulla. E’ una precisa scelta stilistica. Ci sono artisti che usano Photoshop e mi piacciono moltissimo, ma semplicemente ciò non fa per me».

La curatrice Monica Trigona, in occasione della mostra alla Marena Rooms Gallery di Torino, ha dichiarato: «Monica Papagna impronta il suo lavoro sul gioco dialettico tra negazione ed enfatizzazione, su ciò che si vede e ciò che invece si deve spiare». E’ questa la vera essenza dell’erotismo?
«Assolutamente sì. Il desiderio si nutre di questo, da sempre. La mia soluzione è quella dell’eleganza, una chiave diversa in un momento artistico di Eros palesato, crudo ed esplicito. La mia proposta è quella della riscoperta del mistero, alla ricerca del non detto. Ed è proprio sulla negazione/enfatizzazione che si crea una sorta di appetibilità erotica intramontabile».

I tuoi scatti hanno fatto parte di numerose esposizioni in Italia e all’estero. Qual è stato il riscontro del pubblico?
«Finora sembra che il pubblico abbia apprezzato il mio lavoro. Un aspetto che mi ha un po’ sorpreso, ma anche fatto molto piacere, è stato il grande interesse dimostrato proprio dalle donne: hanno compreso il rispetto con cui il mio occhio ha cercato di esplorare la femminilità, mostrandone tutta la carica seduttiva senza scadere nella volgarità.
Ricevo quotidianamente riscontri via mail e rispondo a tutti i commenti personalmente. Anzi, invito le lettrici a contattarmi sul mio sito o sulla mia pagina MySpace».

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DONNE Chiara Lubich: una vita dedicata agli altri di Chiara Casadei

“L'amore è un tesoro prezioso, è il dono che Dio fa agli spiriti sensibili e grandi”. Così sosteneva il filosofo Kahlil Gibran, e proprio l'amore era la virtù posseduta da Chiara Lubich. La sua storia è una lunghissima serie di eventi ed episodi che hanno trasformato una semplice ragazza trentina in una donna che ricorderemo ancora per molto tempo.

Nata da una famiglia semplice, fin da giovane mostra la sua costanza e dedizione agli studi, arrivando a impegnarsi con tutte le sue forze per riuscire a mantenersi da sola all’Università di Venezia, facoltà di Filosofia.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, all’età di 23 anni, Chiara sente la vocazione religiosa e un desiderio di condividere il dolore di tutta l’umanità. Nel dicembre del 1943, in una cappella, consacra la sua vita interamente a Dio.

I suoi grandi successi cominciano con la nascita del Movimento dei Focolari, che oggi conta più di 140.000 membri e due milioni di simpatizzanti in 182 Paesi nel mondo. Basato sui valori cristiani, il Movimento vuole rafforzare le famiglie e proporre il dialogo ecumenico e interreligioso. Questo è solo l’inizio di un lungo cammino, di un’intera vita dedicata gratuitamente ai più bisognosi e ai sofferenti.

Infatti la Lubich fonda altri movimenti e “cittadelle” sparse in tutto il mondo, dove gli abitanti possono vivere e portare avanti la vocazione spirituale e sociale. Colpita dall’incredibile miseria delle favelas brasiliane, crea l'Economia di Comunione nel 1991: i proprietari delle aziende, che liberamente decidono di aderirvi, devono impegnarsi a mettere in comune i loro profitti per tre scopi principali: aiutare le persone in difficoltà creando nuovi posti di lavoro e sostenendo i loro bisogni primari; diffondere la "cultura del dare" e dell'amore, senza la quale non è possibile realizzare un'Economia di Comunione; sviluppare l'impresa che deve restare efficiente pur se aperta alla condivisione.

Ammirata da diversi papi, instaura un legame profondo con Giovanni Paolo II che, nel 1990, riconosce ufficialmente il movimento attribuendogli il privilegio di poter essere sempre guidato da una figura femminile.

Chiara Lubich vince numerosi premi, compreso il Templeton Foundation Prize per i progressi nella religione e il Premio per la pace dell'Unesco, tutti riconoscimenti che testimoniano ancora una volta il suo instancabile impegno verso il prossimo.

All’età di 86 anni, iniziano i problemi di salute. Il 10 marzo di quest’anno viene ricoverata per gravi difficoltà respiratorie al Policlinico Gemelli di Roma. In quei giorni giungono la lettera personale del Pontefice e la visita del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Poi, dopo aver chiesto di essere dimessa, Chiara torna nella sua casa a Rocca di Papa, dove il 14 marzo si spegne.

Una fede, la sua, coltivata sin da giovanissima, cambiando il suo vero nome da Silvia in Chiara, in onore di Santa Chiara d'Assisi. Nel corso della sua vita la Lubich è riuscita a conquistare tutto il mondo con il suo sorriso e la sua semplicità, facendo di unità, pace e dialogo i pilastri della sua intera missione.

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TELEGIORNALISTI Cosimo Pastore, la parola all'economia di Giuseppe Bosso

Giornalista professionista dal 1993, Cosimo Pastore si interessa da anni al settore economico-finanziario. Ha curato e condotto su Telecampione Piazza Affari, trasmissione dedicata al risparmio e agli investimenti, e Money su AntennaTre, il primo talk show dedicato alla finanza personale.

Com’è cambiato il giornalismo dedicato all’economia rispetto ai tuoi inizi?
«Direi che si è evoluto. Rispetto agli anni 90, assisto a una positiva specializzazione che ha portato la formazione di un gruppo cospicuo di ragazzi laureati in materie economiche, mentre in precedenza non sempre chi trattava questi temi aveva piena consapevolezza di quello che rappresentava. Nel tempo, invece, le nuove leve hanno imparato a specializzarsi sempre più in temi come gli indici, il risparmio gestito e il mercato azionario».

Un recente articolo del New York Times ha definito gli italiani come il popolo meno felice dell'Europa occidentale. La definizione è dovuta alla crescente crisi economica?
«Non penso che il nostro si possa definire un popolo triste. Riguardo la crisi economica, ritengo appropriato parlare di sfiducia nel futuro: dai giovani che non riescono a trovare lavoro agli anziani che, sempre più spesso, non sanno come arrivare alla fine del mese con la loro pensione. E' una grande instabilità, ma non è certo tristezza».

Aderire all’euro: è stata la scelta giusta?
«Assolutamente sì, e a dispetto di quello che si pensa, la moneta unica è stata la nostra salvezza. Se avessimo mantenuto la lira avremmo assistito ad un vero e proprio crollo della nostra moneta in una fase di crisi economia e politica come quella attuale. Penso che il problema euro sia stato più che altro generato dai “furbacchioni” come i distributori e i commercianti al dettaglio che hanno applicato alla mille lire il valore di un euro, mentre sappiamo che è esattamente la metà. Questi meccanismi truffaldini hanno generato una grande confusione e il governo non ha saputo reagire prontamente. Introdurre “Mister Prezzi” adesso, per esempio, è un’azione decisamente tardiva. Sarebbe stato meglio creare questa autorità garante nel 2002, quando la moneta unica vide la luce. Ma per il resto dobbiamo essere grati all’euro e dovrebbe esserne consapevole chi ha vissuto in prima persona la grande svalutazione della lira nel 1992 o le continue crisi di governo degli anni 80».

Quale può essere il ruolo dell’informazione economica in questo momento di crisi?
«Sicuramente è importante orientare la gente e non creare equivoci o false rappresentazioni, come quella sull’euro. Educational direi che è il termine appropriato».

L’economia dovrebbe essere un tema più presente nell’informazione?
«Sì, questo è un tasto dolente. Pensiamo ai telegiornali che dedicano all’andamento dei mercati finanziari finestrelle di pochi minuti, o al fatto che nella televisione generalista, sia della Rai che a Mediaset e La7, non c’è una trasmissione di approfondimento sul tema. L’unica eccezione è Economix con una professionista di grande livello come Myrta Merlino. Purtroppo va in onda in una collocazione e in un orario a dir poco vergognosi. Al momento le uniche vere realtà sono quelle delle tv a pagamento come Class CNBC e Bloomberg Tv, e anche questo è un segnale non certo positivo. Ma devo aggiungere che non è solo l’informazione ad essere carente. La scuola, per esempio, non prevede ancora materie che spieghino ai ragazzi - i futuri risparmiatori - cosa siano la borsa, le obbligazioni e i titoli di Stato, rimandando eventualmente solo agli studi universitari».

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SPORTIVA L'Italia che avVince di Mario Basile

Tempo di Pasqua, tempo di feste e… di vittorie. Nei giorni scorsi l’Italia sportiva ha conosciuto, tifato, e forse imparato ad amare, nuovi volti vincenti. Sono quelli di Federica Pellegrini, di Alessia Filippi, di Tania Cagnotto, che si riflettono nella medaglia d’oro conquistata agli europei di nuoto a Eindhoven. Senza dimenticare quelli delle sincronette: d’argento sia a squadre che col duo Lapi e Adelizzi. Eppure non è tutto nuoto quel che luccica: brilla anche la medaglia d’argento di Carolina Kostner.

Lei è arrivata ad un passo dalla vittoria. Un trionfo solo sfiorato, agli europei di pattinaggio a Goteborg, per via di una sbavatura nella sua esibizione finale. Una piccola, maledettissima sbavatura. Roba di poco conto per i meno esperti, ma tale da far pendere il giudizio della giuria a favore della giapponese Mao-Asada che, dal canto suo, un errore l’aveva fatto: a inizio prova, il triplo axel puntellato dalle note di un malinconico Chopin l’aveva tradita. S’è ripresa con un’impeccabile performance e alla fine ha conquistato 185,56 punti contro i 184,68 di Carolina.

C’è rammarico in casa Kostner. Inevitabile quando si perde così. Ma Carolina si consola lo stesso. Il suo risultato è comunque nella storia: nessuno ha fatto meglio di lei. Il record stabilito da lei stessa due anni fa a Mosca, bronzo agli europei come la Driano ventisette anni prima, è battuto. E scusate se è poco.

Di Federica Pellegrini, invece, proprio un anno fa su queste pagine dicevamo che il futuro era suo. Era il periodo dei mondiali di nuoto di Melbourne: quelli del suo record italiano nei 400 sl, di quello mondiale nei 200 sl battuto il giorno dopo dalla Manadou e del bronzo finale nella stessa gara. A trecentosessantacinque giorni di distanza, Federica piazza la sua vendetta sportiva conquistando: il bronzo nella staffetta 4x200 sl, l’argento in quella 4x100 sl e, soprattutto, l’oro nei 400 sl. Una vittoria, quest’ultima, impreziosita dal record del mondo che ha stabilito: 4'01"53. E stavolta non c’è Manadou che tenga, sia sul campo che in altri ambiti. «Io non sono gelosa del passato. Ma lo sono moltissimo del presente. Soprattutto mi danno fastidio i paragoni tra me e lei, le battutine, quando dicono, lo hanno anche scritto, che Luca (il nuotatore Marin, suo fidanzato ed ex della Manadou, ndr) non si allena bene perché è distratto», ha dichiarato la nuotatrice veneta in un'intervista rilasciata al settimanale Diva e Donna.

E pensare che, Manadou a parte, il suo europeo era iniziato con la cocente esclusione dai 200 sl, molto probabilmente per un errore di valutazione di un giudice. La sua reazione, sportivamente parlando, è stata quindi eccellente. Il futuro è finalmente arrivato.

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