Archivio MONITOR Paola Natali, passione e ottimismo di Gisella Gallenca Ventisei anni, un carattere di ferro e ben otto anni di esperienza nel mondo della tv. Paola Natali, giornalista professionista e giovanissima conduttrice di Canale Italia, sa dove vuole arrivare, è determinata nel raggiungere i suoi obiettivi: questa intervista non lascia ombra di dubbio. Hai appena 26 anni e hai già alle spalle parecchie esperienze di lavoro e in televisione. Ci puoi raccontare da dove nasce la tua passione per il giornalismo e come hai iniziato questa attività? «Tutto è iniziato per caso, non avrei mai immaginato di fare questo mestiere. Mi ero iscritta alla facoltà di Giurisprudenza a Milano, e parallelamente scrivevo qualche articolo per dei giornali locali. Un giorno una emittente della zona, Studio tv 1, mi ha contattato. E così a 18 anni ho iniziato a lavorare nel fantastico mondo della tv. Successivamente è arrivata l’esperienza a Telenova ed ora Canale Italia. Penso che in questo settore molte opportunità siano dettate dal caso. In parallelo, si deve amare molto questo lavoro, dal montaggio alla conduzione. Il video deve essere visto come ultimo obiettivo, non come scopo principale». Hai lavorato per programmi su molti argomenti diversi. Quanto conta, per te, la poliedricità negli interessi, e quanto hanno contato gli studi che hai fatto? «Mi sono trovata a condurre programmi che prevedevano una scaletta aperta, in cui si poteva passare da una tematica all’altra seguendo un filo conduttore. Questo mi ha permesso di capire quanto è importante, per chi fa il giornalista, avere una visione globale. Sicuramente una base culturale è fondamentale, anche se in questo settore conta moltissimo la gavetta: io ricordo i primi anni chiusa in redazione con turni mostruosi, rinunciando ad uscire con amiche ed amici. A 19 anni non è così scontato mettere in secondo piano il divertimento per inseguire una passione!». Le tue esperienze si concentrano nel campo delle tv locali. Cosa hai trovato di positivo e stimolante in questo ambiente? Vorresti passare a emittenti più grandi? «Secondo me è fondamentale vivere la realtà delle televisioni locali. Impari a capire quali sono le esigenze del tuo territorio, e per chi fa informazione questo è basilare. Poi, devi essere capace di adattarti ai vari programmi che ti vengono proposti, dal tg a rubriche di costume. Questo permette di capire a 360 gradi come funziona il mondo della televisione. Attualmente, mi trovo molto bene a Canale Italia, grazie all’editore Lucio Garbo, innovativo ed attento alle esigenze del pubblico». Dal forum di Telegiornaliste emerge che puoi contare su un pubblico fedele. Come è il tuo rapporto con le persone che seguono costantemente i tuoi programmi? «Sono rimasta stupita nel vedere, sul vostro forum, così tante caps e messaggi. Fa sempre piacere ricevere complimenti! Sarebbe fantastico avere un contatto diretto con tutti i telespettatori, per capire cosa veramente desiderano vedere in video, ma mi rendo conto che questo è un po’ utopico. Ascolto molto i consigli e le critiche che possono arrivare dal pubblico: è il modo migliore per crescere sempre di più a livello professionale». Suppongo che, come succede a molti giovani che si affacciano al giornalismo, anche a te sia accaduto di sentir ripetere che questo è un ambiente difficile. Come rispondi a chi cerca di scoraggiarti nelle tue aspirazioni? «Tutti gli ambienti sono difficili, dalla scuola all’azienda. Però, se si ama ciò che si fa, si superano a testa alta i vari problemi. Inoltre è fondamentale avere vicino la propria famiglia, come è accaduto nel mio caso: non posso non ringraziare mamma Antonella e papà Franco, che sono stati sempre al mio fianco». MONITOR Daniela Mazzacane, la conduttrice informata di Silvia Grassetti Questa settimana abbiamo incontrato Daniela Mazzacane, conduttrice del telegiornale dell’emittente pugliese TeleNorba. Daniela non è ancora iscritta all’Ordine dei giornalisti, infatti si definisce conduttrice televisiva. Scommettiamo che il tuo ruolo non si esaurisce nel leggere le notizie durante il tg. Com'è la tua giornata tipo a fianco alla redazione? «Il mio ruolo principale all'interno della redazione è, ovviamente, quello di condurre il tg. Ciò comporta che io viva la redazione in tutte le sue sfaccettature, e mi dà la possibilità di acquisire preziosi elementi ed esperienze utili a livello giornalistico». Vedi il tuo futuro professionale più vicino al giornalismo? «Sì, perché a breve comincerò il praticantato che chiaramente mi consentirà, superati gli esami, di diventare giornalista». Se la conduzione di un programma di informazione non è affidata a un giornalista, quel programma perde di credibilità? «Non credo che questo possa interferire sulla qualità di un programma. Ad esempio, il caso di Verissimo condotto da Paola Perego: con la sua professionalità ed esperienza, è riuscita molto bene nel gestire il programma pur senza un taglio giornalistico». Come hai scelto di iniziare la carriera televisiva? «Non l'ho scelto io, mi è capitato per caso. Anche se è sempre stato un mio desiderio». Cosa pensi dell'informazione italiana, stampata, televisiva, radiofonica? «Credo che sia una buona informazione, molto qualificata in ogni settore. Sicuramente meglio di tanta informazione internazionale». Hai un sogno nel cassetto da condividere con i lettori di Telegiornaliste? «Il mio sogno, in parte già realizzato, è quello di fare cinema. Ultimamente, infatti, ho lavorato con Sergio Rubini nel film La terra ed è stata per me una esperienza bellissima, importante e gratificante». CRONACA IN ROSA Senza perdono di Erica Savazzi Meraviglia, indignazione, schifo, rabbia. E’ un mix di sensazioni, dall’incredulità, al chiedersi come sia potuto succedere, all’odio nei confronti di chi ha compiuto quei gesti insani, nei confronti di chi è protagonista malvagio delle storie tristissime di pedofilia. Nella cronaca delle ultime settimane: l'asilo di Rignano Flaminio dove l’uomo nero sarebbero tre maestre, insieme al marito di una di loro e a un benzinaio, storia poco chiara, ma intanto altri genitori hanno sporto denuncia. La famiglia di Palermo dove la madre vendeva la figlia quattordicenne per trenta euro e, interrogata, ha risposto di non sapere cosa la ragazza facesse a casa degli uomini che la chiamavano per fissare gli appuntamenti. La bambina di Taranto che si suicida gettandosi dalla finestra dopo due probabili violenze subite, accuse una prima volta cadute, e con un secondo procedimento ancora in corso. Storie di fiducia tradita, di legami di parentela disonorati, di persone "stimate" che nascondono dentro il peggio dell’essere umano. E’ l’impotenza che vince, l'impotenza delle vittime, troppo piccole e deboli per difendersi, ma anche per capire e spiegare quello che sta succedendo loro, l'impotenza delle famiglie delle vittime, che non possono immaginare che l’insegnante dei loro figli sia un mostro, l'impotenza della società, delle forze dell’ordine, perché anche se si sa tutto di tutti, è ancora possibile che “i cattivi” si mimetizzino, che la strega diventi madre, educatrice o ideatore di programmi per ragazzi. Alla fine resta lo scandalo di persone che i bambini dovrebbero proteggere ed educare, e che invece risucchiano in un incubo. Restano il senso di colpa o le scuse di chi non ha visto, di chi non ha agito, resta la rabbia di chi – i genitori, ma anche la società intera - ha visto i propri bambini violati nel corpo e nello spirito, violati in quanto bambini, quasi che la loro età fosse una colpa. Non ci sono spiegazioni che convincano, non c’è giustificazione per gli adulti che fanno dei bambini strumenti per le loro perversioni o per il loro guadagno. Non c’è perdono possibile. FORMAT Il ritorno dell’invisibile Funari di Nicola Pistoia La goliardia e la simpatia dei dilettanti allo sbaraglio della Corrida ha schiacciato, pesantemente, lo show apocalittico, noioso e tetro di Gianfranco Funari. Si conferma così la difficile situazione che la Rai sta attraversando già da qualche mese. Ma andiamo per gradi. Già lo spot del programma, nei giorni precedenti la messa in onda, aveva scatenato le polemiche. La scena in cui il presentatore romano tira una mela a una suora con tanto di crocifisso al collo ha fatto imbizzarrire il presidente dell'Osservatorio sociale, Luigi Camilloni, che ha accusato la Rai di trasmettere un messaggio diseducativo. Ma questo, in fin dei conti, da Funari potevamo aspettarcelo. Anche la presentazione alla stampa di Apocalypse Show ha suscitato clamore, non tanto per i contenuti della stessa quanto per il capitombolo che ha visto come protagonista proprio Funari, inciampato in una delle casse acustiche lì presenti finendo faccia a terra. La botta non è stata sufficiente, però, ad impedirgli di essere presente in trasmissione. Così come Colpo di genio e Notti sul ghiaccio Apocalypse Show non ha entusiasmato il pubblico a casa. A parte qualche momento di puro spettacolo, con ospiti musicali o attori il resto risulta privo di contenuti. I lunghi soliloqui dello stesso Funari riguardanti i tragici eventi che hanno colpito il mondo o l’Italia appaiono inutili ed eccessivamente mortificanti. La gente non ha bisogno del Funari dispensatore di "saggezze". Forse avrebbe bisogno di qualcuno che esorti a riflettere, ma il personaggio indisponente in questo senso non funziona. «Sono molto soddisfatto, perché è un varietà innovativo, di contenuti e che fa pensare». Con queste parole, ancora una volta fuori target, il direttore di Rai1 Del Noce ha commentato lo show di Gianfranco Funari. In realtà i commenti da fare sarebbero ben altri, ma aspettiamo il 26 maggio, giorno dell’annunciata apocalisse. Se il 27 saremo ancora qui... CULT La notizia è servita di Gisella Gallenca L’ arte e la cultura vanno a braccetto col cibo. E arrivano sulle nostre tavole, durante la pausa pranzo. Stiamo parlando di SugoNews, un magazine molto particolare. Nato nell’aprile del 2004, questo originale periodico si sta diffondendo nei ristoranti, nei bar e nelle tavole calde di alcuni comuni piemontesi e di Milano. Notizie "a portata di forchetta" adatte a "insaporire la giornata", confezionate in modo da sorprendere piacevolmente, nei momenti di relax e di pausa dagli impegni quotidiani. Una selezione dei migliori eventi cittadini, raccontati e "conditi" in modo inedito, incorniciati in una grafica moderna e adatti a un consumo veloce, ma non per questo di qualità inferiore. Da sei a nove pagine aggiornate ogni due mesi, stampate come se fossero delle tovagliette e strategicamente posizionate sotto il piatto. E diverse aree tematiche – eventi, arte, cibo, musica – con articoli e news accattivanti, per un pubblico curioso e al passo coi tempi. L’idea è dell’editore torinese WIP Work in Progress, che ha coinvolto nel progetto anche nomi noti, dallo scrittore Giuseppe Culicchia al critico gastronomico Cosimo Torlo, dai Motel Connection al cantante Mao, per citare alcuni esempi. Un esperimento creativo, un gioco forse. Ma il risultato è un prodotto che piace, che attira l’attenzione, pur nella sua dimensione di uso e consumo veloce. Le vie della notizia sono infinite, a volte più efficaci e a volte meno. Ma la fantasia premia chi sa osare strade diverse, poco battute. DONNE The first girl on the moon di Tiziana Ambrosi Nell'eterna lotta tra le due superpotenze U.S.A. e U.R.R.S. a far brillare di più le proprie stellette, i sovietici ebbero una delle piccole grandi vittorie: mandare la prima donna nello spazio. La cosmonauta - la battaglia è anche di nomi, astronauta per gli americani, cosmonauta per i russi - Valentina Tereshkova compì il suo primo volo spaziale il 16 giugno 1963. Nata da una modesta famiglia in un villaggio sulle rive del Volga, Valentina si trova ben presto a dover affrontare la durezza della vita. Il padre muore infatti durante la Seconda Guerra Mondiale, e per sbarcare il lunario Valentina lavora dapprima in una fabbrica di pneumatici, poi in un'industria tessile dove si specializza come sarta e stiratrice. Ma la tecnica e la meccanica sono la sua passione. Si iscrive ad un corso serale per ottenere un diploma di perito, titolo che consegue nel 1960. Intanto, già negli anni precedenti si appassiona al paracadutismo e alle imprese dell'eroe nazionale Jurij Gagarin. Dal paracadute la passione si sposta alla tuta spaziale. D'altra parte era solita dire: «Se le donne in Russia possono lavorare per le ferrovie perché non possono volare nello spazio?». Dopo anni di tentativi Valentina riesce a conseguire il brevetto. Nel 1963 il primo volo: 70 ore per 49 orbite attorno alla Terra. Fino al trionfale rientro. O per lo meno questo è ciò che apparve alla televisione. Quarantanni dopo quella storica impresa, Valentina svela in un'intervista i retroscena di quella brillante missione. La navicella che invece di avvicinarsi si allontana dalla Terra, la correzione della rotta, il disagio fisico essendo sempre allacciata al sedile, la compressione del casco. Persino il rientro fu manipolato: caduta in mare dopo l'espulsione del modulo, la cosmonauta venne recuperata sporca e tumefatta. Condizione non certo adatta al rientro di un'eroina, tanto che, ripulita e medicata, la scena del rientro venne rigirata con la folla che acclamava una illesa Valentina. D'altra parte, la battaglia con gli americani era sul filo di lana. Pochi mesi dopo, il Segretario generale Nikita Krusciov poté dare l'annuncio di un altro colpo di scena. Il primo matrimonio tra cosmonauti: Valentina Tereshkova e Andriyan Nikolayev - terzo uomo nello spazio - si uniscono in matrimonio. Voci dicono che fosse parte del teatro inscenato dalla propaganda, o che dietro ci fossero esperimenti di eugenetica. Fatto sta che la coppia durò fino al 1982, con la nascita di una figlia. Dopo la carriera spaziale, gli elogi pubblici e i riconoscimenti di partito, Valentina si indirizza alla politica. Tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70 diventa presidente del Comitato Donne dell'Unione Sovietica, membro del Comitato Centrale del PCUS e infine del direttivo dell'Alto Soviet. Una vita apparentemente da protagonista; più probabilmente, un oggetto della propaganda di regime. Una donna inserita in una Storia grande, forse più grande di lei. TELEGIORNALISTI Andrea Atzori, giornalista per l'ambiente di Giuseppe Bosso Andrea Atzori, 37 anni, è giornalista pubblicista dal 1989. Laureato in scienze politiche all'università di Cagliari, dal 2006 è corrispondente dalla Sardegna per il tg di Canale Italia. Ha alle spalle una lunga gavetta e numerose collaborazioni con emittenti televisive, quotidiani e periodici. Andrea, come molti altri colleghi, ha anche il suo blog. La rete è uno spazio ancora "neutro" per una informazione libera, slegata da condizionamenti di natura politica? «Le potenzialità di Internet sono enormi. In particolare i blog rappresentano effettivamente uno spazio libero. Credo di neutro non ci possa mai essere nulla, quando si parla di informazione. Anzi lo schierarsi è anche auspicabile. Esprimere la propria opinione per un giornalista, se fatto in maniera trasparente e disinteressata, è un servizio utile per i fruitori dell’informazione. Il web offre la possibilità di uno scambio diretto d’informazioni che nessun altro mezzo offre». Si può dire, secondo te, che esiste una forte censura nel mondo dell'informazione italiano? «Il controllo degli editori sui mezzi d’informazione è enorme. Economia e politica costituiscono purtroppo un intreccio inestricabile. Più che censura, ciò che avviene sono omissioni e influenze. Nella tv, dalla Rai a Mediaset fino alla più piccola tv privata, così come nei quotidiani, purtroppo questi condizionamenti ci sono. Ma la cosa più triste è quando vengono nascosti o comunque taciuti. Esempio, quando un imprenditore immobiliare che possiede una tv impone al suo tg la realizzazione di un servizio per propagandare un suo progetto: è oggettivamente squallido. Quello che fa ribrezzo inoltre è la pubblicità mascherata sotto forma di informazione. I giornalisti degni di questo nome, e il direttore responsabile in primo luogo, dovrebbero avere il coraggio di difendere i telespettatori e i lettori dalle prese in giro e dall’uso privatistico del mezzo. Occorre una difesa puntale del ruolo degli operatori dell’informazione dall’invasione degli interessi degli editori. Il nostro compito è anche quello di tutelare chi ci guarda dalla falsa e deformata informazione». Cambiamo argomento: quali sono i commenti che più ti piace leggere sul suo blog? «Mi piace leggere quelli che riescono a sorprendermi e dare nuove informazioni. Dialogo continuo, interattivo: questa è la caratteristica per definizione dei blog. Questo è infatti il senso anche del mio, che è dedicato all’informazione, alla televisione e alla politica». Consiglieresti a chi aspira ad una carriera giornalistica di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie? «Sì, ma ad una condizione. Le nuove tecnologie non debbono costituire una sorta di alibi per portare avanti un giornalismo in pantofole o da ufficio. Internet va benissimo, ma non deve mai essere una scusa, una scorciatoia per evitare l’uso dei piedi. La verifica delle fonti deve essere sempre diretta e continua. Computer, web e telefono non devono sostituire la suola delle scarpe e l’uso del microfono». Spesso dai spazio anche alle vicende di colleghi, come è capitato per il brutto episodio capitato alla giornalista di Videolina, Ambra Pintore a inizio anno; come mai? «Molto spesso il grande pubblico non conosce cosa c’è dietro un servizio tg, un telegiornale o un collegamento in diretta come nel caso di Ambra. Il mostrare cosa c’è dietro le quinte, o evidenziare anche le cose che altrimenti passerebbero inosservate, penso possa essere utile e in alcuni casi necessario. Anche i giornalisti pur essendo personaggi pubblici sono prima di tutto persone con pregi, difetti e passioni. Ricordarli a tutti, un po’ come egregiamente da tempo fate voi, penso possa contribuire alla conoscenza e anche alla umanizzazione di quelle che erroneamente potrebbero sembrare persone lontane dalla realtà». Qual è l'informazione da fare per un giornalista che lavora stabilmente in una terra affascinante e da scoprire come la Sardegna? «Non ho dubbi: pur occupandomi ogni giorno di tutto, dalla politica allo sport, la mia specializzazione, sia per lo studio all’università, che per una specifica preparazione acquisita sul campo e anche attraverso corsi, è quella dell’informazione nel settore ambientale ed ecologico. Penso che la Sardegna in questo senso sia una sorta di miniera per il giornalismo. Sia dal punto di vista della conoscenza del nostro territorio, dunque in positivo, ma anche in negativo». Quindi il giornalista ha un compito in più... «Il compito del giornalista è anche quello di denunciare senza paura tutto ciò che può recare danno, e mi riferisco ai danni ambientali alla nostra terra, soprattutto prima che vengano effettuati. Senza timore di pestare i piedi a potentati economici e politici. Speculazione immobiliare e interessi economici molto spesso cercano di devastare il nostro patrimonio naturale, solo per il tornaconto monetario di poche persone. Il giornalismo deve essere inteso come denuncia, controinformazione e anche investigazione. Non bisogna avere paura di tornare a fare le inchieste. O il giornalismo è questo o non ha più senso fare questo mestiere». OLIMPIA Piccole stelle crescono di Mario Basile Come può una ragazzina di soli 16 anni farsi largo a grandi passi nella storia della ginnastica azzurra? L'impresa è difficile, e lo diventa ancor di più se l’atleta in questione ha un fisico minuto e magari fa fatica a trovare una palestra adatta agli allenamenti. Ma se quella ragazzina si chiama Vanessa Ferrari, le cose cambiano. Eccome. Il segreto del suo successo? Tenacia, maturità e determinazione, oltre a qualità tecniche non indifferenti. Ed ecco che arrivano le medaglie: oro ai Giochi del Mediterraneo, oro con la squadra agli Europei, oro individuale ai Mondiali di Aarhus lo scorso autunno. Un bottino da capogiro, completato con le medaglie conquistate agli Europei di Amsterdam. Oro nel concorso generale e bis al corpo libero. Una Ferrari da record: mai nessuna ginnasta italiana aveva vinto il concorso generale in una competizione continentale. Mica male, per la sedicenne di Orzinuovi. C’è chi la chiama già baby prodigio, chi grida al miracolo dello sport italiano. Vanessa fa spallucce, incassa i complimenti e, da atleta che sa il fatto suo, lancia qualche frecciatina al mondo dello sport e agli addetti ai lavori: «I giornalisti ti seguono solo se fai risultati e spesso dimenticano la ginnastica anche se è uno sport meraviglioso». A ottobre, dopo la medaglia di Aarhus, Vanessa chiese una palestra più attrezzata per potersi allenare al meglio. Per ora si accontenta della consacrazione ufficiale da parte di Juri Chechi: «La sua superiorità è sotto gli occhi di tutti – ha detto il campione azzurro, oro agli anelli a Sydney ’96 –. La medaglia d’oro alle prossime olimpiadi è alla sua portata». Già, le Olimpiadi di Pechino. Ecco l’obiettivo di Vanessa: l’oro olimpico. E se poi arrivasse la nomina a portabandiera sarebbe l’apoteosi. E’ ancora presto, ma sognare non costa nulla. Gli europei di Amsterdam per la ginnastica azzurra femminile non hanno avuto solo il volto di Vanessa Ferrari. Accanto al suo, c’è quello di un’altra baby - meraviglia azzurra: Carlotta Giovannini. Anche lei sedicenne, Carlotta ha vinto l’oro nel volteggio. Medaglia dedicata ai genitori e ai suoi allenatori, Giancarlo Zuffa e la moglie Eleonora Gatti. Proprio Zuffa dopo l’impresa della sua campionessa ha detto: «Carlotta è una ginnasta completa. Con l’allenamento potrà anche arrivare tra le prime cinque del concorso generale». Così come per Vanessa, anche il sogno di Carlotta si chiama Pechino 2008: «I giochi sono il mio desiderio più grande – ha detto la Giovannini -. Tra l’Olimpiade e un fidanzato non ho dubbi: scelgo la prima». Avanti così ragazze, l’Italia sportiva è con voi. |
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