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Telegiornaliste anno III N. 14 (92) del 9 aprile 2007


MONITOR Cristina Bianchino, l'eclettica del tg di Nicola Pistoia

Cristina Bianchino, romana, è giornalista professionista dal 2003. Prima di approdare, nel 2006, alla conduzione dell’edizione della notte del Tg5, Cristina ha lavorato nella redazione di Verissimo per oltre cinque anni e contemporaneamente in quella del telegiornale.
Nella sua carriera ha ricoperto vari ruoli professionali: conduttrice televisiva di programmi sportivi e d’intrattenimento, conduttrice ed inviata radiofonica per Tele Radio Stereo, Rds e Isoradio Rai; autrice televisiva, firmando programmi come Vivere Bene e A tu per tu. E' stata anche redattrice a Buona Domenica e giornalista d’approfondimento al settimanale Terra!.
Come e quando è nata la passione per il giornalismo?
«La prima vera passione è stata quella per la televisione. Frequentavo l’ultimo anno del liceo classico, a Roma: mi chiesero di condurre un programma per ragazzi per una tv locale, assieme ad altri coetanei. Nacque subito l’amore per la tv e, subito dopo, capii che mi piaceva raccontare agli altri tutto quello che succedeva. Ho firmato e condotto alcuni programmi televisivi (sempre a circuito locale). Per GBR ho condotto un programma sportivo in diretta, la domenica pomeriggio, al fianco di Marco Liorni. Ho lavorato molto in radio. C’è stata una parentesi importante anche nella tv satellitare Stream come conduttrice di programmi dedicati ai viaggi.
Poi è arrivata la grande occasione con Mediaset: sapevo che Maurizio Costanzo cercava giornalisti per la sua nuova Buona Domenica con Fiorello (era il 1996); feci il colloquio e mi presero subito.
Ho lavorato diversi anni come autrice di programmi televisivi. Nel 2000 il salto alle news del Tg5: Toni Capuozzo e Sandro Provvisionato mi offrirono la possibilità di lavorare al nuovo settimanale di approfondimento del nostro telegiornale: Terra!.
E’ stato un anno intenso, in cui ho imparato molto. Successivamente Enrico Mentana mi chiese di entrare a far parte della redazione di Verissimo dove sono rimasta fino alla stagione 2005-2006. Parallelamente ho lavorato anche nella redazione cronaca del Tg5. Chiusa l’esperienza con Verissimo, sono ora in forza al telegiornale, sempre in cronaca. E, naturalmente, conduco l’edizione della notte del Tg56».
Qualche volta si sente in colpa di aver scelto una professione piena di sacrifici?
«Nessuno può prescindere dal proprio lavoro e questo è il mio. Sono orgogliosa di quello che faccio e chi mi conosce mi apprezza anche per questo. E poi sono convinta che in ogni professione si debbano fare dei sacrifici per poter conciliare anche la vita privata. Non credo di sottrarre molto tempo alla mia famiglia: l’importante è organizzarsi e programmare tutto con un po’ di anticipo. Ma questo è quello che succede a tutte le persone che lavorano, qualsiasi cosa facciano».
Quali sono le differenze nel lavoro del giornalista, tra un rotocalco come Verissimo e un tg?
«Moltissime, innanzitutto la notizia: al tg è fondamentale, in un rotocalco si può semplicemente raccontare una storia, descrivere un personaggio o anche solo illustrarlo. Anche le immagini fanno la differenza: un conto è fare un pezzo di un minuto per il telegiornale; altro è confezionare un servizio di cinque o sei minuti, con lunghe interviste, musica e immagini patinate. C’è un grosso lavoro di preparazione: se al tg ci bastano pochi minuti di girato (ovvero di registrazione), per un programma come Verissimo occorre registrare anche un’ora o due per essere certi di avere materiale a sufficienza. E poi il montaggio: si utilizza quasi sempre la post-produzione per avere effetti speciali e suggestivi come la dissolvenza. Tutte accortezze che nei pezzi del tg non sono necessarie, perché lì è importante dare la notizia, anche con immagini sporche e poco curate. Insomma: paradossalmente a Verissimo si lavorava di più, ma nelle vesti di autore, regista, eccetera. Al tg si è giornalisti a tutto tondo».
Ci può descrivere con un aggettivo le tre diverse edizioni di Verissimo che si sono susseguite in questi ultimi tre anni, quella con Cristina Parodi, quella con Paola Perego e quella con Silvia Toffanin?
«Un solo aggettivo è difficile: sono tre edizioni che si differenziano tra loro in tante cose. E’ ovvio che il Verissimo di Cristina Parodi è quello che conosco meglio e a cui sono più legata; potrei definirlo “di classe”: Cristina è sempre riuscita a dare levità anche alle notizie più tristi e una certa allure a quelle di puro gossip.
Con Paola Perego ho lavorato solo pochi mesi: diciamo che è stato un Verissimo di cambiamento, più verace e più vero (ricordate il pubblico in studio?); Paola doveva necessariamente rompere gli schemi di un programma che per un decennio aveva avuto il volto e il tono di un’altra conduttrice: e c’è riuscita. L’attuale edizione condotta da Silvia Toffanin la vivo da telespettatrice: mi sembra molto patinata e glamour e lei, giovane e fresca, ha un volto pulito e un tono sempre pacato. L’unico rammarico è quello di vedere Verissimo solo il sabato pomeriggio: ha tenuto compagnia agli italiani ogni giorno, per dieci anni. E’ davvero un peccato che il suo spazio sia stato ridotto».
Lei, oltre che inviata, conduce anche il tg della notte: le sta un po' stretto come ruolo o è contenta così?
«Non scherziamo, io mi ritengo una privilegiata: a fronte di centinaia di giornalisti, i conduttori di un telegiornale nazionale sono un numero davvero esiguo. Sono grata a Carlo Rossella che ha avuto fiducia in me, regalandomi questa grande opportunità di crescita. Il tg della notte, inoltre, grazie anche alla rassegna stampa, offre la possibilità di fare approfondimenti che in altre edizioni non troverebbero spazio. E’ un bel tg, mi piace e poi… In futuro, chissà».
Un consiglio a chi, come lei, volesse intraprendere questo lavoro?
«E’ un lavoro bellissimo e, come tale, è molto ambito. Ci sono tanti giornalisti costretti a fare un altro lavoro, in attesa dell’occasione giusta. Io stessa, come ho già detto, ho lavorato diversi anni come autore, come addetta stampa, prima di diventare giornalista a tutti gli effetti. Poi mi sono trovata - come si dice – “nel posto giusto al momento giusto”. Se davvero si vuole intraprendere questa professione, bisogna tener conto delle difficoltà di occupazione, proporsi con insistenza ed essere disposti a cominciare dal basso, sacrificando spesso la vita privata. E infine bisognerebbe poter contare su una buona dose di fortuna!».
MONITOR Il lato umano di Valentina Bendicenti di Silvia Grassetti

Per la gioia dei suoi moltissimi fans, che si riuniscono tutti i giorni sul nostro forum, questa settimana Telegiornaliste ha incontrato Valentina Bendicenti, anchorwoman di SkyTg24.
Valentina ha voluto approfittare di questa occasione per far conoscere il suo lato umano accanto alla professionalità a cui ha abituato i telespettatori.
Valentina, sei stata inviata di guerra all'indomani della strage di Nassiriya. Cosa ti è rimasto di quella esperienza?
«E’ stata un’esperienza forte, intensa, indimenticabile. Sedici ore di viaggio in macchina dalla Giordania, attraverso il deserto, per arrivare lì il giorno dopo e trovare la distruzione, quel senso di impotenza che ti assale quando senti la paura, tua e della gente. Ma c’è l’adrenalina, e quel pizzico di incoscienza che ti fa andare avanti, che ti carica, che ti fa dire sono qui e sono felice di averne avuto la possibilità. Pur con le brutture, gli orrori di un paese martoriato dalla guerra. Un paese bellissimo, che trasuda storia. Quello iracheno è un popolo caldo e ospitale, al contrario di quel che si pensi. Un’esperienza che rifarei, e ho rifatto: l’anno successivo a Baghdad, per il primo anniversario dell’attacco americano, e l’anno dopo ancora a Nassiriya e Baghdad, con l’allora Ministro della Difesa Antonio Martino. Professionalmente, il ricordo al quale tengo di più».
Qual era la realtà dei soldati italiani, al di là di quanto raccontavano i giornali?
«Il racconto dei giornali è il racconto degli inviati, quindi fedele alla realtà. I nostri soldati impegnati in Iraq erano esposti al pericolo ogni giorno, continuamente. Con freddezza, coraggio, dedizione ed un grande affiatamento. Malgrado tutto, però, affrontavano l’impegno militare con il sorriso, se possibile con una battuta, per sdrammatizzare la situazione e far sentire il meno possibile il peso dell’immensa responsabilità alla quale erano chiamati».
Abbiamo sbagliato tutti, a chiamarla "missione di pace"?
«In un paese distrutto dalle bombe e intriso di terrorismo, non la chiamerei affatto una missione di pace, semmai una missione militare, in un paese in guerra».
Un giornalista dovrebbe mettere da parte il proprio lato emotivo per spiegare, con logica e razionalità, le notizie al pubblico. Si riesce a farlo sempre, o sono più bravi gli uomini in questo? E tu, come ti poni in questo senso?
«Credo che l’emotività non dipenda dal sesso ma dal carattere e dalla personalità che ognuno di noi ha. Sono convinta che la notizia vada data al pubblico in maniera per così dire “pulita”, con una cronaca dei fatti il più possibile vicina alla realtà. Ma sono anche convinta che esistano occasioni, particolari, nelle quali il lato emozionale costituisce un valore aggiunto. Trasmettere emozioni durante una corrispondenza da un paese in guerra significa coinvolgere davvero il telespettatore, così che possa “sentire” e vivere quello che stai vivendo tu, sul posto».
Quando Valentina Bendicenti non lavora, come trascorre il tempo? Quali sono le cose che preferisci fare, e con chi?
«Adoro viaggiare e quando ho un po’ di tempo libero cerco sempre di organizzare qualcosa in questo senso, con gli amici più cari. Mi godo il meritato (credo) riposo ma, non riuscendo a stare neanche un giorno senza far nulla, vado continuamente alla ricerca di posti nuovi, possibilmente fuori dagli itinerari classici, perché mi piace la tranquillità. Sono sempre stata una sportiva ed una grande amante della natura».
Nella carriera e nella vita, cosa ti manca?
«Professionalmente, credo di essere una persona realizzata e gratificata. SkyTg24 è una televisione che, in quanto all news, è in continuo fermento. E così tu. L’arricchimento è quotidiano, proprio perché hai la possibilità di cimentarti su molti fronti. Il telegiornale è dinamico, ha ritmi serrati e per questo lo sento vicino al mio carattere. L’esperienza da inviato di guerra che ho avuto l’opportunità di fare resta la più intensa, ma mi piace molto anche condurre l’approfondimento pomeridiano di SkyTg24 pomeriggio, nel quale hai la possibilità di gestire un programma in studio con degli ospiti dandogli il taglio che preferisci. Esce fuori quello che sei veramente e questo mi piace.
Nella vita, sono contenta di aver raggiunto certe forme di autonomia e di consapevolezza, e di aver smussato alcuni lati del mio carattere. Quello che manca, speriamo che arrivi…».
CRONACA IN ROSA Più gossip per tutti di Erica Savazzi

Gossip e personaggi dello spettacolo, gossip e politica, festini, gite in barca, droga e trans. Non ci facciamo mancare nulla, sotto il sole italico, altro che stampa scandalistica inglese. E ancora non è arrivata la bella stagione, il periodo delle letture “da ombrellone”.
Sarebbe tutto facile, troppo facile, se non ci fossero in ballo inchieste della magistratura, corruzione, un fotografo in carcere, un politico “che va a trans” sbattuto in prima pagina, un altro che – ancora sconosciuto – se l’è spassata su uno yacht. Parrebbe una degna puntata di una soap di serie B, tutto sesso e soldi. E invece no, è la realtà. Confusa, taciuta, dove persecutore e perseguitato si confondono. Il ricattatore Corona festeggiato in carcere dai suoi dipendenti, il portavoce Sircana messo alla pubblica gogna per qualcosa che avrebbe potuto fare.
Strano il rapporto tra vip e fotografi. A volte il paparazzo è il loro migliore amico, li riporta alla ribalta con foto di liaisons dangereuses, di topless scandalosi, di frequentazioni mirabolanti, a volte invece è il loro peggior nemico, quando va oltre il pattuito o quando personaggi più o meno noti – pur in vacanza in Costa Smeralda sotto gli occhi di tutti – pretendono di non venire immortalati.
Un dubbio: perché coloro che sono stati ricattati da Corona e amici non hanno denunciato? C’è chi si è limitato a comprare le foto, come Barbara Berlusconi: ma che cosa stava mai facendo di così compromettente fuori da una discoteca milanese, per rassegnarsi a pagare migliaia di euro?
C’è chi ha rifiutato seccamente – come Michelle Hunziker - non ha pagato, e le foto non sono comparse. Perché? Forse non erano così scandalose come il fotografo voleva far credere?
Di certo queste immagini fanno la fortuna di alcune testate. Secondo l’anticipazione dei dati Audipress della seconda metà del 2006, i lettori di riviste come Chi, Eva Tremila, Grand Hotel, Novella Duemila e Visto sono più di cinque milioni, se aggiungiamo anche Gente e Oggi si raggiungono quasi dodici milioni di lettori. Parecchi, pur se, sempre secondo Audipress, in calo.
Il gossip attira il lettore, e anche il telespettatore. Così i telegiornali ci “informano” dei personaggi più o meno famosi coinvolti nella vicenda, di ipotetici scoop, di trame spionistico-politiche, dimenticando già dal secondo giorno di cronache i risvolti penali. E intanto, dopo due settimane a chiedersi chi era il politico di centrodestra sull’imbarcazione al largo di Capri che festeggiava con ragazze e cocaina, si viene a sapere, quasi per caso, che era tutto falso, non c’erano yacht, non c’erano festini. Forse.
Attendiamo la beatificazione di Corona a furor di popolo (come già successo con Bettarini e Gregoraci), aspettiamo trepidanti che gli sia assegnato un programma televisivo (Buona Domenica? Verissimo?).
Il popolo guardone e assuefatto al giornalismo patinato chiede circenses, ovvero scandali e foto osé, per divertirsi, incurante della legge e della decenza.
FORMAT Sky Vivo e Sky Show, divertimento per tutti di Giuseppe Bosso

Piccoli canali crescono, si potrebbe dire, ma sarebbe riduttivo per le prospettive che accompagnano l’universo Sky nel nostro Paese.
Sono alte le aspettative riposte nella nuova programmazione di Sky Vivo e Sky show (canale 109 e 116), presentata a Milano il 13 marzo scorso con una conferenza stampa alla presenza del direttore Stefano Orsucci, di Flavio Natalia - responsabile del settore pubblicità Sky - e dei volti di punta dei due canali. Nati da poco più di un anno, Sky Vivo e Sky Show hanno visto progressivamente crescere il numero delle ore di programmazione.
Ospite d’onore l’attrice Bo Derek, protagonista di tante pellicole degli anni 70 e 80, che ha presentato Fashion house - soap importata dagli Stati Uniti in onda su Sky Show tutti i pomeriggi - nella quale interpreta una spietata dirigente di una grande casa di moda. La serie ha avuto molto successo oltreoceano, per il suo modo pungente e spigliato nel raccontare vizi e virtù di tutto quanto ruota intorno al patinato mondo delle passerelle.
Presentate al parterre di ospiti novità e riconferme: prosegue Geppi hour, un’ora di satira legata all’attualità condotta dalla ex Zelig Geppi Cucciari. Non meno esplosivo promette di essere Fabio Canino nelle vesti di direttore del Tg show, notiziario rigorosamente "politicamente scorretto" che tratterà le ultime notizie con l’ausilio di improbabili inviati in esterna.
L'uomo perfetto esiste? Ellen Hidding prova a trovarlo su Sky Vivo, selezionando candidati che dovranno superare una severa giuria composta da Selvaggia Lucarelli, Claudia Montanarini e Dario Cassini. Come migliorare la propria vita sessuale? La risposta è il primo docu-reality made in Italy affidato alla conduzione di Barbara Gubellini, Sex Therapy.
E ancora: The Soup, con gli istrionici Francesca Zanni e Gabriele Pignotta, panoramica su quanto viene trasmesso dalla tv all’estero e che mai arriverà in Italia; Shake it, simpatico viaggio su quanto accade nel mondo con la sensuale Laura Barriales e la sketch-com campione d’ascolti in Francia, Samantha.
Non manca un volto - simbolo, una vera "signorina buonasera" che introdurrà tutti i programmi: Maria Giovanna Elmi. Proprio lei, la “fatina” di mamma Rai, che si presenta in una versione di sé decisamente inedita.
CULT Primavera in… arte e cultura di Gisella Gallenca

Se siete appassionati di mostre ed eventi è il momento di approfittare della “pausa” pasquale. In giro per il Belpaese, diverse sono le esposizioni che interesseranno il pubblico più esigente. Noi di Telegiornaliste abbiamo selezionato alcune proposte che ci sono sembrate particolarmente interessanti.
Per gli amanti della musica sarà irrinunciabile una visita a Parma, in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa del grande Arturo Toscanini. Molti gli eventi promossi dalla Regione Emilia Romagna per questa ricorrenza: in particolare, segnaliamo la mostra La musica segreta del maestro (Fondazione Cariparma - Palazzo Bossi Bocchi 15 aprile - 10 giugno 2007), dedicata alla sua collezione di opere d’arte.
A Torino, invece, a partire dal 18 aprile, al Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione,della Guerra, dei Diritti e della Libertà, aprirà al pubblico Primo Levi. Le opere e i giorni. L’evento è curato dal Philippe Mesnard, docente universitario francese e Carlo Saletti, ricercatore e regista, da anni impegnato nello studio della deportazione nazista attraverso i diversi linguaggi del teatro, del cinema e della saggistica. L’esposizione torinese sarà la prima di un percorso che toccherà Carpi, Lione e altre capitali europee.
Per chi ama le esposizioni fotografiche, appuntamento a Roma, dal 13 al 22 aprile, presso l'Officina d’Arte al Borghetto, con l’installazione La città continua. Tre artisti, ognuno con un diverso bagaglio culturale e il proprio linguaggio espressivo, si confronteranno sullo stesso tema, indagando le analogie esistenti fra le tre capitali europee. E la prima tappa sarà proprio Roma, raccontata da Olivier Fermariello, Sandro Di Camillo e Christoph Brech.
Spostandoci a Milano, abbiamo Milano, Luxury design. Neocodici del lusso & design del gioiello (Triennale, 18-23 aprile 2007). La mostra, patrocinata dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Alessandria, illustra le tappe attraverso cui il gioiello valenzano si è evoluto. Accanto ai lavori dei maestri del settore, vi sarà spazio per i prototipi progettati da studenti degli istituti di formazione del distretto orafo; e, infine, una sezione intitolata "Lusso on demand", dedicata alle ipotesi futuribili della produzione del lusso.
A Venezia, i prossimi mesi saranno animati, alla Fondazione Peggy Guggenheim, da Philip Rylands, il più giovane rappresentante del pionieristico gruppo degli Espressionisti astratti americani, e dai Kids’ day, i laboratori didattici gratuiti dedicati ai bambini dai quattro ai dieci anni.
Si potrà invece diventare “protagonisti” alla Stazione Centrale di Milano (11 e 18 aprile dalle 15.00 alle 20.00), partecipando alla curiosa opera d’arte pubblica di Jochen Gerz, Salviamo la Luna: è sufficiente farsi fare un ritratto fotografico per le strade della città. Da soli, per una volta, in una notte e un luogo a scelta. Ispirati dalla luna.
DONNE La Rosa rossa di Polonia di Laura Nicastro

«La libertà è sempre la libertà di dissentire». È la frase di Rosa Luxemburg che forse meglio la rappresenta. E la "rosa rossa", come è stata definita, ha sempre mostrato la sua appassionata azione agitatoria per contrastare il conservatorismo della burocrazia dei partiti e dei sindacati.
Rosa Luxemburg nasce nel 1871, a Zamosc, nella Polonia russa, da una famiglia ebrea poverissima. Trotsky la definisce «una donna piccola e fragile, ma con un volto nobile e occhi bellissimi che radiavano intelligenza; affascinava l'assoluto coraggio della sua mente e del suo carattere. Il suo stile, che era insieme preciso, intenso e spietato, sarà sempre lo specchio del suo spirito eroico».
Già a 15 anni aderisce al movimento polacco rivoluzionario e tutta la sua vita sarà legata a doppio filo alla politica. E la politica sarà influenzata dalla sua passione e intelligenza. Anche Lenin, nonostante le continue rotture teoriche, ne riconosce l’importanza politica: «I suoi scritti serviranno da utili manuali nella formazione delle future generazioni di comunisti di tutto il mondo».
Per le sue idee politiche, nel 1889, è costretta a scappare dalla Polonia e a rifugiarsi a Zurigo, dove studia economia politica. Ma anche dalla Svizzera continua a lottare per la sua terra. Contro il nazionalismo del Partito socialista polacco, crea nel 1893 la rivista Sprawa Robotnicza (La causa dei lavoratori).
Grande teorica socialista e rivoluzionaria, Rosa Luxemburg entra nel Partito socialdemocratico tedesco, sposando la causa marxista. Ma lo fa criticamente, sostenendo l'importanza della creatività e spontaneità della massa che i dirigenti del partito non possono reprimere con una «camicia di forza burocratica».
Ma la “rosa rossa” è anche una sostenitrice del pacifismo. Nel 1914 esce dal partito socialdemocratico perché non vuole sostenere la politica di aggressione nazionalista. Fonda, insieme a Karl Liebknecht, la Lega Spartaco, gettando le basi di quello che nel 1918 sarà il Partito comunista tedesco.
Il suo spirito critico lo mostra a fianco degli operai che manifestano, ma soprattutto nei numerosi articoli e libri che scrive dal carcere. Su tutti Riforma sociale o rivoluzione (1899); L’accumulazione del capitale (1913); La rivoluzione russa (1916) e Pamphlet Junius (1916).
Il 15 gennaio 1919, dopo l’insurrezione “di Spartaco”, Rosa Luxemburg e Liebknecht vennero rapiti e fucilati dai soldati del governo del socialdemocratico Friedrich Ebert.
TELEGIORNALISTI Marco Betello: che risveglio! di Nicola Pistoia

Marco Betello è cresciuto a pane e giornalismo: «La mia passione è una passione antica che nasce da bambino e che ho avuto la fortuna di realizzare. Di giornalismo, e del mondo che gli ruota attorno, ho sentito parlare sin da piccolo perché mio padre è un giornalista pubblicista. Molti dei suoi amici erano le grandi firme del giornalismo sportivo romano, e spesso si ritrovavano a cena a casa nostra. Sono cresciuto con loro, ascoltando i loro racconti. Grandi personaggi che mi hanno subito affascinato, alimentando, giorno dopo giorno, questa mia passione».
Ogni tanto sei bersaglio di quelli di Striscia la Notizia: la cosa t'infastidisce o ti fa piacere?
«E’ simpatico ma alla fine mi infastidisce. Non per la presa in giro fine a se stessa, quanto per l’immagine che da casa si fanno sul mio conto. Uno si sveglia alle 4,30 tutte le mattine da dieci anni a questa parte. Cerca di dare il massimo, in ogni occasione. Capita di sbagliare e loro sono pronti ad immortalarti. Andare in diretta a quell’ora non è facile. In più conduciamo sette, dico sette, edizioni del tg una dietro l’altra. Trovatemi un’altra realtà come la nostra. La diretta è impietosa, e loro lo sanno tanto che in diretta non ci vanno. Ciò naturalmente non giustifica le mie “papere”. Loro fanno, e benissimo, il loro mestiere».
Tu hai assistito al passaggio ai vertici del tuo tg da Clemente Mimun a Gianni Riotta: com'è cambiata la linea editoriale del Tg1?
«A dire il vero ho assistito a undici, dodici, o forse tredici passaggi di consegne tra i vari direttori del Tg1. Ho perso il conto. Tutti, e sottolineo tutti, professionisti eccellenti. Ovviamente non sono io la persona più qualificata per esprimere dei giudizi sui miei direttori. Hanno uno spessore culturale e professionale talmente più alto del mio che qualsiasi considerazione sarebbe fuori luogo. E’ inevitabile però che ogni singolo direttore abbia voluto dare la propria impronta al “suo” tg. Tutti hanno contribuito a consolidare e rilanciare il brand del Tg1 nel corso di questi anni facendo sì che il nostro telegiornale sia anche oggi il più amato e visto dagli italiani».
In base a qualche criterio vengono decisi i conduttori per le diverse edizioni dei tg?
«I telegiornali del mattino sono da sempre stati considerati una sorta di palestra per i neo assunti. Un passaggio obbligato per farsi le ossa. Io ho cominciato a lavorare in Rai con contratti di lavoro a tempo determinato proprio nella redazione del mattino. Quattro anni di lavoro entusiasmante. Un arricchimento professionale unico. Poi, una volta assunto, sono stato inserito nella redazione economica: il fulcro, insieme a quella politica, di qualsiasi giornale, figurarsi al Tg1. Credevo che in quella redazione, così specialistica, non sarei mai stato in grado di poter dare un contributo significativo, di garantire un valore aggiunto per chi, da casa, guardava un mio servizio. Credo di essere molto scrupoloso e cerco di mettermi sempre in discussione. Così dopo una lunga riflessione presi la decisione di tornare alla redazione del mattino anche perché era il lavoro che più mi piaceva e che meglio sapevo fare. Fossilizzarmi su un’unica materia non mi entusiasmava, mentre al mattino il lavoro è molto più variegato».
Hai mai avuto ripensamenti sulla scelta di fare il giornalista?
«No. Mai. Enzo Biagi credo dicesse fare il giornalista è sempre meglio che lavorare. A parte questa battuta credo che in questa professione sia difficile annoiarsi e molto più facile entusiasmarsi. Sin da piccolo ho inseguito questa chimera. Sono riuscito ad acciuffarla. Credo, e questo vale in tutti i settori della nostra vita, che chiunque riesca a realizzare i propri sogni si debba sentire un privilegiato».
OLIMPIA Se il papà diventa violento... di Mario Basile

Picchiata perché non aveva vinto. Picchiata davanti allo sguardo onnipresente delle telecamere. Picchiata dal proprio padre. E’ stato questo il destino della nuotatrice ucraina Kateryna Zubkova. Suo padre Mikhail, nonché suo allenatore, non le ha perdonato la mancata qualificazione alla finale dei 50 metri dorso ai Mondiali di nuoto di Melbourne.
L’ira del papà coach è stata, però, filmata e mostrata al mondo intero grazie ad un video che la televisione australiana National Nine non ha esitato a mandare in onda, provocando sconcerto e incredulità. Possibile che un genitore sfoghi così la sua rabbia, perlopiù di fronte alle telecamere? Cosa può spingere un padre a compiere un gesto così abominevole?
Dilemmi che si fanno più foschi se si pensa che Kateryna ha solo diciotto anni ed è considerata una delle promesse del nuoto ucraino. Il suo palmares era, ed è tuttora, di tutto rispetto grazie alle vittorie ottenute agli Europei del 2004 nella rana e agli otto titoli nazionali.
Eppure non è bastato. O meglio, non è bastato a suo padre Mikhail che non è riuscito a trattenersi dal colpirla. Nel filmato Kateryna cerca di difendersi, di spiegare con le lacrime agli occhi. Inutile. Anche quando il padre si calma, e i momenti di tensione svaniscono senza conseguenze fisiche, Kateryna non smette di piangere.
Mikhail Zubkov ha pagato duro il suo sfogo: prima con l’espulsione dai mondiali, poi con l’arresto. Davanti al giudice sua figlia l’ha difeso: «E' stata colpa mia, ho disobbedito, era arrabbiato, non avrebbe mai voluto colpirmi. Lui è un padre meraviglioso». Verità? Troppo amore? O, peggio, paura? Il sospetto che le parole della ragazza siano state dettate da queste ultime due ipotesi resta forte. La Federazione internazionale intanto ha deciso di andarci giù pesante, infliggendo sei anni di squalifica a Mikhail Zubkov.
La vicenda di Kateryna pone ancora in risalto il problema del ruolo dei genitori nello sport. Strano, ma vero. Molto spesso sono loro a caricare i figli di responsabilità che non meritano e che l’attività sportiva nemmeno comporta. Un grande maestro come Alberto Moravia disse: «Si vede che lo sport rende gli uomini cattivi, facendoli parteggiare per il più forte e odiare il più debole». Mai avremmo pensato, però, che avrebbe potuto anche spingere un genitore a far del male ad un figlio.
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